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intorno ordinando e pregando, che usasser pietà, un non v' ebbe, che ritraesse la destra; ma quasi infu

riarono.

III. Qui anche Antigono non più ricordando nè la passata nè la presente fortuna scende giù dalla rocca, e si lascia cader ginocchioni appiedi di Sosio; il quale niente compassionando cotale mutazione indiscretamente schernillo, e chiamòllo Antigona. Contuttoquesto non consentì, che n'andasse al par d'una femmina esente da guardia; ma fu custodito in catene. Erode intanto dopo aver domi i nimici studiavasi di domare eziandio i suoi alleati stranieri. Perciocchè la moltitudine forestiera spignevasi oltre per curiosità di vedere il Tempio e le sante cose, che v'erano dentro. Ma Erode ne li ritrasse parte con minacce, e taluni ancora colle armi, più d'ogni sconfitta dolorosa parendogli la vittoria, quando venisse loro veduta cosa, che non fosse lecito di mirare. Ottenne ancora oggimai l'impedire il sacco della città, rimostrando in efficace maniera a Sosio, che se i Romani votavano la città di persone e d'averi, lo lascerebbono re d'un diserto; e che pel sangue di tanti e tai cittadini picciolo prezzo stimava l'impero di tutto il mondo. Al che rispondendo egli, che il sacco era premio dovuto agli stenti durati dalla milizia nell'assedio, ripigliò Erode, ch'esso darebbe del suo a ciascuno la convenevole mercede. Così ricomperati gli avanzi della patria attese la sua promessa. Perciocchè regalò splendidamente ciascun soldato, e a proporzione del loro merito i capitani, e con magnificenza regale ancora Sosio, talchè non v'ebbe persona, che

indi partisse con desìo di denari. Sosio poi, consagrata a Dio una corona d'oro, uscì di Gerusalemme menando Antigono incatenato ad Antonio; e mentr' esso proseguì fino all'ultimo giorno desiderando per una fredda lusinga di vivere, trovò in sua vece una scure, premio ben degno della sua codardia.

IV. Erode poi ripartita la cittadinanza, que' che seguito avevano le sue parti, rendettesi ancor più amici coll' onorarli, e mise a morte gli Antigoniani; e perché gli era fallita omai la moneta, rivolto, quanto trovavasi avere d'arredi in denari', mandògli ad Antonio e a chi era con lui. Ma non per questo si ricattò egli affatto da ogni molestia, che Antonio guasto già dall' amore di Cleopatra andava in tutti gl' incontri a seconda della passione. Cleopatra adunque dopo sterminata la sua famiglia sino a non lasciare del suo sangue persona in vita, rivolse la micidiale sua rabbia per l' avvenire contro gente straniera; e apponendo a' più riguardevoli personaggi fra' Siri menzogneri delitti presso ad Antonio lo spinse a torli del mondo, onde in tal modo agevolmente usurparsi le facoltà di ciascuno. Indi stendendo più ancora la sua avarizia sopra i Giudei e gli Arabi sottomano si adoprava, che i re dell' una nazione e dell'altra Erode e Malco fossero uccisi; e Antonio piegatosi a tutto, fuorchè a ordinarlo, benchè cosa indegna stimasse dar morte a persone dabbene e a' re così grandi pure gli escluse dalla sua confidenza; e smembrata una buona parte delle loro terre, e tra queste il palmeto di Gerico, dove nasce il balsamo, gliene fece un dono con esso le città tutte di qua dall' Eleutero, salvo Tiro e Sidone.

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V. Ottenuta la signoria di tai luoghi, e accompagnato all' Eufrate Antonio, che movea contro i Parti, per Apamea e Damasco venne in Giudea; dove Erode a forza di gran donativi addolcisce l'animo esacerbato di lei; e con dugento talenti annovali toglie ad affitto le terre staccate già dal suo regno (49). Indi l'accompagna fino a Pelusio colle più ossequiose maniere del mondo. Di lì a breve tempo comparve Antonio venuto da' Parti, che seco menava prigione Artabaze figliuolo di Tigrane per farne a Cleopatra un presente. In falli fu a lei regalato il Parto insieme con denari e con tutto il bottino.

CAPITOLO XIX.

Antonio spinto da Cleopatra spedisce Erode contro degli Arabi. Esso dopo molte riprese vince alla fine. Grande tremuolo, che allora avvenne.

I. All' accendersi poi che fece la guerra azziaca, Erode s'era già allestito per trovarcisi insieme con Antonio, siccome e libero oggimai da ogni altro disturbo in Giudea, e divenuto signore d'Ircania, terra occupata dalla sorella d'Antigono. Ma Cleopatra maliziosamente l' escluse dal correre con Antouio i perigli medesimi. Perciocchè la rea femmina, come dicemmo, volendo pur cogliere quei due re ne' suoi lacci persuade Antonio, che addossi ad Erode la guerra contro gli Arabi, perchè, o vinceva, ed essa allora dell' Arabia, o perdeva, e sarebbe allora divenuta signora della Giudea, e avria

disertato l'un de' due re colle forze dell' altro. Ma questo consiglio tornò vantaggioso ad Erode. Perciocchè pegnorati (50) primieramente i nimici, poi adunata una grossa cavalleria la spedi sopra loro vicino a Diospoli, e li vinse, benchè facessero resistenza gagliarda. Dopo tal rotta gran movimento si fece tra gli Arabi, e raccoltisi a Canata (51) della Celesiria un popolo immenso di loro attendevano colà i Giudei. Quivi giunto Erode colle sue truppe studiava di reggere quella guerra con più cautela, e ordinò, che d'intorno al che d'intorno al campo tirassero un muro; e le sue genti però non l'udirono, ma dalla prima vittoria imbaldanziti marciarono contro gli Arabi; e alla prima affrontata voltigli in fuga si misero ad inseguirli; ma in quella caccia furono a Erode tese insidie da Atenione uno dei capitani di Cleopatra statogli sempre nimico, il quale mandò fuori i terrazzani di Canata. In fatti a questa sortita ripigliato coraggio gli Arabi tornano in campo, e azzuffatosi il nerbo della lor gente in luoghi sassosi e disagevoli rompono gli Erodiani, e ne fanno orribile macello. Quei che camparono dalla battaglia ricolsonsi nella terra d' Ormiza, ove gli Arabi circondato il campo lo presero insieme colle

persone.

II. Indi a brev' ora comparve (52) Erode a soccor rerli, tardi al bisogno. Colpa di questa disfatta fu l'ostinazione de' capitani; perciocchè se non si fosse alla cieca attaccata la mischia, neppure Atenione avrebbe avuto agio di porre aguati. Ne pagò non pertanto gli Arabi novamente infestando con iscorrerie continue le loro terre, sicchè più volte li ricambiò della sola vittoria, che avevano riportata.

III. Or mentre si vendicava de' suoi nimici, un' altra disavventura da superior mano l'incolse l'anno settimo del suo regno, quando presso Azzio bolliva viemaggiormente la guerra. Perciocchè sull' aprirsi di primavera scossasi per tremuoto la terra disertò una moltitudine di bestiami infinita con trenta migliaja d' uomini appresso la milizia però non soffersene danno; perciocchè stava accampata a scoperto. In quest' occasione mise negli Arabi maggior coraggio la fama, la quale alle triste novelle suol sempre far qualche giunta peggiore, come se fosse andata a soqquadro la Giudea tutta. Pensandosi adunque d'ire a pigliare un paese senz' anima che ci abitasse, entrarono in esso scannati prima gli ambasciadori, che avevano loro spediti i Giudei. A questa improvvisa venuta essendosi la nazione atterrita, ed avendo alla grandezza delle sciagure succedentisi l'una all'altra perduto il cuore, Erode adunatala a parlamento si studiò d'animarla a resistere, così dicendo.

IV. «

:

Stravagantissimo pare a me il timore, che vi » assale al presente. Sgomentire alle percosse del cielo » fu ragionevole ma fare altrettanto a un assalto di » uomini, è da persone di poco cuore. Io per me » tanto son lungi dal paventare i nimici dopo il tre» muoto, che son d'avviso avere con ciò Iddio dato >> agli Arabi un esca per dargli a pagare quel fio, che » a noi debbono; perciocchè son venuti per la fidanza » che hanno non tanto nell' armi e nel valor proprio, » quanto nelle sciagure a noi accadute; e fallace si è quella speranza, che non dalla propria virtude, ma » pende dalle altrui traversie. Nè si può dire, che al

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