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rito delle matrone. Più non si rispettarono i dritti delle genti trucidandosi gli ambasciadori delle straniere potenze; nè si conculcò meno la religione, congiurandosi di assassinare i Consoli fin ne' templi stessi e mentre sacrificavano. Tutto insomma divenne combustione, sfrontatezza, anarchia; e tutto per eccesso di ambizione, e per una quasi necessaria reazione di violenze con violenze, concorreva al decadimento de' Quiriti.

L'ambizione dunque di non vedersi soppiantati dai loro pari, e la necessità di comandare per non esser comandati spinsero Cesare, Crasso, e Pompeo al primo famoso triumvirato, avviluppando in intrigatissime catene la libertà romana (1). I due ultimi rimasero superati dall'astuto ed ambiziosissimo Cesare; che solo ritenute avendo le redini dell' invecchiata repubblica, guidolla a suo talento.

Augusto in fine distrigato essendosi dal secondo triumvirato, dette l'ultimo crollo alla decrepita repubblica; e dando ampio sfogo alla sua ambizione che oppositori più non incontrava, formò quell' assoluto impero che diede legge quasi al Mondo intero conosciuto allora, cambiandone affatto il politico sistema. Impero che divenuto poscia mostruoso colosso, fu forza che declinasse dall' apice di sua grandezza, e che finalmente crollando svanisse. » I beni della sorte (dice Sallustio) siccome hanno principio, hanno fine: che quanto nasce tramonta: quanto si accresce, declina » (2).

(1) Eòne nomine, imperator unice,

Socer, generque perdidistis omnia?

(2) Ibid. pag. 88.

Catullus XXIX. in Caesarem.

STORIA ROMANA

DI

LUCIO ANNEO FLORO

L'edizione di cui mi son servito è di Bonarrigo. Venetiis 1715 in 4. cum interpretatione et notis Annae Tanaquilli Fabri filiae, in usum Delphini.

STORIA ROMANA

DI

LUCIO ANNEO FLORO

PROEMIO

pace

DAL Re Romolo fino a Cesare Augusto il popolo Romano per sette secoli eseguì cotante imprese in ed in guerra, che se al numero degli anni comparasse alcuno la grandezza dell' impero, eccedente all' età la troverebbe. Così distesamente portò egli le armi per tutto l' orbe, che leggendosi le sue geste, non già di un popolo, ma dell'uman genere si арprendono i fatti. Imperocchè da tante fatiche e da tanti perigli fu agitato (1), che a stabilire la sua signoria pare abbiano gareggiato il Valore e la Fortuna. Le quali cose perchè giova di ben conoscerle al pari dell' altre, ma vi ostano l'immensità stessa del soggetto e la varietà delle cose che minuisce la forza dell' attenzione, io imitando coloro che delineano la situazion de' paesi compendierò il tutto come in ristretto quadro, e contribuirò alquanto, siccome spero, a far ammirare il primo popolo del Mondo, se mi riuscirà dimostrarne nel tempo stesso tutta la sua grandezza.

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Chi considerasse dunque il popolo Romano come un uomo, discorrendo i tempi della sua vita, cioè, come ebbc origine, come divenne adulto, come giunse per così dire, alla florida giovinezza e come al fiue invecchiò, troverebbe quattro successivi periodi. Nella prima età fu sotto i Re pel corso di circa anni duecentocinquanta, ne' quali guerreggiò coi finitimi, non discostandosi dalla madre patria. Questa può dirsi la sua infanzia. Nella seguente età, dal consolato di Bruto e Collatino fino a quello di Appio Claudio e Quinto Fulvio che sono altri duecento cinquanta anni, soggiogò l'Italia. Fecondissimo tempo fu questo di armi e di eroi, onde può appellarsi adolescenza. Scorsero dipoi fino a Cesare Augusto auni duecento sotto di cui si pacificò il Mondo. Fu questa la virilità dell'impero ed una quasi robusta maturezza. Da Cesare Augusto poi fino ai tempi nostri volsero poco meno di altri anni duecento (2), nel qual periodo per la inerzia de' Cesari egli quasi invecchiò e si consunse; se non che sotto il principato di Trajano ridesta le proprie membra; tal che la vecchiezza dell' impero, come le fosse ritornata la gioventù, acquista novello vigore,

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