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non possendo ragionevolmente mancar d' obedirvi, delibero proporre un gioco, del qual penso dover aver poco biasimo e men fatica: e questo sarà, che ognun proponga secondo il parer suo un gioco non più fatto; da poi si eleggerà quello che parerà esser più degno di celebrarsi in questa compagnia. E cosi dicendo, si rivolse al signor GASPAR PALLAVICINO, imponendogli che 'l suo dicesse; il qual subito rispose: A voi tocca, signora, dir prima il vostro. Disse la signora EMILIA: Eccovi ch' io l'ho detto; ma voi, signora Duchessa, comandategli ch' e' sia obediente. Allor la signora DuCHESSA ridendo, Acció, disse, che ognuno v' abbia ad obedire, vi faccio mia locotenente, e vi do tutta la mia autorità.

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VII. Gran cosa è pur, rispose il signor GASPAR, che sempre alle donne sia licito aver questa esenzione di fatiche, e certo ragion saria volerne in ogni modo intender la cagione; ma per non esser io quello che dia principio a disobedire, lascierò questo ad un altro tempo, e dirò quello che mi tocca; e cominciò: A me pare, che gli animi nostri, si come nel resto, cosi ancor nell' amare siano di giudicio diversi: e perciò spesso interviene, che quello che all'uno è gratissimo, all' altro sia odiosissimo; ma con tutto questo, sempre però si concordano in aver ciascuno carissima la cosa amata; talmente che spesso la troppo affezion degli amanti di modo inganna il lor giudicio, che estiman quella persona che amano esser sola al mondo ornata d'ogni eccellente virtù, e senza difetto alcuno; ma perchè la natura umana non ammette queste cosi compite perfezioni, nè si trova persona a cui qualche cosa non manchi, non si può dire che questi tali non s'ingannino, e che lo amante non divenga cieco circa la cosa amata. Vorrei adunque che questa sera il gioco nostro fosse, che ciascun dicesse, di che virtù precipuamente vorrebbe che fosse ornata quella persona ch'egli ama; e, poichè così è necessario che tutti abbiano qualche macchia, qual vizio ancor vorrebbe che in essa fosse: per veder chi saprà ritrovar più lodevoli ed utili virtù, e più escusabili vizii, e meno a chi ama nocivi ed a chi è amato. - Avendo cosi detto il signor Gaspar, fece segno la signora Emilia a

madonna Costanza Fregosa, per esser in ordine vicina, che seguitasse: la qual già s'apparecchiava a dire; ma la signora DUCHESSA subito disse: Poichè madonna Emilia non vuole affaticarsi in trovar gioco alcuno, sarebbe pur ragione che l'altre donne participassino di questa commodità, ed esse ancor fossino esente di tal fatica per questa sera, essendoci massimamente tanti uomini, che non è pericolo che manchin giochi. Cosi faremo, rispose la signora EMILIA; ed imponendo silenzio a madonna Costanza, si volse a messer CESARE GONZAGA che le sedeva a canto, e gli comandò che parlasse; ed esso cosi cominció:

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VIII. Chi vuol con diligenza considerar tutte le nostre azioni, trova sempre in esse varii difetti; e ciò procede perchè la natura, cosi in questo come nell' altre cose varia, ad uno ha dato lume di ragione in una cosa, ad un altro in un' altra però interviene, che sapendo l'un quello che l'altro non sa, ed essendo ignorante di quello che l'altro intende, ciascun conosce facilmente l' error del compagno e non il suo, ed a tutti ci par esser molto savii, e forse più in quello in che più siamo pazzi; per la qual cosa abbiam veduto in questa casa esser occorso, che molti i quali al principio sono stati reputati saviissimi, con processo di tempo si son conosciuti pazzissimi: il che d'altro non è proceduto, che dalla nostra diligenza. Chè, come si dice che in Puglia circa gli atarantati s' adoprano molti instrumenti di musica, e con varii suoni si va investigando, fin che quello umore che fa la infirmità, per una certa convenienza ch' egli ha con alcuno di quei suoni, sentendolo, subito si move, e tanto agita lo infermo, che per quella agitazion si riduce a sanità: cosi noi, quando abbiamo sentito qualche nascosa virtù di pazzia, tanto sottilmente e con tante varie persuasioni l'abbiamo stimolata e con si diversi modi, che pur al fine inteso abbiamo dove tendeva; poi, conosciuto lo umore, cosi ben l'abbiam agitato, che sempre s'è ridotto a perfezion di publica pazzia e chi è riuscito pazzo in versi, chi in musica, chi in amore, chi in danzare, chi in far moresche, chi in cavalcare, chi in giocar di spada, ciascun secondo la miniera del suo metallo; onde poi, come sapete, si sono avuti mara

vigliosi piaceri. Tengo io adunque per certo, che in ciascun di noi sia qualche seme di pazzia, il qual risvegliato, possa moltiplicar quasi in infinito. Però vorrei che questa sera il gioco nostro fosse il disputar questa materia, e che ciascun dicesse: Avendo io ad impazzir publicamente, di che sorte di pazzia si crede ch' io impazzissi, e sopra che cosa, giudicando questo esito per le scintille di pazzia che ogni di si veggono di me uscire: il medesimo si dica di tutti gli altri, servando l'ordine de' nostri giochi, ed ognuno cerchi di fondar la opinion sua sopra qualche vero segno ed argomento. E così di questo nostro gioco ritrarremo frutto ciascun di noi di conoscere i nostri difetti, onde meglio ce ne potrem guardare; e se la vena di pazzia che scopriremo sarà tanto abondante che ci paja senza rimedio, l'ajuteremo, e, secondo la dottrina di fra Mariano, averemo guadagnato un'anima, che non fia poco guadagno. Di questo gioco si rise molto, nè alcun era che si potesse tener di parlare: chi diceva, Io impazzirei nel pensare, chi, Nel guardare; chi diceva, Io già son impazzito in amare; e tai cose.

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IX. Allor FRA SERAFINO, a modo suo ridendo: Questo, disse, sarebbe troppo lungo; ma se volete un bel gioco, fate che ognuno dica il parer suo, Onde è che le donne quasi tutte hanno in odio i ratti, ed aman le serpi; e vederete che niuno s'apporrà, se non io, che so questo secreto per una strana via. – E già cominciava a dir sue novelle; ma la signora Emilia gl' impose silenzio, e trapassando la dama che ivi sedeva, fece segno all' UNICO ARETINO, al qual per l'ordine toccava; ed esso, senza aspettar altro comandamento, Io, disse, vorrei esser giudice con autorità di poter con ogni sorte di tormento investigar di sapere il vero da' malfattori; e questo per scoprir gl'inganni d'una ingrata, la qual, con gli occhi d'angelo e cor di serpente, mai non accorda la lingua con l'animo, e, con simulata pietà ingannatrice, a niun' altra cosa intende che a far anatomia de' cori: nè si ritrova cosi velenoso serpe nella Libia arenosa, che tanto di sangue umano sia vago, quanto questa falsa; la qual non solamente con la dolcezza della voce e meliflue parole, ma con gli occhi, coi risi, coi sembianti, e con tutti i modi è veris

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sima Sirena. Però, poi che non m'è licito, com' io vorrei, usar le catene, la fune o 'l foco per saper una verità, desidero di saperla con un gioco, il quale è questo: Che ognun dica ciò che crede che significhi quella lettera S, che la signora Duchessa porta in fronte; perchè, avvenga che certamente questo ancor sia un artificioso velame per poter ingannare, per avventura se gli darà qualche interpretazione da lei forse non pensata, e trovarassi che la fortuna, pietosa riguardatrice dei martirii degli uomini, l'ha indotta con questo piccol segno a scoprire non volendo l' intimo desiderio suo, di uccidere e sepelir vivo in calamità chi la mira o la serve. - Rise la signora Duchessa, e vedendo l'UNICO ch'ella voleva escusarsi di questa imputazione, Non, disse, non parlate, Signora, che non è ora il vostro loco di parlaLa signora EMILIA allor si volse, e disse: Signor Unico, non è alcun di noi qui che non vi ceda in ogni cosa, ma molto più nel conoscer l'animo della signora Duchessa; e così come più che gli altri lo conoscete per lo ingegno vostro divino, l'amate ancor più che gli altri; i quali, come quegli uccelli debili di vista, che non affisano gli occhi nella spera del sole, non possono cosi ben conoscer quanto esso sia perfetto però ogni fatica saria vana per chiarir questo dubio, fuor che 'l giudicio vostro. Resti adunque questa impresa a voi solo, come a quello che solo può trarla al fine.

re.

L'Unico avendo taciuto alquanto, ed essendogli pur replicato che dicesse, in ultimo disse un sonetto sopra la materia predetta, dichiarando ciò che significava quella lettera S; che da molti fu estimato fatto all'improvviso, ma, per esser ingegnoso e colto più che non parve che comportasse la brevità del tempo, si pensò pur che fosse pensato.

X. Cosi, dopo l'aver dato un lieto applauso in laude del sonetto, ed alquanto parlato, il signor OTTAVIAN FREGOSO, al qual toccava, in tal modo, ridendo, incominciò: Signori, s'io volessi affermare non aver mai sentito passion d'amore, son certo che la signora Duchessa e la signora Emilia, ancor che non lo credessino, mostrarebbon di crederlo, e diriano che ciò procede perch'io mi son diffidato di poter mai indur donna alcuna ad amarmi: di che in vero non ho

io insin qui fatto prova con tanta instanza, che ragionevolmente debba esser disperato di poterlo una volta conseguire. Nè già son restato di farlo perch'io apprezzi me stesso tanto, o così poco le donne, che non estimi che molte ne siano degne d'esser amate e servite da me; ma piuttosto spaventato dai continui lamenti d'alcuni innamorati, i quali pallidi, mesti e taciturni, par che sempre abbiano la propria scontentezza dipinta negli occhi; e, se parlano, accompagnando ogni parola con certi sospiri triplicati, di null' altra cosa ragionano che di lacrime, di tormenti, di disperazioni, e desiderii di morte: di modo che, se talor qualche scintilla amorosa pur mi s'è accesa nel core, io subito sónomi sforzato con ogni industria di spegnerla, non per odio ch'io porti alle donne, come estimano queste signore, ma per mia salute. Ho poi conosciuti alcun' altri in tutto contrarii a questi dolenti, i quali non solamente si laudano e contentano dei grati aspetti, care parole, e sembianti soavi delle lor donne, ma tutti i mali condiscono di dolcezza; di modo che le guerre, l' ire, li sdegni di quelle per dolcissimi chiamano : perchè troppo più che felici questi tali esser mi pajono. Che se negli sdegni amorosi, i quali da quell' altri più che morte sono reputati amarissimi, essi ritrovano tanta dolcezza, penso che nelle amorevoli dimostrazioni debban sentir quella beatitudine estrema, che noi in vano in questo mondo cerchiamo. Vorrei adunque che questa sera il gioco nostro fosse, che ciascun dicesse, avendo ad esser sdegnata seco quella persona ch'egli ama, qual causa vorrebbe che fosse quella che la inducesse a tal sdegno. Che se qui si ritrovano alcuni che abbian provato questi dolci sdegni, son certo che per cortesia desideraranno una di quelle cause che così dolci li fa; ed io forse m'assicurarò di passar un poco più avanti in amore, con speranza di trovar io ancora questa dolcezza, dove alcuni trovano l' amaritudine; ed in tal modo non potranno queste signore darmi infamia più ch'io non ami.

XI. Piacque molto questo gioco, e già ognuno si preparava di parlar sopra tal materia; ma non facendone la signora Emilia altramente motto, messer PIETRO BEMBO, che era in ordine vicino, cosi disse: Signori, non piccol dubio ha

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