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a diventar aggraziati, nè altro; ma solamente a dimostrarvi qual abbia ad essere un perfetto Cortegiano. Nè io già pigliarei impresa di insegnarvi questa perfezione; massimamente avendo poco fa detto che 'l Cortegiano abbia da saper lottare e volteggiare, e tant'altre cose, le quali come io sapessi insegnarvi, non le avendo mai imparate, so che tutti lo conoscete. Basta che si come un buon soldato sa dire al fabro di che foggia e garbo e bontà hanno ad esser l'arme, nè però gli są insegnar a farle, nè come le martelli o tempri; cosi io forse vi saprò dir qual abbia ad esser un perfetto Cortegiano, ma non insegnarvi come abbiate a fare per divenirne. Pur per satisfare ancor quanto è in poter mio alla domanda vostra, benchè e' sia quasi in proverbio, che la grazia non s'impari: dico, che chi ha da esser aggraziato negli esercizii corporali, presupponendo prima che da natura non sia inabile, dee cominciar per tempo, ed imparar i principii da ottimi maestri; la qual cosa quanto paresse a Filippo re di Macedonia importante, si può comprendere, avendo voluto che Aristotele, tanto famoso filosofo e forse il maggior che sia stato al mondo mai, fosse quello che insegnasse i primi elementi delle lettere ad Alessandro suo figliolo. E degli uomini che noi oggidi conoscemo, considerate come bene ed aggraziatamente fa il signor Galeazzo Sanseverino gran scudiero di Francia tutti gli esercizii del corpo; e questo perchè, oltre alla natural disposizione ch'egli tiene della persona, ha posto ogni studio d'imparare da buon maestri, ed aver sempre presso di sè uomini eccellenti, e da ognun pigliar il meglio di ciò che sapevano: chè siccome del lottare, volteggiare, e maneggiar molte sorti d'armi, ha tenuto per guida il nostro messer Pietro Monte, il qual, come sapete, è il vero e solo maestro d'ogni artificiosa forza e leggerezza, cosi del cavalcare, giostrare, e qualsivoglia altra cosa, ha sempre avuto inanzi agli occhi i più perfetti che in quelle professioni siano stati conosciuti.

XXVI. Chi adunque vorrà esser buon discepolo, oltre al far le cose bene, sempre ha da metter ogni diligenza per assimigliarsi al maestro, e se possibil fosse, trasformarsi in lui. E quando già si sente aver fatto profitto, giova molto ve

der diversi uomini di tal professione, e, governandosi con quel buon giudicio che sempre gli ha da esser guida, andar scegliendo or da un or da un altro varie cose. E come la pecchia ne' verdi prati sempre tra l'erbe va carpendo i fiori, così il nostro Cortegiano averà da rubare questa grazia da que' che a lui parerà che la tenghino, e da ciascun quella parte che più sarà laudevole; e non far come un amico nostro, che voi tutti conoscete, che si pensava esser molto siEmile al re Ferrando minore d'Aragona, nè in altro avea posto cura d'imitarlo, che nel spesso alzar il capo, torzendo una parte della bocca, il qual costume il re avea contratto cosi da infirmità. E di questi, molti si ritrovano, che pensan far assai, pur che sian simili ad un grand'uomo in qualche cosa; e spesso si appigliano à quella che in colui è sola viziosa. Ma avendo io già più volte pensato meco onde nasca questa grazia, lasciando quegli che dalle stelle l'hanno, trovo una regola universalissima, la qual mi par valer circa questo in tutte le cose umane che si facciano o dicano più che alcuna altra: e ciò è fuggir quanto più si può, e come un aspe#rissimo e pericoloso scoglio, la affettazione; e, per dir forse B una nuova parola, usar in ogni cosa una certa sprezzatura, che nasconda l'arte, e dimostri, ciò che si fa e dice venir fatto senza fatica e quasi senza pensarvi. Da questo credo io che derivi assai la grazia: perchè delle cose rare e ben fatte ognun sa la difficoltà, onde in esse la facilità genera grandissima maraviglia; e per lo contrario, il sforzare, e, come si dice, tirar per i capegli, då somma disgrazia, e fa estimar poco ogni cosa, per grande ch'ella si sia. Però si può dir quella esser vera arte, che non appare esser arte; nè più in altro si ha da poner studio, che nel nasconderla: perchè se è scoperta, leva in tutto il credito, e fa l'uomo poco estimato. Ericórdomi io già aver letto, esser stati alcuni antichi oratori eccellentissimi, i quali, tra l'altre loro industrie, sforzavansi di far credere ad ognuno, sè non aver notizia alcuna di lettere; e, dissimulando il sapere, mostravan le loro orazioni esser fatte semplicissimamente, e piuttosto secondo che loro porgea la natura e la verità, che lo studio e l'arte: la qual se fosse stata conosciuta, aria dato dubio negli animi

del popolo di non dover esser da quella ingannati. Vedele adunque come il mostrar l'arte, ed un cosi intento studio, levi la grazia d'ogni cosa. Qual di voi è che non rida, quando il nostro messer Pierpaolo danza alla foggia sua, con que'saltetti e gambe stirate in punta di piede, senza mover la testa, come se tutto fosse un legno, con tanta attenzione, che di certo pare che vada numerando i passi? Qual occhio è cosi cieco, che non vegga in questo la disgrazia della affettazione? e la grazia in molti uomini e donne che sono qui presenti, di quella sprezzata disinvoltura (chè nei movimenti del corpo molti così la chiamano), con un parlar o ridere o adattarsi, mostrando non estimar e pensar più ad ogni altra cosa che a quello, per far credere a chi vede quasi di non saper nè poter errare?

XXVII. Quivi non aspettando, messer BERNARDO BIBIENA disse: Eccovi che messer Roberto nostro ha pur trovato chi lauderà la foggia del suo danzare, poichè tutti voi altri pare che non ne facciate caso; chè se questa eccellenza consiste nella sprezzatura, e mostrar di non estimare, e pensar più ad ogni altra cosa che a quello che si fa, messer Roberto nel danzare non ha pari al mondo; chè per mostrar ben di non pensarvi, si lascia cader la roba spesso dalle spalle e le pantoffole de' piedi, e senza raccôrre nè l'uno nè l'altro, tuttavia danza. Rispose allor il CONTE: Poichè voi volete pur ch'io dica, dirò ancor de' vizii nostri. Non v'accorgete che questo, che voi in messer Roberto chiamate sprezzatura, è vera affettazione? perchè chiaramente si conosce che esso si sforza con ogni studio mostrar di non pensarvi: e questo è il pensarvi troppo; e perchè passa certi termini di mediocrità, quella sprezzatura è affettata e sta male; ed è una cosa che appunto riesce al contrario del suo presupposito, cioè di nasconder l'arte. Però non estimo io che minor vizio della affettazion sia nella sprezzatura, la quale in sè è laudevole, lasciarsi cadere i panni da dosso, che nella attillatura, che pur medesimamente da sè è laudevole, il portar il capo cosi fermo per paura di non guastarsi la zazzera, o tener nel fondo della berretta il specchio, e 'l pettine nella manica, ed aver sempre drieto il paggio per le strade con la sponga e la scopet

ta: perchè questa così fatta attilatura e sprezzatura tendono troppo allo estremo; il che sempre è vizioso, e contrario a quella pura ed amabile simplicità, che tanto è grata agli animi umani. Vedete come un cavalier sia di mala grazia, quando si sforza d'andare cosi stirato in su la sella, e, come noi sogliam dire, alla veneziana, a comparazion d'un altro, che paja che non vi pensi, e stia a cavallo così disciolto e sicuro come se fosse a piedi. Quanto piace più e quanto più è laudato un gentiluom che porti arme, modesto, che parli poco e poco si vanti, che un altro, il qual sempre stia in sul laudar sè stesso, e biastemando con braveria mostri minacciar al mondo! e niente altro è questo, che affettazione di voler parer gagliardo. Il medesimo accade in ogni esercizio, anzi in ogni cosa che al mondo fare o dir si possa.

XXVIII. Allora il signor MAGNIFICO, Questo ancor, disse, si verifica nella musica, nella quale è vizio grandissimo, far due consonanze perfette l'una dopo l'altra; tal che il medesimo sentimento dell' audito nostro l'aborrisce, e spesso ama una seconda o settima, che in sè è dissonanza aspera ed intolerabile: e ciò procede, che quel continuare nelle per- ( fette genera sazietà, e dimostra una troppo affettata armonia; il che, mescolando le imperfette, si fugge, col far quasi un paragone, donde più le orecchie nostro stanno sospese, e più avidamente attendono e gustano le perfette, e dilettansi talor di quella dissonanza della seconda o settima, come di cosa sprezzata. Eccovi adunque, rispose il CONTE, che in questo noce l'affettazione, come nell'altre cose. Dicesi ancor esser stato proverbio appresso ad alcuni eccellentissimi pittori antichi, troppo diligenza esser nociva, ed esser stato biasimato Protogene da Apelle, che non sapea levar le mani dalla tavola. Disse allor messer CESARE: Questo medesimo difetto parmi che abbia il nostro fra Serafino, di non saper levar le mani dalla tavola, almen fin che in tutto non ne sono levate ancora le vivande. · Rise il CONTE, e soggiunse: Voleva dire Apelle, che Protogene nella pittura non conoscea quel che bastava; il che non era altro, che riprenderlo d'essere affettato nelle opere sue. Questa virtù adunque contraria alla affettazione, la qual noi per ora chia

mamo sprezzatura, oltra che ella sia il vero fonte donde deriva la grazia, porta ancor seco un altro ornamento, il quale accompagnando qualsivoglia azione umana per minima che ella sia, non solamente subito scopre il saper di chi la fa, ma spesso lo fa estimar molto maggior di quello che è in effetto; perchè negli animi delli circonstanti imprime opinione, che chi così facilmente fa bene sappia molto più di quello che fa, e se in quello che fa ponesse studio e fatica, potesse farlo molto meglio. E, per replicare i medesimi esempii, eccovi che un uom che maneggi l'arme, se per lanciar un dardo, ovver tenendo la spada in mano o altr' arma, si pon senza pensar scioltamente in una attitudine pronta, con tal facilità che paja che il corpo e tutte le membra stiano in quella disposizione naturalmente e senza fatica alcuna, ancora che non faccia altro, ad ognuno si dimostra esser perfettissimo in quello esercizio. Medesimamente nel danzare, un passo solo, un sol movimento della persona grazioso e non sforzato, subito manifesta il sapere di chi danza. Un musico, se nel cantar pronuncia una sola voce terminata con soave accento in un groppetto duplicato con tal facilità che paja che cosi gli venga fatto a caso, con quel punto solo fa conoscere che sa molto più di quello che fa. Spesso ancor nella pittura una linea sola non stentata, un sol colpo di pennello tirato facilmente, di modo che paja che la mano, senza esser guidata da studio o d'arte alcuna, vada per sè stessa al suo termine secondo la intenzion del pittore, scopre chiaramente la eccellenza dell'artefice, circa la opinion della quale ognuno poi si estende secondo il suo giudicio: e 'l medesimo interviene quasi d'ogni altra cosa. Sarà adunque il nostro Cortegiano estimato eccellente, ed in ogni cosa averà grazia, e massimamente nel parlare, se fuggirà l'affettazione: nel qual errore incorrono molti, e talor più che gli altri, alcuni nostri Lombardi; i quali se sono stati un anno fuor di casa, ritornati, subito cominciano a parlare romano, talor spagnolo o franzese, e Dio sa come; e tutto questo procede da troppo desiderio di mostrar di saper assai: ed in tal modo l'uomo mette studio e diligenza in acquistar un vizio odiosissimo. E certo, a me sarebbe non piccola fatica, se in que

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