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Curioso non debb'essere il Cortegiano d'entrare ne' gabinetti de' principi, colà ritirati per attendere alla quiete dell'animo, 93.

D

Damasco; sorta di drappo di seta, come interpetrato da Alonso Carillo, 147. Denari, fanno prevaricar molti, 211, 215. Bella metafora tratta da una specie di denari falsi, 137. (Vedi Fiorentino.)

Danzare, ove e come si debba, 38, 85.

Nei vecchi è cosa ridicola e disconveniente, 88.

Dario fa acconciar la sua spada persiana

alla macedonica, prima di combattere con Alessandro; ciò fu pronostico di servitù, 100, 101.- Donne bellissime di Dario non toccò Alessandro, benchè giovane e vincitore, 204.

Debatto; rissa, contrasto, 157.

Debito dee prevalere a tutti i rispetti, 97. Decrepiti si escludono dall' amare, 288. Deformità non mala partorisce il riso, 121.

Demetrio lascia di prender Rodi per non abruciare una pittura di Protogene, 68.

Democrito disputa del riso, 121. Demostene, cosa rispondesse ad Eschine che avea tassate di poco attiche alcune parole in una sua orazione, 53.

Desiderare. (Vedi Impossibili.) Desiderii strani delle donne, 226. Detti; cosa sieno presso gli antichi, 118. Per esprimere chi operi meno bene con riflessione che all' improvviso, 21. D'una signora ad un millantatore di combattimenti, 26, 27. Di due sciocchi millantatori, 28. Di Alessandro Magno sull' aver udito che vi erano più mondi, ivi. — Di Demostene sopra alcune parole, 53.- Di doppio opposto senso, 122. Verso una signora che, senza parlare, venne tacciata di crudeltà, superbia e vanità, 123. Sopra due inscrizioni di due pontefici, 124. — Su di un becco paragonato a San Paolo, 126.

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D'un che paragono due suoi figliuoli a due sparvieri, ivi. — D'uno ammonito a camminar presto, mentre veniva frustato, ivi.— D'uno sciocco abate, che insegnò come e dove collocar un' enorme quantità di terra scavata, 127. – D'un che voleva avvelenar le palle d'artiglieria, ivi.- D'uno che domandò chi fosse il Prelibato, ivi. -D'uno che, per trovar gran quantità di denari, consigliò si raddoppiassero le porte della capitale e le zecche dello Stato, 128. - - Di un che disse aver visto un suonatore a ficcarsi in gola più di due palmi di tromba, ivi. D'una cui dispiaceva dover comparir ignuda il di del giudizio, 129. D'un che narrò aver col fuoco fatte liquefar le parole congelatesi nel mezzo del Boristene, 130.-D' uno che narrò una strana azione d'una scimia, ivi. — Sul doppio significato del vocabolo letto, 132. Sulla spezzatura del vocabolo mattonato, ivi. — Ad un cieco, e ad un altro senza naso, ivi.

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Di un litigante che trattò l'avversario da ladro, e d'un da Narni che trattò pur da ladri i Sanesi, 133. Con aumento o mutazion di lettere a qualche vocabolo, ivi. D'uno che avea bruttissima moglie, ivi. — Sulle donne e su i giovani di Roma, ivi. — Sulla parabola dei cinque talenti, 134. Sull' equivoco significato di due Offici. ivi. Sul nome di Calfurnio, 135. Sulla preghiera Oremus pro hæreticis et scismaticis, ivi. Sul volto lucido d'una signora, ivi. Su d'una bizzarra confessione, ivi. — Su d'un cavallo che fuggiva dall'arme, ivi.— Su di un atto in apparenza riverente d'un trombetta, ivi. — Su d' un augurio di bene e male, 136.-Sulla parola Vino, ivi. Sull'equivoco significato di tre conti, ivi. D' un prodigo ad un usuraio, ivi.— Sul sermone d'un prete in forma di confessione, 137. Sulla vecchiezza assomigliata agli Angeli, ivi. — Di Palla Strozzi e Cosimo De' Medici sul covar delle galline, ivi. Sulle laudi impartite ad un valoroso, e paragonate a monete false, ivi.

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-

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Sul far mangiare chi ne avea procurato altrui, 138. — Sulla paura in guerra, ivi. Di Luigi XII

sulle offese ricevute mentr'era duca d'Orléans, ivi. Di Gein Ottomani sul giostrar degl'Italiani, ivi.

Del medesimo, sulla differenza delle azioni proprie degli schiavi e de' signori, ivi. Su la roba, il corpo e l'anima degli uomini; e su i giureconsulti, i medici e i teologhi, ivi. Su d' una valigia comSul parata ad un uomo, 139. perdere e vincere di due Alessandri, ivi. - Su di Siena sposa, e Fiorenza dote, 140. D'un prelato che si credea grand' uomo, 141. D'uno magrissimo portato via dal fumo su per il camino, ivi. — D'un avaro che volea gli fosse pagata la fune colla quale erasi appiccato, ivi. - Di Lorenzo de' Medici ad un freddo buffone, e ad un che il riprendea di troppo dormire, 141,142. --Del marchese Federico ad un mangione, 142. Su d'un tiranno falso liberale, ivi. — Sul forzarsi a credere verità una bugia, ivi.—Sulla fortuna de' cardinali in Roma, ivi. -Su d'un impiccato invidiato, 143. — D'Alfonso d'Aragona ad un che aveagli trattenute alcune anella, ivi. Su di Sant' Ermo, comparato ad un militar vigliacco, ivi. Sulla sollecitudine d'un soldato partitosi, 144.. Del duca d'Urbino al castellano di San Leo, ivi. Su di uno morto, mentre incominciava a divenir ricco, ivi. Del Marchese di Mantova, su d'un colombo impiccato, 145.- Di Scipione ad Ennio, sull'essere o no in casa, ivi.

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Di Alonso Carillo alla signora Boadilla, con cui trattolla da publica meretrice, ivi. Di Rafaello d'Urbino ad alcuni Cardinali, 145, 146.

D'uno che domandò un ramo d'un fico, al quale erasi una donna impiccata, 146. -Di Catone ad un contadino che urtollo con una cassa, ivi. D'uno degli Altoviti, il quale rispose a ciò che udito non avea, ivi. - D'un medico, il quale promise ad un contadino di rimettergli un occhio, 146, 147.

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Alonso Carillo, su di un cavaliero bruttissimo che aveva una moglie

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bellissima, 147. scritto d'una lettera, ivi. Di Cosimo de' Medici ad un ricco igno

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rante, 148. Del Conte Ludovico Canossa ad uno che volea vestirsi in incognito, ivi. Sul cardinal di Pavia, ivi. — Su di cose discrepanti, e che pajon consentanee, ivi. Su due gobbi, ivi. — Sa d'uno imputato non aver divozione o fede alcuna, ivi. Di Mare'Antonio a Bottone, sul capestro e la forca, 149. Su d'un sajo solito a portarsi da un capitano dopo le vit. torie, ivi. D'uno non invitato a sedere e che sedette, ivi. — D'ua prete sul perchè dicesse una messa cortissima, ivi. D'un che chie deva un beneficio, ivi. — D'un che bramava che lo starsi in letto fosse un esercizio militare, 150.— D'Alfonso d'Aragona, ad un suo servi tore non contento d'un ricco donativo, ivi. — Del papa al vescovo di Cervia, ch'esser volea governatore, ivi. - D'uno, al quale una donna domandò gran prezzo di sè, 216.

Di un contadino Sanese a Bernardo Bibiena, 316. Di papa Giulio II, 317.- Ad altro, che diceva temere non poter uscire del Reame di Napoli, ivi.

Detrazione d'altre donne, non ascolti volentieri la Donna di Palazzo, 174.

Deviare se alle volte si

possa da'comandi dei Signori, 97. Belle avvertenze intorno a ciò, 98.

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Diomede, biasimato, 271.
Dione Siracusano, formato da Platone,
282:

Dionisio tiranno, abbandonato da Pla-
tone come disperato, 282.
Diotima, lodata, 194.

-

Sua impresa,
ivi. - Rivela a Socrate gli amorosi
misteri, 304.

Discepolo, suo officio, 34 e seg.
Disciplina, adorna le operazioni, e aiuta
le virtù, 251.

Disconvenevolezze generali, 79, 80.
Discorso della ragione non ha luogo

nella perfetta contemplazione, 300.
Discrepanze ridicole, e varii esempii di
148. (Vedi Bartolommeo.)
esse,
Discrezione, condimento d'ogni cosa,87.
Diseccare; perchè nel generare si disec-
chi più l'uomo che la donna. 184.
Disegnare, conviene al Cortegiano, 64.
Disoneste
di esse l'amata dee le-
vare affatto ogni speranza all'aman-
te, 224.

cose,

Disperare, in significato attivo, per far
perdere la
speranza, 269.

Dissimili, molte cose dissimili degne di
laude, 50, 51.
Dissimulazione gentile qual sia, 142.-
Necessaria agli amanti è la dissimu-
lazione, 231.

Disobidire per qualsisia motivo a' lor
Signori, è sempre cosa pericolosa
per li Cortegiani, 98.
Dolcezza e utilità della virtù, 248.
Dolor vero è sempre malo; come s'in-
tenda, 252.

Corru-

Dominio è di tre sorte, 257. —
zion pur triplice di esso, 258.
Dominio più secondo la natura, e più
simile a quel di Dio, qual sia, 256.
- Felicissimo li sudditi e per
per
lo principe, 264.- Vero e grande,
270, 271.

Donato (Ieronimo). Sua risposta ad.un
verso d'Ovidio, 133.

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Doni fra gli amanti, si biasimano, 162.
Donna tanto perfetta come l'uomo, 178.
179, 180. Sua proprietà e di-
stintivo. 172. Sue virtù neces-
rarie, 173.
Perchè dicasi amare
sopra tutti il primo uomo da lei
carnalmente conosciuto, 182.
Perche desideri esser uomo, ivi.

-

Potrebbe

Donna di Palazzo formata nel III libro.
dal Magnifico, 169.
Sue qualità
necessarie, 173 e seg.
instituire la sua Signora, 278. (Vedi
Cortegiana.)

Donne sono di naturali assai diversi,
224, 225.-Donne, lodate, 171.-
Utilità che da esse si traggono,216
e seg.
-Loro merito e dignità, 218.
Falsamente biasimate, 110, 159,
160,163 e altrove. - In che prin-
cipalmente si debbano rispettare,151,
159, 165. Desiderano d'essere o
di parer belle, 53, 54. — Debbono
fuggir l'eccesso nell' adornarsi, ivi.
-Varie loro maniere, indoli e por-
tamenti, 225. Rare volte sanno
amare, 226.
E più lecito ad esse
mordere gli uomini di disonestà, che
agli uomini le donne, e perchè, 159.
Donne belle, biasimate, 289.
(Vedi Belle donne.) - Donne, eguali
agli uomini di dignità e virtù, 165.

-

Donne grandi, amano da dovero
i minori di sè, e perchè, 162.
Donne maritate non possono amare
oltre il marito, alcun altro, se non
con amor di amicizia, 222. — Don-
ne non maritate possono alle volte
lecitamente amare, dentro i termini
però dell' onesto, 221. Quai deb-
bano amare, 222. -- Donne oneste,
lodate, 140, 141. Che resistono
a tutti gli stimoli degl' importuni
amanti, mirabili, 214, 215.-Don-
ne sante molte si trovano, benchè
nascoste agli occhi degli uomini,
185. Donne sante de' tempi del
Castiglione come favorite da Dio,
304. Donne valorose in armi, in
lettere, e in ogni altra cosa, accen-
nate, 180, 185.
Donnicciuola, origine dello scoprirsi la
congiura di Catilina, 196. (Vedi Ci-
cerone.)

-

Dono il più pregiato che possa fare il
Cortegiano al suo principe, qual sia,
256.-
Doni degli sciocchi a'prin-

cipi quai sieno, 256.

Doti delle mogli si debbono moderare
dai principi, 275.

Duca di Calavria. (Vedi Fiorentino com-
messario.)

Ducati falsi. (Vedi Denari.)

Due soli debbono essere i veri amici,

104.

E

Ebrietà, dee fuggirsi da' vecchi, 210.
Eccellenza suprema, benchè l' uomo non
possa giugnervi, non dee sgomen-
tarsi di operare, 113.
Eccessi ridicoli, tanto in grandezza,
quanto in picciolezza, 141.
Edifici grandi si convengono a' princi-
pi, 270.

Educazione del principe qual esser deb-
ba, 265.

Effeminatezza degli animi da quai cose
venga cagionata, 243, 244.
Effeminati uomini sbandir si dovreb-

bero dal commercio delle persone
discrete, 29.

Effetti delle cause contrarie, tra se pur
contrarii. 258. · Effetti lodevoli
alle volte nascono da causa degna di
biasimo, 288.

Egitto, già mare, ora terra fertilissima,
313.

Egnazio Catulliano, 55.

Eguali. (Vedi Conversare.)

Eleonora d'Aragona, duchessa di Fer-
rara, lodata, 201.

Elia, suo carro infiammato, 301.
Elide. (Vedi Olimpici giochi.)
Empietà, detestabile benchè faceta, 140.
(Vedi Biastemare.)

Ennio, 145. (Vedi Scipion Nasica.)
Enrico principe di Waglia, assai lodato,

272.

Epaminonda, udiva volentieri le ammo-

nizioni di Lisia Pitagorico, 247.
Epicari, libertina romana, sua costan-
za, 1.89.

Epimeteo, sua favola descritta, 249.
Equalità pari con chi debba usare il
principe, 268.

Ercole, sua statura, come e da chi ritro-
vata, 168.
Lodato, 272. (Vedi
Pitagora.) Suo rogo, che cosa
significhi, 301.
Eremita del Lavinello di M. Pietro Bem-

bo, accennato, 284.

Eritrei, muovono guerra a' Chii, 197.
Ermo (Sant'), facezia gentile del Gran
Capitano, 143.

Errore nostro quando ci diletti, 136.-
Errori infiniti de' cattivi principi,

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Esempio, chi fallando dà mal-esempio,
merita doppio castigo, 32.

Esempio faceto, 21.

Esercizii cavallereschi come debba fare
il Cortegiano, 83.

Esiodo imitato, ma non sempre, da
Virgilio, e perciò da questo supera.
to, 49.

Esopo tassato da Socrate presso Plato.
ne per aver tralasciato certo Apolo-
go, 76.

Estense (Ippolito) cardinal di Ferrara,
lodato, 23.

Estensi donne celebri, accennate, 198.
Estremo, ad esso s'attaccano le donne,

193. Estremi, come da essi dob
biamo discostarci, 274.
Età de' Principi e de' Cortegiani, varie
difficoltà che nascono dalla diver
sità di essa, 278. 1 Età matura,
più capace dell' amor onesto e ragio
nevole, 287. Età, tutte banno
qualche peculiar virtù e vizio, d9.
Età d'oro. (Vedi Saturno.)
Euboea, già congiunta alla Beozia, 313.
Eva col suo fallo, accennata, 185.
Evangelio, luogo di esso circa l'essere

invitato a nozze, allegato, 94. -
Facezia intorno un altro passo del-
l'Evangelio, 134.

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-

Fama buona o cattiva quanto importi,
25. Quanto giovi mandar in-
nanzi la buona, prima d'entrar
nelle corti, 108. Quanto si deb-
ba procurare di conservarla, 25.
Fanciulle cinque bellissime di Crotone.
(Vedi Zeusi.)

Fanciulletti a cui spuntano i primi den-
ti, con quali amanti dall' autore
comparati, 298.

Fanciulli, perchè cantino di notte, 90.
Fatiche, lor fine qual sia, 262, 263.
Utilissimo ad ognuno il tolerarne,
264.

Favori de' principi, sodi e veri quai
sieno, 94. Non si debbono uc-
cellare, 93.
Come in essi debba
diportarsi il Cortegiano, 94.
Favorire, i principi favoriscono talvolta
chi non lo merita, 25.

Federico duca d' Urbino, lodato, 9, 271.
-Gustava che gli fossero fatte delle
burle, 152.- Sua sentenza, 262.
Federico Marchese di Mantova; sua
gentil riprensione, 142. E faceta
risposta, 144, 145.

Federico. (Vedi Gonzaga.)
Felicità de' sudditi dee procurarsi dal
principe, 259, 260.

Femina e maschio intende di produr la
natura, 181.

Fenice, perfetto Cortegiano presso Ome-
ro, 281.

Ferdinando. (Vedi Ferrando.)

Fermezza della donna in amare il pri-
mo compagno del suo letto, donde
nasca, 182.

--

--

Ferrando re di Spagna, marito d'Isa-
bella, lodato, 199. Soggioga il
regno di Granata, e toglie parecchie
città ai Mori in Affrica, ivi, 310.
Ferrando minore d'Aragona, re di Na-
poli, eccellente negli esercizii caval-
lereschi, 138.
Sua avvertenza,
116. Scioccamente imitato da un
mal avveduto in uu suo difetto, 35.
Ferro non esercitato, comparato con
alcuni principi, 263.
Festività, che cosa sia, 118.
Fetide cose. (Vedi Mangiar.)
Fico, novelletta di certa donna impic-
cata ad un fico, 146.

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Fisionomi, lor dottrina accennata, 290.
Foglietta (Messer Agostino), sua gentil
dissimulazione, 142.

Folli chiama l'Autore questi suoi ra-
gionamenti, in comparazione delle
cose sacre e divine, 185..
Fonte publico comparato al principe.
249.

Forbici, novelletta accennata, 188.
Forche, in alcuni paesi quando uno con-
dannato alle forche venga richiesto
per marito da una publica meretri-
ce, resta libero, con questo che la
sposi; facezia curiosa alludente a
ciò, 145.

Forestieri, quando non sieno necessarii
per custodire il principe, 268.
Forma, ad essa s'assomiglia l'uomo ge-
nerante, 182.

Fortezza che cosa sia, 255.

-

- - Viene
ajutata dall'ira, ivi. Nasce dalla
temperanza, ivi.
Più propria
dell'uomo che della donna, 180.-
Qual sia la vera nella guerra, 264.
Fortuna seconda e avversa, ministra di
Dio, 267.- Perchè mandata da
Dio, ivi.

-

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