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non son pittore; pur certo so aver molto maggior piacere di vedere alcuna donna, che non aría, se or tornasse vivo, quello eccellentissimo Apelle che voi poco fa avete nominato. Rispose il CONTE: Questo piacer vostro non deriva interamente da quella bellezza, ma dalla affezion che voi forse a quella donna portate; e, se volete dir il vero, la prima volta che voi a quella donna miraste, non sentiste la millesima parte del piacere che poi fatto avete, benchè le bellezze fossero quelle medesime: però potete comprender quanto più parte nel piacer vostro abbia l'affezion che la bellezza.Non nego questo, disse messer CESARE; ma secondo che 'l piacer nasce dalla affezione, così l' affezion nasce dalla bellezza: però dir si può che la bellezza sia pur causa del piacere. Rispose il CONTE: Molte altre cause ancor spesso infiammano gli animi nostri, oltre alla bellezza; come i costumi, il sapere, il parlare, i gesti, e mill' altre cose, le quali però a qualche modo forse esse ancor si poriano chiamar bellezze; ma sopra tutto il sentirsi essere amato: di modo che si può ancor senza quella bellezza di che voi ragionate amare ardentissimamente; ma quegli amori che solamente nascono dalla bellezza che superficialmente vedemo nei corpi, senza dubio daranno molto maggior piacere a chi più la conoscerà, che a chi meno. Però, tornando al nostro proposito, penso che molto più godesse Apelle contemplando la bellezza di Campaspe, che non faceva Alessandro: perchè facilmente si può creder che l'amor dell' uno e dell' altro derivasse solamente da quella bellezza; e che deliberasse forse ancor Alessandro per questo rispetto donarla a chi gli parve che più perfettamente conoscer la potesse. Non avete voi letto, che quelle cinque Fanciulle da Crotone, le quali tra l'altre di quel popolo elesse Zeusi pittore, per far di tutte cinque una sola figura eccellentissima di bellezza, furono celebrate da molti poeti, come quelle che per belle erano state approvate da colui, che perfettissimo giudicio di bellezza aver dovea?

LIV. Quivi, mostrando messer Cesare non restar satisfatto, nè voler consentir per modo alcuno che altri che esso medesimo potesse gustare quel piacer ch' egli sentiva di contemplar la bellezza d'una donna, ricominciò a dire: ma in

quello s'udi un gran calpestare di piedi, con strepito di parlar alto: e cosi rivolgendosi ognuno, si vide alla porta della stanza comparire un splendor di torchi, e subito drieto giunse con molta e nobil compagnia il signor Prefetto, il qual ritornava, avendo accompagnato il papa una parte del cammino; e già allo entrar del palazzo dimandando ciò che facesse la signora Duchessa, aveva inteso di che sorte era il gioco di quella sera, e 'l carico imposto al conte Ludovico di parlar della Cortegianía; però quanto più gli era possibile studiava il passo, per giungere a tempo d' udir qualche cosa. Così, subito fatto riverenza alla signora Duchessa, e fatto seder gli altri, che tutti in piedi per la venuta sua s'erano levati, si pose ancor esso a seder nel cerchio con alcuni de' suoi gentiluomini; tra i quali erano il marchese Febus e Ghirardino fratelli da Ceva, messer Ettor Romano, Vincenzo Calmeta, Orazio Florido, e molti altri; e stando ognun senza parlare, il signor PREFETTO disse: Signori, troppo nociva sarebbe stata la venuta mia qui, s'io avessi impedito cosi bei ragionamenti, come estimo che sian quelli che ora tra voi passavano; però non mi fate questa ingiuria, di privar voi stessi e me di tal piacere. Rispose allora il conte LUDOVICO: Anzi, signor mio, penso che 'l tacer a tutti debba esser molto più grato che'l parlare; perchè essendo tal fatica a me più che agli altri questa sera toccata, oramai m' ha stanco di dire, e credo tutti gli altri d'ascoltare, per non esser stato il ragionamento mio degno di questa compagnia, nè bastante alla grandezza della materia di che io aveva carico; nella quale avendo io poco satisfatto a me stesso, penso molto meno aver satisfatto ad altrui. Però a voi, Signore, è stato ventura il giungere al fine; e buon sarà mo dar la impresa di quello che resta ad un altro che succeda nel mio loco; perciò che, qualunque egli si sia, so che si porterà molto meglio ch' io non farei se pur seguitar volessi, essendo oramai stanco come

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LV. Non sopportarò io, rispose il Magnifico JULIANO, per modo alcuno esser defraudato della promessa che fatta m'avete; e certo so che al signor Prefetto ancor non dispiacerà lo intender questa parte. E qual promessa? - disse il

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CONTE. Rispose il MAGNIFICO: Di dechiarirci in qual modo abbia il Cortegiano da usare quelle buone condizioni, che voi avete detto che convenienti gli sono. -Era il signor Prefetto, benchè di età puerile, saputo e discreto, più che non parea che s'appartenesse agli anni teneri, ed in ogni suo movimento mostrava con la grandezza dell'animo una certa vivacità dello ingegno, vero pronostico dello eccellente grado di virtù dove pervenir doveva. Onde subito disse: Se tutto questo a dir resta, parmi esser assai a tempo venuto; perchè intendendo in che modo dee il Cortegiano usar quelle buone condizioni, intenderò ancora quali esse siano, e così verrò a saper tutto quello che infin qui è stato detto. Però non rifiutate, Conte, di pagar questo debito, d'una parte del quale già sete uscito. Non arei da pagar tanto debito, rispose il CONTE, se le fatiche fossero più egualmente divise; ma lo errore è stato dar autorità di comandar ad una signora troppo parziale: - e così, ridendo, si volse alla signora EMILIA; la qual subito disse: Della mia parzialità non dovreste voi dolervi; pur, poi che senza ragion lo fate, daremo una parte di questo onor, che voi chiamate fatica, ad un altro; —e, rivoltasi a messer Federigo Fregoso, Voi, disse, proponeste il gioco del Cortegiano; però è ancor ragionevole che a voi tocchi il dirne una parte: e questo sarà il satisfare alla domanda del signor Magnifico, dechiarando in qual modo e maniera e tempo il Cortegiano debba usar le sue buone condizioni, ed operar quelle cose che 'l Conte ha detto che se gli convien sapere. - Allora messer FEDERICO, Signora, disse, volendo voi separare il modo e 'l tempo e la maniera delle buone condizioni e ben operare del Cortegiano, volete separar quello che separar non si può, perchè queste cose son quelle che fanno le condizioni buone e l'operar buono. Però, avendo il Conte detto tanto e cosi bene, ed ancor parlato qualche cosa di queste circostanze, e preparatosi nell'animo il resto che egli avea a dire, era pur ragionevole che seguitasse insin al fine. - Rispose la signora EMILIA: Fate voi conto d'essere il Conte, e dite quello che pensate che esso direbbe; e così sarà satisfatto al tutto.

LVI. Disse allor il CALMETA: Signori, poichè l'ora è tar

da, acciò che messer Federico non abbia escusazione alcuna di non dir ciò che sa, credo che sia buono differire il resto del ragionamento a domani; e questo, poco tempo che ci avanza si dispensi in qualche altro piacer senza ambizione. — Cosi confermando ognuno, impose la signora Duchessa a madonna Margherita e madonna Costanza Fregosa, che danzassero. Onde subito Barletta, musico piacevolissimo e danzator eccellente, che sempre tutta la corte teneva in festa, cominciò a sonare suoi instrumenti; ed esse, presesi per mano, ed avendo prima danzato una bassa, ballarono una roegarze con estrema grazia, e singolar piacer di chi le vide; poi, perchè già era passata gran pezza della notte, la signora Duchessa si levò in piedi: e cosi ognuno reverentemente presa licenza, se ne andarono a dormire.

IL SECONDO LIBRO DEL CORTEGIANO

DEL CONTE BALDESAR CASTIGLIONE

A MESSER ALFONSO ARIOSTO.

I. Non senza maraviglia ho più volte considerato, onde nasca un errore, il quale, perciò che universalmente ne'vecchi si vede, creder si può che ad essi sia proprio e naturale: e questo è, che quasi tutti laudano i tempi passati e biasimano i presenti, vituperando le azioni e i modi nostri e tutto quello che essi nella lor gioventù non facevano; affermando ancor, ogni buon costume e buona maniera di vivere, ogni virtù, in somma ogni cosa, andar sempre di mal in peggio. E veramente par cosa molto aliena dalla ragione e degna di maraviglia, che la età matura, la qual con la lunga esperienza suol far nel resto il giudicio degli uomini più perfetto, in questo lo corrompa tanto, che non si avveggano, che se 'l mondo sempre andasse peggiorando, e che i padri fossero generalmente migliori che i figlioli, molto prima che ora saremmo giunti a quell' ultimo grado di male, che peggiorar non può. E pur vedemo, che non solamente ai di nostri, ma ancor nei tempi passati, fu sempre questo vizio peculiar di quella età; il che per le scritture di molti autori antichissimi chiaro si comprende, e massimamente dei Comici, i quali più che gli altri esprimeno la imagine della vita umana. La causa adunque di questa falsa opinione nei vecchi estimo io per me ch' ella sia, perchè gli anni fuggendo se ne portan seco molte commodità, e tra l'altre levano dal sangue gran parte degli spiriti vitali; onde la complession si

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