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CAPO I.

2. 1. Divisione e posizione dei dialetti lombardi.

DIVISIONE. Se nei dialetti lombardi consideriamo attentamente le molteplici dissonanze di minor conto, che li contradistinguono, indeterminato ne è il numero, e impossibile una esatta classificazione, mentre non solo ogni città ed ogni terra ha il proprio dialetto, ma persino nel recinto d'una città medèsima pàrlasi dall'un capo all'altro con diverso accento e varia flessione. Con tuttociò, se, afferrando le precipue loro variazioni e le proprietà radicali più distintive, ne consideriamo il complesso ed i rapporti, agevolmente ci si affàcciano ripartiti in due gruppi, che per la posizion loro abbiamo denominato occidentale ed orientale. Ciascuno di questi è rappresentato da un dialetto principale, quasi modello, che racchiude in sè solo, e meglio sviluppate, presso che tutte le proprietà distintive dei singoli suoi membri, e intorno al quale tutti gli altri si ravvòlgono con gradi più o meno prossimi di parentela. Questa affinità per altro sta per lo più in ragione inversa della distanza dal centro comune, per modo che i più vicini più si accostano al dialetto centrale, e i più lontani, serbando appena le traccie d'un'affinità lontana, sėgnano quasi il passaggio dall'uno all'altro gruppo, o dall'una all'altra famiglia, colla quale si vanno mano mano assimilando.

La linea che, da settentrione a mezzogiorno scendendo, sèpara con bastèvole precisione questi due gruppi, incomincia dalla catena delle Prealpi orobie che divide l'estesa valle dell'Adda da quelle dell'Ollio, del Serio e del Brembo, e percorrèndone le creste che separano la Val Sàsina dalle confluenti della Val Brembana,

raggiunge l'Adda poco inferiormente a Lecco, indi ne segue il corso sino alla sua foce nel Po, deviandone sol breve tratto verso oriente, da Cassano cioè fino a Rubbiano.

Il dialetto principale rappresentante il gruppo occidentale si è il Milanese, e ad esso più o meno affini sono: il Lodigiano, il Comasco, il Valtellinese, il Bormiese, il Ticinese e il Verbanese. Il gruppo orientale è rappresentato dal Bergamasco, al quale sono strettamente congiunti, per comuni proprietà, il Cremasco, il Bresciano e il Cremonese.

POSIZIONE. Il Milanese è il più esteso di tutti. Oltre alla provincia di Milano òccupa una parte della pavese fino a Landriano e Bereguardo; e, varcando quivi il Ticino, si estende in tutta la Lomellina e nel territorio novarese compreso tra il Po, la Sesia ed il Ticino, fino a poche miglia sopra Novara.

Il Lodigiano si parla entro angusti limiti, nella breve zona compresa tra l'Adda, il Lambro ed il Po, risalendo fino all'Addetta nei contorni di Paullo; inoltre òccupa un piccolo lembo lungo la riva orientale dell'Adda, intorno a Pandino e Rivolta.

Il Comasco estèndesi in quasi tutta la provincia di Como, tranne l'estrema punta settentrionale al di là di Menagio e di Bellano a destra ed a sinistra del Lario; e in quella vece comprende la parte meridionale e piana del Cantone Ticinese, sino al monte Cènere.

Il Valtellinese occupa colle sue varietà le valli alpine dell'Adda, della Mera e del Liro, inoltràndosi ancora nelle Tre Pievi, lungo la riva del Lario, intorno a Gravedona, ed a settentrione nelle quattro valli dei Grigioni italiani, Mesolcina, Calanca, Pregallia e Puschiavina.

L'estremità più elevata settentrionale della valle dell'Adda, che comprende a un dipresso il distretto di Bormio, colla piccola valle di Livigno situata sull'opposto pendio del monte Gallo, è occupata dal dialetto Bormiese.

Il Ticinese è parlato nella parte settentrionale del Cantone Svizzero d'egual nome, al norte del monte Cènere, in parecchie varietà, tra le quali distinguonsi sopra tutto le favelle delle valli Maggia, Verzasca, Leventina, Blenio ed Onsernone.

II Verbanese estèndesi tra il Verbano, il Ticino e la Sesia, dalle Alpi lepòntiche fin presso a Novara, ed è quindi parlato

lungo ambe le sponde del Verbano, spaziando ad occidente in tutte le vallate che vi affluiscono, ed insinuandosi nella più estesa della Sesia colle sue affluenti del Sermenta e del Mastallone.

Il Bergamasco confina a settentrione col Valtellinese, da cui lo divide l'alta catena delle Prealpi orobie; ad occidente col Comasco e col Milanese. Esso òccupa le valli del Brembo e del Serio, confinando ad oriente col Bresciano, e, giunto alla pianura, si stende tra l'Ollio e l'Adda, scendendo fin sopra i Mosi di Crema.

Il Cremasco è una breve continuazione del Bergamasco, a mezzogiorno del quale si estende sino alla foce del Serio, occupando i soli distretti VIII e IX della provincia di Lodi.

Il Bresciano è parlato nell' estesa valle dell'Ollio, in quella del Clisio fin entro il Tirolo, e lungo la riva destra del lago Benaco fino a Desenzano; di là per una linea trasversale, che discende fino a Canneto sull'Ollio, confina col Mantovano.

Il Cremonese per último giace tra gli indicati confini del Lodigiano, del Cremasco e del Bresciano, e la riva sinistra del Pò, che segue dalla foce dell'Adda sin presso a quella dell'Ollio, dove confina col Mantovano.

2.2. Proprietà distintive dei due gruppi occidentale ed orientale.

Tra le molte proprietà, onde gli orientali dialetti sono dagli occidentali distinti, le più generali, costanti ed ovvie sono le seguenti: Gli occidentali hanno varii suoni nasali, sìmili ai francesi e ignoti affatto agli orientali; e questi suoni tròvansi così nel fine, come nel principio e nel mezzo delle parole:

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utensili accipigliato

inguànguel ingrintâ

unghia

incontro

óngia

incónter.

Italiano vino

piccino India D. Oc. vin piscinin India Italiano buono divozione ungere D. Oc. bon divozión óng

In vece gli orientali sopprimono in fine di parola, e d'ordinario anche nel mezzo, la lèttera n, accentando la vocale che la precede:

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Il suono tagliente ed aspro della z assai frequente nei dialetti occidentali, e tanto più intenso e ripetuto quanto più si avvicina alle montagne, ove sovente sta in luogo della s italiana, si cangia all'opposto in ss negli orientali, ai quali è presso che ignoto.

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Gli orientali sopprimono di frequente la lèttera v, permutàndola alcuni in forte aspirazione, mentre gli occidentali non aspìrano mai.

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Da alcuni esempi già riferiti appare ancora come gli orientali permutino di frequente la vocale o in u, mentre essa rimane sempre la stessa negli occidentali:

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Gli occidentali sopprimono la desinenza re nelle voci italiane terminanti in ere, accentando la vocale precedente, e cangiano parimenti in é o é la desinenza italiana ajo, mentre gli orientali tèrminano le stesse voci in ér:

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