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annobilita punto l'ingegno. Una nuova maschera potrebbesi aggiungere a quelle del teatro già note, i suicidi eleganti; quelli che anelano a lunghissima vita per potere più lungamente protestar di abborrirla. V' ha chi patisce davvero e geme dal profondo dell' anima: il Foscolo e il Leopardi hanno raccolto nei loro versi e nelle loro prose i richiami di questi infelici; ora molti vorrebbero patire perchè Foscolo e il Leopardi cantarono e scrissero. Disamano una vita che non hanno provata, sospirano a un bene che nulla han fatto per meritare. E come nella vita, così negli studî imitano del Foscolo non la diligente perseveranza, non l'amore al perfetto, ma lo stento, le bizzarrie. Molti, so bene, si adireranno con me per l'acerbità di questa conclusione; non per questo vorrò augurare che la esperienza, infelice quanto potrebbe, abbia ad esser loro più creduta

maestra.

GIUSEPPE BARBIERI, nato in Bassano l'anno 1783, vestì l'abito di san Benedetto, e fu da principio maestro di belle lettere nel convento di Praglia. Successe quindi al Cesarotti, già suo maestro, come professore di eloquenza nella Università di Padova, dove più tardi insegnò Diritto naturale, publico e penale. Caduto il Regno d'Italia, visse a' suoi studi in una villa sui colli Euganei fino al 1824; nel quale anno cominciò a mostrarsi come predicatore, acquistando grandissima celebrità. Nel 1848 fu richiamato molto onorevolmente alla publica istruzione, benchè fosse già invecchiato anche sopra i suoi anni. Morì sul finire del 1852. Fu uomo, non veramente erudito, ma colto; e scrittore elegante (non di rado troppo elegante) di verso e di prosa. Non mi parve necessario, nè anche molto utile, riferire qualche sua poesia. Le poche prose che adduco sono tolte dalle Prediche; e possono anche bastare a far conoscere in che le sue prediche differiscono dalle comuni.

Imagine del ministro cvangelico.

Il buon ministro è quegli che la divina parola, siccome pascolo di salute, dispensa ai popoli; che loro infrange cotesto pane di vita, e secondo la varia capacità degli alunni, lo vien minuzzando; e dove al pane medesimo insufficienti si accusino, e loro ne fa bevanda di latte, siccome Paolo scrive, cosicchè sia per essi ricevuto a grado e, digesto, a nutrizione dell' anime si

converta.

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Ed oh, com'è venerabile il suo magistero, quand'egli nel tempio augusto del Signore, in mezzo agli adorabili misteri della nostra rigenerazione, annunzia gli eterni comandamenti, i precetti della vita, le norme infallibili della presente e futura felicità! Informato alla scuola de' patriarchi e dei profeti, degli apostoli e de' dottori, si fa banditore di vera sapienza, tutore dell'ordine, araldo di pace, dispensatore di celesti consolazioni. L'amore di Dio sopra tutte le cose e sopra noi stessi, l'amore del prossimo in Dio; ecco i due cardini su' quali tutte si aggirano le parole di grazia e di forza, i dettami, i consigli, le promesse, le minacce con che si travaglia d'istruire le menti e d'informare i cuori. Non è vizio ch'egli non prenda a combattere, nè virtù della quale non faccia prova d'inserire negli animi la dilezione, e d'aiutarne l'acquisto. Se amate i piaceri, ed egli vi predica temperanza; se vi date ai traffichi, giustizia; ne' dubbi casi, prudenza; nelle avversitadi, fortezza. Iracondi, avari, superbi, ignari, dissoluti, invidiosi, la sua parola è taglio di spada a recider que' mali germogli; è raffio affilato a svellerne e sbarbicarne le inique radici. Egli richiama la vostra fede all'umile adorazione della suprema verità, innalza le vostre speranze a confidare in quella bontà indefettibile, e tutti raccoglie i vostri affetti nell' amore di quella infinita bellezza.

Egli nel foro secreto delle coscienze, nel tribunale augusto della riconciliazione, giudice in uno e padre, si fa dentro i penetrali del cuore; ne medica le piaghe, vi spande il balsamo del conforto, ne scioglie i dubbi, i timori ne acqueta, e con prudenti consigli, cor. pratiche di sincera pietà ne aiuta gli sforzi a cessare le occasioni della colpa, a restituire il mal tolto, a riparare gli scandali, a rompere i legami peccaminosi, a tutte disdire le vane concupiscenze della carne, tutte le orgogliose superbie della vita, a tutti indirigere i pensieri, gli affetti, le opere al vero perfezionamento del nostro essere, alla nostra santificazione. Così nell'atto medesimo di procurare il nostro bene quaggiù, nei brevi momenti di questo viver fallace, apparecchia gli animi nostri all'acquisto di un bene immortale, nella patria de' spiriti eletti lassuso in cielo.

Ed uscendo pure da queste case di orazione, dove la sua parola è accompagnata e sostenuta dai riti maestosi della religione, chi è, per vostra fede, che dalle piazze, dai trivî, dalle bische e dalle taverne i giovinastri senza tetto vagabondi, e senza freno di veruna educazione lasciati in balía di sè stessi riduce non pertanto ad una qualche disciplina di morali e religios istituzioni? Chi è che l' orfane donzelle, povere, derelitte,

in mezzo a tante seduzioni di giovine protervia, ripara sotto allo scudo d' una provida generosa carità? Chi all' umile ve dovella dagli stenti e dalle egritudini stenuata reca in segreto le misericordie de' buoni, e persuade rassegnazione e pazienza? Chi è che monta le scale fastidiose de' potenti? chi assedia le porte de' litiganti? chi tollera le asprezze de' ministri e le scurrilità de' servi, affine d'impetrare soccorsi e difese alle ragioni di un oppressato colono, d'un infermo artigiano, d'un pupillo iniquamente frodato, d'una sposa empiamente tradita, d'un vecchio padre scelleratamente abbandonato? Chi entra a' segreti abitacoli delle famiglie, arbitro venerando, e colla santa facondia di paterne ammonizioni acqueta le domestiche discordie, ricompone le parentele, rannoda i vincoli delle sante amicizie ? Ah! ch' egli è desso il buon pastore. Lo ravviso, più che al negro lucco che lo circonda a' tonsi capelli che d'ogni mondana vanità lo gridano spoglio, lo ravviso all'aria mansa del volto, al portamento composto, agli atti che spirano gravità insieme e dolcezza. Lo sento alla voce, che placida in uno ed autorevole mi piega a riverenza, mi move a pietà. Lo sento alla fiamma purissima di quel zelo che non incende ma scalda; che non istrugge, ma rifocilla: a quel zelo che non è disdegnosa intemperie d'umore, o superba ostentazione di grado, che non è guari impaziente a volere in ogni cosa por mano senza rispetto a tempi, a luoghi, a persone, che non è cieco a far fascio di ogni erba, e per cavarne la mala gramigna istrapparne il buon grano, ma ch'è di prudenza contemperato e di carità; che non insulta, nè grava, ma priega ed esorta; che non si briga di frugare la colpa dove non è, si coprirla e correggerla dove pur fosse; che abborre il vizio, non il vizioso; che brama la conversione e la vita del peccatore, e non altrimenti la morte; che per lo bene degli altri dimentica il proprio; che alla causa della religione e della umanità ogni altro rispetto fa tacere e pon dietro. Fortunata la casa dov'ei si conduce! Fortunate le sorti di que' pietosi che ascoltano i suoi consigli, che si recano docili alle sue ammonizioni!

Nè io lascerò da un canto la benefica opera da cui tanto frutto ridonda alla società; l'opera salutare di que' pastori che vegliano alla istruzione ed a conforto de' poveri campagnuoli. Buoni pastori! Voi partecipate con essi alle fatiche ed alle gioie della vita campestre; voi siete loro maestri d'ogni santo dove

1 Lucco chiamossi una veste di saia o di rascia nera, lunga quasi fin a' talloni, e a' dottori e altre persone più gravi, senza quasi. Così il

Varchi.

re, siete gli amorosi difenditori de' loro diritti, e poco men ch'io non dissi l'astro pietoso alla scorta del quale indirigono i loro passi nel travagliato cammino della nostra mortale peregrinazione. Buoni pastori! che fate spuntare il giglio nella oscurità delle convalli e zampillar nel deserto sorgenti di vive acque ; che rallegrate della vostra benedizione le abbiette loro e solita. rie capanne; che fate lieti di caste preghiere e di rozzi cantici i loro giorni festivi; che date ali alla speranza, occhi alla fede, a quella fede che sola è potente rendere coraggioso lo spirito ed umile il cuore. Mercè della vostra instancabile pazienza a mantenerli contenti del misero loro stato e tranquilli nella pace della rassegnazione, vostra bella mercè, l'umano consorzio, in tante e sì dure disuguaglianze della fortuna, conserva que' vincoli di fratellanza, quella unità di concordia, senza cui non potrebbe nullamente consistere ed attenersi.

Ma, tra l'orror delle carceri dove angoscia il delinquente, alla sponda di un letticciuolo dove spasima il moribondo, quivi è che la voce del buon pastore suona ben altro che umana e mortale cosa. Chi potrebbe ritrarre al vivo la deplorabile condizione dell' uno e dell'altro? E se quell' uno, da rigidi ceppi costretto, si fosse per avventura un innocente? Se la iniqua persecuzione di un Putifarre lo avesse in quella fossa precipitato? Se gli fosse imminente il pericolo di un infame supplizio? Oh Dio! Non ho cuore di spignere avanti un dubbio così cru. dele: la lena mi manca. E che dirò dell' altro il quale, venuto meno di forza, è presso all'ultima dipartita? Oh, come è profondo l'anelito, lamentevoli i gemiti, miserabile l'atto della persona! Ha veduto partirne gli amici e i congiunti; la famigliuola in pianto conversa gli ha ripetuto l'estremo vale; ormai la stanza è romita; 'ogni cosa silenzio e lutto. Egli solo a sè stesso, fra il tempo che lo abbandona e la eternità che lo inghiotte. E se quest'uomo, di gravi colpe macchiato l'anima, e da voraci rimordimenti lacerato la coscienza, fosse tuttavia per modi asprissimi combattuto fra la speranza e la disperazione? Se quest'uomo lasciar dovesse una famiglia per cagione de' suoi errori caduta in basso, di aiuti spoglia, da nemici potenti assalita? Qua, qua traete, uomini vantatori che strombazzate umanità, ragione, filosofia, che guardate con occhio di spregio, che abborrite, non ch'altro, i sacri ministri dell' evangelica religione; qua, qua traete, o generosi: discendete a quella carcere, fatevi presso a quel letto, non abbiate a schifo, nè vi ributti la povertà o l'orridezza del luogo, il buio, il fiatore, i cenci, le piaghe, il fragor delle imposte, il sonar delle catene, le bestem

mie o le lagrime: entrate, su via, coraggiosi, portate in quell'anime un raggio di speranza, un' aura di consolazione. Ma no: voi non osate por mano a cotanta impresa, e n'avete ben donde. Cresciuti negli agi e ne' piaceri, in tutta la forza e la giocondità della esistenza, non avete ancora sperimentato il bisogno de' conforti religiosi! E intanto ne disgraziate quegli uomini benemeriti che a si grand' uopo consacrano i loro giorni. Voi siete per avventura al gioco, al teatro, voi sedete a lauta cena, voi giacete in soffice letto, ed invano altri nel fitto della notte, ne' stridori del verno, tra i diacci e le nevi, sotto al vento ed alla pioggia, farebbe invano. di picchiare alle vostre soglie, di chiamarvi a soccorso della pericolante umanità. Zelatori dell' a nime, ministri d'una religione di carità, angioli della pace, la missione è vostra. A voi è dato quella carcere tenebrosa rischiararne d'un lume celeste; a voi quella tetra bara in un letto di riposo convertire. A voi que' petti, se di macigno, spetrarli; se fracidi d'invecchiata carnalità, rigenerarli allo spirito; se abbandonati a cieca disperazione, richiamarli a fidanza. Dalle vostre labbra, più molle che mattutina rugiada, più soave che pioggia serótina, discende la parola negli intimi recessi di quell' anime costernate, e vi discende a rinfrescarne le arsure cocenti, e gli affanni amarissimi a raddolcirne. Voi le promesse infallibili dell' augusta religione, voi le ricompense cumulatissime della pietà, voi gli inesausti tesori delle eternali misericordie schiudete loro dinanzi.

Pietà, Amicizia, Amore, Carità.

Pietà soccorre ai bisogni de' miseri e de' tribolati, infrange il pane a' famelici, agli assetati dà bere, i nudi ricopre di vestimento, i peregrini ricetta, gl'infermi visita, gli addolorati consola, a' poveri di consiglio porge la mano, addita la via, accende la fiaccola. Ma questo affetto bellissimo di pietà non è rado che torni appannato da qualche fumo d'orgoglio e di vanità per quel sentimento di maggioranza che repe1 furtivo nell'animo del benefattore verso il beneficato. - Amicizia è tesoro d'animi gentili. Ella pensieri, occupazioni, diletti accomuna tra' suoi più cari; divide con essi all' uopo la mensa e il tetto; moltiplica i beni, i mali scema: laonde fu scritto assennatamente, la vita senza i conforti dell' amicizia non essere vitale. Ma spesso le concorrenze e le gare dell' interesse e dell'ambizione, il tedio,

Repe; dal verbo latino repere che significa strascinarsi per terra. Al Barbieri fu rimproverato da molti, e non a torto, l'abuso dei latinismi, inopportuni principalmente parlando al popolo.

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