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gentiluomini mantovani, e ci narra ch' egli fu inviato l'anno 1458 dal Marchese di Mantova in qualità di suo ambasciadore al Marchese di Brandemburgo.

L

XIX.

GIAN-FRANCESCO BAGNO O DEI BAGNI

MANTOVANO.

Prendilacqna, secondo il codice Vaticano, stampato in Padova, di cui seguiam l'ordine nello stendere le notizie de' discepoli di Vittorino, parla a questo luogo di un Gian-Francesco Bianchi, Joannes Franciseus Blancus (1): ma il chiar. signor avvocato Leopoldo Camillo Volta ci avvertisce, che assolutamente debbe essere corso errore in questo cognome, per colpa o di chi scrisse il codice Vaticano, o di chi lo trascrisse, poichè nelle memorie di quel tempo non v' ba chi affermi essersi trovata in Mantova una famiglia di tal cognome Bianchi. Al contrario, nel codice Capilupiano, nel medesimo Dialogo del Prendilacqua, che abbiam veduto esser più ricco ed esatto che non è il Vaticano impresso, trovasi a questo luogo farsi menzione d'un Joannes Franciscus Balneus, cognome assai illustre ed assai noto in Mantova anche ne'se. coli trapassati.

Gian-Francesco, dunque, Bagno o de'Bagni, fu nipote di quel Riccardo, che scacciato da Firenze nel 1400 ¡venne a stabilirsi in Mantova. Sotto la disciplina di Vittorino imparò Gian-Francesco le due lingue della Grecia e del Lazio. Scorgendo il suo Precettore in lui grandissima inclinazione alle cose militari, il fece con grande cura addestrare in quegli esercizj cavallereschi

(1) Prend., pag. 65.

che ne sono i primi elementi, e divenne uno de' più ben disposti ed amabili giovani di quella città. Uscito egli appena dalla scuola di Vittorino, si diede alla milizia, ponendosi prima al servigio di Carlo Gon zaga, poi di Francesco Sforza, duca di Milano. Il Platina afferma (1), che il Bagno in un particolare certame riportò sì grave colpo nell' omero destro, che ne rimase indebolito al maggior segno, con gran cordoglio delle sue schiere; e il Porcellio scrive (2), che trovandosi egli alla guerra contro i Veneziani nel 1453 fu fatto prigione.

Si distinse, oltre al valor militare, in cui ottenne gran fama, in prudenza, e, ciò ch'è assai raro fra l'armi, uello scrupolosamente serbare la data fede.

P.

XX.

GIAN-FRANCESCO DE' SOARDI

ΜΑΝΤΟΥΑΝΟ.

OCHISSIMO potrebbe dirsi di Gian-Francesco de' Soardi, e quel solo che ne lasciò scritto il Prendilacqua nel Dialogo suo, se d'altre belle e rare notizie non ci avesse forniti il tanto cortese quanto erudito signor avvocato Leopoldo Camillo Volta, delle quali opportunamente qui ci varremo.

Gian-Francesco Soardi fu mantovano, non berga. masco, come credette il Tiraboschi (3), sebbene la sua famiglia fosse originaria di Bergamo, secondo che scrisse lo storico Schivenoglia, essendo essa venuta ai

(1) Hist. Mant., lib. VI.

(2) Scrip. Rer. Italic., tom. XXV, pag. 43.
(3) Stor. della Letterat. Ital. Tom. VI, pag. 1019.

tempi di Gian-Francesco Gonzaga a stabilirsi in Mantova, ove fiori con onore (1).

Il padre del nostro Soardi fu Podestà d'Ostiglia, e quivi morì, e fu sepolto l'anno 1459 (2). Il figliuolo studiò le belle lettere alla scuola di Vittorino, nelle quali riuscì, e singolarmente nella poesia. Passò quindi a Roma (ove fu in appresso uno deʼsocj della famosa Accademia di Pomponio Leto), e quivi tutto si abbandonò allo studio della Giurisprudenza, nella quale ottenne gran fama. Di fatto egli fu Podestà di Firenze, poi presidente in Siena senza intervallo di tempo, il che era contrario alle leggi della Toscana: nientedimeno la somma onestà sua, la fede, la continenza, e le altre virtù dal suo gran Precettore imparate, fecero dimenticare, anzi aver cara questa violazione di legge (3).

(1) Agnello Maffei, Annal. di Mant., lib. X, Cap. VII pag. 769. In un codice membranaceo delle Poesie italiane del Soardi, che conservasi nella Real Biblioteca di Mantova, si legge che, quand'egli fu podestà a Firenze, vennero posti sotto lo stemma suo gentilizio i seguenti versi assai rozzi: Lo nobile Doctore e Cavaliere

Misser Giovanfrancesco Mantovano
De gli Soardi come puoi vedere

Foe di Firenze digno Capitano.

Il qual documento ognor più assicuraci che qual Mantovano debbe considerarsi.

(2) In Ostiglia nella chiesa di S. Maria del Castello una lapide inosservata ha la seguente iscrizione in carattere semigotico mezzo consunto:

Sepulchrum. Johannis. Suardi. Hostilie. Pretoris. Minis. XXXV. Qui. obiit. anno MCCCCLVIIII.

La parola abbreviata Minis potrebbe significare Marchionalis, o Ministerialis, se non si dovesse staccare la lettera M ed interpretare in annis.

(3) Prend., pag. 65, e seg.

233 Gli anni 1465, e 1466, fu Podestà pure in Mantova sua patria.

Da Giannandrea Barotti impariamo (1) ch'egli visse molti anni in Ferrara, ai tempi di Lionello e di Borso d'Este, e che fu poeta di un merito, per quella età in cui compose, assai ragguardevole, recandone in prova due sonetti estratti da un codice ch'era della famiglia Bevilacqua di Ferrara. E, per verità, scrisse egli di una parte di molti versi così latini come italiani, e questi ultimi leggesi nell'accennato Codice della Real Biblioteca di Mantova, contenente sonetti, canzoni, strambotti, così del Soardi, come d'altri autor di que' tempi.

Visse egli assai lungamente, perciocchè fra i codici della libreria de' Monaci Camaldolesi di S. Michele di Murano, trovasi un suo Epitalamio in sei Canti, com. posto nel 1509 per le nozze di Francesco Maria d'Urbino, e di Eleonora Gonzaga.

Baldassare de' Soardi, forse fratello di Gian-Francesco, fu pure discepolo di Vittorino, il che attesta il Platina nell'atto di dedicargli la Vita da lui composta del nostro Feltrense, e così per avventura anche Marco Soardi, poichè in fine ad un codice contenente l'opera di Pietro Paolo Vergerio De ingenuis moribus, veduto dal signor abate Morelli, leggonsi scritte in fine queste parole: Scriptus Mantuae apud præclarum Magistrum Victorinum Feltrensem. Marcus Suardus. Il qual Soardi ne fu copista.

(2) Annot. alla Secchia Rapita del Tassoni, Canto II, Stanz. XI.

XXI.

LODOVICO DALLA TORRE

VERONESE.

GRANDE onor si fece alla scuola di Vittorino Lodo

vico dalla Torre, gentiluom veronese, perciocchè riusci in tutti gli studj a che s'applicò, ma singolarmente nell'eloquenza, alla quale una felice natura inchinavalo, Dopo d'essersi dato, ad imitazione del padre, allo studio delle leggi, ottenne molti civili impieghi, ne' quali per integrità, per giustizia, per umanità molto si distinse, e per continenza (1). Il chiar. signor abate Andres ha già dimostrato, che questo Lodovico dalla Torre non dee punto confondersi con un altro dello stesso nome e cognome, di profession religiosa, di cui parla il marchese Maffei, e del quale si conserva un Opuscolo fra i codici Capilupiani, ed a lui Antonio Beccaria, come diremo, dedicò un suo libretto d'amorose elegie, che leggesi parimente fra i Manoscritti della libreria Capilupi di Mantova (2).

DiAntoni

XXII.

ANTONIO BECCARIA

VERONESE.

Antonio Beccaria, celebre letterato veronese, hanno scritto il marchese Maffei (3), e il conte Mazzuchelli (4);

(1) Prend., pag. 66.

(2) Catal. de' Cod. MSS. Capilup., pag. 130, e pag. 142, (3) Verona Illustr., lib. III, pag. 113.

(4) Scritt., d'Ital. vol. II, pag. 593.

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