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III.

Come quand' entra in una palla il vento,
Che 'l medesimo fiato l' animella,
Come l' apre di fuor, serra di drento;
Così l'immagin del tuo volto bella
Per gli occhi in mezzo all' alma venir sento,
E, passata colà, chiudersi in quella;

E qual palla da pugno, al primo balzo,
Percosso da' tuoi sguardi al ciel poi m' alzo.

IV.

Jo m' alzo al ciel, ma senza il tuo sostegno
In precipizio al fin cadrò mortale.

Che sovra il mio desio debil m' attegno,
Se di tua grazia non mi reggon l' ale.
Proprio valor, natìa virtù d' ingegno,
Se non m' affidi tu, nulla mi vale;
Che quanto co' tuo' sguardi vo più alto,
grave fia senza il tuo aiuto il salto.

Più

V.

Deh! se e' non basta ad una donna bella
Goder del vanto d' un amante solo,
Perchè priva di lui perderebb' ella
La fama che in beltà l' innalza a volo,

Non spregiare anche me, gentil donzella,

Nè sia premio al mio amor tormento e duolo;
Che per un solo sguardo il sol non gira,

Ma

per ogni occhio san che in lui rimira.

VI.

Forzato io sono ognor di seguitarti,

E di sì bella impresa io non mi pento;
E se tu non mi stimi un uom da sarti,
O un fantoccio senza sentimento,

E se dalla ragion tu non ti parti,
Spero ch' un dì tu mi farai contento;
Che'l morso il lusingar toglie ai serpenti,
Come l'agresto ch' alleghi altrui i denti.

VII.

Non passa notte mai, non passa giorno
Ch'io non ti scorga e senta con la mente,
Nè scaldar mai si può fornace o forno,
Ch' un mio sospir non fusse più cocente;
E quando avvien ch' io mi ti vegga intorno,
Sfavillo come ferro in fuoco ardente,
E tanto vorrei dir che per la fretta
Del favellar s' incocca la saetta.

VIII.

Io sento dentro al cuor sì grande ardore,
Che volendo esalar s' alza alle stelle;
E mentre pullulando uscir vuol fuore,
Per mille vie mi bucherà la pelle;
E s'a te vo' ridir qual sia il mio amore,
Con pena ogni parola mi si svelle;
Ch' amor, siccome l' anime incatena,
Le voci arresta, e 'l favellare affrena.

IX.

S' accade mai che tu mi rida un poco
O saluti, o sia grazia o scherno sia,
Mi levo come polvere per fuoco
O d'archibuso ovver d'artiglieria,

E immantinente, fuor di me, m' affioco,
Perdo la lingua, e la risposta mia
Si smarrisce e si sperde fra 'l desio,
E quanto vorrei dire io tutto obblio.

X.

Ma se forza non è contro umiltade,
Nè crudeltà può star contro all' amore,
S'ogni durezza suol vincer pietade,
Consola un dì da vero il mio dolore.
Una nuova nel mondo alta beltade,
Qual è la tua, dee aver pietoso il cuore ;
Ch' una guaina, ch'è dritta a vedella,
Non può dentro tener torte coltella.

XI.

S' un giorno io sto che veder non ti posso,
Non trovo, donna, pace in luogo alcuno;
Se poi ti miro, mi s' appicca addosso,
Come suole il mangiar fare al digiuno;

E

par ch' io mi riabbia, e ingrasso, e ingrosso, Tanta sustanza da' tuo' sguardi aduno;

E in modo tale il cuor ne riconsolo,

Ch' è più 'l conforto, che non era il duolo.

XII.

1

Io vo pensando al mio viver di prima,
Innanzi ch' io t' amassi qual egli era;
Di me non fu chi facesse mai stima,
Perdendo io tutti i giorni insino a sera,
E non credeva di cantare in rima,
E di ritrarmi da ogni altra schiera ;
Or si sa 'l nome, o per tristo o per buono,
E si sa pure al mondo ch' io ci sono.

IX.

S' accade mai che tu mi rida un poco
O saluti, o sia grazia o scherno sia,
Mi levo come polvere per fuoco
O d'archibuso ovver d' artiglieria,
E immantinente, fuor di me, m' affioco,
Perdo la lingua, e la risposta mia
Si smarrisce e si sperde fra 'l desio,
E quanto vorrei dire io tutto obblio.

X.

Ma se forza non è contro umiltade,

Nè crudeltà può star contro all' amore,
S'ogni durezza suol vincer pietade,
Consola un dì da vero il mio dolore.
Una nuova nel mondo alta beltade,
Qual è la tua, dee aver pietoso il cuore;
Ch' una guaina, ch'è dritta a vedella,
Non può dentro tener torte coltella.

XI.

S' un giorno io sto che veder non ti posso,
Non trovo, donna, pace in luogo alcuno;
Se poi ti miro, mi s' appicca addosso,
Come suole il mangiar fare al digiuno;

E

par ch' io mi riabbia, e ingrasso, e ingrosso, Tanta sustanza da' tuo' sguardi aduno;

E in modo tale il cuor ne riconsolo,

Ch' è più 'l conforto, che non era il duolo.

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