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sempre riconoscente, ha voluto ritoccare qua e là il libro in quelle particolarità critiche e bibliografiche cui il tempo e altre contingenze imponevano certe modificazioni, dolente di non aver potuto, per altre sue occupazioni, rimettere di nuovo le mani in alcune parti di esso.

Premesse queste considerazioni, facilmente si intende. come io abbia creduto mio dovere di riprodurre con la massima fedeltà la monografia del Sundby quale apparve nel 1869. Io spinsi anzi l'esattezza sino allo scrupolo, come possono attestare i seguenti fatti. Il Sundby era venuto nella persuasione che il trattatello Del gouvernement des citez fosse l'unica parte del Tresors in cui Brunetto avesse scritto di testa sua. Ma contemporaneamente il Mussafia dimostrava che anche quegli ammaestramenti politici sono attinti in parte d'altronde e precisamente dall'Oculus pastoralis, pubblicato dal Muratori. Io lasciai ciononostante il capitolo della politica tal e quale, solo accontentandomi di dar contezza del fatto ai lettori col mezzo di opportuni rinvii. In altro luogo della sua memoria il Sundby pone Ricordano Malispini morto nel 1281 e lo chiama quindi samtidig (contemporaneo) a Brunetto. Per quanto ormai io reputi insostenibile tale asserzione, non volli eliminarla, ma solamente la chiusi in parentesi quadra, provocando dall'autore al proposito una nota dichiarativa. Ben maggiore importanza ha un altro fatto. Rispetto alla composizione del Tesoretto ed alle sue relazioni col Tesaur di Peire de Corbiac, l'autore, non contento del raffronto istituito dal Nannucci, per cui le due opere chiaramente appariscono indipendenti, volle anche provare una posteriorità cronologica del Tesaur. A questo scopo egli si serve di un argomento che non ha valore, riferendo a san Luigi un accenno del Tesaur che invece deve richiamarsi ad un altro rey Lodoyc, di cavalleresca memoria. Di ciò lo ha avvertito Gaston Paris, ma a me parve cosa utile di la

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mit einleitender Untersuchung über Handschriften und Sprache der Gedichte, în Zeitschrift für romanische Philologie, vol. VII, fasc. 2-3 (1883), pag. 236-389. Cfr. nel pres. vol. pag. 195.

Cfr. nel pres. vol. pag. 370 segg.

Vedi pag. 9.

Vedi pag. 34-37.

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In una sola cosa io mi sono discostato compiutamente
dal mio autore, nel casato di ser Brunetto. E siccome in que-
sto particolare io ho dovuto con la mia persuasione far forza
alla fermissima convinzione del Sundby, è necessario che
giustifichi il mio operato.

Tra il primo ed il secondo periodo della monografia del
Sundby leggonsi queste righe, che io mi sono permesso di
eliminare. Non tenendo conto del suo nome di battesimo,
> che qualche volta, per trasposizione, diventa Burnetto, vi
ha eziandio dell' incertezza riguardo la vera forma del suo
» cognome, il quale generalmente viene scritto Latini. Nel
suo poema Il Tesoretto, dove la rima esclude ogni dubbio,
egli stesso si chiama Latino. Questa forma si trova altresì
» nell' Etica d' Aristotile, nel Tesoro e nella prefazione alla
› Rettorica di ser Brunetto Latini. Medesimamente siamo
indotti a credere che nel XV canto dell' Inferno dantesco
. (verso 32) s'abbia a leggere Latino, quantunque la mag-
gior parte delle edizioni porti Latini; e nel commento del

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1 Venezia 1839, vol. I, pag. 48 e 104; vol. II, pag. 8 e 371.

& ZANNONI, Prefaz. al Tesoretto, pag. xi, xiy. Lo Zannoni sostiene che

la prefazione sia opera dello stesso Brunetto.

Le ediz. della Divina Commedia, Joh. Numeister 1472, Venezia 1477,
Firenze 1481, Venezia 1544 hanno tutte Latini. Ma due codici della biblioteca

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› Boccaccio al predetto passo troviamo un appoggio a tale opinione, poichè non solo il commento, ma anche la cita» zione dall'Alighieri, cui esso si riferisce, offrono la forma > Latino. A questa forma, che crediamo essere la originale, > noi ci atterremo, però che non ci sembra sussistere motivo › alcuno plausibile di cambiarla per riguardo ad un uso più » tardo. » Infatti l'autore adopera costantemente la forma Latino, che approvata dal Paris, è divenuta ora di uso quasi generale presso gli stranieri. Io mi propongo di mostrare che questa forma non è sufficientemente giustificata dai documenti che abbiamo, ed è contraria all'uso toscano nella formazione dei cognomi.

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I fatti osservati dal Sundby sono veri. Il poeta si chiama da sè due volte nel Tesoretto col nome di Brunetto (o Burnetto) Latino. Ma l'essere questi due esempi in rima ne diminuisce, anzichè accrescerne, il valore. Egli usò la forma in rima con fino, come nel Favolello, in rima sempre con fino, si chiamò di Latino, e di nuovo nel Tesoretto, in rima con cammino, fi di Latino, mentre è notissimo che fu figlio di Bonaccorso. Se dunque, per amor della rima, giungeva a dar falsamente il nome del padre, o per lo meno a dirsi figlio di chi era soltanto un suo antenato, più o meno remoto, ragion vuole, che costretto da quella continua rima baciata, resa più difficile dal verso corto, egli si inducesse anche a modificare leggermente il suo cognome. Ma forse anche indipendentemente da ciò egli amava chiamarsi Latino, e infatti il nome di Brunez Latins, che troviamo nel Tresors, deve correttamente essere richiamato a un Latino e non già ad un Latini. E, come il Sundby ha osservato, Latino lo chiama normalmente Bono Giamboni. Ma tutto ciò non toglie che il suo cognome possa,

reale di Copenhagen (coll. Thottske n. 411 con commento e coll. reale n. 436) insieme con la edizione Nidobeatina 1478 danno Latino.

BOCCACCI, Opere, Firenze 1724, vol. VI, pag. 289. Cfr. pure un altro commento a Dante citato dal MENUS, Vita Ambr. Trav., pag. CLIN: Ser Bruneto Latino fo uno fino Notaro fiorentino ecc.

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I, 70 è XX, 5.

II, 25. Un codice reca la lezione: Omai quel tuo Latino. Cfr. ed. WIESE,

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anzi debba, essere stato Latini. Consultiamo in proposito gli antichi documenti. Ne abbiamo di più specie, vale a dire: 1o Didascalie de' codici delle sue opere.

2o Il noto verso di Dante nelle stampe antiche e nei manoscritti.

30 Gli antichi commentatori di Dante.

4° I documenti latini.

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1o Il Vaticano 3793, codice di autorità non sospetta, in testa ad una canzone che è riferita nel presente volume (p. 43-44), ha Ser Burnetto Latini di Firenze.' Nelle aggiunte al Tesoro del cod. Laur. pl. XLII. 23 leggiamo Br. Latino; ma per converso in altro ms. havvi Br. Latini. Dei codici del Tesoro da me esaminati il Magliabechiano II. II. 47 ha nella rubrica iniziale e nella finale Latino (c. 5r e 160r) e così pure nella iniziale il Riccardiano 2196, e i Laurenziani XLII. 19 e 22, e il Laur. gaddiano 4, e in principio e in fine il Laur. gaddiano 83. Questi codici sono tutti assai autorevoli perchè scritti nel sec. XIV o nei primi anni del XV. Ma per contro altri manoscritti dello stesso tempo e di autorità non inferiore hanno Latini. Così il Riccardiano 2221, il Laur. XLII. 20, il Laur. gadd. 26, l'Ambrosiano G. 75 sup. I manoscritti del quattrocento hanno in genere Latini: Mgl. II. II. 48, II. II. 82, Ricc. 1080 ecc. Fa eccezione il Canoniciano Bodleiano 31. Dei codici del Tesoretto i due più antichi, il Riccardiano 2908 ed il Queriniano di Brescia, sventuratamente non hanno rubriche sincrone o le hanno senza il nome dell'autore. Il che accade anche a parecchi dei mss. posteriori. Il Vatic. 3220 ha Latini, ma è troppo tardo per far testo: Latini ha l'autorevolissimo Laur. XC inf. 46 ed anche il meno importante Mgl. VII. 1052. Più soddisfacenti sono le rubriche che ha il Favolello. Latino dà il Laur. strozziano 146; Latini invece i Laur. XL. 45 e LXI. 7 - I codici da me veduti con

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'Ed. D' ANCONA е COMPARETTI, II, 359.

Cfr. nel pres. volume pag. 384 e 344.

La rubrica finale di questo codice non può essere invocata perchè ha la forma del genitivo latino: explicit tasaurus ser burnetti latinj. Cfr. Catalogo del MORTARA.

Il Chig. L. V. 166 ha Latini, di mano diversa da quella che scrisse il codice, ma pur sempre antica.

tenenti altre opere di Brunetto hanno tutti e sempre Latini. Eccone alcune prove:

Mgl. II. II. 91, c. 1r: Qui comincia lonsegniamento directorica loquale e ritracto per uulgare delibri ditulio et

dimolti philosophi p(er) ser brunetto latini da firence.

Mgl. II. VIII. 32, c. 3r: Comincia lo insegnamento di rettorica lo quale e ritratto inuolgare delibri di Tulio edaltri filosafi p(er) ser Brunetto latini difirençe.

c. 59r: Finita e di scriuare la rettorica uolgareçata p(er) ser brunetto latini.

Mgl. II. IV. 73, c. 1r: Qui chomi(n)cia lo(n)sengname(n)to direttoricha loquale eritratto inuulgare delibri ditu

lio edimolti filosafi p(er) ser burnetto latini da fire(n)ze.

Mgl. II. II. 87, c. 32: Arghomento di ser brunetto latinj nella oratione dimarcho tulio cicerone indifensione dimarcho marciello.

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c. 52: Arghomento di ser brunetto latini nella oratione dimarcho tulio cicerone indifensione diquinto lighario.

c. 73: Proemio di ser brunetto latini nella oratione di Julio cexere chontro acongiurati di chatellina.

c. 80: Proemio di ser brunetto latini nella oraçione dimarcho chato doue mostra lastutia che cexere uxo nel suo parlare chop(er)to e adonbrato.

c. 86: Proemio di ser brunetto latini doue fa una conparatione disalustrio della chonditione dimarcho chato egiulio cexere quanto furono differenti.

A questi aggiungansi i due Laurenziani XLIII. 17 e XLIII. 26, contenenti pure le orazioni, che leggono ancor essi sempre Latini.

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2o Il verso dantesco Se Brunetto Latini un poco teco (Inf., XV. 32) dà in tutte le edizioni moderne Latini, com

Cosi leggono col Witte molte edizioni; ma la grandissima maggioranza dei mss. ha Ser.

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