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Morgante. Mais la caractéristique de cette époque est dans l'idéalisme platonicien qui tend à se dégager du christianisme, sans rompre violemment avec lui. Il inspira surtout la poésie et l'art, - Politien et Laurent, Michel-Ange et Raphaël, continuateurs de Dante et de Pétrarque, poursuivant comme eux dans la réalité la quintessence de l'Amour et du Beau. Peut-être la perfection atteinte à ce moment par les arts plastiques dépendit-elle de cette préoccupation, servie par une science des formes étrangère à leurs prédécesseurs du MoyenAge.

Quoi qu'il en soit, l'œuvre des deux grands artistes, pour être comprise, ne saurait être séparée des sources où s'abreuva leur imagination.

Michel-Ange, par exemple, ne se contenta point de rimer à l'instar de Dante et de Pétrarque. Il commenta publiquement, à l'Académie de la Crusca, le sonnet de ce dernier :

Amor, che nel pensier mio vive e regna.

Des sobriquets d'un goût plus que douteux désignaient les membres des sociétés de lettrés et d'érudits fondées à cette époque. Dans celle de la Crusca ou du Crible, on comptait le Gramolato ou le Pétri, le Macerato, l'Inferigno ou le Pain bis, le Stritolato ou le Broyé, l'Enfariné (l'Infarinato). Michel-Ange était l'Empâté (l’Impastato).

A l'oraison funèbre du peintre, du sculpteur, de l'architecte, qu'il prononce à ses obsèques, Varchi devait joindre un panégyrique non moins élogieux du poète platonicien, du Petrarca secondo, comme il l'appelle. Et, avec les ressources de la syllogistique la plus subtile, il analysa, devant cette même Académie de la Crusca, les beautés du premier sonnet de Buonarroti':

« L'excellent artiste n'a aucun concept qu'un marbre seul en lui ne circonscrive dans sa surabondance, et à ce concept seul arrive la main qui obéit à l'intelligence.

> Le mal que je fuis et le bien que je me promets, en toi, femme séduisante, superbe et divine, tellement s'abscond; et, pour que plus je ne vive, l'art est pour moi contraire à l'effet désiré.

> Donc l'Amour, ni ta beauté, ni ta fortune, ni ta rigueur ou ton grand dédain, ni mon destin, ni le sort, ne sont coupables de mon mal,

>> Si dans ton cœur tu portes en même temps mort et pitié, et que mon bas génie, brûlant, ne sache en tirer rien autre que mort. >

1.

Non ha l'ottimo artista alcun concetto,
Ch'un marmo solo in se non circoscriva
Col suo soverchio, e solo a quello arriva
La man che obbedisce all' intelletto.
Il mal ch'io fuggo, e 'l ben ch'io mi prometto,
In te, donna leggiadra, altera, e diva,
Tal si nasconde, e, perch' io più non viva,
Contraria ho l'arte al desiato effetto.

Amor dunque non ha, nè tua beltate,

O fortuna, o durezza, o gran disdegno,
Del mio mal colpa, o mio destino, o sorte,
Se dentro del tuo cor morte e pietate

Porti in un tempo, e che 'l mio basso ingegno
Non sappia ardendo trarne altro che morte.

Dans le commentaire qui suit pas à pas le texte, l'élégant Varchi s'est chargé d'extraire « la substantifique moelle », « la doctrine cachée sous le voile des vers étranges... >>

Mirate la dottrina, che s' asconde

Sotto 'l velame degli versi strani 1.

Exégète de l'Amour, il en pénètre les arcanes, à grand renfort de citations de Pétrarque et de Dante, corroborant parfois de l'opinion d'Aristote et d'Averroès l'autorité prépondérante de Platon.

Cette longue glose, Michel-Ange, dans sa dissertation sur le sonnet CIx de Pétrarque, lui en avait fourni l'exemple, distinguant avec une précision scolastique les phases multiples de l'Amour en ses quatre espèces : divine, naturelle, humaine, bestiale 2.

1. DANTE, Inf., c. 1x, terz. 21.

2.

Amor, che nel pensier mio vive e regna,
E'l suo seggio maggior nel mio cor tene,
Talor armato nella fronte vene,

Ivi si loca ed ivi pon sua insegna.
Quella ch' amare e sofferir ne 'nsegna,
E vuol che 'l gran desio, l'accesa spene,
Ragion, vergogna e reverenza affrene;
Di nostro ardir fra se stessa si sdegna.
Onde Amor paventoso fugge al core,

Lassando ogni sua impresa, e piagne, e trema
Ivi s'asconde, e non appar più fore.

Che poss' io far, temendo il mio Signore,
Se non star seco infin all' ora estrema?
Che bel fin fa chi ben amando more.

« Tanto è grande ed intralciata la selva della scienza amorosa, che cla

Varchi commente avec le même scrupule chaque vers, chaque mot de son auteur. Il se livre sur celui-ci au même travail d'analyse que Dante accomplit sur luimême dans les déductions dont il accompagne sa fameuse

senza la scorta di gran dottrina temerariamente vi s'imbosca, dopo non lungo viaggio conviene che per essa avvolgendosi si smarrisca; e quinci è avvenuto che molti, nel dare la definizione ad amore indistintamente procedendo, non hanno compreso ed abbracciato ciascuna spezie di quello sotto un medesimo genere, o dagli effetti diversi che da quello resultano descrivendolo, non hanno investigato la vera natura sua; laonde non sarà in tutto senza cagione, se, per chiarezza della prima e più necessaria parola di questo sonetto, che è amore, non già per presumere molto sapere, ma per accomodarci a dire il concetto nostro più acconciamente che possiamo, noi andremo, non diffinendo, che troppo superba impresa sarebbe, ma distinguendo le spezie dell' amore, attribuendo a questo luogo quella che ne parrà più verace. Divideremolo adunque in quattro principali spezie, l'una delle quali chiameremo amor divino; la seconda, naturale e comune; la terza, umano nomineremo, e la quarta, ferino ovvero bestiale. Amor divino diremo noi quello che ha Iddio in amando egli tutte le cose fatte da lui con volontà ch'elle si conservino, e si augumentino. Il naturale e comune, come che tutti procedano dal voler divino, quello che muove le cose celesti alla provvidenza delle terrene, come il rivolgimento de' cieli e de' pianeti, e le terrene ad aspirare a quella provvidenza, come nelle piante il desiderio del sole e della luna, e le simili e compatibili al comunicarsi tra di loro, siccome la calamita al ferro, ed il grave al centro. L'amore umano è quello che è in noi, il quale ridivideremo in intellettivo, ed in sensitivo, chiamando intellettivo quello che, rivolgendosi alla contemplazione di Dio e delle sue fatture, ama lo stesso creatore. Il sensitivo, che è di grado minore, risguarda gli obbietti piacenti ed amabili, solo a fine di arrecare diletto a' sensi per lo mezzo degli stessi obbietti. E questo sensitivo, ovvero sarà intenzionale e mentale, per dir così, cioè, che consiste nell' intenzione e nella mente senza nullo atto esteriore apparente, e che creandosi solamente col vedere o coll' udire cosa che piaccia, non desidera dilettare a niuno altro sentimento, che all' udito ed alla vista, e che puote aver la mira così alle cose celesti, come alle mondane: ovverro sarà corporale, cioè, che con tutti i sensi del corpo aspira di godere umana bellezza, di cui si compiace; ma perchè questo alcuna volta ritrovasi senza desiderare il naturale congiugnimento, ed altro consimile desiderio, sarà da dividere in queste due parti. Quello poi che appetisce la congiunzione, ovvero è

Canzone à Guido Cavalcanti'. Le génie nouveau de l'Italie tient encore au Moyen-Age par ces scolastiques attaches. Varchi note avec soin la thèse poétisée dans le premier quatrain du sonnet :

Non ha l'ottimo artista alcun concetto
Ch'un marmo solo in se non circoscriva
Col suo soverchio, e solo a quello arriva
La man che obbedisce all' intelletto.

:

Cette thèse n'est autre que celle d'Aristote sur les Idées - Forma agens respectu lecti est in animo artificis (la forme agissant en vue d'un lit est dans l'âme de l'artisan).

coniugale, e per conseguente onesto, ovvero risguarda a qualunque obbietto, e questo è ancora comune alle bestie, ovvero ad obbietto particolare, che a dismisura all' amante piacendo trae da quello tutto l'animo, e tutta la libertà, traportandola nell' amato; e questo, perchè ingiustamente ama, è biasimevole, e di pena degno, ed è quello onde noi diciamo veramente altrui essere innamorato. Il ferino amore e bestiale è quello che, senza riguardare a bellezza veruna, naturalmente appetisce sfogare il suo desiderio, e questo indifferentemente è proprio di tutti gli animali senza ragione. Ora di quale di questi cotali amori il nostro Poeta amasse non dee da veruno dubitarsi, perciocchè essendo uomo non poteva amare in altra guisa che umanamente; ma a quale umano amore egli avesse piegato il pensiero, voglio che al presente avvisiamo, che a quello che noi dicemmo intenzionale e mentale egli fosse rivolto, il quale, come che da natura sia diritto e buono, nondimeno è pericoloso di corrompersi, e di divenire disorrevole e pessimo, come al suo luogo ci affaticheremo di dimnostrare. »

(Lezione di MICHELAGNOLO BUONARROTI, nell' Accademia della Crusca detto l'Impastato, sopra il sonetto del Petrarca che comincia: Amor che nel pensier mio vive e regna. Rime di MICHELAGNOLO, ec., col comento di G. Biagioli; Parigi, 1821, p. 298-301.) 1. Voy. Vita nuova, introduz., ad finem

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