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Date le spalle all'ultima bolgia dell'ottavo cerchio, procedono i Poeti verso il centro, dove vaneggia il pozzo, onde si cala nel nono. Intorno alla sponda del pozzo stanno i Giganti, de' quali si descrivono le figure immani e spaventose. Ed Anteo, l'un d' essi, pregato da Virgilio, prende nelle braccia i due Poeti, e leggermente li posa sull'orlo dell' ultimo ripiano infernale.

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Su per la ripa che il cinge d'intorno,
Attraversando senza alcun sermone.
Quivi era men che notte e men che giorno, 10
Si che il viso m'andava innanzi poco:
Ma io senti' sonare un alto corno,
Tanto ch'avrebbe ogni tuon fatto fioco,
Che, contro sè la sua via seguitando,
Dirizzò gli occhi miei tutti ad un loco.
Dopo la dolorosa rotta, quando

Carlo Magno perdè la santa gesta,
Non sonò si terribilmente Orlando.

Poco portai in là volta la testa,

Che mi parve veder molte alte torri;
Ond'io: Maestro, di', che terra è questa?
Ed egli a me: Però che tu trascorri
Per le tenebre troppo dalla lungi,
Avvien che poi nel 'maginare aborri.
Tu vedrai ben, se tu là ti congiungi,
Quanto il senso s'inganna di lontano:
Però alquanto più te stesso pungi,
Poi caramente mi prese per mano,

E disse: Pria che noi siam più avanti,
Acciocchè il fatto men ti paia strano,
Sappi che non son torri, ma giganti,
E son nel pozzo interno dalla ripa
Dall'umbilico in giuso tutti quanti.

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ecc., che gli occhi miei che se-
guitavano la sua via (la via
che faceva esso suono per ve-
nire a gli orecchi di Dante),
contra sè, in direzione contra-
ria, gli rivolse (gli occhi miei)
totalmente al luogo d' onde
quel suono usciva (B. B.). —
Rotta di Roncisvalle. Ge-
sta, impresa di caceiar gli in-
Ben-
fedeli dalla Spagna.
venuto, il Daniello ed altri,
torsero il significato che gesta
ha di schiatta, di gente, a in-
dicare la schiera dei paladini.
Fil. Vill., 101: Giovanni del-
l'Agnello, cittadino di Pisa,
di gesta popolare, ecc. Sotto ge-
nia. Non sono, ecc. Per tra-
dimento di Gano, che s'intese
con Marsilio, re di Spagna,
400,000 Pagani (secondo la
Chanson de Roland) furono
addosso a 20,000 Francesi del
retroguardo di Carlo. Orlando,
assalito, si difese eroicamente;
ma non voleva sonar il corno
per avvertire Carlomagno e il
grosso dell'esercito di retroce-
dere in ajuto. Finalmente, a
caso disperato, sonò: Roland
a mis l'olifant à ses lèvres. —
Il l'embouche bien, et le sonne
d'une puissante haleine; -
Les puys sont hauts et le son
va bien loin, - On en enten-
dit l'écho à trente lieues. -
Charles et toute l'armée l'ont
Et le roi dit: Nos
entendu,
hommes ont bataille. - Gano
volea far credere a Carlo che
Orlando sonasse a giuoco; ma
il suono continuava. -Le
comte Roland, à grand peine.
à grand ahan, - Et très-dou-
loureusement sonne son oli-
fant. - De sa bouche jaillit le
sang vermeil, - De son front
la tempe est rompue: - Mais
de son cor le son alla si loin!

1-6. Una medesma lingua, ed ultima bolgia. -Su per la quella di Virgilio pria mi ripa.... Attraversando, cammorse, mi riprese crucciata- minando attraverso la ripa che 19-24. In là, in verso lo suono mente (B.). -Mi tinse di ros- cingeva quella bolgia, ed avvi- (B.). -Però che tu trascorri sore. La medicina del con- cinandosi al centro dell'ottavo nel voler vedere più che l'ocforto. - Riporse, porse all'in- cerchio, ossia al pozzo. Ichio non tira. -Dalla lungi, contro. Così odio, per gli Senza alcun sermone, senza di lontano. - Maginare, imantichi poeti. Del suo padre, parlare, per la novità del non maginare aborri, aberri, Peleo. Prima di trista, ecc., veder nulla più in là, e per erri. Inf. xxv, 144. -Feriva e sanava con la rug- l'espettazione (Ces.). Quivi, 25-27. Se tu la ti congiungi, gine raschiata dallo stesso fer- nel centro dell'ottavo cerchio se ti accosti là. Congiungi. ro, secondo Igino. V. Ovidio, -era men, ecc., era in sul Disgiunto per allontanato nel Met., x11, 112. — Mancia, re- crepuscolo, infra la notte e 'l Conv.: Lo viso disgiunto nulla galo; qui: effetto (V. Orl. Inn., dì (A. F.). Si che il viso, la vide (T.). - Il senso della vi11, 23, 38). vista. Alto, di forte suono. sta Te stesso pungi, studia il Fatto apparir fioco, étouf- passo e vedrai (Ces.). fé (Ls.). Che, contra sè, 33. Dall'umbilico, ecc.,

7-18. Noi demmo, ecc., noi volgemmo le spalle alla decima

si

ch'erano

fitti nella ghiaccia Come, quando la nebbia si dissipa,

infino al bellico, e da indi in su erano fuori (B.).

34 39. Si dissipa, si disfà (B.). Si dirada (A. F.).- Raffigura, viene scorgendo. L'aere stipa. 11 Tomm.: addensa l'aria. En.: In nubem cogitur aer. Forando, penetrando, trapassando con lo sguardo. Perçant l'air épais (Ls). Ver la sponda, in vêr la sponda ultima dell'ottavo cerchio ch'è ripa al nono (B.). Fuggèmi errore, ecc., l' errore d'averle credute torri si dileguava, e veniva invece in lui la paura di quei mostri. Dante, Vita nuova Mi giunse un si forte smarrimento (T.). Altri: crescemi paura.

40-45. Come in su la cerchia tonda, ecc., come sulle rotonde mura che l' accerchiano. Montereggione, castello de' Sanesi, 2 cinto intorno di torri, che gli fan quasi corona. Anche ora, secondo l' Ampère, questo verso è esattamente grafico, A sei miglia da Siena fuori di Porta Camullia, eretto nel marzo del 1213, elevasi il castello da collinetta isolata, in forma di pan di zucchero: la cerchia tutta è misurata da un diametro di 165 metri; da una parte all'altra il castello navasi di dodici altissime torri.

coro

Così la proda, ecc. Ordina: così gli orribili giganti cui Giove, ecc., torreggiavano di mezza la persona la proda che circonda il pozzo; ossia facean tyrrita la sponda con la metà della loro alta persona (B. B.). Rappresentavano torri (B.). Minaccia, ecc., ricordando loro il fulmine che in Flegra li colse (F).

-~

47-48. Del ventre gran parte, alcuna parte n'era coperta con le braccia, ch'erano legate dinanzi (B.). E per le coste, ecc. E ambedue le braccia distese giù per le coste; avendole legate alla vita (F.). V. v. 88. 49-57. Lasciò l'arte, ecc., lasciò di fare giganti (A. F.). Non si pente, non lascia la produzione. Più discreta, più savia -ne la tiene, la stima perciò L'argomento della mente, il raziocinio.

la

Lo sguardo a poco a poco raffigura
Ciò che cela il vapor che l'aere stipa;
Cosi, forando l'aura grossa e scura,

Più e più appressando in ver la sponda,
Fuggèmi errore, e giugnèmi paura.
Perocchè come in su la cerchia tonda
Montereggion di torri si corona,
Cosi la proda, che il pozzo circonda,
Torreggiavan di mezza la persona
Gli orribili giganti, cui minaccia
Giove dal cielo ancora, quando tuona.
Ed io scorgeva già d'alcun la faccia,

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Le spalle e il petto e del ventre gran parte
E per le coste giù ambo le braccia.
Natura certo, quando lasciò l'arte
Di si fatti animali, assai fe' bene,
Per tor cotali esecutori a Marte:
E s'ella d'elefanti e di balene

Non si pente, chi guarda sottilmente,
Più giusta più discreta ne la tiene;
Chè dove l'argomento della mente

S'aggiunge al mal volere ed alla possa,
Nessun riparo vi può far la gente.
La faccia sua mi parea lunga e grossa,
Come la pina di San Pietro a Roma,
E a sua proporzion eran l'altr'ossa.
Si che la ripa, ch'era perizoma

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Dal mezzo in giù, ne mostrava ben tanto
Di sopra, che di giugnere alla chioma
Tre Frison s'averian dato mal vanto;
Perocch'io ne vedea trenta gran palmi
Dal luogo in giù, dov'uom s'affibbia il manto.
Rafel mai ameč zabi almi,

Cominciò a gridar la fiera bocca,
Cui non si convenian più dolci salmi.

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fece misurare accurata deva io fino al sommo del petto mente, a dieci palmi, e poichè (Ces.). Rafél, ecc. Queste son il braccio ha tre palmi, a tre voci senza significazione; altribraccia e un terzo. Posto che menti, chi ci volesse dare sila pina abbia dieci palmi, sendo gnificazione, mostrerebbe che la testa per solito la nona parte l'autore avesse contradetto a sè dell'altezza dell' uoro, l'intero medesimo, come apparirà di gigante sarà alto novanta pal- sotto. Potrebbe essere che in mi, Ovvero cinquantaquattro alcuna lingua avrebbono sipiedi di Parigi, uno de' quali gnificazione; non ch'elli lo sa59-76. Come la pina, ecc. Co- sta al palmo come il sei al pesse, nè che fosse di sua intesta pina di bronzo ornava un dieci (B.). L'altr' ossa, le tenzione (B.). Il Lanci legge: tempo il mausoleo di Adriano altre parti del corpo eran in Raphe lemai ameccheza bial(castello Sant' Angelo), e al proporzione della faccia (F.). mi, e ne trae dall'arabo questo principiare del sesto secolo fu Perizoma, voce greca; pro- senso: Esalta lo splendor mio collocata da papa Silvestro in- pr.: il grembiale. Che tre nell'abisso, siccome rifulgord nanzi l'antico tempio di San Frison, ecc. Tanto ne riusciva per lo mondo. Se non che il Pietro, e quando si fabbricò la di sopra, dall' umbilico alla te- Blanc, accostandosi al Buti e al presente chiesa fu trasportata sta, che tre Frisoni, uomini consiglio di un grande oriennel giardino Belvedere presso altissimi, mal, cioè indarno, talista, il Rödiger di Berlino, sariensi vantati, montando un dice con Virgilio: Lasciamlo e non parlian.o sopra l'altro, di arrivare alla stare, testa; e trenta palmi ne ve- voto.

il Vaticano. - Il Galileo pone l'altezza della pina a cinque braccia e mezzo; Filalete che

a

E il Duca mio ver lui: Anima sciocca,
Tienti col corno, e con quel ti disfoga,
Quand'ira o altra passion ti tocca.
Cercati al collo, e troverai la soga,
Che il tien legato, o anima confusa,
E vedi lui che il gran petto ti doga.
Poi disse a me: Egli stesso s'accusa;

Questi è Nembrotto, per lo cui mal coto,
Pure un linguaggio nel mondo non s'usa.
Lasciamlo stare, e non parliamo a vôto:

Chè così è a lui ciascun linguaggio, Come il suo ad altrui ch' a nullo è noto. Facemmo adunque più lungo viaggio

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Volti a sinistra: ed al trar d'un balestro
Trovammo l'altro assai più fiero e maggio.
A cinger lui qual che fosse il maestro
Non so io dír, ma ei tenea succinto
Dinanzi l'altro, e dietro il braccio destro
D'una catena, che il teneva avvinto

Dal collo in giù, sì che in su lo scoperto
Si ravvolgeva infino al giro quinto.

Questo superbo voll'essere sperto

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Di sua potenza contra il sommo Giove, Disse il mio Duca, ond'egli ha cotal merto. Fialte ha nome: e fece le gran prove, Quando i giganti fer paura ai Dei:

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Le braccia ch'ei meno, giammai non move

Ed io a lui: S'esser puote, i' vorrei
Che dello smisurato Briareo
Esperienza avesser gli occhi miei.
Ond'ei rispose: Tu vedrai Anteo

Presso di qui, che parla, ed è disciolto,
Che ne porrà nel fondo d'ogni reo.
Quel che tu vuoi veder, pïù là è molto
Ed è legato e fatto come questo,
Salvo che più feroce par nel volto.
Non fu tremuoto già tanto rubesto
Che scotesse una torre così forte,
Come Fialte a scuotersi fu presto.
Allor temetti più che mai la morte,
E non v'era mestier più che la dotta,
S'io non avessi viste le ritorte.

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79-81. A voto, invano. - Che così è a lui, ecc.. così intende egli altrui, come altri lui (A. F.).

82-94. Facemmo, ecc., andammo più lungi volgendo a sinistra. Ed al trar d'un balestro, di lungi una balestrata (B.). - L'altro gigante maggio, maggiore più grande. A cinger lui, ecc.. Ordina Io non SO dire chi fosse l'artefice che lo legò ma egli teneva davanti il braccio sinistro (l'altro) e dietro il braccio destro, cinto sotto da una catena. Si che in su lo scoperto, ecc., cotalchè su quella parte che rimaneva scoperta fuori del pozzo, la catena gli s'avvolgeva attorno per cinque giri. - Voll'essere sperto. volle fare sperimento.

- Voulut essayer sa force (Ls.). Cotal merto, cotal rimerito. Petr.; E tal merito ha chi ingrato serve. Fialte o Efialte, Odissea, XI: Ingenerò (Ifimidea di Nettuno) due figli, -Oto, a un Dio pari, e l'inclito Ifialte, Che la luce del sol poco fruiro. Non avean tocco il decim' anno ancora, Che in largo nove cubiti, e tre volte Tanto cresciuti

erano in lungo i corpi

Questi volendo ai sommi Dei, su l'etra, Nuova portar sediziosa guerra. L'Ossa

sovra l'Olimpo e sovra l'Ossa -L' arborifero Pelio impor tentaro, Onde il cielo scalar di monte in monte: -E it fean, se i volti pubertà infiorava, - Ma di Giove il figliuolo di Latona - Sterminolli ambo...

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100-105. Anteo. V. Conv., III, E disciolto, come dei meno rei, non avendo pugnato contro Giove. Reo, reità. Quel che tu vuoi veder, Briareo. Ne l'avea invogliato Virgilio descrivendolo sì bene al x dell' Eneide. Il poeta lo credeva di cento braccia, come Virgilio lo dipinge; il maestro cento lo toglie d' errore. Le braccia eran simbolo di sua forza (T.) Più là è molto che Anteo, sì che troppo sarebbe lungo il cammino. Come questo, sì che invano s'andrebbe a lui (B.). nel volto, biante.

- Par mostra al sem

70-78. Tienti, ecc., sta con- gne, a modo che la doga il tento (Ces.). Cercati al col- tino: portavalo ad armacollo to, ecc., troverai la corda se tu (Ces.). Et vois-le en travers de ti cerchi al collo, alla quale è ta large poitrine (Ls.). Il Buti appiccato il corno che ti pende ti toga, copre e veste. S'ac106-108. Rubesto, fiero. al petto, et fa ivi una doga, cusa, mostra sua vil condicioe una lista; et sonando, zione e nome (Ces.). Mal Fu presto per gelosia di sendice, il corno, stoga la tua ira coto, malvagio pensiero, di al- tir altri più feroci di lui, e (A. F.). La soga, la coreggia zar la torre per salvarsi nel per mostrar sua forza, benchè del soatto piena, come si fa a' caso di un nuovo diluvio (F.) legato (T.). 110-111. La dotta, la paura muli che portano le some (B.). Il Buti: Mal voto, mal deside-0 anima confusa, imperò rio. - Pure un linguaggio, avrebbe bastato a farmi morire, che non intendea altrui nè ecc., un solo linguaggio. Erat se non avessi visto ch'era leelli era inteso (B.). -Lui, il terra labii unius - ibi confu- gato. Le ritorte, star ferme detto corno. - Ti doga, ti oi- sumest labium universæ terræ. le legature (B.).

113-114. Cinqu'alle, ells (Lf); L'alla è una misura inglese di circa un metro e centosessantotto millimetri, pari a due braccia fiorentine: un braccio è tre palmi, onde cinque alle formano appunto trenta palmi, accennati sopra al v. 65 (F.). -Senza la testa, senza contare la testa -grotta, pozzo.

115-128. Nella fortunata valle. Lucano finge che il luogo ove Scipione vinse Annibale, sia stato un tempo il regno d'Anten. - Fortunata, fortunosa. V. XXVIII, 8. - La valle del Bàgrada, uno de' cui rami scorre presso Zama, ove Scipione vinse Annibale. Reda, erede. Scipione, scrivendo al Senato: Vinsi tutta l'Africa, disse; non ne riportai che la gloria. (T.). Ne acquistò il titolo d'Africano.

Diede le spalle, si volse in fuga. Mille lion, ecc. Luc., IV: Latuisse sub alta - Rupe ferunt epulas raptos habuisse leones. Ancor par ch' e' si creda. Lucuno, ivi: Colo pe

Noi procedemmo più avanti allotta,

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E venimmo ad Anteo, che ben cinqu'alle,
Senza la testa, uscia fuor della grotta.
O tu, che nella fortunata valle,

Che fece Scipion di gloria reda,
Quando Annibal co' suoi diede le spalle,
Recasti già mille lion per preda

E che se fossi stato all'alta guerra
De' tuoi fratelli, ancor par ch' e' si creda
Che avrebber vinto i figli della terra;
Mettine giuso (e non ten venga schifo)
Dove Cocito la freddura serra.

Non ci far ire a Tizio, nè a Tifo;

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Questi può dar di quel che qui si brama; Però ti china, e non torcer lo grifo. Ancor ti può nel mondo render fama;

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Ch'ei vive, e lunga vita ancor aspetta,
Se innanzi tempo grazia a sè nof chiama.
Così disse il Maestro: e quegli in fretta
Le man distese, e prese il Duca mio,
Ond'Ercole senti già grande stretta.

percit. Quod non Phlegrais Virgilio, quando prender si sentio,

Antæum sustulit arvis. Dice par per moderare l'esagerazione di Lucano; ma intanto lusinga l'orgoglio del mostro (T.). I figli della terra, i giganti. Mettine giuso, ecc calaci giù al fondo (e non te ne incresca ove il freddo agghiaccia il fume Cocito.

Giove

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Che --

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Disse a me: Fatti in qua, sì ch'io ti prenda;
Poi fece sì che un fascio er'egli ed io.
Qual pare a riguardar la Carisenda,

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Sotto il chinato, quando un nuvol vada
Sovr'essa si, che ella in contrario penda;
Tal parve Anteo a me che stava a bada
Di vederlo chinare, e fu tal ora
Ch'io avrei volut' ir per altra strada;
Ma lievemente al fondo, che divora
Lucifero con Giuda, ci posò;

Nè si chinato li fece dimora
E come albero in nave si levò.

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Serra. Dante Rime: E l'acqua morta si converte in vetro, Per la freddura che di fuor la serra (T). Eccoci all'inferno di ghiaccio. V. Michelet, La Montagne, dei dannati ai ghiacciai della Svizzera tedesca. -Non ci far ire, a chiedere questo favore, ecc. Tizio, gigante; figliuolo di Giove, ucciso da Apollo per bestia: ed è perorazione infer- guardando in alto quando aver voluto sforzare Latona. nale. - E lunga vita, ecc., passa sovr' essa un nuvolo in Odissea, x1; Ecco poi Tizio, e si promette viver ancora direzione contraria alla sua della Terra figlio lungamente, se la grazia di- inchinazione, pare che la torre sforzar non temè l'alma di vina nol chiama a sè prima dechini e cada. Così parve Sposa, Latona, che del tempo prescrittogli dalla Dante che Anteo, il quale si volgeasi a Pito Per le ri- natura. chinava per posarli, fosse per denti panopèe campagne. 131-135. Le man distese, ecc., cader loro addosso (F.). Benv., Sul terren distendevasi, e in- distese le mani, dalle quali dice che quando Dante, esgombrava Quanto in di Ercole senti grande stretta sendo a studio in Bologna, la nove ara di tauri un giogo. quando lottò con lui. Poi vide, la torre era più alta, e il V. Eneide, vi. Tifo, o Tifeo, fece si, abbracciandomi, che paragone riuscia più calzante. uno de' giganti fulininati da insieme formammo di noi un Che stava a bada, attento. Giove e sepolto sotto la roccia fascio (F.). -E fu tal ora, e ci fu un mod'Ischia, o secondo altri, sotto 136-145. La Carisenda, o Ga- mento che. Divora... Giuda, l'Etna. Fu padre di Gerione e risenda, così detta dalla fami- Inf. xXXIV, 63 Prov., 1, 12: di Cerbero. Questi, ch'è glia Garisendi che la edificò. Deglutiamus eum sicut infermeco, può dar di quel, ecc., È una torre di Bologna molto nus viventem (T.). Nè sì fama nel mondo. Ti china, pendente; oggi è chiamata la chinato, ecc.; nè punto restò a pigliarci. Lo grifo, il torre mozza, per distinguerla egli così chinato; ma si alzò muso per disdegno (B.). II dall'altra intera ed altissima e si rifece diritto subitamente Tomm. Dopo lodatolo e pro- degli Asinelli. A chi sta sotto come un albero in nave. Commessogli fama, acciocchè non il chinato, sotto il lato donde me le mat d'un navire sia adulazione, gli dà della pende (sub curvatura. Benv.), (Ls.).

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L'area del nono cerchio è un pavimento di durissimo ghiaccio, formato dallo stagnants Cocito, e, come il letto di Malebolge, pende verso il centro. E distinta in quattro spartimenti concentrici, che si ravvisano dalle diverse situazioni de' dannati, e in ciascuno di essi è punita una specie di tradimento, ossia di quella pessima frode, che si usa in coloro cui rassicura un sacro diritto alla nostra fele. Nel primo, che da Caino, uccisore del fratello, si chiama CAINA, sono i traditori del proprio sangue; nel secondo, che si dice ANTENORA, dal troiano Antenore, che, secondo qualche antico storiografo, aiutò i Greci a furare i Palladio e a prender Troia, stanno i traditori della patria e del proprio partito: nel terzo, che dal traditore di Pompeo s'intitola ToLOMEA, i traditori degli amici: nel quarto, finalmente, nomato GIUDECCA da Giuda, quei che tradirono i loro benefattori e signori. In questo canto si parla di vari traditori della Caina e d' alcuni altri dell'Antenora, che a Dante sono manifestati mentre traversa la ghiaccia, avviandosı al centro.

S'io avessi le rime e aspre e chiocce,
Come si converrebbe al tristo buco
Sovra il qual pontan tutte l'altre rocce,
I' premerei di mio concetto il suco

Più pienamente; ma perch'io non l'abbo,
Non senza tema a dicer mi conduco.
Chè non è impresa da pigliare a gabbo,
Descriver fondo a tutto l'universo,
Nè da lingua che chiami mamma e babbo.
Ma quelle Donne aiutino il mio verso
Ch' aiutaro Anfione a chiuder Tebe,
Si che dal fatto il dir non sia diverso.

O sovra tutte mal creata plebe,

Che stai nel loco, onde parlare è duro, Me' foste state qui pecore o zebe! Come noi fummo giù nel pozzo scuro

Sotto i piè del gigante, assai più bassi, Ed io mirava ancora all'alto muro, Dicere udimmi: Guarda come passi;

Fa sì, che tu non calchi con le piante
Le teste de' fratei miseri lassi.
Perch'io mi volsi, e vidimi davante

E sotto i piedi un lago, che per gielo
Avea di vetro e non d'acqua sembiante.
Non fece al corso suo si grosso velo
D'inverno la Danoia in Austerricch,
Nè 'l Tanai là sotto il freddo cielo,
Com'era quivi: chè, se Tabernicch

Vi fosse su caduto, o Pietrapana,
Non avria pur dall'orlo fatto cricch.

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1-12. S' io avessi, ecc., se dal- non le ho. Non senza tema, l'italica lingua mi fossero date. di potere satisfare alla mateChiocce, mal resonanti (B,). ria (B.) -Da pigliare a gabbo, Roche. Petr.: Rime aspre e a beffe. (B.). -ma seria e diffioche far soavi e chiare (T.). ficile. Descriver fondo, ecc., Al tristo buco, al tristo descriver il fondo, il centro di pozzo 0 fondo infernale. questa sfera mondiale. Parla Pontan, s'appuntano, gravita- secondo il sistema tolemaico no, siccome su loro centro. (B. B.). - Nè da lingua, ecc., Rocce, ripe scoscese de' cer- di bimbo. Petr.: Che dal latte chj infernali (F.). -I'preme- si scompagne. Quelle donne, rei, ecc., io esprimerei meglio le muse. Anfione, figlio di il mio concetto. Non l'abbo, Giove e d'Antiope, sonando,

facea muovere li sassi (dal monte Citerone) e veniva l'uno sopra l'altro, e così fece lo muro intorno intorno (B.). — A chiuder di mura. Восс.. Tes., x11. 52. Si che dal fatto, ecc., sì che le parole sien pari al subietto.

13-15. Oh sovra tutte, ecc., o turba vile d' anime sciagurate sovra tutte l'altre che sono in inferno. - O vous, la lie du peuple maudit! (Ls.). - Nel loco, nel già detto centro dell'Inferno. Duro, malagevole -Me' foste, ecc., meglio per voi se foste state in questo mondo pecore o capre. V. Matth.. XXVI. 24.

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17-21. Sotto i piè ecc., più al basso di quello che fossero i piedi del gigante. - Anche in questo nono cerchio il suolo va sempre dechinando verso il centro (F.). All' alto muro del profondo pozzo, ove gli aveva posati Anteo. Dicere udimmi, udii dire a me (T.). Guarda come passi. Le parole sono dirette solamente a Dante, o perchè l'ombra che parla si è accorta ch' egli solo ha corpo; o perchè vedendolo inteso tutt'altro, temeva che pestasse lui o suo fratello, ch' erangli i più vicini. Sono questi i due fratelli Alberti (B. B.). V. v, 5557. Calchi con le piante, scalpiti co' piedi (B.). Ne' viaggi di G. da Mandavilla, al capit. della Valle pericolosa si legge: Noi trovamo molti corpi morti sopra e' quali noi passamo co' piedi, i quali, nel passar sopra loro, si lamentavano e piagnevano che ci passassimo per adosso.

22-30. Perch' io, per la qua! cosa io. Un lago, Cocito. Per gielo, per essere gelato. La Danoia in Austerricch, il Danubio in Austria non fece mai di verno si grosso velo al corso suo, sì grossa crosta di ne 'l ghiaccio alle sue acque, Tanai, la Tana o il Don, la

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