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più questi trar vettovaglie per la sua armata di terra, fu costretto ad abbandonar l'impresa; e dopo morta molta gente del suo esercito di fame, morì egli finalmente di dolore in Perpignano (1285) (L.). Disfiorando il giglio, macchiando la gloria della corona di Francia, Si batte il petto, per la sua vita viziosa V. v. 110.

L'altro, Arrigo, il suocero di Filippo il Bello Ch' ha fatto, ecc., si tenea la gota in su la mano, e sospirava e portava dolore della sua negligenzia avuta nel mondo (B.).

109-111. Padre e suocero son del mal di Francia, delle guerre e delle dissensioni che sono in Francia (B.). Di Filippo il Bello, spesso biasimato da Dante. Inf., xix, 85; Purg., xx, 86; xxx11, 152; xxxIII, 45; Par., XIX, 118. Morì nel 1314.Li lancia, li tormenta. - Dolor ferit ad vivum (Benv.).

112-114. Quel che par si membruto. Don Pedro (III) re di Ragona, che fu bello omo della persona e formato e virtuoso (B.). Colui dal maschio naso, re Carlo I di Puglia. Ebbe grande naso (B.). Si vede da un ritratto nella Storia degli Hohenstaufen di Raumer. -V. G. Vill., vi1, 95, e sotto. xx, 66.- D' ogni valor, ecc., fu valoroso re in ogni cosa.

116-123. Lo giovinetto Alfonso Fu il primogenito, e successe al padre nel reame d'Aragona, e morto senza figliuoli (1285) di circa vent'anni, ebbe questo reame il fratello Jacopo, secondogenito, e la Sicilia Federigo, il terzogenito. G Vill., VII, 102-103. Di vaso in vaso, di padre in figlio. - Bene transfundebatur virtus de patre in filium (Benv.).

Padre e suocero son del mal di Francia: 109
Sanno la vita sua viziata e lorda,
E quindi viene il duol che si li lancia.
Quel che par si membruto, e che s'accorda 112
Cantando con lui dal maschio naso,
D'ogni valor portò cinta la corda.
E se re dopo lui fosse rimaso

Lo giovinetto che retro a lui siede,
Bene andava il valor di vaso in vaso;
Che non si puote dir dell'altre rede.

Jacomo e Federigo hanno i reami;
Del retaggio miglior nessun possiede.
Rade volte risurge per li rami

L'umana probitate: e questo vuole
Quei che la dà, perchè da lui si chiami.
Anche al Nasuto vanno mie parole,

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Non men ch'all'altro, Pier, che con lui canta,
Onde Puglia e Provenza già si duole.
Tant'è del seme suo minor la pianta,
Quanto più che Beatrice e Margherita,
Costanza di marito ancor si vanta.
Vedete il re della semplice vita

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Seder là solo, Arrigo d'Inghilterra;
Questi ha ne' rami suoi migliore uscita.
Quel che più basso tra costor s'atterra,
Guardando in suso, è Guglielmo Marchese,
Per cui ed Alessandria e la sua guerra
Fa pianger Monferrato e il Canavese.

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venza essendo mal governati glia (B.). G. Vill., v, 4: D'Ardal suo figlio e successore rigo nacque il buon re AdoarCarlo II, detto il Zoppo. - Carlo do, il quale fece gran cose. d'Angiò, Pietro III d'Aragona - Detto il Giustiniano inglese morirono, come Filippo III di per avere corretto e ordinato Francia, nel 1285. Tant'è del le leggi, e Longshanks per la seme suo, ecc. Tanto più sono lunghezza delle sue gambe stralignati li figliuoli di Don Piero da lui, quanto più si vanta Costanza (figlia di ManDell'altre rede. Altri: erede, fredi, ancor vivente) sua donna, degli altri figliuoli. Jacomo di marito, che Beatrice e Mare Federigo. Sono regi, cioè garita, donne dei suoi figliuoli, Jacopo di Ragona e Federigo di dei loro mariti (B.). Figlie di Sicilia. Rade volte ecc. L'u- Raimondo Berlinghieri V, conte mana virtù rade volte si rileva di Provenza, la prima a suo ne' figliuoli come la virtù del tempo vissuta, Î'altra poco troncone (stipite) dell' albero avanti; quella maritata a san ne' suoi rami.-Mach., Disc.,1,11: Luigi, re di Francia, e questa I regni, i quali dipendono solo al fratello di lui, Carlo I re di dalla virtu d'un uomo, sono Puglia (1216-1272). poco durabili, perchè quella virtù manca con la vita di quello, e rade volte accade che sia rinfrescata una successione, come prudentemente Dante dice. Si chiami, si reputi avere da lui (B.). Si chieda (T.).

124-129. Al Nasuto, al re Carlo primo di Puglia. - Non men ch'all'altro Pier. All'altro, cioè a Piero. Si duole. I suoi regni di Puglia e di Pro

130-136. Il re della semplice vita, Arrigo III. Più divoto di san Luigi. Ombra di re lo chiamò Dickens. Seder la solo, per mostrare ch' elli nel mondo ebbe vita singulare (B.). Come il Saladino Inf., Iv. 129. Ne' rami, ne' figliuoli. -Migliore uscita (issue Lf.), però che seguitonne li costumi del padre e riuscetteno migliori de' figliuoli di don Pietro d'Aragoña e del re Carlo di Pu

-

(Lf). -S atterra, s' accosta più alla terra sedendo più basso che li altri, perchè non fu del grado loro (B.). Guardando in suso, imperò che avea desiderio di montare al Purgatorio (B.). Ad cœlum, ex devotione (Benv.). Guglielmo. Questi fu marchese di Monferrato (Guglielmo VI detto Spadalunga), e fu preso dalli Alessandrini e messo in prigione, e quivi morì, e però molta guerra fu fatta da quelli del Monferrato e del Canavese, che era del suo distretto, colli Alessandrini in vendetta del loro signore (B.). Il Muratori: Lo chiusero in una gabbia di ferro, sotto buone guardie, ove stette languendo sino al 6 febbrajo del 1292, in cui morì. Per assicurarsi che fosse morto bene gli gocciarono addosso del lardo bollente e del piombo disfatto. V. Celesia, Dante in Liguria, 58.

Vien la sera, e due Angeli scendono dal cielo a guardia della valle, che il maligno serpe insidia nelle tenebre. I Poeti s'inoltrano tra le ombre, e Dante riconosce Nino de' Visconti di Pisa, giudice di Gallura. Mentre ragionano, il serpe entra, e gli Angeli lo fugano col solo rombo dell'ali. Dipoi Corrado Malaspina si volge a Dante, chiedendo nuove del suo paese e ne ha in risposta un magnifico encomio della sua casa.

Era già l'ora che volge il disio

Ai naviganti, e intenerisce il core

Lo di ch'han detto ai dolci amici addio:
E che lo novo peregrin d'amore
Punge, se ode squilla di lontano,

Che paia il giorno pianger che si more:
Quand'io incominciai a render vano
L'udire, ed a mirare una dell'alme
Surta, che l'ascoltar chiedea con mano.
Ella giunse e levò ambo le palme,
Ficcando gli occhi verso l'oriente,

Come dicesse a Dio: D'altro non calme.

Te lucis ante sì divotamente

Le uscì di bocca, e con si dolci note,
Che fece me a me uscir di mente.

E l'altre poi dolcemente e divote

Seguitar lei per tutto l'inno intero,
Avendo gli occhi alle superne rote.
Aguzza qui, Lettor, ben gli occhi al vero,
Chè il velo è ora ben tanto sottile,
Certo, che il trapassar dentro è leggiero.
Io vidi quello esercito gentile

Tacito poscia riguardare in sue,
Quasi aspettando pallido ed umile:
E vidi uscir dell'alto, e scender giue
Due angeli con duo spade affocate,
Tronche e private delle punte sue.
Verdi, come fogliette pur mo nate,

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Sis præsul ad custodiam. Procul recedant somnia - Et noctium phantasmata, Hostem que nostrum comprime, -Ne polluantur corpora. Quell'inno che si canta la sera a compieta (B.) - pregando Dio che ci guardi contro i sogni disonesti; e nell' orazione che seguita all'inno (la Chiesa) dimanda che Dio mandi suoi angeli a custodirci (Ces.). Alle superne rote, al cielo. Dice rote, perchè li cieli sempre rotano e girano intorno (B.).

19-21. Gli occhi della mente al vero, alla verità che io ti mostro sotto figura. Il velo. Vuol dire, che è facile passar pel suddetto velo senza intenderlo (Torelli). Il Cesari: Dante qui pone e distingue due cose: il vero ed il velo. 11 vero difficile a bene scoprirsi; il velo a passar facilissimo. Il vero è: Il Demonio che insidia le anime sul venir della notte, assalendole con impuri fantasmi nel sogno. Senonchè siamo ora nel monte del Purgatorio, dove le anime non son più soggette a di queste fantasime, ne fa loro bisogno temere o pregare per questo effetto l'aiuto celeste. Com'è dunque la cosa! Io credo aver voluto Dante a questi negligenti dell' antiporta del Purgatorio assegnar eziandio questa pena (oltre al dover aspettar di fuori la lor purgazione) di temere, e tribulars} per la venuta del Serpente o1-5. Era gid l'ora, eco. L'ora quasi ozioso (Torelli). - Surta, gni sera; ed ogni sera volgersi ultima del dì fa che i navi- levata suso in piè che l'a- a Dio con quelle loro preghiere ganti tornano con l'affetto alla scoltar chiedea eco.. facea invocando il soccorso degli Anpatria (Ces.). -E che, ecc. cenno con la mano che l'ascol- geli contro l'assalto lor miEra l' ora che lo novo pere- tassero. L'ascoltar, atten- nacciato. E volle forse simbogrin, che la prima volta uscì zione (Lf.). Manu silentium leggiare un'altra ordinazione di patria, ovvero la sera del indicens. Act. Apost., x111, 16. della provvidenza di Dio; cioè giorno di sua partenza (Ces.). Ella giunse insieme verso che coloro, i quali nella vita - D'amore Punge, li dà pun- l'oriente, come de' fare l' uo- presente indugiano la penitura d'amore facendoli venire mo quando adora Iddio; e tenza, per divino giudizio o per ascaro (disio) della città sua, però tutte le chiese antiche malo effetto degli abiti loro de la casa, della famiglia e hanno volto gli altari all' o- addosso lasciati invecchiare, delli amici (B.). · Punge, pe- riente; ma ora quando non si sono più duramente tempestati netra d'amore (Lf.). - Squilla, può comodamente fare, non dalle diaboliche suggestioni: campana piccola (B.). v'è cura impero chè Iddio è il perchè di più guardia e di 7-12. Incominciai a render in ogni luogo (B.). - D'altro più orazioni fa loro bisogno ad vano L'udire, incominciai ad non calme, io non ho altra impetrare il soccorso celeste. avvedermi che quelle anime cura se non di pregarti (B.). 22-30. Quello esercito gentile stavano chete (B.). Dice que- 13-18. Te lucis ante termi- di quelli signori che erano nella sto perchè quando è occupato num, - Rerum creator posci- valle (B.). - Pallido, Altri: pauno de' sensi, l'altro rimane mus - Ut pro tua clementia - vido. Due angeli, ecc., Gen

Erano in veste, che da verdi penne
Percosse traean dietro e ventilate.

La Divina Commedia.

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111, 24: Collocavit ante Paradisum voluptatis cherubim et flammeum gladium atque versatilem ad custodiendum viam ligni vitæ. Afocale, roventi di fuoco. Pur mo, pur avale (ora) (B.). Veste, vesti. che da verdi penne, dalle verdi ali percosse e ventilate, mosse ed all'aria sparte, traean dietro. Questo trarsi dietro sparse e ventilate vesti accenna la velocità del volo (L.)

le

33-42. In mezzo, entre eux (Lf). Del grembo di Maria, da Cristo che fu contenuto nel grembo di Maria o per mezzo della Vergine, nostra avvocata (B.). Il seno della celeste rosa (Par., xxx1, 1) a cui Maria presiede, e per cui quasi tiensi in grembo tutte l'anime de' beati (L.). Il Biagioli: La spera suprema, che la Vergine fa più dia con la sua presenza (Par., XXII, 107 e seg.) e dov' ella è regina. Via via, incontanente.

Per qual calle, per quale via dovesse venire. Tutto gelato, tutto agghiacciato di paura alle fidate spalle di Virgilio.

43-45. E Sordello anche seguitò a dire: non già esso pure Ora. si ritrasse (Torelli). Questo volgare or usiamo a confortare; come deh a pregare (B.). Tra le grandi ombre, ombre di grandi. Grazioso fia lor, ecc., elli avranno assai a grado di vederti.

46-51. Scendesse, scendessi.

E fui di sotto nella valle. - Pur me, solo me. - Tempo era già, eco. Era dunque sul far notte, ma non tanto, che, essendo noi smontati giù nella valle, io non discernessi quello che l'aere scuro prima, quando io era sul balzo, per la distanza mi tenea chiuso (Ces.). Non dichiarasse lo sereno. Sereno s'intende chiarezza senza sole; imperocche col sole si chiama splendore (B.). -Serrava, tenea &SCOSO il nostro riconoscersi (B.).

53-54. Giudice Nin. Fu dei Visconti di Pisa, Giudice Nino del ludicato di Gallura di Sardigna, e fu molto gentile d'anino e di costumi et ardito e gagliardo: e fu figliuolo o vero nipote di messer Ubaldo de' Visconti di Pisa, lo quale fu bellissimo e gagliardissimo omo de la sua persona e fu lo primo che acquistasse in Sardigna.... Questo Giudice Nino ebbe per donna Beatrice, marchesotta da Esti, ed ebbe di lei una figliuola che ebbe nome Giovanna, e fu donna di Riccardo da Camino di Trivigi, merto Nino, Beatrice si rima trò a Azzo (Galeazzo) de' Vi #conti da Melano (1300). E per

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E Sordello anche: Ora avvalliamo omai
Tra le grandi ombre, e parleremo ad esse:
Grazioso fla lor vedervi assai.

Solo tre passi credo ch'io scendesse,
E fui di sotto, e vidi un che mirava
Pur me, come conoscer mi volesse.
Tempo era già che l'aer s'annerava,

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Ma non sì, che tra gli occhi suoi e i miei
Non dichiarasse ciò che pria serrava.
Ver me si fece, ed io ver lui mi fei:

Giudice Nin gentil, quanto mi piacque,
Quando ti vidi non esser tra i reil
Nullo bel salutar tra noi si tacque;

Poi dimandò: Quant'è, che tu venisti
Appiè del monte per le lontane acque?
O, dissi lui, per entro i luoghi tristi

Venni stamane, e sono in prima vita,
Ancor che l'altra si andando acquisti.
E come fu la mia risposta udita,

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Sordello ed egli indietro si raccolse,
Come gente di subito smarrita.
L'uno a Virgilio, e l'altro ad un si volse
Che sedea li, gridando: Su, Corrado,
Vieni a veder che Dio per grazia volse.
Poi volto a me: Per quel singular grado, 67
Che tu dei a colui, che si nasconde
Lo suo primo perchè, che non gli è guado,
Quando sarai di là dalle larghe onde,

Di' a Giovanna mia, che per me chiami
La dove agl'innocenti si risponde.

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questa donna ebbeno (costoro) ras fecerat contra patriam.
le case delle taverne ovvero 57-60. Appiè del monte del
beccarie di Pisa ed altre pos- Purgatorio
per le lontane
sessioni che sono in quello di acque, pel lungo tratto d'ac-
Pisa, che funno di Nino: im- que, cioè dalla foce del Tevere
perocchè Gioanna moritte in- (11, 101 e segg.), fin là; che
nanti a sua madre senza fi- perciò larghe onde appella nel
gliuoli: unde l'eredità sua v. 70 del presente canto (L.).
venne alla madre, la quale eb-
be figliuoli di Azzo di Melano,
e così cadde l'eredità ai Viscon-
ti di Melano (G. Vill., vi, 121).
V. Inf., xx11, 83 (B.). - Tra i ret,
tra i dannati. Ne dubitava. dice 62-72. Si raccolse, zeuma : per
il Postillatore del Cod. Cact.: si raccolsero (L.). Si tironno
quia sciebat quod multas guer- a rieto, como ohi si meraviglia

-0. Esprime meraviglia del falso pensar di Nino (L.). — Per entro i luoghi tristi, per lo Inferno. Che l'altra, l'eterna.

Non credo che la sua madre più m'ami,
Poscia che trasmutò le bianche bende,
Le quai convien che misera ancor brami.
Per lei assai di lieve si comprende,

Quanto in femmina fuoco d'amor dura,
Se l'occhio o il tatto spesso nol raccende.
Non le farà si bella sepoltura

La vipera che i Milanesi accampa, Com'avria fatto il gallo di Gallura. Così dicea, segnato della stampa

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Nel suo aspetto di quel dritto zelo,
Che misuratamente in core avvampa.
Gli occhi miei ghiotti andavan pure al cielo, 85
Pur là dove le stelle son più tarde,
Si come rota più presso allo stelo.

E il Duca mio: Figliuol, che lassù guarde? 88
Ed io a lui: A quelle tre facelle,

Di che il polo di qua tutto quanto arde.
Ed egli a me: Le quattro chiare stelle

Che vedevi staman, son di là basse,
E queste son salite ov'eran quelle.
Com'ei parlava, e Sordello a sè il trasse
Dicendo: Vedi là il nostro avversaro;
E drizzò il dito, perchè in là guardasse.
Da quella parte, onde non ha riparo
La picciola vallea, era una biscia,
Forse qual diede ad Eva il cibo amaro.
Tra l'erba e i fior venia la mala striscia,
Volgendo ad or ad or la testa, e il dosso
Leccando come bestia che si liscia.

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(T.). Botero. R. U. (parlando
del successore del gran Can di
Tartaria: Vestito di bianco,
colore ch'usano nel lutto, u-
sanza anche di Giapponesi.
Le quai convien, ecc., conviene
che ancor
stata vedova, per lo malo stato
desideri d' essersi
ch'ella arà col secondo marito
(B.). E qui pure D profetizza
l'accaduto.

76-77. Per lei, dal suo esem-
pio di lieve, facilmente. De
facili, modo scolastico (T.).
Quanto, poco.

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di Milano per la loro a me. Accampa, conduce in campo a battaglia (T.). Il gallo di Gallura avrebbe testificato la vedovile castità e costanza (L.).

L'insegna del Giudicato di Gallura, che è un gallo. E questo dice perchè usanza è che ai sepulcri delle signore si ponga l' arme del marito o dipinta o scolpita.... per mostrare che era più onorevole lo giudicato di Gallura che la signoria di Melano, perchè lo giudicato è signoria ragionevole costituta dallo imperadore e dal papa, e la signoria di Melano era allora violenta senza justo titolo (3.). Della stumpa, della impronta. Il Buti: la stampa è una forma di ferro.

Di quel dritto zelo, del diritto amore: cice questo dicea per carità ch' avea inverso Beatrice, non già per invidia

La stampa di questo amore è lo Spirito Santo (B.).

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85-90. Ghiotti, desiderosi. La dove le stelle son più tarde. al polo, a quel polo, ch'essendo al di là dall' Equatore, aveva allora la prima volta veduto, al polo antartico, dove, siccome ancora nel polo artico, fanno le stelle in 24 ore un giro assai corto, che non facciano l'altre dai poli remote (L.). Si come rota, ecc., come più tarde al moto scno nella girante ruota quelle parti che più vicino allo stelo, all' asse imperocchè, correndo per ugual tempo le vicine all'asse e le lontane, fanno le prime un giro più piccolo (L.). -. tre facelle, le tre virtù teoloA quelle giche (B.). O perchè queste riguardano la vita contemplativa, e le altre l'operativa (B. B.).

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91-96. Le quattro chiare steldinali. Son di là basse, sono le, che significano le virtù carabbassate in quell' altro emisperio. E queste. Altri: Queste tre facelle del v. 89, sono materialmente le Alfe dell'Eri dano, della Nave e del Pesce d'oro (L.). E Sordello, E qui vale in quel medesimo (Ces.). Il nostro avversaro, il serpente. bardi spiega guardassi, inten-Guardasse. Il Lomdendo di Dante I più di Vir

(B.). Su, Corrado, sta su. Che Dio per grazia volse, quello che Dio per singulare grazia ha volsuto concedere a costui che con la carne sia venuto nel Purgatorio (B.). Grado, grazia. Che si nasconde, ecc. Dio nasconde la ragione eterna delle sue grazie, per modo che questo pelago nessuno il guada (Ces.) Par.,xx, 118-120. - Gli è guado, gli per vi.Inf., xx111, 54. Ma non gli era sospetto. Che per me chiami, dimandi grazia per me, a Dio. - Là dove, ecc., la Chiesa. 79-84. Non le fard si bella Domus mea domus orationis sepoltura, ecc. Vuol dire lo vocabitur (B.). -Là, al divino spirito che dopo la morte di tribunale (L.).— Agl'innocenti. costei essendo iscritto nella Ista erat virgo puella puera sepultura sua: <Qui giace gilio. (Benv.). madonna Beatrice, donna che 73-75. Che la sua madre, fu del giudice Nino, signore Finge che fusse 97-102. Onde non ha riparo, Beatrice, mía donna. Fu so- di Gallura, ch' e' le farebbe aperta dalla parte di sotto, corella di Azzo VIII (quel da Esti. maggiore onore e fama che me sono le valli. La picciola Sopra, v.71). - Poscia che tras- non sarà a dire: Qui giace vallea. Ecco la bocca od enmuto le bianche bende, le madonna Beatrice, donna di trata piana della valle; e se quali portavano prima quando messer Azzo Visconti da Mi- quivi non avea riparo od argiera vedova (B.). I Siracusani, lano. (Chiose). La vipera, lo ne, dunque l'avea tutto attorno que' d'Argo, le donne romane, biscione che è l'arme de'Viscon- il restante (Ces.). vestivano bianco in segno di ti. (B.) M. Vill., vi, 8: Essendo in quale fu quella che. - Qual, tal lutto. A tempi di Dante eran guerra col biscione, ch'allora l'erba, ecc. Tra bianche le bende, le vesti nere era così chiamatà la tirannia per dilettazioni sensibili ap Tenta e inganna

piccula ed

parenti (B.). La mala striscia, quel serpente che andava strisciando, quando si strissinava su per l'erbe (B.). - La testa e il dosso Leccando. Altri: al dosso.- Si liscia. Cav. Pung. 199: Sono come lo scorpione, che liscia con la bocca e morde con la coda.

103-108. Io nol vidi, eco. Tutto inteso a riguardar quella biscia, non si rivolse che al rombo dell'ali degli Angeli. -Gli astor celestiali, li due angioli, li quali, come astori, stavano alle poste. Sentendo fender, ecc., sentendo esser fesso l'aere dalle

verdi ale. Rivolando iguali, tornando di pari (B.). Senza svariar di moto o di tempo, come il batter di due occhi; al posto di prima (Ces.).

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Trovi nel tuo arbitrio tanta cera,
Quant'è mestiero infino al sommo smalto,
Cominciò ella: Se novella vera

Di Valdimagra, o di parte vicina
Sai, dilla a me, che già grande là era.
Chiamato fui Corrado Malaspina,

Non son l'antico, ma di lui discesi.
A'miei portai l'amor che qui raffina.
O, dissi lui, per li vostri paesi

Giammai non fui; ma dove si dimora
Per tutta Europa, ch'ei non sien palesi?
La fama che la vostra casa onora,

Grida i signori, e grida la contrada,
Si che ne sa chi non vi fu ancora.
Ed io vi giuro, s'io di sopra vada,
Che vostra gente onrata non si sfregia
Del pregio della borsa
della spada.

Uso e natura si la privilegia,

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Che, perchè il capo reo lo modo torca,
Sola va dritta, e il mal cammin dispregia.
Ed egli: Or va, chè il sol non si ricorca 133
Sette volte nel letto che il Montone
Con tutti e quattro i piè copre ed inforca,
Che cotesta cortese opinione

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109-120. Raccolta, accostata. -- Punto non fu, ecc., non si levò da guardare me Dante. Se la lucerna, lo lume; e per questo intende la grazia di Dio illuminante (B.). Se quella chiarezza che ti conduce tanto ascenso trovi in te tanta substanza, quant'è bisogno ad ascendere fino al primo smalto, cioè al principale chiaro, ch'è Dio (Lan.), Infino al sommo smalto. Il verde smalto del monte (Biagioli), Valdimagra, valle percorsa dal fiume Magra, che forma il confine tra la Toscana e il Genovesato (Bl.). Chiamato fui Corrado Malaspina, ecc. Da un Obizzone Malaspini vivente nel XII secolo nasceva un Currado, che alcuni storici distinguono col nome di Antico, morto nel 1250. Questi ebbe quattro figli Moroello, marchese di Mulazzo; Manfredi, marchese di Giovagallo; Federigo, marchese di Villafranca, e Alberico. Da Moroello, marchese di Mulazzo, morto nel 1285, nacque Franceschino, presso il quale fu ospite Dante nel 1306; ein Mulazzo, nel vecchio Castello, si mostra ancora un resto di torre ambasciatore al Vescovo di legia. dota la vostra gente e che chiamasi la torre di Dante, Luni (B. B.).—A' miei consorti falla differente dalli altri (gene li presso una casa che con- e sudditi. - Raffina, si raffina, tili) (B.). — Capo reo, lo dimoserva sempre il nome di lui. si purga dal soverchio attac- nio (Lan.). Bonifazio VIII (BiaDa Manfredi, marchese di camento a'suoi. S'épure (Ls.). gi li). — Giovagallo nacque Moroello II, 123-132. Palesi, famosi. 133 139. Il sol non si ricorca quello che nel XXIV dell'Inferno Grida, pubblica e manifesta. Sette volte, ecc. Il sole era è detto il Vapor ai Val di S'io di sopra vada, s' io vada allora in Ariete; dunque: Non Magra. Da Federigo di Villa- al cielo, dove desidero d'an- tornerà sette volte a questa franca nacquero Currado e dare. Disopra al verde parte del cielo cavalcandola; Obizzino. Questo Currado, che smalto del v. 14. Vostra egli è un dire. Non passeranno morì nel 1294, e fu padre di gente, quelli di casa vostra. sette anni (Ces). Il letto che quella Spina di cui narra il Si sfregia, si disadorna. il Montone ricopre, è quel tratto Boccaceio in una sua novella Del pregio della borsa, della di cielo, compreso fra' suoi è verisimilmente il personaggio liberalita e della spada, e piedi, ove s'immagina che il col quale parla ora il nostro del valore. Uso, lo vivere coi sole venga al principio dell'anPoeta. D'Obizzino poi nacquero virtuosi ed avvezzarsi di pic- no a ricoricarsi (B B.). - Se un altro Moroello e un Curra- culo alle virtù e natura, la corso di giudicio. Se il giudino, che sono quei giovani virtù generativa e produttiva dizio di Dio, che ha così ordiMalaspini per cui Dante andò di simile a sè. -Si la privi- nato, non si rompe (Ces).

Ti fia chiavata in mezzo della testa
Con maggior chiovi che d'altrui sermone,
Se corso di giudicio non s'arresta.

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