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Cacciaguida gli addita otto spiriti che combatterono per la causa santa: sei dell'evo medio, e cinque principi o re. Poi salgono a Giove, quivi le anime si atteggiano in modo da disegnare parole ammonitrici di que' che governano, e si compongono da ultimo in forma d'un'aquila.

Già si godeva solo del suo verbo

Quello specchio beato, ed io gustava Lo mio, temprando col dolce l'acerbo; E quella Donna, ch'a Dio mi menava, Disse: Muta pensier, pensa ch'io sono Presso a Colui ch'ogni torto disgrava. Io mi rivolsi all'amoroso suono

Del mio conforto, e, quale io allor vidi
Negli occhi santi amor, qui l'abbandono ;
Non perch'io pur del mio parlar diffidi,
Ma per la mente che non può reddire
Sovra sè tanto, s'altri non la guidi.
Tanto poss'io di quel punto ridire,
Che, rimirando lei, lo mio affetto
Libero fu da ogni altro disire,
Fin che il piacere eterno, che diretto
Raggiava in Beatrice, dal bel viso
Mi contentava col secondo aspetto.
Vincendo me col lume d'un sorriso,
Ella mi disse: Volgiti ed ascolta,
Che non pur ne' miei occhi è Paradiso.
Come si vede qui alcuna volta

L'affetto nella vista, s'ello è tanto
Che da lui sia tutta l'anima tolta,
Così nel fiammeggiar del fulgor santo,
A ch'io mi volsi, conobbi la voglia
In lui di ragionarmi ancora alquanto.
E cominciò: In questa quinta soglia
Dell'albero che vive della cima,

E frutta sempre, e mai non perde foglia, Spiriti son beati, che giù, prima

Che venissero al ciel, fur di gran voce, Si ch'ogni Musa ne sarebbe opima. Però mira ne' corni della croce;

Quello ch' io nomerò, li farà l'atto Che fa in nube il suo foco veloce. lo vidi per la croce un lume tratto Dal nomar Josuè, com'ei si feo, Nè mi fu noto il dir prima che il fatto.

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1-12. Del suo verbo, si go- verbo (T.).. Specchio beato, dova solo del suo concetto, che Altri: quello spinto beato. è Iddio; era ritornato alla sua Gustava, nello intelletto mio beatitudine (B.). Arist.: Il con- ripensava-col dolce l'acerbo, cetto nella mente interno, an- facendo compensazione, cioè: che prima che sia per voce si- Se io sarò cacciato dalla mia gnificato, propriamente dicesi patria, io sarò ricevuto da sì

fatto signore, ohente fu detto di sopra; se io sarò diffamato, Iddio colla vendetta dichiarirà l'infamia: se io sarò odiato per dire la verità nella mia comedia, io sarò amato poi quando fia intesa, ed acquisterò lunga fama: e così contemprava lo male col bene (B.); Ogni torto disgrava, dirizza colla sua iustizia (B.). Suono, Inf., vi, 76: Qui pose fine al lagrimabil suono (T.). L'abbandono. Non mi metto a ridirlo (Ces.). Pur, solamente.Mente, memoria. S'altri, la grazia d'Iddio (B.). 13-25. Tanto, questo solo. Fin che, intantochè. Secondo era riflesso in me (T.). II W.: con altri mette il punto fermo a disire, e lega il 6. terzetto col 7.° Dal bel viso. Vincendo, 11 W. del, ecc. Non pur abbagliando (T.).

ne' miei occhi, ecc., nella scienza divina soltanto è felicità, ma negli esempj de' giusti (T.). Tolta, attratta. Fulgor, Cacciaguida.

28-36. Soglia. Questo albero è il cielo: la quinta soglia è il quinto pianeta Marte: or perchè soglia I diversi ordini di rami, che fa l'albero ciascun anno crescendo, son detti tabulata da Virgilio palchi dagli scrittori nostri. Or qui soglia è preso per suolo o palco. L'usò già al canto III, 82: Di soglia in soglia (Ces.). Vive della cima, il Paradiso che vive di Cristo (T.). Riceve alimento e vita dal lume beatifico che vien dall'alto (Ces.).

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Voce, fama. Opima, ricca del celebrarli (T.). - Però mira, ecc. Torna qui alla croce descritta in Marte, dal cui destro corno l'astro di Cacciaguida era disceso fino a lui (Ces.). Atto, scenderà folgorando (T.). Suo. Il fuoco veloce d'una nube è una scarica o una scintillazione elettrica: il quale non sempre passa da nube a nube per gefolnerare quel che diciamo gore o saetta, ma nella nuvola stessa rimane, e a un tratto la illumina (Antonelli).

38-51. Com'ei si feo. Il Cesari: sì. Io vidi un trascorrer di luce al nominar che Cao

ciaguida fece Giosuè. Maccabeo, Juda Maccabeo (B.). Paleo. È uno strumento di legno, che serve per trastullo e giuoco de' ragazzi, il quale è di gura piramidale all' ingiù e nella testata che viene di sopra, ha un manichetto tondo. il quale, avvoltolato con uno spago o cordicella, s'inflla in un' assicella bucata, e tirandosi quello spago si svolta; ed il paleo scappa dal buco dell'assicella e va per terra girando, portato dall'impulso di quello spago. Dante dice poi era ferza, perchè a tale strumento si fa continuare il girare percuotendolo con una sferza, dopoche egli ha avuto il primo moto ed impulso dallo spago. (Minucci). Virg., A., vil, 378: Torto volitans sub verbere turbo. Volando. Il gerundio pel participio, come nelle Rime: Madonna avvolta in un drappo dormendo (T.).

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Ed al nome dell'alto Maccabeo

Vidi muoversi un altro roteando,
E letizia era ferza del paleo.
Cosi per Carlo Magno e per Orlando

Duo ne segui lo mio attento sguardo,
Com'occhio segue suo falcon volando.
Poscia trasse Guglielmo, e Rinoardo,

E il duca Gottifredi la mia vista
Per quella croce, e Roberto Guiscardo,
Indi, tra l'altre luci mota e mista,

Mostrommi l'alma che m'avea parlato
Qual era tra i cantor del cielo artista.
Io mi rivolsi dal mio destro lato
Per vedere in Beatrice il mio dovere,
O per parlare, o per atto, segnato,
vidi le sue luci tanto mere,

Tanto gioconde, che la sua sembianza
Vinceva gli altri, e l'ultimo solere.

E come per sentir più dilettanza,

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Bene operando l'uom, di giorno in giorno
S'accorge che la sua virtute avanza;
Si m'accors'io che il mio girare intorno
Col cielo insieme avea cresciuto l'arco,
Veggendo quel miracolo più adorno.
E quale è il trasmutare in piccol varco

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Guglielmo, eroo piuttosto romanzesco che storico, a cui i trovatori hanno attribuito i gesti di più persone storiche di tal nome, come di Guglielmo, governatore di Tolosa, a tempo di Carlomagno, che verso la fine della sua vita si ritirò in un chiostro, e che è venerato Di tempo in bianca donna, quando il volto sotto il nome di san Guglielmo dal Diserto; e di Guglielmo Suo si discarchi di vergogna il carco; IX duca d'Aquitania, e di, alTal fu negli occhi miei, quando fui volto, 67 cuni altri ancora (Bl.). E il Per lo candor della temprata stella Guillaume au court nez dei Vecchi romanzi dei dodici pa- Sesta, che dentro a sè m'avea ricolto. ri di Francia, detto così perche in battaglia gli fu tagliato Hauteville, della diocesi di altri cieli, e anco dell'ultimo da il naso da un saracino. Fu Coutance nella bassa Norman- cui siamo ora saliti. Purg.. fatto prigione e condotto in dia, dove nacque il 1015. Gio- XXVII, 89-90: Le stelle Di lor Africa dal re moro Tebaldo, vine, lasciò il castello paterno solere e più chiare e maggiori Gli converti la moglie Ara per la guerra di ventura, e (T.). Ogni supremo grado di bella, e fuggì con lei (Lf).- passate le Alpi, corse in Pu- luciderza che fino allor si fosse Rinoardo. Pietro di Dante lo glia, dove lo avevano preceduto dimo trato (Lan.). - E come fa cognato di Guglielmo d'O- tre suoi fratelli, e dove in vari per sentir, ecc., a questo segno rangia, e veramente la tradi- tempi fu seguito da sei altri. ch'egli sente maggiore diletto. ziono lo dice fratello della mo- Quivi, congiuntosi a' suoi Nor--Avanza, cresce (B.). Avea glie di Guglielmo, ambi nati manni, si fece mano mano la cresciuto l'arco. Non dice d'espagani (B.). Secondo i vecchi via con la spada, ed avendo sersi accorto, ch'egli era salito romanzi, egli fu un giovine ben meritato di papa Niccolò più alto anzi il lascia raccomoro, che fu fatto prigione e II, fu creato duca di Puglia e gliere al lettore; il qual, sentencondotto alla corte di s. Luigi di Calabria e dei paesi d'Italia do che il Poeta era salito ad un con la figlia del re, Alice, cui e di Sicilia che tolse di mano cielo d'arco o giro più largo. egli dopo miracolose prove in ai Greci ed ai Saracini. Mori comprende ciò dover essere battaglia, debitamente battez- nel 1085 in una spedizione con- perchè egli era montato più zato, sposò. Più innanzi si tro Costantinopoli, a cui s'era su: dacchè le orbite dei piafece monaco, e sgomentò i frati messo in età di 75 anni. V. Inf., con la sua voracità e con l'an- xxvIII, 14 (Lf.). Mota, mossa dare a dormire quando avrebbe da me e mista con gli altri ludovuto andare a messa (Lf). -Gottifred. Goffredo di Buglione, duca di Lorena, e duce della prima crociata. Nato nel 1061. Mori re di Gerusalemme nel 1109 (Lf). Roberto Guiscardo, o l'astuto (in normando guiscard, o guischard ha tal senso), fondatore del regno di Napoli, era il sesto dei dodici figli del barone Tancredi di

mi (Ces.). La vedi muoversi in
alto e aggirarsi tra l'altre e
cantare (T.). Qual era, ecc.,
com'era de' primi (Ces.).

neti concentrici crescono quanto più s'allontanan dal centro (Ces.).- Miracolo, Beatrice (T.). Tal fu negli occhi miei. Si cambiò il colore di Marte a Jupiter sì come in poco tempo, cioè in istanti, lo volto della 53-68. Il mio dovere, quello donna arrossita per alcuna verche io doveva fare (B.). Se- gogna, s'imbianca (Lan.). Algnato, per sapere a qualche tri intende Beatrice. Io: Tal cenno quello che ella volesse fu il tramutarsi nella mia vida lui (Ces.). Mere, pure sta, ovvero, tal fu il nuovo (B.). -Gli altri, e l'ultimo sole- senso de' miei occhi quando re Vinceva il solito lume degli fui volto (cioè girato più su

Io vidi in quella giovial facella

Lo sfavillar dell'amor che lì era,
Segnare agli occhi miei nostra favella.

E come augelli surti di riviera

Quasi congratulando a lor pasture,
Fanno di sè or tonda or lunga schiera,

Si dentro a'lumi sante creature
Volitando cantavano, e faciensi
Or D, or I, or L, in sue figure.
Prima cantando a sua nota moviensi;
Poi, diventando l'un di questi segni,
Un poco s'arrestavano e taciensi.

O diva Pegasea, che gl'ingegni
Fai gloriosi, e rendili longevi,
Ed essi teco le cittadi e i regni,
Illustrami di te, sì ch'io rilevi

Le lor figure com' io l'ho concette;
Paia tua possa in questi versi brevi.
Mostrarsi dunque in cinque volte sette
Vocali e consonanti; ed io notai
Le parti sì, come mi parver dette.
Diligite justitiam, primai

Fur verbo e nome di tutto il dipinto;
Qui judicatis terram, fur sezzai.
Poscia nell'M del vocabol quinto
Rimasero ordinate, sì che Giove
Pareva argento lì d'oro distinto.

E vidi scendere altre luci dove

Era il colmo dell'M, e li quetarsi Cantando, credo, il ben ch'a sè le muove. Poi, come nel percuoter de'ciocchi arsi Surgono innumerabili faville,

Onde gli stolti sogliono augurarsi,

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S'arrestavan, per lasciar veder la lettera (T.).

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82-93. Pegasea. Tutte le Muse diconsi pegasee: qui dunque invoca la musa in genere; ovvero Calliope, chiamata nel 1 del Purgatorio (T.). - Rendili longevi, di lunga fama (T.). - Teco, per la tua virtù o come te (Ces.). Rilevi, intenda e dia ad intendere quello che significano le figure di quelli spiriti, che io vidi (B.). Concette, lette ed intese (T.). Paia tua possa, appai la tua potenzia (B.). — Le parti, sillabe e voci dette, con le figure (T). Primai, primi sezzai, ultimi. Finge che li apparisseno nel pianeto di Jove, che hae influenzia di iustizia, quelli beati spiriti che nella loro vita furno osservatori di iustizia, essendo signori e rettori dei popoli; e che si girassero secondo moto circolare cantando; e finito lo canto, si mostrarono la prima volta in segno et in figura d'uno D; et, in tale figura formati, si arrestavano C tacevano, e poi facevano l'altra circulazione; e, quando si riposavano e tacevano, si formavano in figura d'uno I, e poi d'uno L, e così poi di tutte quelle 35 lettere (B.).

94-108. Del vocabol quinto, di que vocabolo che dice terram, nel quale l'M è l'ultima lettera. Li pareva vedore che quelli santi beati spiriti, che diceano colle loro figure: Diligite justitiam, qui judicatis terram, si rimanevano nell'ultima 6gura ordinati, cioè nella lettera M; et altri beati spiriti discendevano sopra l'emme al con tutto il cielo), per lo can- trove diminutivi apparenti in colmo suo, come volesseno fare -Dell'amor, una corona al colmo dell'emme dor, ecc., che mi parve veder forza di positivi. bianca donna mutar colore delli spiriti, che quine erano a modo di gigli; e poi quinde (Ces.). Candor. Conv., 11, pieni d'amore e di carità (B.). rilevarsi in su alquanti e sa14: Tolomeo dice che Giove è - Favella, per nostre lettere lire quale molto e quale poco; stella di temperata comples- (Lan.). Lo sfavillar che face- e, fermatosi ciascuno nel suo sione in mezzo della freddura van quei lumi colà era amor luogo, vide formata la testa e di Saturno e del calore di deliziante; e queste faville d'a- il collo d'una aquila; e li altri Marte. In tra tutte le stelle more erano ordinate a modo che erano rimasti in su l'emme bianca si mostra, quasi ar- d'un linguaggio, ohe tooca- a modo di gigli di corone, che gentata.... Ed è questo pia- va parlando gli occhi (Ces.). in si fatte gure s'erano poneta temperata stella, e però è Purg., x, 95; Visibile parlare sati, vedeva seguitare la figura posto in mezzo di Marte, di (T.). Surti di riviera, come dell'aquila incominciata dagli sotto a lui, e di Saturno, di li uccelli che si levano da altri (B.) - Pareva argento lì, sopra a lui, perchè temperi le qualche ripa di fiume o di ma- in quello luogo, dove era l'emBiccome fanno le loro malizie e ree operazioni re, (Chiose). quando fanno loro passaggio 70-81. In quella giovial fa- - Congratulando, facendo fecella, in quel corpo del pia- staa lor pasture, che siano neto Jove, lo quale risplendeva iunte alle loro pasture Fancome una fiaccola accesa (B.), no di sé, cco., imperò che rapFacella, male il L, col B.: di- presentano varie figure di letminutivo di face, faccola, in tere, volando, cioè, O. o V, e grazia della rima. Il Bartoli, così dell'altre (B.). D., prima dove parla delle improprieta, lettera di Diligite (T.).—A sua cita, e forse non a proposito. nota, contemperavano il muoG. Vill,, 1, 60: Della grande versi alla misura e compartifacellina, ma vedemmo al- mento del loro proprio canto.

La Divina Commedia.

grue me,

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d'oro imporò che li spiriti, che facevano l'emme, erano tutti ardenti in colore d'oro (B.). Il Cesari: Volende formare l'aquila, prima di tutto apposta I'M, ohe gli dee scusare la coda, con le due gambe di qua e di là, e lo fa tutte II Tommaséo: Dice che nell' M Giove pareva argento distinte d'oro. Distinto, fregiato (P). — Augura-si, trarre auguri (T.). Molte volte i stolti

d'oro.

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stando appresso il fuoco fregano suli arso de' ciooohi (ne toppi ardenti), per la quale fricazione molte faville appar

no, ed elli s'agurano, dicendo: cotanti agnelli cotanti porcelli, cotante migliara di norini d'oro, e così passano tempo (Lan.). Risurger, parvono

Filevarsi dal colmo dell'emme

(B.). Sol, Iddio, o: l'amore dello Spirito Santo, che è il loro fuoco e sole sortille, allogò

e diede loro parte (B). A quel distinto fuoco. Essere rappresentata da quel fuoco così distinto di forme; ovvero così separato dall' M; ovvero anche, distinto dall'argento del fondo di Giove, come dice più sopra (Ces.). Nel pianeta di Giove, e' scorse l'aquila, uccello di Giove, simbolo dell'Imperiale giustizia (T.).

disegna

109-123. Quci, Dio egli da sè (T.). - Si rammenta, si riconosce venuta da lui quella virtù che è forma dante vigore a quanto si genera (T.). --Ch's forma per li nidi. fl Cesari intende le nicohie del cristallo dei cieli, in cui sono incastonati i pianeti, e riduce qui un altro passo di questa Cantica (1x11, 149-50) dove dice cho dai Gemelli vide i sette pianeti sotto a lui: Quanto son grandi e quanto son veloci B come sono in distante riparo. II T.: Nidi, luoghi dove la generazione di ciascuna cosa si compie. Il L.: L'architetto ohe edifiod i cieli insegna all'ocello come edificare il suo nido, giusta il medesimo moJello. 1 L'altra beatitudo, gli altri beati: coine gioventù per giovani (T.). — D' ingigliarsi all'emme, far un giglio sull'emme (T.). Stare contenti

-

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Del comperare e vender dentro al templo,
Che si murò di segni e di martiri.
O milizia del ciel, cu' io contemplo,

Adora per color che sono in terra
Tutti sviati dietro al malo esemplo.
Già si solea con le spade far guerra;
Ma or si fa togliendo or qui or quivi
Lo pan che il pio padre a nessun serra:
Ma tu che, sol per cancellare, scrivi,

Pensa che Pietro e Paolo, che moriro
Per la vigna che guasti, ancor son vivi.
Ben puoi tu dire: Io ho fermo il disiro
Si a colui che volle viver solo,
E che per salti fu tratto al martiro,
Ch'io non conosco il Pescator nè Polo.

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ma

d' essere corona. formata a colla scuriada in mano, del nari e cancellare tale ragione modo di gigli su l'emme (B.). tempio coloro che comperavano (Lan.). - Vivi, a punirti (7.). 11 duca Caetani intende: fare vendevano, e gittò a terra li Per salli. ecc., imperò che is dell'emme un giglio; venendo banchi de' banchieri (B.). Agliuola d'Erode, avendo salcosì a esser rappresentata un'a- Templo. La Chiesa di Gesù tato nel convito, dimandò al quila, dacche, il giglio, come Cristo. - Segni, miracoli (B.). padre, per conforto della allora si figurava, molto era 124-136. O milizia, spiriti dre, lo capo di s. loanni Batvicino alla forma con la quale beati, Adora, prega. Al tista, lo quale li fu dato per pur si figurava l'aquila. malo esempio. dei prelati lo iuramento che aveva fatto le Seguito. Poco ci volle a quelli della Chiesa, che colla loro re Erode. E questo pone l'auper compire la forma del- avarizia ogni cosa fanno per tore per lo fiorino dell' oro; Î'aquila (7.). La imprenta, danari (B.). Per anatemi o per impero che in esso si fa l'imala formazione dell'aquila in- ingiustizia (T). Lo pan, li gine di s. Ioanni Battista; et cominciata dalli altri beati spi- sacramenti della Chiesa, che è qui significazione per amriti (B). Stella, Glove-nosono pane spirituale de' catto- biguum. Io ho ai fermo le stra, da te vien l'induenza del lici (B.). Invece di tutti i saora- mio desiderio al fiorino dell'umana giustizia (T). La menti, de'quali la scomunica l'oro ch'io, che lo prelato mente, Dio che dà moto e virtù priva il cristiano solo com. non conosco Pescutor ne (T). Ond', dalla corte di memora il pane eucaristico, Polo, non cognosco s. Piero. Roma (T.) - Vizia, impacela, che Gesù Cristo offerisce a che fu pescatore, san Paulo. che non può mandare la sua tutti (L). T, Clemente V. che sono li due campioni della influenzia (8.). — Cadiri Del - Scrivi gli anatemi per can- santa Chiesa (B.). Polo. comperare, 000.. come si cor- cellarli a prezzo (T). Solo Tuttora a Venezia (T.). ruccid Cristo, quando caeodò, soomuniohi per tollor pol de

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Introduce il Poeta in questo canto a parlar l'aquila. Poi muove un dubbio, se alcuno senza la fede cristiana si possa salvare. Nel rispondergli, essa coglie l'occasione di riprenders ire malvagi di quel tempo, i quali, al tribunale di Dio, rimarranno confusi da quelli stessi che non conobber mai Cristo.

Pareva dinanzi a me con l'ale aperte
La bella image, che, nel dolce frui,
Liete faceva l'anime conserte.
Parea ciascuna rubinetto, in cui
Raggio di sole ardesse si acceso,
Che ne' miei occhi rifrangesse lui.
E quel che mi convien ritrar testeso,
Non portò voce mai, nè scrisse inchiostro,
Ne fu per fantasia giammai compreso;
Ch'io vidi ed anche udi' parlar lo rostro,
E sonar nella voce, ed Io e Mio,
Quand'era nel concetto Noi e Nostro.
E cominciò: Per esser giusto e pio
Son io qui esaltato a quella gloria,
Che non si lascia vincere a disio;
Ed in terra lasciai la mia memoria
Si fatta, che le genti lì malvage
Commendan lei, ma non seguon la storia.
Cosi un sol calor di molte brage

Si fa sentir, come di molti amori
Usciva solo un suon di quella image;
Ond'io appresso: O perpetui fiori
Dell'eterna letizia, che pur uno
Parer mi fate tutti i vostri odori,
Solvetemi, spirando, il gran digiuno

Che lungamente m'ha tenuto in fame, Non trovandogli in terra cibo alcuno. Ben so io che, se in cielo altro reame La divina giustizia fa suo specchio, Che 'l vostro non l'apprende con velame. Sapete come attento io m'apparecchio Ad ascoltar; sapete quale è quello Dubbio, che m'è digiun cotanto vecchio. Quasi falcon ch'uscendo di cappello,

Muove la testa, e coll'ali si applaude, Voglia mostrando, e facendosi bello, Vid' io farsi quel segno, che di laude Della divina grazia era contesto, Con canti, quai si sa chi lassù gaude. Poi cominciò: Colui che volse il sesto Allo stremo del mondo, e dentro ad esso Distinse tanto occulto e manifesto,

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lui, riflettesse il Sole (T.). — Ritrar, descrivere, Testeso, ога. - Non portò voce mai, non fu mai voce che 'l dicesse -per, da rostro, becco.

13-30. Per esser giusto e pio. Ricordati, lettore, che ciascuno di que' beati così parlava (L.). 7 A quella gloria. La Chiesa: Quæ omne desiderium superant. - Che trascende ogni desiderio (Lan.). Altri che non si lascia acquistare dal solo desiderio, ma pure col travaglio che porta la virtù. Non patitur se vinci (Ces.). Lei, la memoria.

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1-12. Parea, appariva: mo- (fruire) Iddio. - Conserte, insiestravasi - image, imagine - nel me ordinate a rappresentare tadolce frui, nel dolce letiziare le segno rubinetto, rubino è Lan,). Il B.: nella sua beatitu- di colore di fuoco - ardesse, ine. che non è altro che fruere risplendesse (B.). - Rifrangesse

La storia, l'esempio - amori, anime innamorate della giustizia. - Pur uno. Voce di gioia e virtù (T.). Ribatte il concetto con l'immagine d'un mazzo di vari fiori, cho mandano un odor solo composto di molti (Ces.). Spirando, parlando (B.). - Digiuno, saziatemi, parlando, la voglia di sapere, perchè credere in Gusù Cristo, sia necessario a salute (T.). Cibo. Intende che'l suo dubbio non si poria assolvere per ragione terrena (Lan.).

Reame. Ciascun ordine di celesti egli chiama reame (T.). Specchio. Voi come gli altri beati, vedete la giustizia di Dio (T.). Ben so io che vol sapete la cosa del mio dubbio, perchè se la giustizia di Dio è specchiata, cioè nota, ad alcun ordine de' celesti (ai Troni), certo l'ordine vostro non la vede men chiara (Ces.). Sopra, Ix, 61-62. E sotto, xxvIII.

33-39. Cotanto vecchio, ne sono affamato da tanto tempo (Ces.). Uscendo di cappello, poi che si li è levato lo cuppello di capo, che si li tiene per farlo maniero, e che non si dibatta (B.). Altri: falcone ch'e sce del cappello. Si applau de, applaude a sè. Il B.: si plaude, se percuote - Voglia mostrando, di volare a pigliare preda, - facendosi bello, scotendosi tutto o racconciandosi le penne col becco (.). Morg, X1 70. Segni, aquila, perocchè segno, o insegna imperiale. Laude, Anime Che onoran la grazia (Ces.). Gande, gode. Purg., xx1, 78: Congaudele (T).

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40-51. Colui, ecc., Dio, che

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