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Giungono i poeti all'orlo della ripa che sovrasta al settimo cerchio, ma, offesi dal puzzo che si leva da quel baratro, si ritirano dietro all'avello di papa Anastasio, ed ivi soffermandosi, per assuefarsi un poco al tristo fiato, Virgilio spiega a Dante la condizione dei tre cerchi che restano a vedersi. Il primo, che è il settimo, è dei violenti, e perchè la violenza può farsi contro il prossimo, contro sè stesso, e contro Dio, natura ed arte, scompartito in tre gironi, ognuno dei quali contiene una maniera di violenti. Il secondo cerchio che è l'ottavo, è dei fraudolenti, che vedrem poi distinto in dieci bolge; e il terzo, ossia nono, è dei traditori, che verrà diviso in quattro spartimenti concentrici. Anche gli spiega perchè non sian puniti nella città di Dite gl'incontinenti, e come l'usura offenda Dio. Poi muovono verso il luogo dove si scende la ripa.

In su l'estremità d'un'alta ripa,

Che facevan gran pietre rotie in cerchio,
Venimmo sopra più crudele stipa:

E quivi, per l'orribile soperchio

Del puzzo, che il profondo abisso gitta,
Ci raccostammo dietro ad un coperchio
D'un grande avello, ov'io vidi una scritta
Che diceva: Anastasio papa guardo,
Lo qual trasse Fotin della via dritta.
Lo nostro scender conviene esser tardo,
Si che s'ausi prima un poco il senso
Al tristo fiato, e poi non fia riguardo.
Cosi il Maestro; ed io: Alcun compenso,
Dissi lui, trova, che il tempo non passi
Perduto, ed egli: Vedi che a ciò penso.
Figliuol mio, dentro da cotesti sassi,
Cominciò poi a dir, son tre cerchietti
Di grado in grado, come quei che lassi.

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1. Ripa. Essi erano entrati e s'intende che sotto il luogo per la porta guardata da' dia- dove pervennero erano stivate voli nella città di Dite, la quale grandissime moltitudini di pecera nel sesto cerchio; questa catori in più crudel pena, che città, che dalla parte dove quelli i quali infino a quel entrò Dante, avea le mura rosse luogo veduti avea (B.). Stiva, come ferro rovente, dovette a stivare è empiere bene quanto ver qui, in Inogo di mura, que- cape, come si dice: La nave è sta ripa altissima, per la quale stivata (Buti). Inf., xxiv, 82: scenderanno i poeti a suo tem- stipa di serpenti. - Soperchio, po nell'altro cerchio (Ces.). eccesso. Gitta, esala, svapoRipa e, o artificiale o naturale rando in su. Ciraccostammo che ella sia, o terreno o pie- indietro, acciocchè men lo sentre; la quale da alcuna al- tissimo, che standovi dirittatezza discenda al basso sì di- mente sopra (B.).. ritta che o non presti, o presti con difficultà la scesa per sè di quell'altezza al luogo nel quale essa discende, siccome in assai parti si vede ne' luoghi montuosi naturalmente essere, o come per fortificamento delle castella e delle città gli uomini artificiosamente fanno (B).

testine (Buti). Isidoro : Foti-
niani a Fotino Gallogræcia
Sirmio episcopo nuncupat,
qui ebionitarum hæresim su-
scitans asseruit, Christum a
Maria per Joseph nuptiali
eoitu fuisse conceptum. - 11
Venturi volle che Dante scam-
biasse l'imperatore Anastasio I
con papa Anastasio II. — II
Borghini Seguitò quello che
aveva scritto Graziano, il quale
medesimamente s'inganno.

Il Blanc, col prof. Thilo di
Halle, crede che s'intenda ve-
ramente di papa Anastasio, per
essersi mostrato conciliante
nelle quistioni prodotte dalla
pubblicazione dell'Enotico, fat-
ta da Zenone Isaurico nell'anno
482, per consiglio di Acacio,
patriarca di Costantinopoli, e
per credersi che volesse rimet-
tere nei libri ecclesiastici il
nome di esso Acacio, fattone
radere da papa Gelasio. E pare
verisimile ch' egli avesse ac-
colto Fotino diacono di Tes-
salonica, che fu uno dei me-
diatori della pace. -
Il Long-
fellow, appoggiandosi allo sto-
rico del Cristianesimo, Milman,
s'accorda col prof. Thilo,
vedi che così l'intese anche il
Buti.

e

10-14. Tardo, adagio (B.). Si che s'ausi, s' assuefaccia al tristo fiato. Quel compagno di san Francesco, il quale, nella sua visione infernale, vide la donna ch'avea falsato la misura del grano e della biada, 9. Trasse Fotin, ecc., fe- ardere stretta in una misura celo errare nella fede. Questo di fuoco (avello singolare) Fotino ebbe questa eresia, che trova poi un fiume terribile, in Cristo non fosse se non una pieno di serpenti e di dragoni natura; cioè umana tanto, e e di scorpioni, e giltava uno che Cristo fosse puro uomo, e grandissimo puzzo: proprietà così fece credere a papa Ana- dell'Inferno. Non fia ristasio, e tanto si mise questa guardo, non bisognerà di molto eresia in lui, ch' elli volle re- curarsene, quia assuetis, non stituire (nei Dittici) uno eretico fit passio (B.). Compenso, (Acacio) che la Chiesa avea rimedio (Buti). Il tempo dannato, se non che i cardi- dell'aspettare (T.). 3-6. Sopra più crudele stipa, nali non consentirono; e fiStipa, le cose stipate, cioè ac- nalmente male morì, imperò cumulatamente poste, siccome che essendo ito al secreto luoi naviganti le molte cose poste go della natura, per miracolo ne' lor legni dicono stivate, divino gittò fuori tutte le in

2. Che facevan, ecc., formate di grandi pietre (B. B.).

18. Di grado in grado, digradanti (T.).. Come quei che lassi, com'hai veduto delli sei passati, così de' essere de' tre che sono a vedere (Buti).

19-21.Maledetti, dannati: perchè poi ti basti pur la vista, a ciò che non abbi poi a domandare, Intendi come e perchè,

ecc. vedi lo modo e la cagione (Buti). - Costretti, stretti insieme, stivati. Todeschini, a cui s'accosterebbe volontieri il Blanc, riferisce non bene costretti ai cerchj, spiegando: stretti, serrati l'un dentro l'altro.

22-23 Malizia, Alfredo Maury: Cette méchanceté de l'homme, souillé de vices, est ce qu' Apulée nomme malitia (De dogmat. Platon.), expres sion qui fut adoptée dans le méme sens par les chrétiens. -Acquista, in mal senso Petr, Biasmo s'aquista (T.) - Ingiuria è il fine, qualche atto ingiusto ne è lo scopo (L.)

25. Frode, ecc., consistendo nell'abuso della ragione, dote propria di lui e

non comune,

ome la forza, agli altri animali.

26-27. Sutto, lat.: subtus, sotto (T.). Più dolor gli assale, sono oppressi da maggior tormenti (B.)

28-31. E tutto, perciocchè li distingue in tre parti, le quali tutte e tre son piene di violenti (B.).

A tre persone, a tre sorte di persone (B. B.). - Cose, Inf., xix: 2. Le cose di Dio (T).

33. Ragione, dimostrazione

Tutti son pien di spirti maledetti:

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Ma, perchè poi ti basti pur la vista,
Intendi come, e perchè son costretti.
D'ogni malizia, ch'odio in cielo acquista, 22
Ingiuria è il fine, ed ogni fin cotale
O con forza o con frode altrui contrista.
Ma, perchè frode è dell' uom proprio male,
Più spiace a Dio; e però stan di sutto
Gli frodolenti, e più dolor gli assale.
De' violenti il primo cerchio è tutto:
Ma, perchè si fa forza a tre persone,
In tre gironi è distinto è costrutto.
A Dio, a sè, al prossimo si puone

Far forza, dicò in loro ed in lor cose,
Come udirai con aperta ragione.
Morte per forza e ferute dogliose

Nel prossimo si danno e nel suo avere
Ruine, incendi e tollette dannose:
Onde omicide e ciascun che mal fiere,
Guastatori e predon, tutti tormenta
Lo giron primo per diverse schiere.
Puote uomo avere in sè man violenta

E ne'suoi beni: e però nel secondo
Giron convien che senza pro si penta
Qualunque priva sè del vostro mondo,
Biscazza e fonde la sua facultade,
E piange là dove esser dee giocondo.
Puossi far forza nella Deitade,

Col cor negando e bestemmiando quella,
E spregiando natura e sua bontade:
E però lo minor giron suggella

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mini, e predon, cioè rubatori, corsari, e tiranni e simiglianti (B).

39. Lo giron primo del settimo cerchio, per diverse schiere, cioè guastatori con guastatori. predoni con predoni, ecc. quantunque nel girone medesimo (L.).

34-36. Morte per forza, come uccidere col coltello, col veleno, col capestro, col fuoco o in altra maniera (B.). DoDel segno suo e Sodoma e Caorsa, gliose. Il Ferrante legge dolose. Nel suo avere, nelle E chi, spregiando Dio, col cor favella. вие possessioni e ricchezze. La frode, ond'ogni coscienza è morsa, Ruine come è disfargli le case, e incendi, come è arder- Può l'uomo usare in colui che si fida, gliele o ardergli le biade, e Ed in quel che fidanza non imborsa. tollette dannose, come è il rubargli le sue cosc, torgli la giugne dannose. Altrove (nel moglie, la figliola, il bestiame, Convito) s'adira ch'ei le vee simili sustanze (B.). Tol- deva da per tutto in Italia, e lette, latrocinj, spiega il Blanc, qui fors' anche ebbe in mente con gli antichi interpreti, ri- il passo della Scrittura: Pospondendo a predon, come pulum meum exactores sui ruine, incendi a guastatori, spoliaverunt (Isaia, 111, 12.). Par., v. 33: Mal tolletto, bene 37-38. Onde. Il Bocc. legge di mal acquisto. Altri per ga- Odj, ecc., e spiega: Odj, cobella, estorsione, dalla voce loro che odio portano al prosmedieva tolletum: exactio simo, volendo per questo s' inquæ per vim fit, onde mala- tendano coloro in questo metolta, maltolletum, male tol- desimo luogo essere dannati, i letum, onde il francese mal- quali, quantunque queste viotôle (da tollere, rubare). Al- lenze non facciano, le farebtri legge collette, e questa le- bono volentieri se potessono, e zione piace al Foscolo, che perchè più non possono, hanno dice: lo trovo nell'aurea lati- in odio il prossimo; omicide nità collectam exigere (Cicero, (plur. di omicida) e ciascun 44-45. Fonde. Il Giuliani froDe Orat., 11, 57), e parmi che che mal fiere, a distinguer da da. - E piange là dove esDante alluda alle tante taglie questi cotali coloro, i quali, ser dee giocondo, nell' altra tasse e concussioni, sotto posti per esecutori della giu- vita, ove dovrebbe avere allenomi di doni gratuiti per pub- stizia, giustamente uccidono e grezza. (Buti). blico bene, imposte da principi feriscono; guastatori, come magistrati, e perciò vi ag- sono incendiarj e simili uo

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40-42. Puote uomo, fare forza a sè medesimo, uccidendosi, ne' suoi beni, ardendoli e disfacendoli, giocando e gittando il suo. - Si penta, pentire in questa parte s'intende sostonere pena et avere stimolo e dolore d'aver fatto tal peccato (Buti).

47-54. Col cor negando, ecc.. Salmi: x111, 1: Dixit insipiens in

Questo modo di retro par che uccida
Pur lo vincol d'amor che fa natura;
Onde nel cerchio secondo s'annida
Ipocrisia, lusinghe e chi affattura,
Falsità, ladroneccio e simonia,
Ruffian, baratti e simile lordura.
Per l'altro modo quell'amor s'obblia
Che fa natura, e quel ch'è poi aggiunto,
Di che la fede spezial si cría:
Onde nel cerchio minore, ov'è il punto
Dell'universo, in su che Dite siede,
Qualunque trade in eterno è consunto.
Ed io: Maestro, assai chiaro procede

La tua ragione, ed assai ben distingue
Questo baratro e il popol che il possiede.
Ma dimmi: Quei della palude pingue,

Che mena il vento, e che batte la pioggia,
E che s'incontran con si aspre lingue,
Perchè non dentro della città roggia
Son ei puniti, se Dio gli ha in ira?

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E se non gli ha, perchè sono a tal foggia?

Ed egli a me: Perchè tanto delira,

Disse, lo ingegno tuo da quel ch'ei suole?
Ovver la mente tua altrove mira?

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l'antico francese passò a signi-
ficare usuraio. Nann., V. 125.

mercata le cose sacre; ruffian, ingannatori di femmine; baratti, barattieri che vendono le grazie de' lor signori, e simile lordura, altre spezie simili a queste (Buti). Ipocrisia, Inf.,xxIII.Lusinghe,xv111 Affattura,xx. Falsità,xxIX-XXX. Ladroneccio, x11, Simonia, xix. Ruffian, XVIII, Baratti, XXIXXII (T.). Per l'altro modo, per l'usar frode in colui che d'altrui si fida - quel (amore) ch'è poi aggiunto al naturale, o per amista, o per beneficj ricevuti, o per parentado; Di che, delle quali cose, la fede spezial si cria, la singolare e intera confidenza che l'uno uomo prende dell' altro, per singolare amicizia congiuntogli (B.). -Natura, caso retto (T.(.

64-65. Onde nel cerchio mi nore, nono et ultimo, ov'è punto Dell'universo, centrale, non della terra, ma dell' universo, cioè di tutti li cerchi de' cieli; e questo dice per verificare la fizione, che porrà di sotto, della terra, che essa venisse più su verso il nostro emisperio per fuggire lo Lucifero, quando cadde dal cielo, in su che Dite, cioè Plutone, secondo i poeti, lo quale è Lucifero, secondo la fizione dell'autore siede, imperò che l'autor finge che Lucifero, quando cadde, venisse in fine al centro e qui si fermasse; imperò che le cose gravi non possono andare se non infino al centro (Buti).

66. Qualunque trade, tradisce, in eterno è consunto, tormentato (B.).

69. Questo baratro, ecc., questa voragine e li peccatori che ci sono (Buti). -Ci desta alla dolorosa meditazione che l' Inferno è l'unica possessione la quale avanza ai dannati (Fosc.).

corde suo: Non est Deus (T.). Spregiando natura e sua bontade, adoperando contro alle E chi, colui che fintamente, naturali leggi (B.). - Sua bon- per mondano utile 0 tema, tade, i suoi doni (T.). Minor, spaccia credenza in Dio, ed inquel di mezzo più stretto del ternamente lo nega e bestem primo. Nel detto girone piove mia. V. verso 47 (L.). -E falde di fuoco sopra quelle tre morsa. Questo dice perchè ciafitte di peccatori, e quelle scuno che l'usa n'ha rimorflamme cadendo lor sulla carne, dimento di coscienza (Buti). a modo di marchio rovente, la Cic., pro. Rosc. Amer.: Sua segnano e suggellano colle quemque fraus et suus terror piaghe, onde que' corpi sono maxime vexat, suum quemque impressi, a colore del sangue scelus agitat (L.). O perchè delle cotture e delle ulceri tutti, più o meno, n'erano mac(Ces.) - Caorsa; latino: Ca- chiati a quei tempi. Non durcum, già capoluogo del- imborsa, il quale non ha fil'alto Quercy, ora capoluogo danza nel fraudolente (B.). del dipartimento del Lot, ve- Inf. XXIV, 12: La speranza rinnuto in mala voce ai tempi di gavagna. Dal metter la speranDante per vizio di usura. Vedi za in borsa al metterla in paParadiso, XXVII, 58. Caorsa niere non corre gran cosa (7.). è una città del tutto data al prestare a usura, che in quella non è nè uomo nè femmina, nè vecchio nè giovane, nè piccolo ne grande che a ciò non intenda e non che altri, ma ancora le serventi, non che il lor salario, ma se d'altra parte sei o otto denari venisser loro alle mani, tantosto gli dispongono e prestano ad alcun prez- 58-63. Ipocrisia, che è mozo; per la qual cosa è tanto strarsi buono ed essere reo, e questo lor miserabile esercizio questo intende l'ipocriti; ludivulgato, e massimamente ap- singhe, li lusinghieri, e chi afpo noi, che come l'uom díce fattura li maliosi; falsità, d'alcuno: Egli è Caorsino, così falsatori di moneta, di scrits' intende che egli sia usuraio tura e d' ogni altra cosa; la- - La mente tua. Altri: la (B.). - Chaorcis nella lingua droneccio, rubatori che usano mente dove altrove mira, si romana @ Chaoursier nel- ladronecrio, e simonia, di ohi svaga.

55-57 Questo modo di retro, della frode contro chi non si fida, par che uccida, rompa. Pur lo vincol d'amor, lo legame d'amor naturale tra l'uno uomo e l'altro (Buti). Che fa, caso obliquo (T.). Uccida: altri legge incida. S'annida, l'è dato per stanza, s'alloga (B.).

70-72. Quei della palude pingue, gli iracondi e gli accidiosi, i quali son tormentati nella palude di Stige, la quale cognomina pingue per la grassezza del loto e del fastidio il quale v'è dentro; e quelli che mena il vento, i lussuriosi, ch son di sopra nel secondo cerchio, e quelli che batte la pioggia, i golosi, i quali sono di sopra nel terzo cerchio, e quelli che s'incontran con sì aspre lingue, gli avari e prodighi, i quali sono nel quarto cerchio (B.).

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73-78, Roggia, rossa Se non gli ha in ira. - A tal foggia puniti (B.). Delira, esce del solco, si svia (Buti).

80--84. Tua Etica. Tua, per darne a vedere che questo libro fosse familiarissimo all' autore (B). Pertratta, tratta distesamente (B. B.).

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sizion, abiti viziosi. - V. Aristotile, nel principio del vi libro dell'Etica a Nicomaco. Matta, perchè al tutto è accecato l'intelletto (Buti). Il Blano col Bocc., al rovescio degli altri interpreti, pensa che nel settimo cerchio si punisca la bestialità e nel seguente la malizia: 1. perchè Aristotile dice la bestialita non esser si gran male quanto la malizia morale, e alla bestialità ascrive le passioni snaturate; 2. perche presso lo stesso Dante le persone mitologiche del settimo cerchio, il Minotauro, i Contauri e le Arpie inferiscono degenerazione bestiale della natura umana, quindi bestialità.

Non ti rimembra di quelle parole,
Colle quai la tua Etica pertratta
Le tre disposizion che il ciel non vuole:
Incontinenza, malizia e la matta

Bestialitade? e come incontinenza
Men Dio offende e men biasimo accatta?
Se tu riguardi ben questa sentenza,

E rechiti alla mente, chi son quelli,
Che su di fuor sostengon penitenza,
Tu vedrai ben, perchè da questi felli

Sien dipartiti, e perchè men crucciata
La divina vendetta gli martelli.

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O Sol che sani ogni vista turbata,
Tu mi contenti si, quando tu solvi,
Che, non men che saver, dubbiar m'aggrata,
Ancora un poco indietro ti rivolvi,

Diss' io, là dove di' che usura offende
La divina bontade, e il groppo svolvi.

87-90. Su di fuor della città Filosofia, mi disse a' chi la intende,

di Dite. giustizia. - Li martelli, tormenta, e dice men crucciata, imitando nel parlare il costume umano, il quale quanto più di cruccio porta verso alcuno, tanto più crudelmente il batte (B.).

Vendetta. Altri:

94-96. Indietro ti rivolví, ritorna alla sentenzia già detta, e il gruppo svolvi, sviluppa il nodo, sciogli il dubbio, ecc.

97-98. A chi la intende. Il Tomm. legge: a chi l'attende, e cita quel passo del Convivio, 11, 4: Aristotele pare ciò sentire, chi bene lo intende, nel primo di Cielo e Mondo (T.).

99-105. Natura lo suo corso prende, suo processo, Dal divino intelletto, perchè Idio è prima cagione di tutte le cagioni, e da sua arte, dal suo operare; lo suo operare è il suo volere, impero che come Iddio intende, così vuole, e come vuole, così opera; imperò che così le cose vengono ad effetto. Non dopo molte carte, presso al principio del libro, dice: Ars imitatur naturam in quantum potest (Buti) Note, riguardi. Nipote. I Tasso: L'arte è prima nell'intelletto divino, secondo i Platonici, e poi nella natura, e ultimamente nell'intelletto dell'uomo, la qual arte è in terzo grado lontana dal divino artifizio

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Nota non pure in una sola parte, Come natura lo suo corso prende Dal divino intelletto e da sua arte; E se tu ben la tua Fisica note, Tu troverai non dopo molte carte, Che l'arte vostra quella, quanto puote, Segue, come il maestro fa il discente, Si che vostr'arte a Dio quasi è nipote. Da queste due, se tu ti rechi a mente Lo Genesi dal principio, conviene Prender sua vita ed avanzar la gente. E perchè l'usuriere altra via tiene, Per sè natura, e per la sua seguace Dispregia, poichè in altro pon la spene. Ma seguimi oramai, che il gir mi piace: 112 Chè i Pesci guizzan su per l'orizzonta, E il Carro tutto sovra il Coro giace,

E il balzo via là oltre si dismonta.

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sis trovar poi tu. Le parole la tomba di papa Anastasio. son queste: Posuit Deus homi- V. verso 6 (B. B.). nem ut operaretur, Visceris in sudore vultus tui (F.). Il Foscolo: Dall'esempio del primo padre conviene a noi procacciarci vita dalla natura e dall'arte. E il Ls.: De ces deux (arts, celui de la nature et le vôtre) il convient que l'homme tire sa vie et son progrès.

109. Altra via tiene, imperò ch'elli vuole che il danaio faccia danaio, la quale cosa è contra natura (Buti).

110. Sua seguace. l'arte

107-108. Genesi. Il Tomm. legge Genesis, e dice: L'accento posa sull' ultima come in Semiramis. Inf., v, 58. Fazio 112. Ma seguimi oramai. Fidegli Uberti Come nel Gene- nora sono stati fermi presso

(B.).

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Spenta l'ira del Minotauro, che sta a guardia del settimo cerchio, sede dei violenti, e superata la difficultà della scesa, giungono i Poeti nella valle, nel cui primo girone vedono una riviera di sangue bollente, ove sono puniti i violenti nella vita e nella roba del prossimo. Una schiera di Centauri va attorno lo stagno per sorvegliare i dannati, saettandoli se tentino uscir del sangue più che non è loro concesso. Alcuni di questi Centauri si provano di arrestare con minacce i Poeti che scendono la costa, ma Virgilio vince l'ostacolo, ed anche ottiene che un Centauro gli scorga e sulla groppa passi Dante all'altra riva. Da lui, nel passare, intendono i Poeti la condizione del luogo, e il nome di molti tiranni che dentro vi gemono.

Era lo loco, ove a scender la riva

Venimmo, alpestro, e per quel ch'ivi er'anco,
Tal, ch'ogni vista ne sarebbe schiva.
Qual è quella ruina che nel fianco
Di qua da Trento l'Adice percosse

O per tremuoto o per sostegno manco,
Che da cima del monte, onde si mosse,
Al piano è si la roccia discoscesa,
Ch'alcuna via darebbe a chi su fosse;
Cotal di quel burrato era la scesa:

E in su la punta della rotta lacca
L'infamia di Creti era distesa,
Che fu concetta nella falsa vacca:

E quando vide noi, sè stesso morse
Si come quei, cui l'ira dentro fiacca.
Lo Savio mio in ver lui grido: Forse

Tu credi che qui sia il duca d'Atene,
Che su nel mondo la morte ti porse?
Partiti, bestia, chè questi non viene
Ammaestrato dalla tua sorella,
Ma vassi per veder le vostre pene.
Qual è quel toro che si slaccia in quella
Che ha ricevuto già 'l colpo mortale,
Che gir non sa, ma qua e là saltella,
Vid'io lo Minotauro far cotale.

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E quegli accorto gridò: Corri al varco;
Mentre ch'è in furia, è buon che tu ti cale.

darlo.

(B.). -La roccia era rotta si acconciamente, che dava alcuna via, avvenendo talora che in tali rovine i sassi e' macigni rotolando, si fermino poi in tal luogo e postura che lascino qualche viuzza o formino un po' di scala (Ces.). Che alcuna stia per nessuna fu sostenuto acremente dal Monti ma le ragioni addotte dal Cesari e dal Blanc mostrano l'insussistenza di tale opinione.

10-13. Burrato. Burrati: trarupi di luoghi alpigni e salvatichi (B.). Su la punta della rotta lacca, su la cima, su l'orlo della cavità cerchiata dalle rotte pietre (L.). L'infamia di Creti. Il Minotauro, mostro mezzo uomo e mezzo bue, onde l'isola di Creta era infamata. - Falsa vacca. Pasife, che si rinchiuse nella vacca del legno, perchè il toro si congiungesse con lei (Buli).

14-15. Sè stesso morse. Altri, së stessa. - Parmi che il passaggio istantaneo dal femminino infamia al mascolino, che di subito fa immaginare il Minotauro, abbia energia ed eleganza (Fosc.). Fiacca, rompe е divide dalla ragione (B.).

17-20. Il duca d'Atene, Teseo. Anche Shakspeare lo chiama : The duke of Athens. — Sorella, Arianna.

1-3, Riva, ripa (B.). Per vinj di Marco tengono forse tre 22-24. Qual è quel toro che si quel ch'ivi er'anco, per lo Mi- miglia; e qui D. parla d'una slaccia, ecc., qui rompt ses notauro, che in quel luogo gia- roita lacca, che finiva in pun- liens (Ls.); che spesse volte cea (B.). Schiva di riguar- ta, e tale è alla Pietra (Ces.). avvenia nelli sacrificj (Buti). -Debole obiezione; qui non Svet. in Galba, 405: Essendogli 4-9. Qual è quella ruina, ecc. si tratta della larghezza, ma in ciascuna terra dalla destra Piglia la similitudine da una della qualità della ruina (B.). e dalla sinistra uccise le vitruina di monte, che è di qua Il Valery, Voyages en Italie, time, un toro spaventato dal da Trento, che, diroccandosi, crede che s' adatti meglio alla colpo della scure ruppe i lepercosse nel fianco dell' Adige: rovina della Chiusa, verso Ri- gami ed assaltò il suo carro il che alcuni credono essere voli, seguita nel 1310. V. For- e co' piè dinanzi alzatosi lo quel rovescio che dicono gli naciari, N. Ant., sett. 1872. - Per sparse tutto di sangue. BoccacSlavinj (forma dialettica di sostegno manco, manchevole; cio, Fiammetta, 297: Quale il Lavine) di Marco (quattro mi- che li venisse meno lo fonda- forte toro ricevuto il mortal glia vicin di Rovereto, venendo mento per lo roder del fiume colpo furioso in qua e in id da Verona) ed io credo es- (Buti)." -Simosse quella ruina. saltella sè percotendo. sere al castello della Pietra, Discoscesa, dirotta, scoscesa sopra il quale è un dirupo di (Borgh.). - Ch'alcuna via damonte stagliato, che a me par rebbe, a venir giuso al piano, tutto desso. Basti che gli Sla- a chi su fosse, sopra il monte

26-27. Corri al varco, al passo, ove è la scesa del settime cerchio Buti).

27. Cale, cali, scenda.

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