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O abbondante grazia, ond'io presunsi Ficcar lo viso per la luce eterna Tanto, che la veduta vi consunsi! Nel suo profondo vidi che s'interna, Legato con amore in un volume,
Ciò che per l'universo si squaderna: Sustanzia ed accidente, e lor costume, Tutti conflati insieme per tal modo, Che ciò ch'io dico è un semplice lume. La forma universal di questo nodo
Credo ch'io vidi, perchè più di largo, Dicendo questo, mi sento ch'io godo. Un punto solo m'è maggior letargo, Che venticinque secoli alla impresa, Che fe' Nettuno ammirar l'ombra d'Argo. Così la mente mia, tutta sospesa, Mirava fissa, immobile ed attenta, E sempre di mirar faceasi accesa.
A quella luce cotal si diventa,
Che volgersi da lei per altro aspetto È impossibil che mai si consenta; Perocchè il ben, ch'è del volere obbietto, 103 Tutto s'accoglie in lei, e fuor di quella E difettivo ciò ch'è li perfetto.
Omai sarà più corta mia favella,
Pure a quel ch'io ricordo, che d'infante Che bagni ancor la lingua alla mammella. Non perchè più ch'un semplice sembiante 109 Fosse nel vivo lume ch'io mirava, Chè tal è sempre qual era davante; Ma per la vista che s'avvalorava
In me, guardando, una sola parvenza, Mutandom'io, a me si travagliava: Nella profonda e chiara sussistenza Dell'alto lume parvemi tre giri Di tre colori e d'una continenza;
con la conoscenza sua toccarsi - e lor costume. Proprio- con una potenza o virtù infl- tà, modo d' operare (T.). nita, che l'avrebbe dovuto op- Conflati, coniunti (B.). Al- primere (Ces.). Presunst, tri: Quasi conflati. Non è presi ardireFiccar lo viso, distinto in Dio accidente da lo intelletto mio (B.). Vi sostanza: accidente non c'è consunsi. Spesi tutte le mie (T.). - La forma, ecc., la for- forze visive (T.). Compii la vi- sione (L.).
85-99. Vidi che s'interna, vidi racchiudersi, contenersi, ecc. (B. B.). Interna, tre e ano (T.). - Sopra, XXVIII, 120.
ma d'ogni cosa, che è nodo fermo che tiene ogni cosa nel suo essere, e questo è Iddio (B.). - Nodo, di tutto in uno (T.). · -Di largo, largamente,
Godo. Dal godere ampio Legato, contrario di spie- deduce l'avere veduto (T.). - gato (T.). Dante ha bene fic- M'è maggior letargo. Un solo cato lo sguardo nell' esser punto di tempo scorso dopo la di Dio, che ne toccò il fon- beata visione gli cagionò mag- do; nel qual vide il Verbo gior dimenticanza di ciò che in di Dio, esemplare perfetto et Dio avea veduto, che non appor- idea originale di tutti gli es- tassero di oblivione al fatto de- seri creati; che, quasi in un gli Argonauti secoli venticinque ruotolo, tenea raccolta ogni (L.). Da Dante agli Argonauti cosa, che fuor da lui è squa- anni 2523. se da Gesù Cristo a dernata nel mondo (Ces.). Roma fondata se ne contino col
Petavio 750, e da Roma a Troia distrutta 431, e da Troia agli Ar- gonauti 42 (T.). Se io fossi stato assopito 25 secoli, e mi fosser paruti un momento; che letar- go era quello! Tanto, e più fisso fu il punto di quella visione; che in opera di tener la mente loga- ta, valse quel medesimo che tanti secoli, e più (Ces.). Fe', la qual fece che il mare ammi- rasse nell' onde sue l'ombra del primo legno (Argo) (T.), Faceasi accesa, diventava più ardente di considerare e cogno- scere Iddio (B.). S. Gregorio Papa: Augent spiritales deli- cia desiderium, dum satiant (L.).
100-108. Del volere obbietto, la voluntà umana hae per suo obbietto lo sommo bene (B.). — E difettivo, ecc., è bene imper- fetto ogni bene, che in Dio è perfetto (B.). Corta, indefi- ciente (B.). Imperfetta non solo al vero, ma a quel po' ch' io rammento (T.).' -D' infante. Il B.: D'un fante, d'un fan- ciullo.
109-114. Non perchè, eco. Non vedevo che un punto; ma la mia vista rinforzata vedeva in quell' uno inenarrabili Cose (T.).· - Tal. Sopra, xxix, 145: Uno manendo in sè come da- vanti (T.). Parvenza, non apparenza, ma apparizione; così parvenze, le stelle. Sopra, XIV, 71 (T.) Risponde ad un dubbio possibile: come fosse che (essendo semplicissima la na- tura divina) egli prima non vide in Dio quello che dice d'aver veduto testè. Non è, ri- sponde, che l'aspetto dell'es- senza divina non fosse pure uno e semplicissimo, si prima e sì dopo: ma egli è, ch'io pas- sai ad aver vista più acuta; e così mutandomi io, a me si ve- niva mutando l'oggetto del mio vedere; onde vidi quello che non vedea prima. -Tra- vagliare per alterare(cangiarsi. Bl) e di qua travagliatore, cioè tragettatore, bagattelliere, chi con giuochi di mano fa travedere altrui, scambiando- gli le cose sugli occhi: e così qui a Dante, per essergli tra- mutato il vedere, venia quasi a mutarglisi l'aspetto dell'es- senza divina, vedendo in lei quello che prima non avea po- tuto (C.).
115-132. Nella profonda, ecc Nella profonda sì, ma chiara essenza divina d'una con- tinenza, d'una misura tutti e tre; intendendo pel loro terna- rio numero le tre divine perso- ne, per la varietx de' colori la personale distinzione tra esse, e per la loro uguaglianza, l'u- guaglianza degli essenziali at-
Intelletta, intesa tutta (B.).
Petr.: Parole - Intellette da noi soli. Arridi a te e alle creature (7.). Ed ami ed arridi d'essere da te sola intesa e sola
Pareo reflesso, e il terzo parea fuoco Che quinci e quindi egualmente si spiri. O quanto è corto il diré, e come floco Al mio concetto! e questo, a quel ch'io vidi È tanto, che non basta a dicer poco. O luce eterna, che sola in te sidi,
Sola t'intendi, e da te intelletta Ed intendente te ami ed arridi! Quella circulazion, che si concetta Pareva in te, come lume reflesso, Dagli occhi miei alquanto circonspetta, Dentro da sè del suo colore stesso
Mi parve pinta della nostra effige, Per che il mio viso in lei tutto era messo.
essere intendente te stessa (L.). Qual è 'l geometra che tutto s'affige
Per misurar lo cerchio, e non ritrova, Pensando, quel principio ond'egli indige; Tale era io a quella vista nuova:
Veder voleva, come si convenne L'imago al cerchio, e come vi s'indova; Ma non eran da ciò le proprie penne; Se non che la mia mente fu percossa Da un fulgore, in che sua voglia venne. All'alta fantasia qui mancò possa;
Ma già volgea il mio disiro e il velle, Si come ruota che igualmente è mossa. L'amor che muove il sole e l'altre stelle. 145
11 Witte punteggia: Ed inten- dente te ami ed arridi. — Cir- eulazion. Il giro che pareva lume riflesso, I' effige umana in colore che rivelava la natura divina (T.). — Quella circulazion, ecc. Ci conspetta alquanto, guardata alquanto all'intorno dagli occhi miei quella circulazion, quella dei detti tra giri, che si concetta, ecc., che pareva nascere da te a quel modo che nasce il rag- gio riflesso dal diretto, ecc., - Pareva in te. Il Witte: Pareva in tre. Dentro da se. Par- vemi in sè stesso col proprio colore dipinta dell'umana ef- fige. Accenna così l'umana Misurar, per rinvenire la qua- che nel tuo velle Pontano igua- natura, divinizzata per la per- dratura del cerchio; cioe la lemente. Si come ruota. (- sona del divin Verbo (L.). La riduzione d'esso cerchio in fi- gni punto di una ruota egual- seconda circolazione (che aveva gura quadrata, cosicchè l'area mente mossa, cioè tale che gir colore suo proprio) mi appariva o superficie del quadrato sia con moto uniforme sopra inva- dipinta dentro da se (cioè, che di grandezza affatto eguale a riabile asse, descrive una circon- la pittura era a lei unita in- quella del cerchio (Volpi). ferenza, e quindi passa per tut trinsecamente, non per union Conv., 11, 14: Principio, te le infinite direzioni segnate morale, o altro) della nostra proporzione fra il diametro e la da tutte le tangenti alla circon- effige, della forma umana (for- circonferenza (T.). — Ond' egli ferenza medesima, senza predi- mam servi accipiens); ma del indige ha bisogno. E come ligerne alcuna, quasi mostra- suo colore stesso, del color me- vi s'indova, Come l'una na- dosi indifferente per tutte; gia- desimo di essa circolazione: il tura capisse nel dove, o nel chè una circonferenza non è cha colore accenna la persona e luogo dell' altra (Ces.). - Le la direzione continuamente e! proprie penne, la mia virtù egualmente variata nei muti dello intendere (B.). Voglia. locali. Il paragone, nella su Quel ch'ella voleva vedere. Di semplicità, è de' più profecci vedere come al divin Verbo l'u- che abbia trovato il Poeta; el mana natura si congiunge (L) è mirabilmente atto ad espri Purg., IV, 18: Qui è vostro di mere un perfetto accordo t mando E altrove: Tien alto lor il desiderio e il volere, tr desio la cosa desiderata (T.). il cuore e l'intelletto, tra Manco possa, di poterlo si ap- parte superiore e l'inferiore prendere, che io lo potessi dire e dell'uomo, sì che questo essere scrivere (B.). Ma già, ecc. amante aderisca amorosament Ma gia l'amore, cioè Iddio che alla volontà di Dio, Amore - muove il Sole e l'altre stelle, terno, da cui è mosso dolce- volgeva il mio desiderio e 'l mente insieme col Sole, ca velle, e il mio volere concor- l'altre stelle, con tutte le ce- demente al voler suo, ecc. (F.). lesti spere e con le angelice Velle. Par., iv, 25: Le question gerarchie (Antonelli.).
però vuol dire che la forma umana era nella medesima persona divina; cioè non sus- sisteva persona umana da se (come volea Nestorio); ma la stessa persona del Verbo sus- sisteva, nella natura divina e nella umana, suo proprie, uno stesso Figliuolo di Dio; del suo colore stesso (Ces.).
133-145. Qual è il geometra, ecc. Le Chiose ricordano qui Archimede, che non s'accor- geva, speculando, che i soldati romani, espugnata Siracusa, gli eran sopra. S'affige, si Assa con l'attenzione (7.).
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