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umane nel risorgere delle nazioni. Le sue dottrine si difendo no sulla storia del mondo che egli securamente percorre, in particolare fermandosi nella Grecia e in Italia; esse oggi son diventate le dottrine della scienza. Con esse non si può creare, si può bensì sceverare dalle falsità la storia dei popoli.

E per vero, nel periodo di 22 secoli che storici si possono veramente appellare, gli uomini son corsi per ogni grado di civiltà e di barbarie, son caduti e risorti, son divenuti peggiori o migliori, si sono confusi, si son trapiantati, son perite le razze, nuovi effetti son nati da confusi elementi, le antiche lingue mancarono, e novelle ne presero il luogo: tutto in fine che era possibile è avvenuto e si è avvicendato nel mondo. La meditazione su ventidue secoli può bene prestar materia a fondare i principii della storia umana. Questa luce che sola può illuminare i tempi tenebrosi, agli antichi mancò: la storia cominciava da essi.

Noi abbiamo le primitive tradizioni, comunque, conservateci dagli scrittori, abbiamo la storia della civiltà, e delle conquiste greche e romane, e con esse la storia quasi del mondo. Seguita la caduta dell'impero romano, l'irruzione dei barbari, e il medio evo; e qui si avvera tutto quello che può dalla barbarie, isolata od alla civiltà vicina, avvenire.Qui si distingue bene ogni gradazione di barbari o d'incivilimento, ogni potenza d'arte o di forza. Da qui impariamo quando i conquistatori perdano la propria lingua e quando i vinti; di qui sappiamo se e quando sia possibile la confusione delle razze e dei diversi elementi; di qui la origine de' governi diversi secondo le popolazioni; di qui la maggiore o minore influenza di una legislazione; di qui la prevalenza, secondo i diversi casi, delle ragioni geniche o delle topiche; di qui la natura eterna de' feudi; di qui gli usi svariati; di qui infine la cagion del presente, la scuola del passato. Facciamo scudo di un esempio al nostro ragionare. La storia della rinnovata barbarie insegna come un popolo di conquistatori che

passi in suolo altrui senza famiglie perde la propria lingua ed usa quelle del vinto: la cagione è ben manifesta; nel paese straniero i bisogni son tutti dalla parte del nuovo venuto sebben vincitore. Le sue leggi stesse per essere intese han mestieri di essere promulgate nella lingua del vinto. Il principio soffre una sola limitazione nei vocaboli che si riferiscono alla guerra: guerrieri sono i vincitori, le parole di guerra debbono esser dunque della lingua di essi. Questo fatto è tante volte avvenuto ed è cosi ragionevole che non può in alcuna maniera essere controverso. Con tal fondamento facciamoci alla storia antica. Gli italiani ed i greci antichi usarono una lingua, le parole famigliari della quale hanno un'origine una radice comune, come bos, taurus vitulus, ovis, aries, arviga, agnus, pullus, vinum, ager, sero, lac, mel, sal, lana ec. Al contrario i vocaboli di guerra sono così diversi che fra le due lingue non v'è la menoma analogia. È chiaro da ciò che i due popoli ebbero una sola origine, e che quindi furono vinti da genti diverse; forse dai più feroci abitatori delle montagne. Con questa guida studiando l'antica leggenda, e giovandosi di tutto che le altre parti della critica apprestano, e dei soccorsi che presenta la filologia, si possono certamente restituire a qualche integrità le antiche memorie.

V'ha chi non negando queste verità sostiene però che della moderna critica possa giovarsi solamente la vetustissima storia, non la meno antica romana, che è storia di fatti anzichè di ragioni. Ma dicasi di grazia; i fatti che si succedono, si aggiungono sempre ad un principio; e come, ignorando la cagion del principio, si può rendere la ragione del fatto? E per vero: quando mai gli scrittori romani hanno compreso la origine, e le leggi eterne de' feudi? E generalmente, quando hanno assegnato le vere cause degli avvenimenti che ad antiche catastrofi si raunodassero?

V'ha da aggiungere una considerazione intorno la storia della barbarie e le conseguenze da essa dedotte: non so

se sia stata fatta da altri, ma sorge però spontanea e facile. Pare a me che sia da porre un grado almeno di differenza fra la barbarie primitiva, e quella che conseguita all'incivilimento. In questo secondo caso una memoria, sia pur languidissima, del passato, vale in qualche maniera a menomar la ferocia, dirò anzi a rendere meno impossibile il risorgimento della civiltà. Ed ecco che le scienze storiche han potuto fare anche questa esperienza.

Il mondo moderno fu riserbato ad insperata meravi→ glia alla quale l'antico nè tampoco pensava. Questa è la scoperta dell'America; dove gli europei ammirarono tante razze, tante tribù, tanti costumi che le meditazioni sui nuovi popoli sarebbe stata come uno studiare la storia dell'umanità. Mercechè colà dimorassero genti barbarissime; tribù nomadi e pastorali senz'ordine alcuno; genti che verso la civiltà mostravano qualche avviamento. Non mancavano città; non si era nuovi di arti, ed alcun regno più esteso fruiva di qualche ordinamento politico. Chi non sa, ad esempio, che il signore di Messico teneva corrispondenze per mezzi che da quelli dei nostri corrieri non erano molto dissomiglianti? Però le popolazioni d'Europa scendendo a quelle terre sconosciute sentirono subito la propria superiorità; e ridendo dei primi passi di chi verso l'incivilimento incomincia ad indirizzarsi, e sprezzando la ferocia selvaggia delle innumerevoli masse, dichiararono diritto di conquista le nuove scoperte; e perchè il dritto non fosse scompagnato dal fatto vi spedirono varie e molte colonie a securtà di possedimento. E qui nuova forma di esse presentasi all'osservatore; disgiunte cioè dalla madre patria per distanze immense sterminate, componentisi di genti mirabilmente progredite nelle scienze e nelle arti e discipline di ogni maniera, vicino a nazioni per la più parte selvaggie o tanto almeno dalla civiltà dell'Europa conquistatrice lontane, che la confusione o la meschianza delle razze era un fatto impossibile. Il perchè dove

va tornare ancora impossibile la comunanza del vivere, la vicinanza dei vincitori e dei vinti. E fu così. Gli europei innanzi a quali fuggivano a milioni le masse, tremanti al rumor della polvere, all' inusitato suono delle artiglierie, alla foggia delle nuove battaglie, cominciarono a vivere una vita propria; le migrazioni dall' Europa al nuovo mondo senza interruzione si succederono, gli indigeni cominciarono a perire sotto il peso della schiavitù. I nuovi venuti si allargarono sempre più in ogni parte a danno degli antichi abitatori; ai quali restando poco più che montagne e deserti perirono a milioni, e varie razze si estinsero per sempre. Altre vivono tuttavia, ma ogni sforzo della civiltà tornò vano a migliorarle: esse menano ancora la vita del secolo XV. Grande aggiunta ed utilissima scuola fu questo avvenimento che raddoppiò la terra conosciuta, alla storia della umanità.

Nei conquistatori le ragioni del suolo prevalsero a quelle di razza; e diventati nella nuova dominazione potenti ruppero i legami che alla patria antica li annodava e si chiamarono cittadini di nuove e libere nazioni. E qui s'imparò che simiglianti colonie per tanto spazio disgiunte dalla terra che le spedisce, posseditrici di suolo immenso che le fa per necessità progressive, che le distacca dagli interessi della nativa contrada ed alla novella le aggiunge, finiscono col dichiararsi indipendenti. Delle colonie greche stabilite oltremare avvenne quasi il medesimo, salvochè la diversa condizione delle greche repubbliche in confronto coi governi d'Europa del quindicesimo e sedicesimo secolo, le rese libere sul nascere; mentre nel caso nostro trascorsero secoli prima che si aggiungesse lo scopo.

Diversa sorte incontrò alle colonie romane con tutt'altre vedute politiche trapiantate fra i popoli vinti. Esse furono per dieci secoli e più propugnacolo validissimo della potenza romana e costituirono, per dir così, il nervo dell'impero che per esse principalmente e si estese cotanto e si conservò così

lungamente. Ma l'ordinamento fu affatto lor proprio e le distingue nelle storie di tutti i secoli formarono una linea che, facendo capo dalle porte di Roma, si andava prolungando e continuamente afforzando, coprendo la superficie dell'impero fino agli ultimi termini. Le legioni, le formidabili legioni, terrore della terra conosciuta avvicendandosi con le medesime, e distribuite in modo nelle varie provincie che fossero le une alle altre puntello e rincalzo, s'aggiunsero alla forza di Roma, aquella forza che senza declinare da' suoi principii non sarebbe stata forse prostrata. Una immensa diversità, come vede ognun di per se, intercede fra queste colonie, e quelle che le nazioni primitive spedirono per voto (detto poi di primavera sacra ), i che greci ed altri popoli mandarono oltremare, che da ultimo gli europei tradussero in America. L'esaminazione però di tutte, dei regni che le fondarono, delle genti e dei paesi ai quali si trasferirono, delle cagioni che le mossero, delle condizioni e delle forme che assunsero nelle nuove terre, è una gran pagina della storia umana; contiene la scuola politica della possibilità o irragionevolezza, dell'utile o della vanità di simiglianti migrazioni e conquiste. L'immenso progresso che l'umanità fa in tutti i giorni ha portato una sola modificazione alle recitate dottrine intorno alle distanze; perciocchè l'invenzion del vapore le ha ravvicinate così che le conseguenze su di esse dedotte hanno rimesso del loro valore.

Ecco gli studi ed i fatti che furono norma alla storia ideale eterna della umanità, ed alla intelligenza delle leggi eterne della provvidenza che nelle umane vicende eternamente ricorrono. Io non ignoro che il Vico errò alcune fiate, non per difetto d'ingegno, ma per manco di conoscenze storiche; ei fu profondo, ma gli sarebbe stato mestieri della erudizione del Muratori. Comunque, dove egli falli, ci guarderemo bene dal seguitarne gli errori.

Dopo gli studi del Vico altri potenti soccorsi s'aggiun

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