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prima prova non si poteva sperare di più, ma anzi niuno, tranne il Muratori, avrebbe potuto fare cotanto. Molti anni molti studi, e sforzi congiunti valgono solo a render meno imperfette simiglianti intraprese. Chi in fatti vorrebbe oggi rimproverare a quello indefesso scrittore la scorrezione di tanti testi? Se avesse atteso al raffronto dei manoscritti esistenti in ogni parte d'Italia, avrebbe finito la vita senza dare alla patria il più prezioso dei doni; ei fece il più : gli altri che vennero dopo di lui corressero in molte parti le sue pubblicazioni; e fu ventura, poiché senza quell'impulso chi sa quanti monumenti sarebbero muti?

Fu chi rimproverò altresì al collettore delle cose italiane, ma con aperta ingiustizia, di aver confuso stranamente i tempi stampando senz'ordine alcuno opere d'ogni secolo, d'ogni paese. Costoro ragionano tenendo innanzi gli scriptores rerum italicarum e pensando forse che il Muratori avesse alla mano tutte le materie delle quali quella raccolta componesi fino dal primo giorno della pubblicazione. Mai no: il Muratori, se si tolgano i primi volumi, venne mettendo in luce ed illustrando i manoscritti secondo che gli venisse fatto ottenerne. Mancanza di documenti, inesattezza di testi, disordine di materie non sono dunque che conseguenze dell'ingente mole, delle condizioni e dei tempi nei quali si trovò lo scrittore.

Queste considerazioni medesime però persuadono facilmente che oggi sarebbe mestieri di una più grande, di una più completa raccolta di scrittori di cose italiane ; di una raccolta che corrispondesse allo spirito ed ai bisogni del tempo, che rappresentasse il progresso onde gli studi storici avanzarono tanto dal Muratori fino a noi, che comprendesse e riunisse tutto quello che sparsamente vide la luce dopo la collezione muratoriana, tutto quello che degno di memoria giace ancora senza l'onor delle stampe e non peranco appartiene alla storia.

Fu in Roma e sulla fine del 1842 che cinque giovani (e del numero di essi si pregia di essere l'autore di questo scritto) che comunemente intendevano a studi storici, mossi da tali considerazioni (alle quali s'aggiunse anche la somma rarità della raccolta del Muratori) deliberarono di provarsi ad ordinare un Corpo di scrittori di cose italiane da esser codice e fonte di tutta la storia d'Italia. Lo spirito che li ani

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mava e li anima essendo ben altro che finanziero, si guardarono bene dal precipitare gli indugi, dall'annunziare pomposamente le incominciate fatiche; essi miravano solo a sopperire al difetto, cercando di meritare l'approvazione dell'universale.

In quanto al pensiero in generale, avevano determinato di allargare alcun poco le vedute del Muratori. E siccome la storia del medio evo incomincia con la irruzione dei barbari nell'Italia, così, oltre gli scrittori che di essi favellano, intendevano ad ordinare e correggere il corpo delle leggi barbariche, e le costituzioni di qualunque maniera, che coi luoghi e coi tempi nelle ricerche compresi, concordano; al che stimavano doversi aggiungere gli antichi statuti municipali delle città italiane, perchè nulla al ramo legislativo mancasse. Pensarono inoltre che la storia ecclesiastica sarebbe uno dei fondamenti della raccolta, e quindi volevano che gli atti di vari concili, molti dei più antichi sinodi e e bolle e brevi ed atti pontificali prestassero nuova luce ed importanza alla loro fatica. La quale desiderarono che si giovasse eziandio di altra ricca sorgente cui però poco attinse il Muratori; voglio dire l'epistolografia: di quante notizie in fatti non siam noi debitori alle lettere dei Papi, a quelle di Pier delle Vigne, di Francesco Petrarca, alle opere di Cassiodoro, e a tanti altri scritti di questa forma? Ciò valga a dare una idea del proposto accrescimento delle materie. Ora all'ordinamento.

Sebbene sia vero che noi possediamo documenti assai più numerosi di quelli che vennero in proprietà del Muratori, è però ancora certo che tutti quelli che possono e debbono pubblicarsi non ci sarebbero venuti a disposizione fin dal bel principio. Quindi a riparare alla difficoltà si voleva dividere la molteplice materia per provincie e per secoli, lasciando in ogni secolo aperta la serie; in guisa che sarebbe sempre in tempo collocare ogni documento a suo luogo. E siccome la proposta raccolta doveva riuscire tuttaffatto diversa da quella del Muratori, così per comodo degli studiosi, un doppio indice avrebbe dimostro e spiegato la relazione e corrispondenza di questa e dell'edizione muratoriana.

Ne si proponevano solo i compilatori di tale lavoro di correggere e pubblicare nudamente i testi; essi anzi speravano di annodare tutta la storia col confronto e commentario

perpetuo delle cronache e monumenti fra se medesimi; cosicchè ogni parte concorresse ad illustrazione scambievole. Ciascuno scritto dovea essere preceduto dalla notizia dell'autore, dalla bibliografia dell'opera: e ciascuna provincia sarebbe stata illustrata con un trattato sulle sue vicende, sulle cause che le partorirono, sulla sua condizione in ogni tempo; mentre più ampio lavoro messo innanzi alla intera pubblicazione avrebbe adempiuto generalmente a quest'ufficio, quasi a modo di prefazione universale.

Al buon volere non è a dissimulare che si frapponevano varie e non leggiere difficoltà. La prima era il pericolo d'incontrarsi nei medesimi studi: a ciò fu trovato pronto rimedio, poichè i cinque colleghi divisero le loro ricerche secondo le varie provincie, comunicandosi a vicenda quello che potea tornar utile. All'altra difficoltà di potere ottener da tutta Italia i necessari documenti essi speravano di rimediare per due maniere, cioè con l'importanza stessa della impresa che doveva eccitare la simpatia di tutti gli italiani, e mettendosi in relazione con i coltivatori di simili studi nella penisola. In fatti avevano avuto le più lusinghiere promesse da molti, fra i quali nominerò a cagione di onore il sig. Carlo Troya: e molti archivi, varie biblioteche erano state messe cortesemente a loro disposizione. E non essendo la sola Italia che, potesse apprestare i monumenti alla ingente intrapresa, la società si era col mezzo mio rivolta a Berlino al sig. prof. Pertz direttore della grande pubblicazione degli Scriptores rerum Germanicarum, perchè mettendosi d'accordo le due opere (che per le relazioni che corsero sempre fra i due paesi sono in tanto rapporto) potessero vantaggiarsi a vicenda.

Restava ancora qualche altra spina. In Torino, di commissione del regio governo, si stanno pubblicando i monumenti della storia patria: e siccome i letterati del Piemonte adempiono egregiamente l'incarico, così si era stabilito di lasciare per ora il Piemonte, studiandovi solo per la illustrazione degli avvenimenti dell'Italia in generale. Alla fine dell'opera o si sarebbe aggiunta, col convenevole consenso, la pubblicazione piemontese, ovvero se l'edizione avesse soddisfatto ai bisogni ai desideri alle ricerche, per se stessa avrebbe completato la raccoltà delle cose italiane.

Superate tante asprezze, rimaneva un ultima, ed era di non incontrarsi con le pubblicazioni di Napoli, con l'archi

vio storico di Firenze. Per Napoli si sperava molto nella cooperazione del sig. Troya, per Firenze si erano già aperte trattative col sig. Wiesseux; e tutti gli sforzi miravano a questo che le varie imprese concorressero a giovare la storia, senza nuocersi e urtarsi; che la unione degli sforzi agevolasse meglio l'intento.

Mentre le cose procedevano tanto prosperamente, un manifesto apparso in questi giorni a Firenze ha sospeso tutto. Il prof. Giuseppe La Farina annunzia in esso una ristampa del Muratori e promette inoltre – ne quid notitiarum, in illa desideretur, ex pluribus aliis tum latinis, tum gallicis, tum germanicis collectionibus ea plura excerpere, quae ad italicam historiam pertinere viderentur - Non voglia pensare il sig. La Farina che il presente scritto miri a combattere la sua prova: la società romana mossa solamente dal desiderio di giovare la storia nazionale non si duole punto che altri prenda il suo luogo. S'augura però e vorrebbe che uno sforzo di tal fatta camminasse ad un passo con i progressi e con le dimande del secolo; vorrebbe che chi s'accinge a tanta opera si comportasse come appunto farebbe il Muratori se oggi fiorisse. Le promesse del sig. La Farina (che grandemente stimiamo) non lasciano tale speranza. Egli assicura che tutto sarà compreso in dieci volumi, in 600 fogli di stampa o circa, e che saranno adempite in cinque anni le asserzioni. Il sig. La Farina vorrà, speriamo, perdonarci se crediamo fermamente che non sia cosa nè da dieci volumi, nè da cinque anni, nè da un uomo solo. Questo scritto ha dimostrato come in un tentativo di tal fatta si potrebbe con utile vero rispondere alle condizioni della età: se il sig. La Farina non voglia disconoscere tal vero e accettarlo, farà degnissima opera, e troverà cooperatori in tutti gli italiani che amano la patria e sanno apprezzare gli studi: ed i componenti la società romana senza mira di alcuno interesse si offrirebbero primi. ACHILLE GENNARELLI.

SOMMARIO

STORIA Lettera di Enrico IV a Clemente VIII. Dei curatori delle mura di Roma nel secolo XVI. Paolo Mazio.-Il carnevale del medio evo in Roma. A. Coppi. LETTERATURA - Le permutazioni della Poesia. P.Mazio. BELLE ARTI -Sopra un ragionamento del prof. Ridolfi P. Mazio. ARCHEOLOGIA - Sopra un sepolcro scoperto a Corfù. G. P.Secchi d. C. di G. - BIBLIOGRAFIA. Gli scrittori delle cose italiane di L. A. Muratori. A. Gennarelli. Roma Febbraio 1844.

IL SAGGIATORE GIORNALE ROMANO NUM. 4.

ARCHEOLOGIA

Epigramma greco di arcaica paleografia scoperto a Corfù nell'ottobre dell'anno MDCCCXLIII sul monumento sepolcrale di Menecrate Eanteo figliuolo di Tlasia. Proseguimento e fine.

Dichiarata a questo modo non sarà più mistero in questi vasi l'incostantissima varietà de' dialetti greci, che vi si legge con aperti barbarismi, nella loro generalità; molto meno la confusione di più dialetti in un vaso stesso, e ciò che reca maggior meraviglia, parole etrusche congiunte a greche parole in un vaso solo. Imperocchè non essendosi allora formata per anco fra i Greci una lingua comune, e scrivendo ciascuno nel suo dialetto: chi l'apprendea fra gli Etruschi, era costretto a studiare la lingua greca in tutti i suoi dialetti, e ne dovea nascere in que' tempi la incostanza quasi tutta di pronunzia che veggiamo in questi monumenti.

II. Illustrata l' arcaica scrittura dell'epigramma corcirese, e trattene conseguenze giovevoli anche alla storia; consideriamone la poesia e il dialetto per utilità della greca filologia. Tutto l'epigramma secondo la lezione comune de' letterati corciresi, e spezialmente del cav. Mustoxidi, e dei signori Economides e Filitàs lodati dal professore Orioli, è co

ANN. I.

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