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esametro, dove Menecrate è detto Oiaves yeezy nativo d'Eantea; e giacchè dagli antichi questa città è chiamala tanto Οιάνθη quanto Οιανθεία, leggo e supplisco

Πραξιμένης δαὖτ' Οιάνθας) ἀπὸ πατρίδος ἐνθών.

A nostro giudizio non vi ha d'incerto in questo supplimento altro che il caso del nome Oiávas dorico per Οιάνθης da Οιάνθη. E la ragione che me ne lascia dubioso, è il dorismo di questo epigramma, che non ha l'a per ln ne in Πραξιμένης, ne in κασίγνητος, il nè che non dovevamo aspettarci da chi pronunziava σᾶμα per σῆμα, δάμος per δῆμος e δαμόσιον per δημόσ σιον. Potrebbe perciò essere Οιάνθης, e non Οιάνθας ; ma che il nome della patria Oiavon, di cui resta la prima sillaba presa incautamente per ultima sillaba del pronome at, sia supplito con certezza, a me sembra indubitabile.

Abbiamo affermato superiormente che nella lezione adottata è sbagliato anche il sesto esametro; e qui dobbiamo confessare che ci reca maraviglia come siasi voluta confutare la lezione ovnen unicamente vera e chiarissima nella pietra, e siasi in vece preferita la lezione onλ on che, per non dire altro, è assolutamente contraria al metro. Non è raro nell'antichissima lingua greca il verbo novéμa in senso transitivo col quarto caso, e precisamente nel senso che ha in questo epigramma. Confrontisi Omero nella Illiade 348., 380. 4, 245; e nella OdisS sea, 250. 2, 9. o, 222 e altrove spesso, sempre in significato di facio, elaboro, construo. Si è preteso

che πονήθη da πονέομαι sarebbe stato πονάθη in dialetto dorico; ma il dorismo varia secondo la varietà de' popoli; e se v'ha sillaba ne' verbi, dove l'n sovente non mutasi in a fra i dorici, questa è dessa. D'altronde abbiamo osservato che il dorismo corcirese non è stretto e severo dorismo d'altri popoli della stessa prosapia, ma che se ne scosta in molte proprietà, e singolarmente il dorismo di questa iscrizione, nella quale veggiamo Пpažiμévns e non Πραξιμένας, κατίγνητος e non κατιγνατος. La stessa incostanza di dialetto in Corcira è palese per altre iscrizioni, e in una recata dal Bockh (1) si ha zoμικοῦ insieme con τῷ πόρω per τοῦ πόρου; di che troppo maravigliatosi allora l'illustre ellenista, altrove meglio insegnò che il genitivo in o non era usato nel dialetto di Corcira, dottrina vera e nuovamente confermata dal nostro epigramma. Per me dunque l'indubitata lezione dell'ultimo esametro è questa Σὺν δάμῳ τόδε σᾶμα κασιγνήτοιο πονήθη.

è

Nè ci si opponga l'incompatibilità del genitivo poetico κασιγνήτοιο per κασιγνήτου con δάμου nel terzo esametro: perchè nella iscrizione d'Acarnania abbiamo egualmente οδοῖο per ὁδοῦ, ed αὐτῷ per αὐτοῦ; ed e noto che questi genitivi poetici sono propri di tutti i dialetti. Restituiscasi pertanto l'o di ónov alla voce zasvńta che precede, e si escluda il lambda da A che non esiste e non potea scriversi nello spazio in cui si congiungono due pezzi di tufo; e si avrà solamente ПIONEOE, cui, supplite le vocali (1) Corp. Inser. Gr. n. 1840.

lunghe, la legge costante e sicura dell'esametro insegnerà senza dubbio a leggere oven. Che se a taluno sembrasse contradizione tra il δάμος ἐποίει del secondo esametro, che attribuisce l'opera al popolo di Corcira, e il novýʼn di quest'ultimo esametro, in cui si dice che Prassimene fratello di Menecrate concorse col popolo ad erigere il monumento; ricordiamoci altro essere il decreto della publica autorità, altro l'impetrazione ed esecuzione del decreto medesimo.

Ad intiera e perfetta restituzione di questo classico epigramma ci resterebbe il supplimento del quarto esametro: ma qui debbo confessare che non può giungere alla certezza delle correzioni anteriori perchè è molto più facile distruggere che fabbricare in tanta lacuna di scrittura. Il signor Filitàs suppliva ὤλετο δαμόσιον δὲ κακὸν προσεδέξατο πῆμα

e il verso per verità corre con tutti i suoi piedi : siccome peraltro il calco e il professore Orioli assicurano che dopo AE la pietra conserva le lettere KAO.K.. non è possibile ammettervi la voceKAKON. Aggiungo che la voce δαμότιον per δάμος, ο per ciò che noi pure italiani diciamo il publico, senza l'articolo che la determini, non è neppure prosaica, molto meno poetica, o tolerabile in tanta antichità. Noi dunque ci veggiamo costretti a rifiutare cotesto supplimento, e con esso anche il supplimento del signore Uracliotti, perchè, oltre i due difetti notati nel primo, ripugna chiaramente alle leggi del verso esametro. Egli suppliva

ὤλετο δαμότιον δὲ κἀπενέγκατο κλέος

Il signor Economides per ultimo, che dopo AE lesse KAO Keto, suppliva alquanto meglio il resto con uno emistichio d'Omero nella Odissea

ὥλετο δαμόσιον δὲ καθίκ(ετο πένθος ἀλαστον)

se non che misurato poi lo spazio della lacuna nella lapida, e visto che dopo KA.Kero non capono altro che tredici, o quattordici lettere, ha lodevolmente ritrattato il primo, e suggerito quest' altro supplimento, che almeno, sia buono sia tristo, non supera le quattordici lettere che mancano

ὤλετο δαμόσιον δὲ καθίκ(ετο πράξεις αλκά)

Da tutti questi tentativi appare che il supplimento del quarto esametro è difficilissimo. Imperocchè non è sicuro neppure il verbo KAO:Kero; e posto che sia necessario, è così vago che rende possibili moltissimi concetti. Siamo dunque in mezzo ad un campo di conghietture, che non è ristretto se non dalle lettere superstiti KA..K probabilmente d'un ver¬ bo composto pel cambiamento di Kara in KA, e dallo spazio logoro della pietra, e dalle leggi del metro. Con tutto ciò se altri supplisse

ὤλετο δαμόσιον δὲ καθίκ(ετο πάντας ὄλεθρον) potrebbe difendere il suo supplimento con la sintassi omerica di zafizeto (1), con l'epigrammatica allusione di po ad hero, e con l'aggiunta di sole due lettere alle quattordici. Sarebbe perciò quest'aggiunta bastevole a farlo ripudiare? A me pare

(1) Il. §, 104. Od. dg 342.

che sì: poichè tal supplimento, quantunque nasca spontaneo, dice troppo ed ha troppe lettere.

Per non tacere adunque fra tanti che parlano, e non lasciar questo vuoto in così bello epigramma, soggiungerò che fra quanti supplimenti per ora mi corrono alla mente, e meglio adempiono le debite condizioni, eleggo questo

ὤλετο δαμότιον δὲ καθῆκ(εν Γάστεϊ πένθος)

Le ragioni per cui lo scelgo, sono queste. Il verbo καθῆκεν non ha bisogno d'essere cambiato in καθακευ secondo il dialetto corcirese, e ancorchè vogliasi questo mutamento, lo spazio della pietra e del calco ce lo permette: egli è frattanto meno raro che il verbo nabízeto, e significando conveniebat, o congruebat, mi sembra assai più convenevole al contesto; mentre poi colle sue lettere e col seguito della sua sintassi non vuol superare lo spazio che non si può. Di fatto la costruzione grammaticale di Kañe esige un dativo che indichi in questo luogo il popolo, o la città accennati dall'addiettivo dzμóσιον, e Γάστυ per città che si ha in altra iscrizione paleografica di Corcira, somigliantissima a questa nell'arcaica scrittura, non si può rigettare. Inoltre l'addiettivo neutro dauósios publicum richiede necessariamente il supplimento d'un sostantivo neutro, e révos luctus, o funus naturalmente offertosi ai letterati corciresi, è realmente acconcissimo al contesto. Conchiudiamo adunque per lo meno, che se pur questo supplimento non appaga i dotti ellenisti, sono in debito di darcene un altro che sia mi

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