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gliore, e finchè non si troverà, si contenti ciascuno di quello che più gli piace. Noi non ci lusinghiamo d'aver restituito il verso originale; nè vogliamo dare per certo ciò che certo non sarà mai, se non tornano in vita gli arcavoli di Corcira. Intanto per l'incertezza, in cui resta il quarto esametro, non si dovranno negare le ragionate emendazioni degli altri versi; e affinchè ciascuno sia giudice della lezione corretta, estenderemo per intiero, come noi bramiamo che sia letto, l'epigramma corcirese sottoponendovi in altrettanti esametri latini la più fedele versione che per noi si possa. Non mutiamo ΤλασίαFo in Τλατίαν, ne πρόξενος in πρόξεινος, nè ἧς in ἦν, nὲ ἐνθών in ἐλθών, perchè si debbono conservare le proprietà del dialetto

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ης

Ω υἱοῦ ΤλασίαΓο Μενεκράτεος τόδε σᾶμα
Οἰανθεός γενεάν τόδε δ' αὐτῷ δάμος ἐποίει·
ῆς γὰρ πρόξενος δάμου φίλος· ἀλλ' ἐνὶ πόντῳ
ὤλετο δαμόσιον δὲ καθῆκεν Γάστεϊ πένθος).
Πραξιμένης δ' αὖτ Οἰάνθας ἀπὸ πατρίδος ἐνθὼν
τόδε σᾶμα κασιγνήτοιο πονήθη.

σὺν δάμῳ

ην

Heu! Tlasia nati monumenta Menecratis isthaec Ortu ocanthei: populusque haec condidit olli, Quod populi patronus erat. Sed is aequoris undis Occubuit: funusque urbem commune decebat. Praximenes patria Oeanthe simul inde profectus Cum populo posuit fratri monumenta sepulcri.

III. Dalle osservazioni fatte su l'arcaica scrittura, e dal testo corretto e tradotto dell'epigramma ri

sulterà chiaramente a chichesia, che la corcirese iscrizione è pregevolissima, tra perchè ci presenta uno de' più vetusti componimenti poetici della Grecia, e perchè i confronti della greca paleografia di Corinto, di Corcira, dell'Acarnania e dell'Etruria accresciuti con essa rischiarano una questione rimasta finora oscurissima nella letteratura e nelle arti dell'antica Italia. Basterebbe già questo a provarne la utilità per la storia: ma poichè dopo la celebre iscrizione di Petilia, oggi Policastro nel regno di Napoli, essa è forse la greca iscrizione di più remota età che ricordi i póževa, mostriamo almeno che pubblici personaggi fossero costoro, e quale importanza avessero nell'antico governo politico di Corcira. I πpóževo che è quanto dire patroni, o protettori degli ospiti, nelle relazioni scambievoli degli antichi popoli furono somigliantissimi a consoli, e ad altri rappresentanti autorevoli de' nostri governi presso governi stranieri, e forse anche meglio ai patroni dei clientes iure hospitii publici, di che tuttora esistono monumenti. Veggasi Marini negli Atti de' fratelli Arvali pag. 782. Possono confrontarsi coi póževo anche i patroni delle colonie e dei municipii nella repubblica romana e nell'imperio, perchè i povo non mai o rarissime volte furono nativi della città di cui erano protettori; ma per lo più nativi, o cittadini della città presso cui proteggevano i forestieri cittadini dell'altra. Fareb

be

opera certamente utilissima alla storia chi di

lucidasse a pieno questa materia (1), e tante sono le iscrizioni greche dedicate ad essi in ogni dialetto e in ogni città, e tanti gli scrittori che li ricordano da poterne raccogliere amplissima messe, e descriverne a minuto l'origine, la propagazione, i doveri, i diritti e i privilegi. L'ospitalità, costume umanissimo e sacro degli antichi, santificato ancor più dalla carità cristiana, a mio giudizio ne fu la prima sorgente; ed estesosi il commercio dei popoli fra loro ne fu propagata per modo la necessità e la utilità, che per non dipartirmi da Corcira, ella ebbe pova in tutte città di terra ferma e delle isole, colle quali mercanteggiava. Può vedersi nella storia greca di Senofonte l'importanza di questi suoi pubblici rappresentanti, e singolarmente nelle iscrizioni antiche di Corcira, in cui se ne onorano alcuni di varie città (2), ed in una fra l'altre dove si tesse il catalogo de' potevo contemporanei, e dei

VOL

(1) Sappiamo ora dall'illustre prof. Velcker che il signor M. H. E. Meier professore ad Hala ha scritta una monografia su i лρóževot, nella quale confronta centoquattordici iscrizioni greche. Le più antiche, secondo lui, sono di poco anteriori alla guerra persiana, e nessuna posteriore all'età d'Augusto. Possiamo adunque inferirne che la corcirese è forse la più antica di tutte, non eccettuata neppure l'iscrizione degli Egosteniti ultimamente pubblicata dal Welcker stesso nel Bullettino archeologico pag. 169 anno 1843. Quanto all'opera del signor Meier non la possiamo giudica re, perchè non l'abbiamo sott'occhio.

(2) Boeck corp. Inscr. Gr. n. 1841, 1842, 1843, 1844.

pubblici fondi, de' quali godeano l' usufrutto (1). La brevità delle mie lezioni mi costringe ad ammainare le vele nel più bel corso della istorica erudizione: ma per fissarvi l'idea di questi personaggi noterò solo su l'autorità d'Antigono Caristio (2) un curiosissimo punto di confronto, trascurato finora, fra i consoli, o gli ambasciatori de' nostri governi ne' paesi stranieri e i πpóževo degli antichi poli. Egli attesta che per costume universale praticato nelle case de' poteva soleva appendersi l'insegna della città, di cui erano ρóževo affinchè fossero conosciute dai forestieri protetti (3): e a que(1) Boeckh corp Inscr. Gr. n. 1840.

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(2) C. XV, pag. 25. Διὸ καὶ ἐπὶ τῶν προξένων τῶν ἀναγραφομένων τὸ παράσημον τῆς πόλεως, καθάπερ ἐστὶν ἔθιμον πᾶτι προςπαρατιθέναι, ὑπογράφονται δυο κόρακες ἐφ ̓ ἁμαξίου Xxxv.Perciò pure alle case de loro ospitalieri, che hanχαλκοῦ.Perciò no dipinta l'insegna della città, come a tutti è costume di apporsela, vi dipingono sotto due corvi sur un cocchietto di bronzo.

(3) Il celebre Barone Locella in una nota a Senofonte Efesio pag. 252 crede scorretto il passo d'Antigono Caristio, e cambia προξένων in προξενιῶν da προξενία, che secondo lui può significare anche il monumento su cui scriveasi il decreto di pocevia ospitalità. L'uomo dotto non riflettea che allora bisognava parimenti cambiare il πᾶσι in πάσαις del testo seguente; nè potendosi adottare due mutazioni così violente nel testo, è meglio sottintendere dixo dopo ènì e innanzi tρožévwv, essendo questa un'elissi frequentissima. Nessun marmo e nessun bronzo finora ci ha mostrato l'insegna della città, sopra le iscrizioni che contengono i decreti di προξενία.

sto proposito afferma che la città di Crannone nella Tessalia vi dipingea due corvi sopra un cocchietto di bronzo, come pure veggiamo tuttora per simbolo e tipo nelle monete antiche di quella città (1). Antigono Caristio non restringe quest'uso ai пρožɛvo della sola Crannone di Tessalia, ma lo dice comune ai πρόξενοι delle altre città: καθάπερ ἐστὶν ἔθιμον πᾶτι προσπαρατιθέναι. Possiamo adunque argomentarne con tutta chiarezza ad onore de' nostri studi, e a vantaggio della storia, che i popoli dell' Europa moderna, benchè superbi della loro civiltà, sono debitori, o se vogliamo, eredi dei nostri maggiori, anche in certi usi civilissimi di confederazione politica, all'antichità de' quali nessuno avrebbe creduto. Ho detto. DEL P. GIAMPIETRO SECCHI DELLA COMP. DI Gesu'.

STORIA

IL CARNEVALE DEL MEDIO EVO IN ROMA.

Proseguimento e fine.

Ma primieramente voglio avvertire che nel 1474 all'autiche feste del carnevale se ne aggiunsero delle altre. Venne cioè stabilito che a spese del pubblico erario si aggiungessero sei altri pallii, ed a questi nel primo lunedi di carnevale corressero gli ebrei, nel martedì i fanciulli, nel mercoldì i giovani, nel venerdì i vecchi settuagenari, e nell'ultimo lunedì le bufale.

E dopo tale notizia sentiamo la relazione che del carnevale 1485 ci lasciò il notaio di Nantiporto,, Alli dieci di febbraio, egli ,, scrive, fu fatta la festa di Naoni molto solenne, et andò da Cam

(1) Eckhel Doctr. Num. Vol. II, pag. 136.

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