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pidoglio sino a palazzo, in pace. Alli dodici fu fatta la festa in Testaccio in pace, e non furono dati due pallii, cioè il secondo, e il terzo per le male mosse; e Sebastiano mio fratello vi perdè il mantello il meglio che avesse. Alli quattordici andò il bando, che i pallii si dovevano correre il martedì seguente da Campo di Fiore sino a santo Pietro. Alli quindici furono corsi i pallii; uno n'ebbe il protonotaio nipote del vicecancelliere, cioè il secondo; l'altro ebbe Cristofano del Bufalo.

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L'istesso autore ci conservò anche la memoria del carnevale del 1487, scrivendo Alli 18 di febbraio furono incominciati a correre i pallii da i giudei, e da vecchi, et io diedi la mossa ai vecchi. Alli 19 corsero i giovani, et i garzoni, e non fu buona ,, mossa. Alli 20 corsero i giovani, et i garzoni. Alli 21 corsero gli ,,asini, alli 22 fu fatta la festa de' Naoni molto bella. Alli 23 corsero le bufale. Alli 24 la festa in Campidoglio. Alli 25 fu fatta la festa di Testaccio, in pace. Alli 26 fu cominciata la giostra. „Alli 27 fini la giostra, et ebbe il premio uno del signore Prospe,,ro Colonna, detto Ricciardotto (1).

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Intanto gli ordini civili lunga pezza sconvolti incominciaronsi a ristabilire in Roma nel secolo decimoquinto, e vieppiù si perfezionarono nel decimosesto. Questa metropoli crebbe in ricchezze col crescere dello Stato, e lo spettacolo carnevalesco analogo allo spirito nazionale, ed alla ricchezza del popolo, divenne meno clamoroso, e più dignitoso. Le circonvicine città furono assolte dal mandare uomini per tale occasione a Roma. I giudei nel 1661 furono dispensati dal prestar l'opera ; il censo loro imposto fu diminuito a scudi 300 e sola rimase a sfoggiare la magnificenza della nobiltà romana.

Ed in prova di ciò ecco un trausunto della relazione del carnevale del millecinquecentoquarantacinque tratta da un manoscritto della biblioteca Altieri.,, Alli 21 di febbraio si celebrò la festa di ,, Navona secondo il modo antico. Tutti quelli che havevano da ,, entrare in così solenne pompa, si ridussero nella piazza di Cam,, pidoglio, donde si partiro su le venti ore, et vennero verso la ,, piazza d'Agoni, et con l'ordine infrascritto. Erano primi nell'or,,dinanza molti trombetti a cavallo vestiti di rosso, appresso quali venivano li ministri della giustizia con l'insegna loro. Seguita

(1) R. I. S. tom. III part. 2. pag. 1094.

ANN. I.

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,, vano gli artieri della città in tutto settemila, che durò il passare circa quattrore con trombe tamburri, et juffali. Erano partiti in tante compagnie quante sono le arti, et divisi in tante parti ,, quanti erano li carri trionfali, fra li quali tramezzati andavano dette compagnie sotto le loro bandiere armate bravamente d'arme bellissime.

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Trastevere col suo carro rappresentante il circo Massimo. Ri,, pa, la statua della fortuna. S. Angelo, la città di Costantinopoli. Campitelli, gli Orti Esperidi. Pigna, la statua di Cibele turrita. ,, S. Eustachio, un Concilio. Regoia, un Cervo che inseguiva ser,, penti. Parioni, uno smisurato Grifone posto alla custodia di un nascondiglio d'oro. Ponte, due guerrieri a cavallo affrontati insieme. Campo Marzo, due eserciti, uno de' quali composto d'ita,, liani, tedeschi e spagnuoli, e l'altro di turchi. Colonna, lo Stretto di Gibilterra. Trevi, uu cavaliere armato che abbatteva un barbero. Monti finalmente rappresentava la favola di Prometeo le,, gato al monte Caucaso. Veniva insieme altro carro rappresentante un gran Mongibello adorno di bellissimi trofei, e sotto di esso era preparato un magnifico fuoco artificiale. Erano tutti questi ,, carri, o per dir meglio machine, tirate da bufale.

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Seguivano di poi i Contestabili dei tredici rioni, che in tutto ,, erano trecento, tutti vestiti all'antica, come all'antica vestivano eziandio ottantadue giovanetti rappresentanti altrettanti giuocatori. Venivano quindi i Caporioni ed i Cancellieri del popolo ,, romano, che erano Curzio Frangipane, e Belardino Caffarelli, ,, che conducevano in mezzo l'illustrissimo sig. Giuliano Cesarini confaloniere di Roma, che portava il gran Confalone romano, et era ricchissimamente vestito, e tutto carico di gioie, che fu stimato ne avesse per più trentamila scudi. Chiudevano la pompa i Conservatori col Senatore circondati dagli altri uffiziali del se

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nato.

,, Questa cavalcata partita dal Campidoglio venne per la strada ,, nuova sulla piazza della Pigna, ed alli Cesarini, e poi alle case ,, della Valle; e giunti che furono alli Massimi voltarono per piazza Farnese, e poi in Banchi, e di lì all'Apollinare, et introrno in piazza Nagona. Circondatala più volte in battaglione, incendiarono il Mongibello con gran meraviglia degli astanti; et essendo già le ventiquattrore ciascheduno ritornò a casa sua. Et è opinione di molti, che si sono spesi in detta festa più di centomila

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,, scudi, senza il vestire che fecero gli artigiani honoratamente, che fu una spesa grandissima.

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Ed in quanto allo spettacolo di Testaccio leggesi nel medesimo manoscritto,, Domenica passata si doveva fare la festa di Testac,, cio, ma per la perversità del tempo fu differita al giorno sequen„, te. Il lunedì adunque andò tutto l'ordine della festa in Testac,, cio nel medesimo modo che aveva fatto giovedì in Agoni, eccetto i carri . . . Il colle medesimo di Testaccio, l'Aventi,, no, le mura della città, tutto era pieno di genti, e circondato da fanteria e cavalleria. S'incominciò la gran caccia, nella quale furono morti tredici tori, et furono rovinate giù da Testaccio sei earrozze, e sopra ciascuna di esse eravi un porco vivo con ,, un pallio rosso, per guadagno delli quali si fecero non manco ,, prove che in ammazzare i tori. Fra le molte livree una ve ne fu » sorprendente che fecero sei cavalieri che furono il Farnese, il Santa Fiora, il Duca di Camerino, il Duca di Marsi, il Conte di Santo Fiore, ed il Principe di Macedonia. Si corsero tre ,, pallii, et il corso incominciava dove le mura della città si congiungono col Tevere, passava per mezzo la prateria di Te,, staccio, e terminava sul monte Aventino Nel di di

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carnevale corsero il pallio gli Asini e le Bufale secondo l'usanza: e bagordi e tumulti a furia. La notte si recitò una comedia ,, in casa di Caffarelli 390

Correvano allora tempi per Roma doviziosissimi, ed ecco centomila scudi spesi per lo spettacolo di un giorno, e settemila artieri vestiti in divisa. Ed ecco quanto io da principio diceva, che i pubblici spettacoli sono sempre analoghi tanto allo spirito nazionale, che alle ricchezze del popolo.

ANTONIO COPPI.

Le bande di fra Monreale e del conte di Lando; e breve di Innocenzo VI in proposito.

Giovanna figlia di Carlo duca di Calabria, e nepote di Roberto re di Napoli fu da quest'ultimo dichiarata erede del reame e sposata ad Andreas figlio di Carlo Umberto re di Ungheria, a condizione che, toccando egli l'età di ventidue anni,

sarebbe coronato re. Morto Roberto, e dichiarata Giovanna regina, governo il regno per varî anni indipendente dal marito e con fama incerta : e mentre s'appressava il ventiduesimo anno, quest'ultimo fini violentemente e per tradimento la vita. Lodovico fratello di lui cui era toccato in eredità il paterno reame d'Ungheria arse di sdegno, e corse armato a vendicare il sangue fraterno. Combattuto solamente da Luigi di Taranto novello marito della regina Giovanna, presto lo ebbe vinto e costretto a cercare un asilo, prima in Toscana e poi in Provenza. Però straniero e digiuno dell'arte di governare gli stati, egli non fu il benvenuto nel reame di Napoli, ed i nuovi sudditi lo rispettarono senza amarlo. Costretto a partirsi pel suo regno, i popoli si ribellavano, Giovanna e Luigi ritornavano ed erano accolti a festa, la S. Sede riconosceva la regina Giovanna, e di più donava a Luigi il titolo di re di Gerusalemme : non era però giunta per anco l'ora del riposo. Lodovico in partendo aveva lasciato vicario del regno Corrado Lupo sperimentato e prode guerriero il quale con la sua armata, composta di Ungheri e di Tedeschi, si era afforzato nei più sicuri castelli, e dava bene a pensare al re Luigi. Pure costui secondato dal favore dei popoli aveva ridotto a brutto partito i suoi nemici, e mal per loro se Lodovico stesso non tornava formidabile a raddrizzare le cose sue. Guerreggiandosi con varia fortuna dalle due parti, s'interpose alla fine Clemente VI e fece concluder la pace fra i due re, e metter fine ad ogni discordia : il re Luigi e la regina Giovanna erano coronati in Napoli dai legati pontificii.

Fra i capitani del re d'Ungheria era Fra Monreale cavaliere di S. Giovanni che acquistò tanta celebrità nella storia. Tentato dal re Luigi mentre ardeva la guerra, non fu palesemente traditore, ma lasciò sempre incerti di sua fede i due re. È fama che Giovanni della Motta nepote di lui con suo secreto consentimento soldasse una banda con la

quale cominciò ad infestare il regno: però egli non volle mostrarsi e non s'oppose al re Luigi che la combattè in persona e la distrusse. Ma conclusa la pace era venuto il tempo di dichiararsi: Monreale solo era rimaso capitano delle genti del re di Ungheria nel reame, e si teneva col nervo di esse in Aversa, non guerreggiando e non arrendendo la città. Gli fu intimato di cederla e non ubbidì. Il re Luigi condusse allora al suo soldo Malatesta signore di Rimino e lo fece vicario del regno. Fu assediato in Aversa il renuente dal Malatesta; e vinto, ricoverò in Roma, desideroso solamente di vendicarsi. Fece varie imprese qual capitano di ventura: ma alla fine vedendo che il prefetto da Vico con cui era stato all'assedio di Todi nol potea sostenere a soldo, volle fare qualcosa per conto proprio, e si propose di accogliere da tutte parti genti avventicce, e con esse predare ogni paese che venisse più a concio; ed ebbe in men che non si dice 1500 barbute e più di 2000 masnadieri. La prima impresa tentata da lui fu contro Malatesta che lo aveva vinto in Aversa. Assediava costui con gran massa di genti la città di Fermo ed era sul punto di averla per forza d'armi, quando Monreale avendo anche movimento da Gentile da Mogliano che di quella città teneva la signoria, corse in aiuto degli assediati, e dissipò l'armata di Malatesta. Per la fama di questa impresa, vinta contro uno de' primi capitani d'Italia, la banda di Monreale crebbe meravigliosamente, e soldati da ogni parte o compiute le loro ferme, o lasciati gli antichi soldi, concorrendo ad aumentarla, la fecero mutare in un esercito; composto non di sole genti perdute, ma di baroni, capitani di ventura, contestabili ad altri guerrieri di grado. Fu di qui appellata la gran Compagna, e si resse con ordini certi e appropriati che le assicurarono una durata. « Dava (Monreale) a catuno, dice Mat>> teo Villani, certa parte a bottino, e tutte le ruberie e prede >> che erano venali facea vendere, e sicurava i comperatori, » e facevagli scorgere lealmente per dare corso alla sua mer

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