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» pingue olocausto: sposerò all'arpa il cantico delle benedizioni, e scio»glierò il voto del bandeggiato rimenato alla patria ».

Benchè lo stile profetico, parabolico, e figurato di cui si rivestono i salmi, come che sentano della orientale poesia, possa non essere da alcuno creduto idoneo alla italiana preghiera e meditazione, pur nondimeno sono tante le bellezze che rifulgono per entro la salmodia del reale profeta che pare non disdica il vederne ingemmata la nostra favella, che è tale nella sua dovizia da vestire le forme delle altre sue ancor più antiche sorelle, ed in ciò ci sembra che il Tosti abbia raggiunto lo scopo. GIUSEPPE MELCHIORRI.

BELLE ARTI

Io chiamerò.

lo chiamerò, e tutti chiameranno con esso meco, pseudo-officine, o falsi studi di pittore e scultore, tutte quelle officine, o studi di pittore e scultore, che nell'aspetto lor primo, ossia nella fisonomia loro, somigliano, dove ad un torrazzo, dove ad un teatrin di marionette, dove ad un magazzino, e per lo più a un fienile a una stalla. Io chiamerò, e tutti chiameranno con esso meco, pseudo-officine, o falsi studi di pittore e scultore, tutte quelle officine, o studi di pittore e scultore, che mostrano loro ambienti impiccioliti e ombrati, dove da arcuazioni in pilieri e pilastri, dove da spartimenti a salti e contro-salti. Io chiamerò, e tutti chiameranno con esso meco, pseudo-officine, o falsi studi di pittore e scultore, tutte quelle officine, o studi di pittore e scultore, che son volti a guardatura, dove di ponente, dove di levante, dove di meriggio, e, che è più peggio assai, dove al riflesso o riverbero di muraglie propinque, e non di verso tramontana perfetta. Io chiamerò, e tutti chiameranno con esso meco, pseudo-officine, o falsi studi di pittore e scultore, tutte quelle officine, o studi di pittore e scultore, che sono illuminati, dove da una mezza luna, dove da un arcaccio gotico, e non da una finestra quadrilunga in piè, o da un tondo a proporzione del luogo. Io chiamerò, e tutti chiameranno con esso meco, pseudo-officine, o falsi studi di pittore e scultore, tutte quelle officine, o studi di pittore e scultore, dove, posta, verbigrazia, la statua o la dipinta figura fatta di naturale, a un terzo del vada questo punto, dico, alla parete di sotto il vano illuminatore, non s'interponghino almanco tre altezze della statua, o della dipinta figura fatta di naturale. Io chiamerò, e tutti chiameranno con esso

meco, pseudo-officine, o falsi studi di pittore e scultore, tutte quelle officine, o studi di pittore e scultore, dove la luce non investa verticalmente l'opere: le quali ritratte al vivo, e posate sopra uno zoccolo o sgabello, ognun sa, che a goderle con effetto, dovrà la linea, che dall'occhio corre su di esse, ribattere proprio nel bel mezzo loro, cioè essere orizzontale. lo chiamerò, e tutti chiameranno con esso meco, pseudo-officine, o falsi studi di pittore e scultore, tutte quelle officine, o studi di pittore e scultore, dove sur un de' lati della principale lor sala, non sia un gabinetto o stanzino per modellare o dipigner ritratti, o far lavori sotto il vero, con apertura di finestra più picciola e più vicina. Nettampoco allo studio del pittore e dello scultore vogliono mai venir meno, o invano desiderarsi, i luoghi da guardar creta, tavole, ferramenti, scale, ponti, cavalletti, ed altri ordigni occorrenti all'officio, così dell'uno, come dell'altro. E soprattutto poi la officina del pittore e dello scultore, non dovrà mai fabbricarsi in sito basso e umido, nè a ridosso di terra pieno, nè con cemento, che presto salnitri e marcisca. Imperocchè l'artista che ama l'arte sua, ed ha per unico fine la gloria e non il mercanteggiare, abita da mane a sera il suo studio: quivi riceve gli amici, e i mecenati che a lui si recano ad osservare l'opere sue, ed ogni ragion vuole, che e' vi stia ben guardato, e sano. FRANCESCO GASPARONI.

PROGRESSI SCIENTIFICI

Perfezionamenti del Dagherrotipo.

La famosa macchina di Daguerre si va ogni dì più moltiplicando, e tra le mani degli scienziati, degli artisti e de' dilettanti forma l'oggetto di mille dotte lucubrazioni, di mille svariate osservazioni ed esperimenti. E mentre ognuno si affatica di aggiungere, e spesso si lusinga di aver aggiunto qualche cosa a questo novello trovato, il problema essenziale ed importantissimo, quello di riprodurre con certezza e sempre con eguale risultamento il fenomeno portentoso, resta ancora a risolversi. Proteo novello, sfugge alle regole tutte, e si ride delle teorie e della pratica più sperimentata. Quindi avviene sovente di ammirare la bellezza, la precisione e la forza di un'effigie dagherriana, di cui in vano forse domanderebbesi la simile al più abile artista fotografo. Chi non rammenta di aver veduto bellissimi ritratti eseguiti tra noi nello scorso anno dal Fischer? Ma pure quanti rimasero malcontenti di lui e della sua opera! Ciò induce taluni a credere che niun passo si faccia nell'avanzamento dell'arte fo

tografica, e che il metodo del Daguerre sia per se stesso insuscettivo di perfezionamento. Ma no. Ove vogliasi tutto ben esaminare, e seguir con occhio attento le operazioni di coloro che si occupano di quest'arte novella sarà facile scorgere un lento sì ma positivo progredire di essa. Di questa verità noi avemmo occasione di convincerci maggiormente allorchè giorni sono, in casa del nostro amicissimo sig. Bonaventura Bandieri, c'imbattemmo con due artisti fotografi testè venuti in Napoli dopo di aver percorsa gran parte di Európa. Essi ci mostrarono disegni fotografici ben superiori per perfezione a quelli di Fischer, e ne eseguirono alla nostra presenza con una nettezza e precisione veramente ammirabile. Ambedue alemanni di origine, i signori Ernesto Schönefeldt ed Enrico Gensbauer, occupandosi ex professo del dagherrotipo, han fatto tesoro di tutto ciò che si è finora trovato proficuo alla buona e sicura riuscita de' disegni fotografici, e vi hanno apportato essi stessi molte utili ed ingegnose innovazioni. Oltracciò intelligenti e forniti a sufficienza di cognizioni chimiche ed artistiche, questi due bravi tedeschi insiem collegati hanno gli elementi tutti necessari per fare il meglio che si può nello stato in cui trovasi fino al presente l'arte fotografica. Di fatti spesso le opere loro superano in perfezione quelle di Fischer. Essi hanno pure adottato il metodo di colorire i disegni dagherriani, e lo esieguono molto bene. È una vità questa che piacerà a molti.

no

Avvezzi come siamo a dar conto ai nostri lettori di ogni novità riguardante l'importante scoperta, sulla quale fin dal suo primo promulgarsi richiamammo la loro attenzione, non abbiam voluto tacere di questa, che ci ha offerto il destro di confermarci nella persuasione in cui eravamo: che si vanno cioè a poco a poco vincendo le difficoltà inerenti all'arte fotografica, e che giova sperare di vederla un giorno portata a quella perfezione che finora sembrava non poter essa raggiungere giammai. Dal Lucifero.

SOMMARIO

STORIA - Di Firenze, e d'alcuni studi necessarî a farsi intorno alla vita morale delle Comuni italiane. Conte Aurelio Saffi. LETTERATURA - Permutazioni della poesia. P. Mazio. Frammenti di poeti latini del sccolo d'Augusto. BELLE ARTI – Della ricostruzione della chiesa d'Aracoeli nel secolo XV e XVI. P. Mazio. VARIETA' ED AMENITA' letterarie artistiche e scientifiche. Il salterio del Pellegrino, per D. L. T. G. Melchiorri. Io chiamerò. F. Gasparoni. Perfezionamento del Dagherrotipo.

Roma Marzo 1844.

IL SAGGIATORE GIORNALE ROMANO NUM. 6.

STORIA

LA GUERRA DI FERDINANDO D'ARAGONA E DI RENATO D'ANJOU NARRAZIONE ATTINTA A DOCUMENTI INEditi dell'arCHI

VIO CAETANI.

Parte prima.

Quantunque Renato d'Anjou chiamato erede dalla madre Giovanna avesse lasciato in Napoli fama di valor vero si ma di poca fortuna, e Alfonso re di Aragona e di Sicilia. già da parecchi anni tenesse con mano forte quel regno indebitamente usurpato all' angioino, niente di meno molti del patriziato, del popolo moltissimi, sia che pietà di Renato li commuovesse, sia che il costui governo fosse stato più rimesso e più dolce, il vero è che tuttora duravano nella benevolenza ed affezzione inverso lui. Ma gli argomenti e le significazioni di essa o erano leggiere e timide, o certo erano compresse e soffocate sul nascere dalla accortezza di Alfonsi covava nella cenere il fuoco che alla morte di lui proruppe di presente e suscitò ampio e pericoloso incendiamento. Il 27 giugno 1458 mancò a'vivi il re Alfonso, e ne'regni di Sicilia Valenza Aragona gli succedette il fratello Giovanni re di Navarra, nel regno di Napoli il figliuolo Ferdinando duca di Calabria. E già per parte di Calisto III. che teneva la sedia di Pietro, era cominciata la resistenza morale e politica: mercechè trovate vane le promesse di Alfonso nella guerra che egli il pontefice meditava (1) contro il tur

so: pure

(1) Veramente la coronazionc era intimata per il 28 gennaio come si vede da lettera dell'istesso re Ferdinando al comune di PonteANN. I. 12

co, negò la investitura a Ferdinando, e morto il padre tentò più modi di spodestare il figliuolo. Nè lui giovò molto la morte di Calisto e la elezione di Pio II. che tutelò la sua causa e sotto l' 11 febbraio 1459. il mandò (1) coronare re di Napoli dal card. Latino Orsino: perocchè tre o quattro mesi dapoi scoppiò la congiura e divampò la guerra contro Ferdinando. La quale veramente fu combattuta tra lui e Giovanni figliuolo a Renato d'Anjou e duca di Calabria, nominazione che all' erede legitimo competeva, con vario evento dal 1459 sino al 1464 quando con fama di valoroso ma infortunato principe il detto Giovanni si ridusse in Francia.

De' molti signori che si spartivano Italia, de' capitani venturieri che il valore italico rinnovellavano, de' patrizi napolitani che si godevano ampiezza di dominio e podestà di principato, altri seguitarono le parti di Ferdinando, di Giovanni altri. Erano quegli Pio II. papa, Francesco Sforza duca di Milano il cui terzogenito Maria aveva tolta in moglie Isabella figliuola del re Ferdinando, Alessandro Sforza fratel suo signore di Pesaro (2), Federico conte di Urbino (3): questi erano Sigismondo Malatesta signore di Rimi

corvo nella quale gli prescrive di mandare i sindaci in Barletta per il detto giorno « a prestare o refermare lu juramento et homagio de fidelità costumato in li acti de coronatione ». Ma bisogna dire che questa cerimonia fosse per ignote cagioni rimandata agli 11 febraio: poichè da storici contemporanei è riferita al detto giorno.

(1) Era così fermo e generoso in Calisto III il proposito di frenare le vittorie del turco che in una lettera allo stesso Alfonso dichiarava di essere pronto a patire la servitù se questa potesse cessare tanta strage e disdoro della fede cattolica: utinam ut tanta strages opprobriumque fidei orthodoxae cessaret, captivitas personae nostrae sufficeret quam sponte offerimus, novit Deus.

(2) Ebbe la investitura da Nicolò V e fu devoto alla chiesa. Per amore di Alessandro V mutò il suo nome di Giorgio in Alessandro: combattè nella Marca contro il Fortebracci, e ricuperò Assisi alla chiesa. Simonetta Sfortiad. 1. III.

(3) Figliuolo naturale di Guidantonio, legitimato da Martino V.

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