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veri: e così in alcune parti del regno (1) la biada si vendeva IV. carlini il tumulo, il pane un aragonese il rotulo, il fieno IV. tornesi il rotulo, e lo strame VI. carlini il sacco, c purc in prezzo così grave, fatta ragione de' tempi, non si trovavano le cibarie che a stento. Solo le schiere di Iacopo Picinino avevano regolatamente i soldi loro, ed erano convenientemente pasciute per il continuo bottinare che nelle terre e ne'castelli faceva, il più spesso con evento favorevolissimo, il tremendo venturiere. Ma lo stesso duca di Calabria potè veracemente affermare a Michele da Mantova cancelliere e ministro di Onorato Caetani che niuno aveva « più amare vivande e acqua di lui » e Michele sopraggiunge che lo stesso duca combatteva del pari con la fortuna e con la povertà. E il principe di Rossano ridomandava al Caetani una somma di danaro che in proprio nome aveagli data in prestanza « per la estrema necessità e lo affanno che questi soldati ci danno » (2). Ancora teneva il Caetani (3) fra Sermoneta e Aquino XL. fanti e C. cavalli, e prima per diminuzione, dipoi per mancanza de' soldi convenuti dove lunga pezza alimentare le milizie a proprie spese, e venutigli meno ancora i suoi proventi impegnare il vasellame, le suppellettili, le terre sue per averne denaro. Egli è vero che il bottino delle città che mano mano occupavano le schiere di Renato o dagli aragonesi riconquistavano, avrebbe potuto e rinfrancare le forze loro, e rifornire il regio crario, e così Bernardo della Marra (4) e il duca d'An

(1) Lett. di Michele da Mantova ad O. Caetani · Salerno 18

marzo 1461.

(2) Lett. del principe di Rossano ad O. Caetani - Suessa 13 maggio 1464.

(3) Lettere di O. Caetani a Giovanni Cossa e Palamede Forbino - Aquino 28 giugn. 1461 - e di Iacopo Piccinino e di Giorgio de' conti di Biandrate ad O. Caetani - Salerno 18 marzo 1461.

(4) Casa della Marra fu per lungo tempo signora di varie terre nella Puglia. Summ. stor. della città e regno di Nap. p. 1 1. v pag. 237.

dria presero in terra di Bari 1500 pecore, e il conte di Sanseverino saccheggio Cosenza ne' Bruzi: ma i dispendi della guerra erano tanto gravi, e i nuovi soldi soprarrivavano agli antichi, ai decorrenti i già decorsi per modo che poco o nulla si restava da farne serbo e capitale, anzi il botti-no non eguagliava alcuna volta i dispendt. Ho avanti gli occhi una carta che risguarda il bottino raccolto in Alfidena: ammontava a ducati ML. ma poichè le spese di salvocondotti, di premi, di ricompera per i cavalli perduti, di presura per i prigioni fatti erano in ducati CCCXV e le paghe in DCCXXX, restavano appena ducati V. E parmi dalla esamina comparativa di queste carte autentiche nelle quali trovo in ogni pagina e quasi in ogni verso o lamento di miserie o domanda di ajuti, poter venire a questa conchiusione che casa d' Anjou propriamente per mancanza di denaro perdesse la signoria delle contrade napoletane che con tanta fortuna aveva cominciato a riconquistare.

Niente di meno il principe di Taranto allestiva (1) a nuovo tre mila fanti e due mila cavalli, e il duca di Calabria con gente assai, col conte di Campobasso, con i Caldora penetrava in Terra di Lavoro. Ma nel valore di Iacopo Piccinino fidavano specialmente gli angioini, e pareva che senza lui nè si potesse invadere in aperto campo il nemico, nè assalire in luogo munito: lui cupidamente aspettavano in Gesualdo, in Luceria lui, e il principe di Rossano scriveva al Caetani, che (4) « se il conte Iacumo multo affrecta per se poter presto conducere surdamente dove speramo, se farrano gran facti de la guerra, et forsi se ponerà ad fine ». E

(1) Lett. di Michele ad O. Caetani poco sopra allegata. (2) Lett. di Broccardo Persico ad O. Caetani - Gesualdo 15 gennaio 1461.

(3) Lett. di Federico conte di Valmont ad O. Caetani - Lucera 24 giugno 1464.

(4) Lett. del principe di Rossano poco sopra allegata.

veramente la fortuna e il valore del Piccinino mostrarono per lungo tempo come né vana era nè soperchia la fiducia messa in quello spertissimo capitano: ma finalmente quali sono le permutazioni delle cose umane, cominciò la fortuna a disgiungersi dal valore: poichè il 18 agosto 1462 sotto le mura di Troja toccò si grave sconfitta che venne disdoro al suo nome, alla fazione angioina abbattimento.

Di Aquino, Pedemonte, Sangermano, castel Sangiorgio e altri luoghi della badia casinese varie furono le sorti (1), presi due o tre fiate quando dagli angioini quando dagli aragonesi. Da' primordi della guerra tenne queste terre il Caetani, ed ho avanti gli occhi un salvocondotto (2) da lui accordato a tre famigli del predetto monasterio che dovevano far viaggio nelle castella convicine. Ancora per opera di Michele da Mantova cancelliere, com'è detto, e ministro del Caetani fu munita di nuove fortificazioni la terra di Sangiorgio. Pure il 1462 (3) essendo tregua fra le fazioni, Filippo de' Mili capitano a' servigi di Ferdinando ajutò con una schiera di C. fanti gli aquinati che ribellarono al duca di Calabria, de' nemici uccise molti, molti fece prigioni e danneggiò in tre mila ducati il Caetani: poi occupò Pedemonte, ed eccitò il comune di Sangiorgio (4) a seguitare gli esempi de' confinanti. Ne della badia casinese leggo in queste carte altra memoria.

Intanto Carlo VII re di Francia apertamentente favoreggiava (5) la causa del re Renato nel cui nipote marchese

(1) Lett. del duca di Calabria ad O. Caetani – Teano 24 genn. 1460. (2) Porta in data Aquino 30 febr. 1461.

(3) Lett. di O. Caetani a Filippo De Milis - Roccasecca 17 gennaio 1462. e di Tomaso dottor di leggi ad O. Caetani - Pontecorvo S e 28 genn. 1462.

(4) Lett. di Filippo De Milis al comune di Sangiorgio - Pedemonte 6 genn. 1462.

(5) Lett. di Antonio degli Acerbi al conte di Montorio - Ortona 24 febr. 1462.- lett. del re Renato ad O. Caetani - Aix 2 dic. 4461

di Ponte figliuolo al duca di Calabria aveva sposata l'unica figliuola sua «< intende che 'l facto nostro sia suo el suo no>>stro e ne declara essere inimico de tucti li inimici no» stri (1) ». Cominciò dal mandare il De Donas (2) in Monferrato con CCC lance a fine di guerreggiare il duca di Milano ove non si stogliesse dalla federazione aragonese: ancora spedi a Pio II il cardinale legato, il vescovo d'Anjou, i signori di Chiaramonte e di Costanza perchè desser'opera di conciliare sua beatitudine alle armi di Francia: ultimamente fece tenere al duca di Calabria 100000 scudi che sopraggiunti ad altri 100000 ducati che Renato aveva raccolto in Provenza, poterono per qualche tempo fornire i soldi e mitigare le strettezze delle schiere angioine. La quale somma, parte fu pagata da Pietro Pazzi banchiere fiorentino (3), parte di certo banchiere veneziano, parte consegnata al signore di Valmont che accompagnato da tale Albertino ambascia tore di Jacopo Piccinino salpava dalle coste di Francia con XIII galee ed una nave carica di frumento. Con questi aiuti di denaro di navilio di viveri pareva che casa d'Anjou dovesse tener saldo contro gli aragonesi: niente di meno costoro prevalevano in tanto che Giannantonio Orsino principe di Taranto che primo o fra' primi avea ventilato le fiamme della rivolta, fece atto di sommessione a Ferdinando. Poco prima ancora Orso Orsino prode capitano a cui era fidata la difesa di Nola, per la mediazione di Bartolomeo Roverella cardinale era tornato alle parti aragonesi (4). E il duca di Mi

(1) Lett. del re Renato poco sopra allegata.
(2) Era soprannomato il bastardo d'Orleans.

(3) I Fiorentini erano nel secolo XV e nel XIV banchieri e trafficanti riputatissimi: aveano LI case di commercio in levante, XXIV in Francia, XXXVII nel regno di Napoli, IX in Roma (Dei nella cronaca). Firenze, afferma il Pagnini, derivò le sue ricchezze dal commercio non dalle miniere (Tratt. sul pregio delle cose).

(4) Summ. Stor. della città ec. p. 1 1. v pag. 251.

lano (1) sperò che anch'esso Onorato Caetani avrebbe seguitato gli esempi degli Orsini: il perchè lo invitò di ridursi alla divozione della casa d'Aragona: ma vana fu la invitazione comechè da splendide promesse accompagnata. Un altro eccitamento di rinunciare alla causa di Renato ebbe il Caetani dall'istesso re Ferdinando: ma qui da più alto principio bisogna che muova la narrazione. Sino dal 1459 vale a dire ne' primordi della guerra era stato fatto prigione Nicola figliuolo al Caetani e tradotto nel Castelnuovo di Napoli. Dolente soprammodo il padre per cosiffatto infortunio mandò supplicare papa Pio che volesse presso il re Ferdinando interporre la sua valida mediazione affinchè fosse ridonata al giovinetto la libertà (2). Condiscese papa Pio alle preghiere di Onorato e a tale uopo mandò un commissario per nome Francesco da Siena con due brevi l'uno diretto al re, l'altro a certo parente di Onorato (3) che era a' servigi d'Aragona: ma in vano: poiché eglino pensando o mettendo loro a bene il pensare che quei brevi non fossero fatti di volontà del papa, negarono di liberare Nicola. E Pio mandò la terza volta il il detto commissario: ma questi, campeggiando fra Marino e Velletri Silvestro capitano a' servigi d'Anjou, fu fatto prigione da esso lui e tradotto alla rocca di Palombara. Non è a dire quante lettere scrivesse Onorato a Jacopo Piccinino, a Broccardo di Persico, a Palamede Forbins e agli altri capitani e ministri del duca di Calabria affinché inducessero

(1) Lett. di Francesco Sforza ad O. Caetani - Milano 26 sett. 1462. (2) Lettere di O. Caetani a Jacopo Piccinino, a Broccardo di Persico, a Palamede Forbins, a Michele da Mantova - Aquino 5 apr. 1461 – a Ercole d'Este - Aquino 19 giugno 1461. Da questa ultima lettera si vede che Nicola pativa molto nella sua prigionia e che da X mesi si stava in una camera che nominavano delle bombarde ».

(3) Questo parente di Onorato é innominato: ma doveva essere o quel Nicola Gaetani che seguitò le parti degli aragonesi o Alfonso d'Avalos vicerè del Molise.

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