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Silvestro a rilasciare senz'altro pagamento con tutti suoi cavalli ed averi il detto commissario, e così potesse costui entrare nel campo aragonese e presentare a Ferdinando il breve di papa Pio. In questo mezzo anch'essa Caterina Orsina moglie ad Onorato mandò certo Fazio di Gallerano suo cancelliere in corte al re Ferdinando a domandare la liberazione del figliuol suo e il re cortesemente le fece sapere (1) com' egli era pronto di satisfare alle domande di lei tanto solo che il Caetani si volesse disporre a ricevere meritamente i beneficii e piaceri suoi, e questo, come ho detto poco sopra, fu l'altro eccitamento valevolissimo che ebbe il Caetani, di disertare la fazione angioina.

PAOLO MAZIO

LETTEBA DEL CARD. ENRICO CAETANI

AL RE DI FRANCIA E NAVARRA ENRICO IV. DI BORBON.

Il signor di Peron Orator di Vostra Maestà Cristianissima (2), e del suo consiglio di Stato, se ne torna in Francia ben spedito circa gli ordini avuti da Lei per Roma, e le porta la benedizione apostolica, e l'affetto paterno di nostro Signore, con applauso del nostro sagro collegio. Ringrazio la divina bontà del felico successo, e me ne rallegro con la maestà vostra Cristianissima per la vera sua gloria, e per

(1) Lett. del re Ferdinando a Caterina Orsina signora di Seimoneta dal campo 4 dicembre 1462.

(2) La presente è stata estratta da un registro di lettere scritte dal cardinal Enrico Caetani: sebbene senza data, è sicuramente posteriore al 16 settembre 1595, in cui, col mezzo dei suoi procuratori Iacopo Davidde signore di Peron ed Arnaldo d' Ossat, Enrico IV fu benedetto ed accettato nel grembo della chiesa cattolica da Clemente VIII. Primo però a portarne notizia al re fu Alessandro del Bene spedito da Roma coi cavalli delle poste.

l'acquisto inestimabile che ha fatto di se medesima, restituita alla comunion de' fedeli con stabilimento del real titolo che le dà la prerogativa del sangue: e me ne rallegro insieme con la chiesa cattolica, essendosi riconciliato con lei il suo primogenito, e fatta quella buona unione, che sola poteva essere la salute de' popoli, dei quali fin da quell'ora che fui legato in cotesto regno (1), questa santa Sede è stata perpetuamente con ansia, più per timore della corruttela spirituale, che per le armi civili, sapendo quanto sia peggiore il male che ha forza di uccidere le anime di quello che può causar la rovina delli Stati e la perdita delle persone. Spero che siccome la maestà Vostra Cristianissima in deliberar e disponer di se ha eletta la parte ottima, così in eseguir la deliberazione conserverà il medesimo pio, generoso e costante animo, e piacerà uniformemente al volere e giudicio del Signore Dio che le assiste: talchè essendole stata aperta qua in terra la chiesa militante per mano di sua Beatitudine, aprirà a se stessa in cielo la trionfante col mezzo delle proprie opere, con le quali si mostrerà veramente emula dell'antica fede e pietà de' suoi gloriosi progenitori, aggiungendo alle loro memorie meriti e documenti di virtù simile, e di non minor esempio: e cosi crescerà ogni giorno in noi, e particolarmente in me la riverenza, e l'affezione verso la Maestà vostra Cristianissima, e l'obbligo e buon proposito che si ha di prestarle ossequio, e servirla, giacchè il real suo servizio non ha da esser diverso da quello di Dio e della sua chiesa, ma il medesimo in ogni cosa ed in ogni tempo, siccome Le dirà più diffusamente il Signor di Peron, al quale mi rimetto, supplicando Vostra Maestà Cristianissima a volergli credere in tutte le cose che le dirà, e specialmente in quello che le riferirà da mia parte in testimonio della mia devotissima servitù, mentre io suo servitor affezionatissimo le bacio riveren

(1) Spedito da Sisto V nel 1589.

temente le mani, e le prego dal Signore Dio nuovi e continui doni della sua grazia.

ARCHEOLOGIA

IMPORTANTISSIMA SCOPERTA

Tal è il titolo (most important discovery) che porta un articolo inserito nel numero della Gazzetta letteraria di Londra del 10 febbraio; e se la scoperta ch' egli annunzia è reale, come non è possibile dubitare, l'epiteto d'importantissima è appien meritato.

Si tratta in fatti di niente meno che d'un nuovo esemplare perfetto della famosa Iscrizione di Rosetta, trovato nell' isola di Meroe dal sig. dottore Lepsius capo della spedizione scientifica, mandata da S. M. il re di Prussia ad esplorare la valle del Nilo.

Si valuterà appieno l'importanza di tale scoperta, sol che si ricordi che il masso di granito, chiamato la Lapide di Rosetta, dal nome della città in cui i Francesi il rinvennero nel 1799, ha sopr' uno de' suoi lati tre iscrizioni sovrapposte, le due prime in egiziano, scritte l'una in caratteri geroglifici o sacri, l'altra in caratteri demotici o popolari, e la terza in greco; e che ciascuna di esse non è se non un'espressione diversa del medesimo decreto, emanato a Memfi da' sacerdoti egiziani, in onore di Tolomeo V, detto Epifane.

La scoperta di questo documento di primo ordine produsse, al principiare del presente secolo, un' impressione straordinaria, poich'essa ravvivava all' impensata la speranza, allora quasi al tutto perduta, di ritrovare l'idioma ed i sistemi grafici dell'antico Egitto, per mezzo della comparazione de' tre testi, un de' quali era perfettamente cognito. Essa fu dunque il segnale di ricerche intraprese da' primi dotti dell'Europa, come i Silvestri di Sacy, gli Akerblad, i Tommasi Young ed i Champollion, a non citare se non i più illustri.

Champollion è quello che fece fare maggiori progressi al diciferamento delle due traduzioni egiziane, poich' egli riuscì ad una traduzione quasi compita del testo intermedio, e col raccostamento d'un gran numero d'indizii, ad una intelligenza avanzatissima del testo sacro, siecome attestano e la sua Grammatica egiziana ed il suo Dizionario geroglifico.

Ma gli sforzi di quell' ingegno penetrativo, al par di quelli de' suoi

antecessori, furono, in parte almeno, inceppati dall'infausta circostanza che il testo geroglifico è ridotto al terzo circa dell' estensione che aveva in origine, poichè la parte superiore n'è stata divelta con un pezzo della pietra.

A giudicarne dagl' immensi passi che l'interpretazione de' geroglifici ha fatti, a mal grado di tal grande ostacolo, si può tenere ch'ella sarebbe al presente d'assai avanzata, se si avesse potuto, sin dal principio, fondarsi sopr' una comparazione compita de tre testi. Ora, sul nuovo esemplare rinvenuto dal sig. Lepsius, il testo geroglifico e straordinariamente ben conservato (the hieroglyphic is unusually perfect), secondo l'espressione della Gazzetta letteraria, e si può credere all' esattezza del fatto, poich' esso è registrato in una lettera indirizzata dal dottor Lepsius al sig. Bunsen, ministro di Prussia a Londra, ch'è egli stesso un dotto d'assai riguardo, intento da lungo tempo a grandi studi sulla storia e la cronologia egiziane.

Ell' è certamente questa una delle notizie più importanti che il mondo dotto possa ricevere. Nello stato in cui si trovano ora gli studi egiziani, quel testo geroglifico compito dee rischiararli di viva luce. Con ciò si presenta una pruova decisiva pel sistema di Champollion, che, in quanto egli ha di essenziale e fondamentale, ottenne sin dalle prime e conservò poscia l'assenso dei più periti filologi dell' Europa. Niebuhr l'aveva promulgato per la più bella scoperta storica de' tempi moderni; Silvestro di Sacy ha più volte manifestata l'opinione che un secondo monumento qual è quello dell' Iscrizione di Rosetta non farebbe se non confermarne le basi. Tale fiducia è tuttavia accolta da coloro che si diedero la briga di studiare accuratamente gli scritti di Champollion, ond' essi non avranno probabilmente nessuna apprensione riguardo a questa gloria del nostro secolo e del nostro paese; ma la verificazione sarà nulla di meno aspettata con gran sollecitudine da tutti gli amici della scienza storica.

Del rimanente, la scoperta d'una nuova copia del decreto di Melfi non è cosa che possa punto sorprendere. In una recente opera (*), io ho indicato, per istimolare e tener vivo lo zelo de' viaggiatori, tutti i motivi, i quali traggono a credere che scavi bene diretti dovranno, o presto o tardi, produrre il ritrovamento o d'un nuovo esemplare dell'Iscrizione di Rosetta, o di qualunque altra iscrizione bilingue analoga, lo studio comparato della quale, ho detto, somministrerà il mezzo di squarciare affatto il velo che il nostro illustre Champollion ha si fortunatamente sollevato.

(*) Recueil des inscriptions grecques et latines de l'Egypte, t. I.

pag. 332.

Ma ciò che è veramente straordinario nella scoperta annunziata, è ch'ella sia stata fatta, non già in Egitto, ma a Meroe. Tale particolarità, sulla quale l'autore dell' articolo della Gazzetta letteraria di Londra non fece alcuna osservazione, come s' ella fosse appien naturale, è tuttavia talmente inaspettata che non ha uomo erudito il quale non sia tentato a crederla, storicamente, quasi impossibile. In fatti il decreto de' sacerdoti egiziani, trascritto sulla lapide di Rosetta, non concerne se non l'Egitto in tutte le sue disposizioni; e vi è detto che un esemplare debb' esserne inviato e deposto ne' vari templi del paese. Dunque in Egitto soltanto si dovrebbe trovarne copie, dal mar sino a File, o tutto al più nella porzione della Bassa Nubia che si chiamava il dodecaschoenon, la quale terminava ad Hiera-Sycaminos, limite meridionale del dominio de' Tolomei e de' Romani.

Quanto a Meroe, contrada situata sì lunge verso il mezzodì, ella fece parte d'un regno indipendente, chiamato il regno d' Etiopia, il quale giungeva a settentrione sin verso la seconda cateratta. Esso confinava quindi coll' Egitto. Da ciò, guerre continue, nelle quali gli Etiopi poterono essere spesso sconfitti; ma null' annunzia che i Tolomei abbiano portato mai le armi loro fino a Meroe, e meno ancora che quella penisola sia stata mai parte integrante dell' Egitto. Or tanto appunto dovrebbesi, a quanto sembra, inferire dalla presenza a Meroe d'una copia del decreto emanato dai sacerdoti di Memfi. E lascio molte altre considerazioni, che tutte porrebbero in risalto l'inverisimiglianza del fatto.

Da tale inverisimiglianza, per altro, io non concludo che il fatto vero non sia; solo voglio dire ch' ei par contrario a tutte le induzioni ragionevoli che si possono trarre da' fatti cogniti. Se dunque si conferma che la pietra è stata trovata a Meroe, sarà questa una novella pruova degli immensi vacui che rimangono ancora nella storia d'Egitto, sotto la dominazione greca. Specialmente a proposito di questa sì rilevante parte dell'antichità, dopo anche i più grandi sforzi per procacciar di sapere qualche cosa, non dee costar pena alcuna ad una mente sincera il dire: Quantum est quod nescimus!

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nel Journal des Débats.

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Di alcune cagioni che contribuirono al discredito del romanzo, e che ritardarono il suo progresso in Italia.

>> Ogni letteratura, ogni dottrina può essere pessimamente adoperata, perchè ad accostarsi senza cuore umile e reliANN. I.

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