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IL SAGGIATORE GIORNALE ROMANO NUM. 7.

STORIA

LA GUERRA DI FERDINANDO D'ARAGONA E DI RENATO D'ANJOU NARRAZIONE ATTINTA A DOCUMENTI inediti dell' AR

CHIVIO CAETANI.

Parte seconda.

Cominciò l'anno 1463 e trascorse infausto alla fazione angioina in tanto che Giovanni duca di Calabria fu stretto, come vedrete, di ritrarsi da terraferma, e di cercare nell'isola d'Ischia un ignobile asilo: e parmi che dopo la battaglia di Troja Ferdinando riconquistasse con favore invariabile di fortuna la signoria di molte provincie.

Ne' manoscritti nostri sono parecchi atti di tregua che i capitani di parte angioina fermarono con terre e città diverse che tenevano fede a re Ferdinando; argomento non inutile a conchiudere quanto rade fossero le schiere angioine, e in quante strettezze si trovasse l'erario del duca di Calabria. E così il conte di Montorio vicerè degli Abruzzi fermò tregua con le genti pontificie che nella marca d'Ascoli campeggiavano: anzi, come più facilmente si divulgano le novelle spiacevoli quantunque false che le buone quantunqne vere, nel campo del principe di Rossano correa voce che Aquila e non poca parte degli Abruzzi si fosse ridotta alla divozione di Ferdinando: il perchè conte di Montorio mandò dire (1) al principe di Rossano che sì era stata ferma e perdurava tuttora la tregua, ma che però Aquila e le terre convicine

(1) Lett. del conte di Montorio al principe di Rossano-Aquila 30 maggio 1463. ANN. I.

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tenevano fede a casa d'Anjou. Anch'esso Onorato Caetani fece sospensione d'armi con la città d'Isernia, e più tardi con le terre di Regoniro e di Montenegro: nè qui voglio preterire una curiosa particolarità: i capitoli della tregua con Isernia mostrano le firme di Nicolò d' Arpadio regio capitano e de' magistrati che reggevano il detto comune: ora due di costoro Angelo Mancini e Rosso de' Panduzzi ignari di qualsivoglia scrittura segnarono la croce in argomento e vece di loro sottoscrizione. E se due magistrati, due rappresentanti di un municipio non ignobile qual' era Isernia, non sapevano figurare il proprio nome con la scrittura alfabetica, chi può dire quanta fosse la salvatichezza de' costumi e de' modi negli artieri, ne' terrazzani, nella plebaglia in Terra di Lavoro, quanta ne' Bruzi e nella Puglia ?

Mentre si fermavano queste tregue, la perfidia di Iacopo Piccinino oppresse in tanto casa d'Anjou che nelle contrade napolitane non potè più mai rilevare la testa. E già che cosa potevano sperare gli angioini da tale che sotto le mura di Monza aveva tradito il conte Sforza a cui servigi erano egli e Francesco suo fratello? che assaliva da masnadiere, non guerreggiava da capitano? che faceva capitale degli stipendi non dell'onore? che per le ribalderie di sue genti alle quali ancora in tempo di tregua e di pace accordava sfrenata licenza di bottinare d'infierire di taglieggiare, fu cassato dalla signoria di Venezia (1)? chè cosiffatti erano i capitani venturieri nel secolo XIV. e nel XV. valorosi soprammodo ed avveduti, ma senz' amore di patria, e senza fede, avari dell' oro che cumulavano, della causa che difendevano spregiatori, quando alleati quando mercenari quando nemici di uno stesso principe, di uno stesso comune, vero flagello, pestilenza vera d'Italia.

Dunque il Piccinino intorniato come si trovava e stretto dalle milizie di Alessandro Sforza in vece di aprirsi ar(1) Sanuto Stor. di Venez. T. XXII. Script. rer. ital,

mata mano il passaggio domandò salvocondotto e parlamento, e in condizioni splendidissime venne per la seconda volta a' servigî d'Aragona, pronto, cred' io, di disertarla a nuovo, se così pericolo di vita o promessa di più larga retribuzione il consigliasse. Ciò fu il 10 agosto e il 20 del detto mese scriveva (1) al Caetani che gli mandasse un ministro discreto e leale, dovendogli partecipare notizie di prima importanza che erano il suo accordo con re Ferdinando, e una dichiarata esposizione delle cause diverse che concorrevano alla ruina di casa d'Anjou.

Poco dipoi il principe di Rossano (2) e il conte di Sabbioneta (3) si ridussero nella divozione di re Ferdinando, e così de' molti patrizi napolitani che parteggiavano per casa d'Anjou, il solo Onorato Caetani le tenne fede, nè passò alle parti aragonesi che quando perduta ogni speranza di aiuti e di sequele l'istesso duca di Calabria gliene diede licenza. Il quale udito il tradimento del Piccinino e degli altri capitani e ministri suoi disperò di sua causa quantunque nelle lettere che sovente indiriggeva al Caetani, significasse animo baldo e sicuro di prevalere, e finalmente perduta pure la terra di Sessa che apparteneva al principe di Rossano, altro espediente non ritrovò che ridursi in Ischia e implorare la protezione di Pier Torilla corsaro catalano che occupava quell' isola. Nè quivi si tenne lunga pezza: poichè il marzo del vegnente anno si trovava in Firenze, e si apparecchiava a ritornare in terra di Francia. Alla quale deliberazione molte cagioni il condussero e prima sino dal 22 luglio del 1461. era mancato a' vivi Carlo VII. re di Francia alleato e congiunto di Giovanni, e il figliuolo e successore di

(1) Lett. di Jacopo Piccinino ad O. Caetani – dal campo presso s. Giovanni d'Archiano

(2) Lett. del principe di Rossano ad O. Caetani - dal campo presso Cava 30 agosto 1463.

(3) Lettera di Broccardo di Persico ad O. Caetani - dal campo presso s. Giovanni d'Archiano 8 sett. 1463.

lui Luigi XI. occupato com' era nel tenere suggetti i genovesi che fieramente tumultuavano, aveva dimesso ogni pensiero di aiutare la fazione angioina: « il re di Francia, scriveva il Persico (1), non li ha dato aiuto nisuno ne de uno cavallo ne de uno ducato che se senta » e poco dipoi: «< il re di Francia ha dichiarato totalmente non volersi impazare de questa impresa »: ancora IV. galee venute di Puglia si erano giunte al navilio di Ferdinando: il perchè si avvisava Giovanni (2) non più bastare la sua marineria alla difesa del golfo: ultimamente per la molta età di Renato e la poca attitudine a' publici affari prorompevano nella Provenza alcuni moti di ribellione, e però la presenza del figliuolo si richiedeva: e sarebbe stata insigne stoltizia restare in Italia con la vana speranza di riconquistare senza nè denaro nè milizie nè partigiani un reame interamente perduto, e così trasandare la difesa di un altro reame che facilmente si sarebbe ridotto a stato di quiete e dipendenza.

Intanto Alfonso d'Avalos vicerè del Molise con DC. tra fanti e cavalli muoveva (3) contro le terre della Campania che ancora parteggiavano per gli angioini, e conforme alle istruzioni avute da Ferdinando e dallo Sforza si preparava ad assediare il Caetani che non finiva, ove ne avesse il destro, di molestare con le correrie e con gli agguati i popoli confinanti: ma poichè il vicerè aveva col Caetani congiunzione di parentela, prima di cominciare le offese, cortesemente ne lo avvisò: « me ha parso convenente per quella parentela che havimo insemi de prima ammonire V. S. et fare con quella nostro debito ».

Misera veramente era la condizione di Onorato: le sue terre patrimoniali erano state guaste dalle milizie pontificie e dalle aragonesi: mancavano i proventi annuali quando per

(1) Lett. del Persico ad O. Caetani - Napoli 16 apr. 1464.
(2) Lett. di ser Giovanni ad O. Caetani – 28 nov. 1463.
(3) Lettera d'Alfonso Davalos ad O. Caetani – 30 nov. 1463.

chè il più e il meglio de' coltivatori veniva stolto dalle bisogna villereccie e tratto alle guerresche, quando perchè non bastava il denaro alle seminagioni, e più spesso perchè i ne mici invadevano i grani già raccolti, già cumulati nelle carrette, o veramente la messe incendiavano: ancora non riceveva da casa d'Anjou le convenute paghe, e la lunga prigionia del figliuolo Nicolò inacerbiva il suo cuore. Aggiungete che alquanti officiali della fazione angioina, specialmente Jacopo conte di Montagano, il tediavano con lettere e con messaggi descrivendo le strettezze loro, e « con le lagrime alli occhi » (1) addimandavano a che determinazione dovessero venire in tanta ruina di cose.

In questo mezzo per opera di certo Antonello Scaglione che era stato mandato a Firenze ove ancora si trovava Giovanni d'Anjou, fu significata al Caetani ed a' pochi altri di parte angioina la volontà di lui la quale era che i suoi fedeli « vogliano sforsare defenderse da le forse del nemico e quan » do non potesse ( così ) più substenerse per non perdere to>> talmente el stato et la persona se contenta pigli accordo » con chi meglio parerà » (2) Avuta questa licenza vedendo il Caetani che sarebbe stata forsennataggine il combattere solo, a favore di tale che aveva egli stesso abbandonato il campo, contro un re che vantaggiava ogni giorno di milizie maritime e terrestri, di denaro, di alleanze, fece sua sommessione a Ferdinando, in che mese dalle nostre carte non si raccoglie, ma certo nell' anno 1464: poichè il febbraio del vegnente anno già re Ferdinando il titolava «< amico, dilettissimo» (3) e mandavagli certo Rossetto Feramosca di Capua a fine di notificargli alcune cose. Ancora aveva ricupe

(4) Lett. di Jacopo Montagano ad O. Caetani - Montagano X maggio 1464.

(2) Lett. di Pietropaolo ad O. Caetani - Sermoneta 6 mag. 1464. (3) Lett. del re Ferdinando ad O. Caetani – dal Castelnovo di Na · poli 8 icbr. 1465.

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