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furono grandi pianti. Domattina giureranno fedeltà nella galleria. Ancora la regina d'Ungheria dimise questo governo.

I novembre a Brusella.

Si esaminò la risposta data da quei del Brabante, e parve sconvenevole. Si risolvette che la regina parli ai medesimi, e massime ai cavalieri ».

Finisce col 4 di novembre 1555 il diario di Emman. Filiberto. Dal quale, noterò solamente, apparire fra le altre cose il mal animo di esso principe contra D. Fernando Gonzaga, e n'avea ben egli legittima causa, poichè la casa di Savoia e il Piemonte non aveano più gran nemico di D. Fernando, il quale avea voluto persuadere Carlo V a disertar il Piemonte in modo che i Francesi non avessero più mai desiderio di ritornarvi: essendogli fallito quel selvaggio disegno, egli non mancava di premere il più che si poteva i sudditi del duca fino a trarne l'ultima sostanza, e s'attraversava per tutte le vie a' suoi desiderii.

Del rimanente è facile vedere dai pochi brani che ho recati del Diario di Emmanuele Filiberto quali preziose notizie vi potrebbero attingere lo storico, l'economista, l'uomo di stato. Il m. s. originale si conserva negli archivii di corte di Torino.

LUIGI CIBRARIO.

I compilatori nel ringraziare pubblicamente il chiarissimo cav. Cibrario della cortesia con la quale ha prontamente ceduto al loro invito di onorare col suo nome questo giornale, aggiungendovi di più molte parole d'incoraggiamento, s'augurano che il suo esempio sia seguito dai molti dotti di cui abbonda a dovizia l'Italia.

DISFIDA TRA PIETRO MELLINO E GIULIO PORCARO
RICAVATA DA CARTE AUTENTICHE ED INEDITE.

Presso il notaio Calvaresi (1) in piazza di Spagna esistono alcune carte non mai pubblicate che riguardano la disfida (1) Protocollo 1532 e 1335.

di Pietro Mellino del rione Parione e di Giulio Porcaro del rione Pigna, carte di non leggiera importanza quanto al conoscere i regolamenti del duellare che in questa Roma e nel secolo XVI fra' cavalie ri si praticavano.

Erano il Mellino e il Porcaro due cavalieri de' primi che fossero in Roma, per altezza di spirito, per chiarezza di sangue, per bontà di amicizie, come si parrà dagli autentici documenti che tratto tratto reciterò: e così trovo fra maestri delle strade e fabbriche di Roma registrato un Nicola Porcaro con Marcello Capodi ferro il 1425 (1), e un Pietro Mellino con Giuseppe Conti il 1686, e fra camerlenghi di ripa un Nardo Porcaro il 1432. Ancora esiste ne' miei scrigni uno strumento del 1587 in cui Antonio Stampa vende a Mario Mellino che fu castellano a tempo di Urbano VII suo zio, alquante medaglie, una figura di Venere, una testa di ninfa, e parecchie incisioni di Alberto Duro e di Marc'Antonio Raimondi, obbietti di valore non estimabile.

Correva l'ottobre del 1534 ed erano i cardinali accolti in conclave a fine di eleggere il successore a Clemente VII uscito di questa vita il 24 settembre, quando Giulio Porcio o Porcaro (che nell'un modo e nell'altro si nominava) riputandosi offeso da Pietro Mellino domandò campo libero e franco al duca di Amalfi, a Camillo ed Ascanio Colonna per disfidare lo avversario in quello che a lui fosse piaciuto, e ricattarsi armata mano delle ingiurie. Il nostro manoscritto non riferisce la lettera del duca di Amalfi nè di Ascanio, ma sì quella di Camillo Colonna che basta a conoscere in che forma i baroni concedessero somiglianti facultà. Ecco il tenore del documento:

«Essendo noi stato pregato da M. Giulio Porcio Ro<< mano che li volessimo conceder campo franco nelle terre « nostre, non possendoli mancare, in virtù della presente li

(1) Un altro de' Porcari, Stefano, autore e capo di una terribile cospirazione fu impeso al muro di Castel s. Angelo il 1453.

a concedemo campo libero, franco e sicuro a tutto transito « in la terra nostra di Zagarolo per il giorno quaranta dopo « la presentata de questa, dove se possa condurre tanto esso « quanto Messer Pietro Mellino Romano con vinti a cavallo « e trenta a piedi per ciascheduno de essi e li deffinire tutte « le loro querele nel dicto termine. In testimonio de questa « nostra voluntà havemo fatta far la presente sottoscritta de « nostra propria mano sigillata de mio proprio sigillo. «Datum in Roma li X de Octobre 1534.

Camillo Colonna.

Di questi baroni dirò alcuna cosa. Ascanio Colonna il 1523 ospitò con incredibile magnificenza Clemente VII. nel suo palazzo presso la basilica dei SS. XII Apostoli. Ma nel pontificato di Paolo III, a cui questa disfida si riferisce, molto e senza tregua soffri: peroché Pierluigi Farnese con 10 m. soldati invase Paliano e le altre terre di lui. Dopo la morte di Paolo ricuperò armata mano i suoi feudi e divenne a tanta potenza, e tanta paura suscitò nel popolo e nel sacro collegio, che bisogno aumentare la milizia e fidare la custodia di Roma ad Ottavio Farnese, e del conclave a Niccolò Orsino. Ma Giulio III successore di Paolo cui il cardinale Pompeo Colonna aveva salvo nel palazzo della cancelleria, con atto autentico rese ad Ascanio la signoria; il perchè questi presentó il pontefice della gran tazza circolare di porfido che oggi si ammira nella rotonda del museo Pio-Clementino.

Camillo Colonna fu de' primi nella milizia: nella guerra fra Paolo IV. e Filippo II. che fini col trattato di Cave, seguitò le parti del re spagnuolo: il perchè fu tradotto prigione e dichiarato reo di lesa maestà.

Del duca d'Amalfi, molto e lungamente dubitai chi fosse costui. Poi avendo letto che Antonio Piccolomini nipote a Pio II. ebbe i feudi di Amalfi e di Cicona per dote di sua moglie nipote a Ferdinando re di Napoli, mi corse per l'animo che costui fosse il duca d'Amalfi nominato nelle nostre

carte: ma le epoche non rispondevano: pognamo che Antonio si ammogliasse l'ultimo anno del pontificato di Pio II. suo zio, ciò è dire il 1462 e che fosse giovane in 20 anni; il nostro documento si riferisce al 1534: il perchè avrebbe avuto anni 92; ciò non ha sembianza di vero, e però conchiudo che il duca d'Amalfi nominato nelle nostre carte è un figliuolo di Antonio Piccolomini.

Camillo Colonna dié, com'è detto, campo libero e franco nella terra di Zagarolo, Ascanio forse nel suo castello di Paliano o di Cave, e il duca d'Amalfi in qualche feudo che egli si avea nel territorio di Siena: al che pensare m'induce il vedere che la sua patente era accompagnata da un atto della repubblica di Siena.

Il 13 di novembre il Porcaro per mezzo di Marcello dei Pisciasanti suo procuratore mandò al Mellino il cartello della disfida scritto di sua mano e firmato da Antonio d'Aragona (1), Giulio Colonna (2), Giuliano Cesarino (3), e tre patenti in virtù delle quali Ascanio e Camillo Colonna e il duca d'Amalfi accordavano in uno de' feudi respettivi campo libero e franco.

Il Mellino sotto il 16 dell'istesso mese rispose al cartello del Porcaro, e per mezzo de' suoi procuratori Marcello Pa+ lono (4), e Marco d'Urbino fece tenere a Girolamo Frangi

(4) Un Giambattista de Aragona fu conservatore Camerae Almae Urbis una con Marcantonio Spanocchia e Antonio Camaiano il 1589, come da istromento con cui assegnano a mastro Pietro Guccio fiorentino la costruzione di una fontana nella piazza degli Altieri, secondo il modello di Giacomo della Porta architetto del P. R.

(2) Figlio di Ursina Orsini e di Francesco principe di Palestrina: si trovò il 1530 all'assedio di Firenze, nè più oltre, dice il Litta, si sa di lui. Dalle nostre carte sappiamo che egli il 1534 viveva ancora e dimorava in Roma.

(3) Fu de' Cesarini il primo signore di Genzano che il 1564 comprò da' Massimi per 100,200 scudi.

(4) Un Marco Palono o de Palonibus firmò come deputato del rione Monti l'atto di sommessione che la nobiltà romana fece a Giulio II il 1544.

pani (1) procuratore dell'avversario la sua risposta, firmata da Virginio Orsino conte d'Anguillara, Sigismondo de Luna, e Lorenzo Cibo.

La somma della risposta è che giudicandosi da egregi cavalieri ciò convenire all'onor suo, accetta il cartello e invita l'avversario a rispondere nel termine di quattro giorni, dopo di che si dichiara immune da ogni obligazione. Riferird alla distesa la lettera del Mellino.

« M. Giulio Porcaro. Convenendosi ad ogni uomo d'o"nore mantenere quello insino alla morte, et dalla altra « parte essendo cosa da imprudente e temerario, ove quello « sia salvo, non se ne contentare, vi dico che, non mi tro« vando in diminutione dello honor mio non intendo conten« der con voi più oltre se prima non è giudicato per uomini « excellenti se per le cose intervenute per lo passato tra voi «e me insino ad hora ho satisfacto a quanto per honore mi a si conviene, o no. In che essendo giudicato che io abbia « satisfacto non procederò con voi più avanti bastandomi « questo, e judicandosi il contrario hora per allora ho acce«ptato il cartello senza pregiudizio delle altre mie ragioni; quanto alla patente subito che sarà giudicato ne eleggerò « una delle vostre se le saranno conveniente, come nella mia acceptatione risposi, altrimente vi provederò di campi << franchi e sicuri e degni di cavaliero. Per levare tutte le « longhezze e terminare ogni querela che fussi tra noi, e vo« lendo voi responder a questo cosa alcuna aspecterò quattro " giorni qui in Roma dalla presentata di questo, non inten«dendo esser obligato a cosa alcuna passato dicto termine. Datum in Roma alli 16 di novembre 1534.

"

lo Pietro Mellino confermo quanto di sopra si contiene.

(1) I Frangipane famiglia nobilissima furono per molto tempo padroni del Colosseo, e presso l'arco di Tito ebbero le torri e case loro, ove sovente si ritrassero i papi.

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