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rata la signoria di Sermoneta, e i diritti feudali, poichè essendo stato ucciso in quella terra certo Isaac ebreo che viaggiava a Roma, pregavalo il re (1) di amministrare debitamente la giustizia intimando la presura dell' assassino e la restituzione delle robe involate.

Così ebbe fine questa guerra combattuta da popoli e da potenti che confermò casa d'Aragona nella signoria delle contrade napolitane: e poco dipoi ebbero fine altresì molti di coloro che a detta guerra avevano partecipato col valore o col consiglio. Già Pio II., sul cominciare la espedizione contro il turco decretata nel congresso di Mantova, il 18 giugno del 1464. era mancato a' vivi in Ancona ove Nicolò vescovo di Teano (2) lo aveva preceduto con la galeazza pontificia (3): ancora il principe di Rossano una co' suoi figliuoli fu tradotto nelle prigioni di Napoli ove non senza sospetto di veleno datogli bere da' ministri di Ferdinando si mori: e finalmente il fierissimo Piccinino pagò la pena delle molte perfidie imprigionato anch'esso in Castelnovo e miseramente strangolato.

PAOLO MAZIO.

DELLA VITA E DELLE NAVIGAZIONI DI GIOVANNI VERRAZZANO

Avvertenza preliminare.

Una nota (4) nella dotta ed elegante istoria degli stati uniti del signor Bancroft è stata cagione che si scrivesse il seguente discorso (5). La biblioteca Strozzi di cui quivi si parla non esiste più, ma i manoscritti della medesima sono passati nelle mani del governo toscano, e divisi fra la Magliabechiana, e la

(1) Lett. del re Ferdinando ad O. Caetani - 8 ott. 1471.

(2) Questo Nicolò nè principî della guerra che abbiamo descritta, fu mandato da Pio a Ferdinando « ut occultiora quaedam cum rege transigeret». Pio II. comm. a Gob. comp. 1. 1. p. 65.

(3) Lett. di Pietropaolo poco sopra allegata.

(4) Vol. I. parte I. pag. 20.

(5) Questo discorso fu graziosamente dato al Saggiatore dall'autore suo signor Giorgio W. Greene e dall' originale inglese volgarizzato per opera del signor Francesco Cerroti a cui però si appartiene la lode della egregia versione.

:

Laurenziana di Firenze i documenti storici furono allogati nella prima, e fra questi era la narrazione cosmografica del Verrazzano, ricordata dal Tiraboschi, forse sul testimonio del Pelli, la quale il Bancroft mostra desiderio di veder copiata per la società storica di New York. Ella si contiene in un volume di miscellance (1), ed è la fine della lettera a Francesco che è copiata per intero nello stesso volume; è scritta in carattere corsivo del sedicesimo secolo di sufficiente chiarezza, ma non ben punteggiata. Non v'ha dubbio che tutto il volume, il quale è composto di diverse opere pertinenti alla storia di que' tempi, sia lavoro di una sola mano.

Collazionando questo Mss con quella parte di lettera che fu pubblicata dal Ramusio, fummo colpiti dalla differenza dello stile, che trovasi in ciascun paragrafo dei due testi. In sostanza non v'ha alcuna importante diversità, eccetto che in un caso, dove per errore certo del copista si legge bianchissima per bronzina. V'è alcun che di così particolare nello stile, di questa lettera quale si legge nel manoscritto della Magliabechiana, che è impossibile di render ragione delle variazioni fatte dal Ramusio, se non supponendo che quest'editore siasi rifatto di nuovo su tutto il racconto, correggendone a sua posta gli errori di lingua, i quali invero son molti, essendo quivi una strana mistura di latinismi e di barbarism i con pure voci e frasi toscane, comechè l'intera narrazione sia generalmente semplice e non dissagradevole. L'oscurità poi di molti luoghi è da riputare in gran parte alla cattiva punteggiatura.

La descrizione cosmografica occupa le tre ultime faccie della lettera, fu questa certamente trapassata ad arte dal Ramusio, sebbene sia difficile saperne il perchè. Alcune lezioni sono guaste evidentemente, nè per la nostra ignoranza della scienza nautica, fu in nostro potere d'emendarle. Vi sono a'tresì alcuni piccoli errori che debbonsi al copiatore.

Una lettera che segue a quella del Verrazzano, da, perciò che ne sembra a noi, una spiegazione dell'origine di questo manoscritto. La medesima è d'un giovane fiorentino, Fernando Carli, ed è scritta da Lione al suo padre in Firenze, ricorda l'arrivo del Verrazzano in Dieppe, e contiene alcuni fatti intorno a lui, che gittano una nuova sebbene ancor debole luce su d'alcune parti della sua vita finora al tutto ignote. Per la scoperta di questa lettera abbiam potuto formare una bozza alcunchè più compiuta di qualunque altra finora sia stata data.

La storia di ambedue i manoscritti è probabilmente questa. Il Carli scrisse a suo padre reputaado, com'egli stesso dice, che la novella del ritorno del Verrazzano frutterebbe grande letizia a molti de' loro amici in Firenze; alla sua lettera aggiunge nel tempo medesimo, e questo ancora sappiamo dalle sue parole, una copia di quella del Verrazzano al re, e questa sua let

(1) Segnato clas. XIII. cod. 89. Verraz.

tera e la copia da lui fatta dell'altra erano coll'intendimento che fosser mostrate ai loro amici fiorentini. Com'è solito in tali casi se ne fecero delle copie, ed a noi par manifesto che da una di queste derivasse la copia del manoscritto Magliabechiano, il quale, a ciò che ne pare per la veduta, fu ordinato per alcuno se non da alcuno voglioso di raccogliere varî documenti : il che ribadisce viemmeglio l'opinione nostra.

Le biblioteche di Firenze non contengono altro del Verrazzano. Abbiamo esaminato la Magliabechiana, la Laurenziana, la Palatina, e quella della accademia delle belle arti.

Nè abbiam potuto scoprire cosa alcuna intorno a lui fra le opere stampate della Riccardiana. La disposizione poi delle miscellanee manoscritte della medesima, di cui non v'è indice, ha fatto in guisa che non ci siamo potuti assicurare interamente di ciò che contengono, specialmente non avendole potute per alcune cagioni ricercare tanto attentamente quanto era mestieri. Le biblioteche private nelle quali abbiam penetrato sono del pari sprovviste affatto di notizie su quest'uomo infelice, e Ramusio dirittamente disse affermando, che tutto, fuorchè la lettera a Francesco era perduto.

Siccome la famiglia del Verrazzano è da poco estinta, così avvisammo che il miglior mezzo per aver piena e sicura certezza dell'esistenza di altri documenti, fosse di esaminarne la biblioteca. Al che fare ci fu d'aiuto la cortesia di colui che avea avuto il carico di ordinarla prima che fosse venduta, e che pel suo amore alla bibliografia avea già posto con ogni cura la mente e l'occhio ad ogni parte della medesima. Non vi fu trovato riguardo a Giovanni che un manoscritto legato in una copia del Ramusio appartenente alla famiglia, ed alcuni fogli staccati. Questi ultimi niente aggiungono a ciò che già si sapeva. Il primo fu già comperato dal capitan Napier comandante della reale marina, ed è ora in Inghilterra. Noi crediamo non essere altro che una copia della surriferita descrizione cosmografica, o forse di tutta la lettera fatta nel manoscritto Magliabechiano. Che se questo foglio avrà la buona ventura di cader sotto gli occhi del capitan Napier ci confidiamo ch'egli spinto dal suo grande amore per la storia italiana, si condurrà a presentare il pubblico della descrizione del suo manoscritto, posto che, contro a ciò che a buon diritto crediano, contenga alcuna notizia fino ad ora non pubblicata.

PRIMA PARTE

Giovanni Verrazzano, i particolari della cui vita, quanti se ne son potuti adunare, saranno materia di questo scritto, nacque di Pier Andrea da Verrazzano e Fiammetta Capelli, cittadina di Firenze. Le congetture sulla vita di lui cominciano dalla sua infanzia; non potendosi divenire ad alcuna ragionevole opinione neppur dell'anno del suo nascimento, se non pel mezzo di probabile raziocinio: ma la Enea della sua stirpe è meglio nota, e tracciata

con qualche certezza fino ad una rimota parte del medio evo: nè sarà fuor di proposito aggiungere che la medesima si continuò fino a noi, essendo cessata nella persona del cav. Andrea da Verrazzano, il quale mori in Firenze nel 1819.

Il Pelli con probabile argomento afferma Giovanni esser nato circa il 1485. Che la sua educazione non fosse trascurata è manifesto dalla vita da lui menata in appresso, nè troppo saremmo arditi dicendo, che rispondesse al grado ed alle pratiche di una famiglia, che contava fra' suoi maggiori alcuni de' più ragguardevoli uomini della repubblica. Checchè di ciò, sia è pur certo che la voglia d'andare alla cerca di nuove cose, alla quale egli deve la rinomanza sua, si paresse nel primo periodo della sua vita. Egli ebbe stanza alcuni anni al Cairo, della quale tuttochè non possa sicuramente affermarsi in qual tempo e per qual cagione ella avvenisse, pare senza dubbio che fosse per amore di traffico, che traeva allor gli italiani a fermar loro dimora, ovunque fosse loro tornato il conto. Se altresì viaggiasse nell'Egitto e nella Soria per gratificare alla voglia o di nuove cose, o di guadagni nuovi, e se il facesse mentre dimorava al Cairo, o prima di condursi colà o dopo esserne partito, sono quistioni, che per non soverchiare i legittimi limiti della probabilità storica, ci conviene passare sotto silenzio. E aperto tuttavia da alcuni cenni e comparazioni nella sua lettera a Francesco I che qualunque sia stata la natura de' suoi viaggi per terra, egli ne ha fatto più d'uno nel mediterraneo, e dal grado onorevole cui era giunto prestando servigio alla Francia, non più tardi del 1523, dobbiamo stimare che i medesimi viaggi fossero stati e ben avventurosi ed importanti: poichè, se altrimenti fosse, come potrebbesi render ragione dell'essere lui stato scelto a diriggere le prime prove fatte dalla Francia per iscuoprir nuove terre in sul mare, in un età che abbondava di arditi ed esperti navigatori ?

Ma tale è stata la sventura del Verrazzano che, qui, ove la luce primamente comincia a spuntare sulle sue azioni, ci troviamo involti in nuova dubbiezza della quale la trascuranza di uno storico recente ha ingombrato un sentiero già bastevolmente intricato ed oscuro.

V'è chi confidentemente afferma il Verrazzano aver fatto agli stipendi della Francia tre viaggi per nuove scoperte. Il primo aver avuto luogo nel 1523, il secondo nell'anno seguente, del terzo parleremo appresso più lungamente. La supposizione del primo viaggio è fondata sulle prime parole della celebre lettera da lui scritta al re di Francia, e n'è autore lo Charlevoix, il quale siccome cita il Ramusio, così non sembra aver tratto conoscenza della cosa da alcun altro testo della lettera del Verrazzano, che dalla copia che noi ancor ne leggiamo nella collezione di cotesto editore. In questa lettera adunque, secondo lo storico francese, il Verrazzano reputando, che Francesco fosse già stato informato de' successi e de' particolari del suo viaggio, solamente narra, com'egli muovesse dal porto di Dieppe con quattro vascelli i quali dando la volta gli era riuscito di condur salvi nel porto medesimo, là onde, con

tinua lo Charlevoix, egli si diparti novellamente nel mese di gennaio 1525 per correre a predare i liti di Spagna.

Ma se noi rivolgiamo gli occhi alla lettera del Verrazzano scorgeremo che il fatto è d'altra forma che qui non si narra. Egli scrive che dopo la fortuna avuta nelle parti settentrionali non avea scritto al re dei vascelli mandati ad iscoprir nuove terre, conciossiachè avvisasse lui aver già conoscenza del modo col quale egli era stato spinto dalla violenza de' venti a ricovrarsi nella Brettagna con sole le due navi la Delfina e la Normanda, che, dopo aver fatto i necessari ripari, di colà era andato in corso a predare per i liti della Spagna, e da ultimo, che, per una nuova disposizione, di cui altresì stima essere il re stato informato, avea fatta deliberazione di seguire il primo viaggio con la sola Delfina.

Dalle quali parole ognuno potrà conoscere, che il Verrazzano anzi che dire del suo ritorno in Dieppe, chiaramente racconta ch'egli fu cacciato da' venti ju un porto della Brettagna. Però l'asserzione dello Charlevoix che il Verrazzano avesse ben avventurosamente rimenato in Dieppe la flotta sua, manifestamente contradice al passo da lui citato. Così la prova del primo viaggio del Verrazzano si trae dalla prima linea del paragrafo di cui s'è parlato, e dalle parole seguire la prima navigazione che sono alla fine del medesimo al quale tuttochè abbiamo posto ben mente, non c'è riuscito di scoprirvi alcuna frase che possa giustificare l'opinione dello Charlevoix. Il Tiraboschi con la solita acutezza mette in noi il sospetto che il viaggio, cui lo storico francese afferma compiuto, possa essere stato solamente intrapreso, ed appresso interrotto dalla tempesta di cui si fa parola nel paragrafo che abbiam citato. Questo sospetto a cui il Tiraboschi fu tratto dalla sagacità sua e dal suo buon senno, è confermato dalla lettera del Carli, il quale dice che quando il Verrazzano dette la volta per la tempesta, fu abbandonato da uno de' suoi compagni fiorentini. In tal guisa il senso di tutto il pa agrafo è naturale e facile, e noi potremo ragionevolmente conchiudere, che i viaggio poi compiuto dal Verrazzano era, poichè il disegno fu guasto dalla tempesta, la continuazione d'una impresa alla quale egli volea mettersi prima della sua partenza dalle vicinanze dell'isola di Madera.

Or siamo finalmente su di un terreno ben fermo. Il Verrazzano ha narrato i suoi fatti, e con quella schietta e semplice maniera, a cui devesi di necessità aggiustar fede. Egli partì da uno scoglio disabitato propinquo all'isola di Madera il 17 gennaio 1524 nella Delfina bene armeggiata, provveduta di vettovaglia per otto mesi, e di tutti quegli oggetti che l'esperienza avea mostrati pregevoli nel commercio con gli abitatori di Ponente. La Delfina è descritta come una caravella nella portata: ma quella era una età in cui il successo delle ardite intraprese sembra fosse calcolato dalla natura degli uomini che le guidavano più che dalla bontà e grandezza de' mezzi impiegati per condurli a fine.

Movendo adunque di colà col favore di leggiero ma costante vento arditamente drizzò suo cammino verso Ponente, pigliando alquanto del Settentrione, e ne' primi 25 giorni avea già corse ottocento leghe quando il 24 di febbraio fu as

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