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tori sui troni. Tutti sanno avere esso avuto origine l'anno 1118 con nove cavalieri, che si votarono a Dio innanzi al patriarca di Gerusalemme, promettendo di vivere a modo di religiosi, e proponendosi di difendere contro la fierezza degli infedeli i pellegrini che si trasferivano a venerare i luoghi santificati dalla presenza di Cristo. Ugo de Paganis, primo di quella società, presentatosi con cinque suoi confratelli nel 1128 al concilio di Troya dimandò l'approvazione dell'ordine, ed uno statuto, che accordatogli, fu composto da S. Bernardo, presente a quel concilio. Approvato così l'ordine crebbe in modo maraviglioso, a tale che Guglielmo arcivescovo di Tiro lasciò scritto, ai suoi tempi nel convento del tempio di Gerusalemme dimorare più di trecento cavalieri, oltre i servi, il novero dei quali non si sarebbe saputo facilmente ridire. Col numero degli individui cresceva altresì la rinomanza della società la quale incontrò la simpatia di tutta Europa, ammirata delle prove straordinarie di guerra, onde que' cavalieri si distinguevano nella Palestina. Così non avessero degenerato dai loro principii !

La milizia del tempio faceva voto di povertà, ma i principi e i grandi incominciarono a largheggiare di tanti beni verso quell'ordine, che i già poveri fratelli diventarono possessori di ricchezze sterminate, sparse in tutti i paesi della cristianità. Questa larghezza dei popoli fu il germe del male. All'antica semplicità ed umiltà, espressa perfino nello stemma dell' ordine (1), successe un orgoglio senza misura: essi affrancaronsi dall' obbedienza dovuta al patriarca di Gerusalemme dal quale avevano ricevuto i primi beni e il primo codice, usurparono le doti alle chiese, e non si ricordarono più che lo scopo della loro istituzione era di edificare il mondo con le virtù e di tener libere ai pellegrini le strade della Palestina. Dalla terra santa vennero a spargersi

(1) Un cavallo montato da due cavalieri.

in tutta Europa, a prender possesso delle fortezze, delle città, delle terre che la pietà dei cristiani aveva convertito in lor prò; a far da principi e da baroni. Vollero comandare ai popoli, ed esercitare sui loro vicini la ragione del forte. Le case dei Templari crebbero in tutti i regni d'Europa, collegate in un'alleanza formidabile; poichè la loro rinomanza militare che risuonava sul mondo guidava ad essi il fiore della cavalleria da ogni parte del cattolicismo. La storia si fa narratrice anche di cose più enormi. Se è vero che frequentemente eccitassero i Saracini a far correrie per mostrarsi necessarî ai principi cristiani, e cavare da essi ingenti somme di danaro; se è vero il detestabile tradimento che commisero contro Federico II. imperadore in Terra San ta; se è vero che dove tornasse il loro vantaggio, trattavano con egual crudeltà cristiani e saracini, bisogna dire che l'ordine fosse insanabilmente vituperato e corrotto.

Con tanti titoli alla pubblica riprovazione pare incredibile che i caduti templari trovassero difesa in molti scrittori: pure è così. Non fu uno solo che si assumesse la briga di voler giustificare in faccia ai posteri la condotta di essi, accusando di parzialità Clemente V. e il concilio di Vienna che inappellabilmente li sentenziò. Di questa tal quale predilezione furono forse cagione e la eccessiva severità di Filippo il Bello che contro quell'ordine agì con accanimento per non dir crudeltà; e la gloria che essi acquistarono in mille battaglie; e la costanza di tanti, che specialmente in Francia fino all' ultimo istante proclamarono altamente anche in faccia al carnefice la propria innocenza.

I documenti però che ci pervennero e troppi avvenimenti incontrastabili non fanno l'apologia dei templari; nè gli scrittori che sanno studiare la storia con critica e senza passione discordano in ciò. Gualtiero Scott è sicuramente fra i più grandi che abbiano meditato ed inteso perfettamente i tempi sui quali con la luce della filosofia e delle antiche me

morie trascorrono. Ei nel Riccardo Cuor di Leone e meglio ancor nell' Ivanhoe fece il vero ritratto dei templari narrando magistralmente alla posterità lo scadimento e la curruzzione nella quale ascondevasi la non lontana rovina dell'ordine. « Essi dovrebbero (così quello storico profondissimo col ministero de' suoi personaggi) esser vuoti di ornamenti mondani, senza penne ai cimieri, senza speroni d'oro; pure dov'è un cavaliere messo con tanto splendore, con quanto i soldati del tempio che fecero voto di povertà? È prescritta ad essi l'astínenza, nè debbono mangiar carne che tre volte la settimana, perché tal nutrimento tende alla corruttela del corpo; e pur si vedono le loro mense imbandite delle più squisite vivande. La lor bevanda dovrebbe esser l'acqua, ed è divenuto proverbio bevere come un templario. E piacesse al cielo che la licenza introdottasi nella nostra monastica disciplina non andasse più oltre! Voi sapete che è proibito il ricevere fra le nostre mura fin quelle sante donne che in origine erano associate a noi siccome sorelle del nostro ordine, perchè come sta scritto nel quarantesimosesto capitolo delle regole dei templari, l'antico nemico del genere umano si è servito con buon successo della società feminile per distorre dal sentiero dal Paradiso anche i più ardenti nel batterlo. Che più? l'ultimo articolo che è in tal qual modo la pietra del perfezionamento proibisce persino di dare un amplesso di puro affetto alle nostre madri, alle nostre sorelle; ut omnium mulierum fugiantur oscula. Ho rossore nel dirlo, ho rossore a pensarvi! La corruttela ha invaso a guisa di torrente il nostro ordine.... Ov'è il templario che abbia rispettato la vita d'un uomo o l'onor d'una donna ? I soldati della croce che dovrebbero fuggire lo sguardo d' una donna come l' occhio del basilisco vivono apertamente fra le sozzure non solamente con femine di lor credenza, ma con quelle altresì dei maledetti pagani.... Nè le potenze del cielo nè quelle della terra possono tollerare gli sregolamenti de' nostri fra

telli. Il terreno su cui posa l'edificio del nostro ordine è già minato da tutte le parti, e quanto più aggiungiamo alla grandezza sua temporale, tanto maggior peso gli aumentiamo che ne affretterà la rovina; fa perciò mestieri tornare addietro, mostrarci fedeli campioni della croce... bisogna riprendere que' puri ed austeri costumi che furono l'edificazione di tutta la cristianità: altrimenti l'ordine del tempio sarà bentosto distrutto, nè rammentato verranne il nome, se non come le rovine degl' imperi che un giorno fiori

rono ».

E fu così. Filippo il Bello fece arrestare in un giorno solo tutti i templari del suo reame: e in Inghilterra, in Ispagna, in Italia, in tutta Europa infine furono pur vivamente perseguitati, finchè nel 1312 il concilio di Vienna e la bolla di Clemente V. che incomincia Sacro approbante concilio li disfece totalmente, nè si rialzaron più mai. Il mondo non si commosse alla sventura che li colpi; e l'immoralità ed i delitti dei quali infamaronsi fecero che non lasciassero desiderio; anzi adombrassero le glorie antiche che furon quasi dimenticate nei falli recenti.

Della stanza dei Templari in Roma, poco o nulla generalmente si så. Nell' insigne archivio dell'eccellentissima casa Caetani esiste una bolla di Alessandro IV, con la quale egli dà facoltà a Giordano vicecancelliere e notaro di santa Chiesa di permutare un suo casale e le adiacenze e dipendenze posto nel distretto di Roma e limitato dagli espressi confini, con la terra e le possidenze di s. Felice sul monte Circeo, la cui proprietà spettava ai cavalieri templari del convento di santa Maria sull' Aventino. Questo documento storico si raccomanda per molti capi; e in prima ci rivela molti nomi ignorati; ci da notizia che i Templari possederono il castello di s. Felice e le proprietà annesse a quel feudo, e cosi un tenimento ad sanctam Mariam de Surresca nella diocesi di Terracina, ed una casa nella città stessa di Terracina presso le

mura urbane nel luogo che dicevasi Posterula (1); impariamo inoltre che pel tenimento sopraddetto l'ordine dei templari pagava annualmente trenta soldi di determinata moneta al monastero di Grotta Ferrata; intendiamo chi fosse maestro dell' ordine in Italia, e chi procuratore di esso nella curia romana; appariamo qualche carica della corte pontificia di quel tempo, e che Alessandro IV nel giorno 29 ottobre 1259 era in Anagni, da dove spedi la bolla; e, per non dire di altre cose moltissime, possiamo vedere tutte le formalità legali del tempo; poichè papa Alessandro, approvando con la sua bolla il contratto, vi riferì alla distesa il relativo istrumento (2).

L'angusto limite di questo giornale m'impedisce di riferire per intero il documento ben lungo: però osservando che il Pontefice ripete spesso le parole dell' istrumento, o ad esso si riporta, io non leverò nulla alla sostanza se quello solo offrirò ai leggitori del Saggiatore.

IN DEI NOMINE AMEN

ANNO DOMINI 1259. INDICTIONE SECUNDA.

Tempore Domini Alexandri Pape Quarti die sabati tertia Madii Anagne in Hospitio Venerabilis Patris Magistri Jordani Sancte Romane Ecclesie Vice Cancellarii et Notarii presentibus Venerabilibus viris Magistris Berardo et Gregorio de Neapoli, Angelo de Urbe, domini Pape Capellanis, Stephano de Civitate antina litterarum domini Pape Correctore, Jacobo de Mevania ejusdem domini Pape scriptore nec non Religiosis, fratribus Lamberto Procuratore in Curia Romana Ordinis Mi

(4) Il Contatore (Hist. Terrac. lib. 3. cap. 3.) narra che gli stessi cavalieri possedevano in Terracina la Chiesa di S. Maria de Leprosi.

(2) Alessandro IV. accordò diversi privilegi ai templari. Nel primo anno del suo pontificato stabili pene contro coloro che pretendessero esiger decime da essi. In appresso obbligò i Vescovi ad accettare i chierici presentati dai templari per le chiese all'ordine soggette: li esonerò da ogni tassa che riguardasse i Nunzii o i Legati della santa Sede: e finalmente concedè loro che i Vescovi potessero agire severamente contro gli usurpatori delle elemosine largite all' ordine.

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