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mento che ricorda il Ciaconio. Nè le ricerche sue furono infruttuose: perchè ritrovò due lettere di Enrico a papa Clemente volgarizzate da Silvio, scritte in mano propria e diverse da quelle due che da me furono messe alla luce del pubblico. L'una porta in data «< Abbeville 14 giugno 1596 » e fu scritta dopo che Enrico ebbe ricevuta la bolla d'incorporazione alla chiesa romana: l'altra non è finita, nè mostra data di luogo o di tempo, e questa dee senz'altro essere la lettera che ricorda il Ciaconio.

Mi piace pubblicarle ambedue come documenti storici di molta importanza e come esemplari di nobile scrittura. Era l'Antoniano in ogni ragione di studi letterari e teologici versatissimo, e di mente cosi svegliata e feconda che giovanetto in x anni traslatava qual' è fama, estemporaneamente in versi la iliade e col suono del liuto accompagnava la declamazione. Fra le varie opere di lui il trattato « della cristiana educazione de' fanciulli » rivela un uomo sapiente, accorto, nella conoscenza delle indoli giovanili sperimentatissimo, ed è pieno di salutiferi ammaestramenti. Farò dunque cosa grata a' cultori della storia e della lingua nostra re citando alla distesa questi volgarizzamenti.

LETTERA PRIMA

PAOLO MAZIO.

Al nostro santissimo padre il papa.

Santissimo padre. Come io riconosco essermi impossibile di ringraziare V. S. per iscritto tanto degnamente quanto mi obbliga il merito della grazia che a lei è piaciuto di compartirmi, in concedermi la sua santa benedizione, e sovrana assoluzione, così io so più malvagio grado ai miei nemici, di questo, che essi mi privano dell'onore, e della contentezza che io darei a me stesso al presente di satisfare a questo obbligo mio in persona, come io supplico umilissimamente V. S. a credere che io farei volentieri, venendomi a gettare ai suoi piedi, per rendere il mio riconoscimento e gratitudine, così memorabile, come sarà, alla posterità ed è stata grande inverso di me la sua larghezza e beni

volenza, (sic) che degli altri mali che essi mi fanno: cosa che io sento tanto più vivamente, per aver io saputo che V. B. mossa da compassione verso me, ed il mio regno non meno che dalla sua perpetua bontà, si è degnata offerire d'incamminarsi in qua per farmi gioire di questa felicità: alla quale poi io non posso prevenire. Io supplico V. S. con tutto l'affetto e umiltà che a me è possibile, di supplire con l'istessa sua bontà ai diffetti delle grazie che io le rendo con la presente, le più compite ed intiere che io posso di quel bene del quale a lei è piaciuto soccorrermi al bisogno che io ne avevo, ed il mio reame insieme, a fine che il tutto a lei si deva promettendomi V. S., se a lei piace, che io mi aiuti, e fortifichi solamente in questo dovere, oltre la suddetta sua bontà, dell'assicuranza che io ardisco darle, che Iddio sarà glorificato in questa buona opera, la sua chiesa ristaurata in Francia, la santa Sedia amata, e rispettata come ella deve essere, e la persona di V. B. magnificata, riverita, tenuta cara ed obbedita unicamente, e costantemente da me, e dai francesi in perpetuo. Per arra di che io presento ora a V. B. il mio fedele servizio, supplicandola a prendermi da ora innanti in sua protezione e aver a grado che io le renda conto delle mie azioni, e sia parimente io onorato dei suoi buoni consigli, e santi comandamenti, ai quali io mi affaticarò di conformarmi, e in questo a lei fare apparire per veri effetti, che ella non mi ha onorato del titolo di christianissimo, acquistato dai re miei predecessori, indegnamente. Perciocchè questa sarà da ora innanti la mia principal mira, come questa è stata sempre

SECONDA LETTERA

Santissimo Padre.

Noi abbiamo ricevuto con rendimento di grazie, e lodi immortali a Dio, e a V. S. per le mani del signor Alessandro del Bene, la bolla Apostolica della nostra restituzione (1) et incorporazione alla Chiesa Cattolica Apostolica e Romana, ed insieme il breve pieno di bontà ammirabile e di pietà, col quale ha piacciuto a V. S. consolarci, come per l'uno o per l'altra V. B. ha voluto non solamente soccorrerci della sua paterna benedizione nell'estremo bisogno che noi ne avevamo, ma ancora testificarci la gioia, ch'ella ha sentita della nostra conversione, per una dichiarazione tanto segnalata della sua benivolenza e singolare affezione verso noi e verso le cose pubbliche del nostro reame, così noi non possiamo ringraziare assai degnamente V. S. del e gra

(1) V. Sagg. fasc. 6. pag. 189.

zie e favori ch'ella ci ha ripartiti in questa occasione veramente sopra il nostro merito, se si riguarda ai nostri errori passati, ma però tali quali un devotissimo ed obedientissimo figliuolo della Chiesa, come noi vogliamo essere perpetuamente li poteva aspettare dalla bontà di V. S. la quale noi riconosciamo per nro vero padre spirituale e vogliamo come tale riverire, obedire, e servire tutta la nostra vita, non potendo ricevere allegrezza più grande, e consolazione, dopo la speranza della salute di nostra anima, onde a V. S. è piaciuto aprirci il cammino, con la sua santa benedizione che di conoscere d'aver noi fatta cosa, che abbia convertito il dolore, e scontentezza di lei, in letizia, e piena satisfazione di noi e delle nostre azioni. E quantunque la diversità degli errori ed opinioni, onde la Francia è ancora troppo afflitta, con nostro gran dispiacere, insieme con l'educazione, che ci fu data dalla nostra più tenera giovanezza, avesse . . . . . la nostra fede, nella dottrina della chiesa, nondimeno noi abbiamo di continuo desiderato, come principe che ha collocata la sua suprema felicità nel timor di Dio, e nell'obedienza de' suoi divini comandamenti, d'aver conoscenza della verità di quella. Ma essendo che le guerre e discussioni del regno erano principalmente fondate sopra la difesa della religione, egli è stato di bisogno che noi abbiamo seguitato la nostra fortuna, e primiera educazione, sino al tempo che Iddio ha voluto manifestare la giustizia delle nostre armi, per la prosperità di quelle contra nostri inimici, altrimenti noi saremmo stati ripresi di far cosa indegna d'un principe, che fa professione d'onore, se noi avessimo fatta questa mutazione per forza procedente dall'arme de' nostri nemici, per timidità, o per una troppo grande cupidigia di regnare, e di avanzare tra gli uomini; e di vantaggio noi avremmo data occasione a V. S. ed a ciascuno di diffidarsi della nostra mutazione: ma essendo stati guidati e condotti dalla sola mano di Dio, per l'operazione del suo santo Spirito, che ha illuminata l'anima nostra dei raggi della purità della fede Christianissima, senza forza, dalla parte de' detti nostri nemici, nè da troppa fiacchezza, nè da alcun desiderio di grandezza noi supplichiamo la S. V. di credere che noi ci siamo.. con un cuor libero, e puro, e netto di ogni finzione ed inganno, fortificato d'un ardentissimo zelo di pietà e pari confidenza d'un infinita misericordia di Dio vivente, la quale non ha giammai mancato a coloro, che l'hanno ricercata ed invocata con sincerità di coscienza, dove egli è il solo giudice e scrutatore infallibile. Pertanto noi protestiamo avanti la sua celeste maestà, come noi facciamo ai piedi di V. S., di voler vivere e morire nella fede e religione Cattolica, Apostolica, e Romana, della quale habbiam fatto profession pubblica; onde supplichiamo V. S. di prendere intiera sicuranza et ricevere da noi questa nova dichiarazione e confirmazione della nostra

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volontà, che noi glie ne facciam per arra certissima degli effetti che ne seguiranno qui appresso con la grazia di Dio; conforme alle promesse che sono state fatte da nostra parte a V. S. per i nostri procuratori et ambasciatori. E se essi sono più tardi che V. S. non desideraria, e che la nostra obbligazione non richiede, noi supplichiamo parimenti V. S. accusarne i nostri nemici li quali non ci han data questa facultà, dopo d'aver ricevuta la sua benedizione, di vacare ad altra cosa che a difendere il nostro reame dalle loro armi, le quali ci costringono di fermarci, e d'arrestarci in questa frontiera, e quasi abbandonar gli altri affari del nostro regno, per meglio resistere alle loro intraprese. Dunque Smo Padre, acciò noi finiamo la presente, come noi l'abbiamo cominciata, siccome noi vogliamo che da ora avanti questo sia il fine delle nostre azioni noi ringraziamo di nuovo V. S. con ogni umiltà delle grazie, e santi precetti, e documenti che a lei è piaciuto darci largamente, tanto per la sua bolla, come per il suo breve, supplicandola a credere che noi ci affaticaremo d'eseguir gli uni per renderci degni dell'altre, ed ella ha acquistato ed obligato alla Chiesa, alla Sede Apostolica, e a sua santità un Principe, che non risparmierà giammai la sua persona, il suo stato nè la sua vita per corrispondere alle buone speranze che V. S. ha conceputo della sua fede, verso Dio, e gli uomini e meritare per obedienza e reverenza filiale, la conti uazione della sua patérna benivolenza della quale noi saremo fintanto che viveremo gelosissimi, supplicando V. S. di ricevere in buona parte la presente dichiarazione che noi glie ne facciamo, in aspettando che noi satisfeciamo più amplamente, per nostri ambasciatori i quali verranno quanto più presto a renderle di nostra parte l'onore ed obbedienza che noi le dobbiamo, all'esempio dei re nostri predecessori, del che noi non saremmo a doverci disobligare nè ad escusarci con V. S. della lor tardanza per il medesimo Alessandro del Bene che noi avevamo deliberato d'inviarle, se non fossero stati gl'impedimenti suddetti, come a lei esporrà più particolarmente il nominato di Rennes, che si trova costì per i nostri affari, al quale abbiamo inviata la presente, e preghiamo V. S. ad aggiustarli fede, come a noi medesimi. Smo Padre noi supplichiamo parimente il Creatore, che mantenga e conservi V. S. lungamente al buon regimento, governo, ed amministrazione di nostra madre S. Chiesa. Scritta in Abbeville li 14 di Giugno 1596.

Vostro
Devoto figliuolo

Il re di Francia e di Navarra
ENRICO

DE NEUFVILLE

DELLA SPEDIZIONE DI TUNISI ESEGUITA DA CARLO V.

E LETTERA INEDITA DI PAOLO GIUSTINIANO IN PROPOSITO.

Una delle più lodabili imprese di Carlo V. imperatore di Germania e re di Spagna, celebrata con egregie canzoni da Antonio Minturno e da Luigi Tansillo (1), fu per certo la spedizione di Tunisi. Ariadeno signore di Algeri ed ammiraglio del navilio ottomano già dal 1524 era divenuto il terrore dell' Africa, delle coste napolitane, e de' cristiani di qualunque lingua o fazione che veleggiavano per il mediterraneo. Perocchè aveva occupato il regno di Tunisi cacciandone il legittimo signore Muleasse, corse parecchie terre del littorale campano, come a dire (2) Fondi, s. Lucidio, Itri bottinando da per tutto e facendo captivi e portando la fiaccola dello sterminio; e già si apprestava ad assediare Orano fortezza degli spagnuoli e mostrava non oscuramente di agognare alla piena signoria della Numidia.

Allora Carlo V. che vagheggiando la gloria militare come unico scopo di sue operazioni non trasandava alcuna occasione o motivo di conseguirla, pensò di fiaccare la superbia di Ariadeno, e così aggrandire i domini e le influenze spagnuole nell' Africa e purgare i mari dalle correrie degli infedeli. Il perchè ne' porti di Fiandra e di Spagna allestiva il 1535. potente navilio a cui Paolo III. univa x sue galee, molte Giovanni III. re di Portogallo, molte la signoria di Genova. Era ammiraglio supremo Andrea Doria principe di Melfi in guerra di mare spertissimo che il 1526. militando

(1) Comincia la canzone del Tansillo « Alma reale.....» e quella del Minturno " Qual semideo anzi qual novo Dio» ed è memorabile nella storia delle italiane lettere perchè fu primo o de' primi il Minturno a recare nella nostra poesia la divisione delle odi greche in strofe, antistrofe, epodo che egli chiamò volta, rivolta, stanza, come si vede in detta canzone.

(2) Giov. lib. XXXIII.

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