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forse non elegantissimi, ma capaci di raccogliere qualunque forestiero.

Tutti codesti legni a vapore rendono più spedito il commercio, invogliano i ritrosi al viaggiare ed assicurano meglio la vita di coloro che dal mare traggono sostentamento e riputazione.

Vogliono i più che dalla invenzione de' battelli a vapore in poi sian minorati i naufragi, nè può negarsi che scarsi sono fino ad ora i casi di battelli a vapore perduti. Vero è che non tutti i battelli possono navigare su tutt'i mari, ed i costruttori sogliono alle diverse acque accomodar battelli diversi. Perocchè i battelli rasi acconci oltremodo a taluni mari, sarebbero pericolosi in altri. Nelle marine del regno napolitano non sono infrequenti i naufragi in luoghi di difficile navigazione, e questi avvengono o per ostinazione e millanteria di piloti stranieri, o per troppo ardire de' nostri, o finalmente per burrasca o per furia di venti indomabili, al qual caso anche il più buon marinaro può soggiacere. Nella mite stagione di rado i casi di naufragio succedonsi, ma quando i tempi imperversano, l'onda di Scilla e qualche punta della Sicilia ingoiano più legni, e talvolta in essi la speranza o la ricchezza di qualche onesta famiglia. Sul cominciar dell' anno e sullo scorcio di esso la mestizia e la pena siede in fronte al vecchio ed al giovane nocchiero, i loro saluti sono più teneri, le loro canzoni più malinconiche. E basterà il racconto de' naufragi avvenuti nello scorso anno a mostrare quanto maggior pericolo soprasti ai legni a vele in preferenza di quelli a vapore.

La sera del 6 gennaio un brigantino che da Castiglione di Toscana dirigevasi a Malta e malamente chiamavasi il Fortunato, venne dalla furia del vento trabalzato sulla spiaggia di s. Antonio nell' isola di Ponza, nè la perizia del capitano Ansaldo giovò a salvarlo, sebbene riuscisse a salvar se e la sua gente.

La notte del 13 infuriando la tempesta nella spiaggia di Mondragone, naufragava un legno genovese detto l'Affricano, nè gli aiuti apprestatigli d'ogni intorno gli giovavano. Quattordici persone, e primo tra quelle il comandante del legno trovaron morte ne' vortici tempestosi.

Il 10 giugno nelle acque della marina di Nicotera naufragava il brigantino Teti, e nel tremendo naufragio perdevansi molte importantissime carte che risguardavano la tesoreria di Messina e Napoli, sebbene la ciurma trovasse salvezza nel proprio ardire.

Otto navigli sommersi miseramente sullo scorso gennaio in una sola notte mandarono un tristo lamento su per le spiagge calabresi, e chi non lo ricorda?

La notte del 12 marzo naufragava un brigantino nella marina di Riposto in Sicilia.

Il 19 maggio affondava nelle acque della Calabria presso Monteleone il brik detto Madonna delle Grazie, e a stento dall' estrema ruina campavano il capitano Ruggieri e la ciurma.

Il 27 luglio nelle acque di Augusta in Sicilia naufragava una speronara maltese, e dopo incredibili sforzi miseramente cinque marinari vi perivano, ma in tali legni altri pure per soverchio ardire perirono.

Il 19 novembre il brigantino inglese (Viavellers) comandato dal capitano Ruberty veleggiando da Cefalù per Bristol carico d'olio e sospinto da gagliardissimo e perverso vento arrenò, ma la gente di mare fuggì la morte gittandosi a nuoto.

E l'ultimo giorno dello scorso anno nella marina detta del Pizzo in Calabria, il brigantino greco che da Patrasso con tempi burrascosi avea sprezzato ogni pericolo, non potendo in veruna guisa resistere alla furia del vento e dell'onde corrucciate, s' andò a frangere tra gli scogli, ed il capitano con otto marinai ne uscirono salvi, quando men lo speravano.

Nè il corrente anno 1844 cominciava con migliori auspici pe' legni a vele, imperocchè la notte del 20 gennaio un altro brigantino greco che da Costantinopoli movea con arditi marinai e con esperto comandante, ruppe ne' temuti scogli della rivale di Cariddi e vi perdeva la vita il capitano Costantino Andriati, e i marinai greci Giorgio Velutti c Stauro Taviati con l'altro marinaro turco N. Brahym. E non più che undici giorni dopo, un brigantino genovese che da Costantinopoli pure movea, facendo vela per Marsiglia ne' medesimi scogli si franse, sebbene con sorte men trista, per la salvezza della ciurma.

Nè questi soli casi di mare ha presentato lo scorso anno, poiché non è dato a questo breve articolo di poterli tutti annoverare. Ma in sì lungo tempo mai non avvenne che andasse perduto e fosse affondato nell' arena niuno de' nostri e degli stranieri battelli a vapore, perocchè i tempi più perversi e venti più fortunali che spirarono, non fecero che prolungare alquanto il viaggio de' nostri piroscafi, e fu assai raro caso quello di dover talvolta poggiare per riprendere il marittimo sentiero con onda più tranquilla e serena. E perciò i battelli a vapore condotti e regolati con avvedutezza dal comandante, dal pilota, dal macchinista, possono affrontar la tempesta e vincere l'infido elemento. A questi legni nulla è più funesto d'uno scontro, poichè se di pari dimensione, è sicura quasi la perdita di entrambi, se diversi per grandezza, sicura quasi la perdita del più piccolo, ove il colpo dell' altro non lo renda inabile a reggersi sull'acque. E ad evitare siffatti scontri, i marinai debbono studiare, poichè questi funesti casi sono i soli che facciano vacillare il passeggiero, nel metter piede sui piroscafi, dico i soli, poichè gl' incendi e le esplosioni possono evitarsi coll' acorgimento e colla vigilanza. Però sia lode agli inventori de' battelli di salvezza, tanto diffusi in Inghilterra, e presso noi sconosciuti. Ma per mostrar con più recenti pruove come i piroscafi tornino gio

vevolissimi non pure all' intero commercio ma eziandio agli altri legni a vele, ricorderò un bell' atto di filantropico valore operato col mezzo del vapore postale il Peloro. Già due anni addietro io narrai come un altro battello a vapore postale che da un capo della Sicilia fu detto Lilibeo, mentre sfidava arditamente i flutti di un mar tempestoso, salvò un legno carico di grano che rotto alberi e sarte stava per affondare. Ora a mostrar più chiaramente i vantaggi di cosiffatti battelli aggiungerò che lo stesso pilota Serafino Barbaro che primo avea scorto il pericolante legno e avea spronato il comandante a salvarlo, quello stesso pilota si fece degno di encomi più generosi, quando nel di 2 febbraio ricondusse illesi e salvi in porto due brigantini uno napolitano, siciliano l'altro, uno detto l' Addolorata, l' aiu l'Anna Maria.

Questi due legni ridotti a stremo ambedue nelle acque nomate De' Corsari presso Palermo, senza potere in nessun modo aggiungere il porto e balestrati in mille guise dal vento empivano di tristezza gli animi de' riguardanti, poichè l'agonia de' naufraghi è la più penosa, per chi sa di non poter domare il capriccioso elemento. Già i comandanti di quei legni appigliandosi a disperato partito, gittavano in mare le lancie per trovar salvezza in quei leggieri schifi, ove il marinaio s' addestra fanciullo e muore vecchio sovente, quando il luogotenente generale del re a riconfortar gli animi delle marinaresche famiglie e di tutti quelli che hanno sensi di umanità, recossi sul molo della città, e chiamato il pilota Serafino Barbaro che sul battello postale il Peloro trovavasi, gli chiese se avesse cuore di correre a salvar quegli infelici. La risposta del giovane pilota fu d'imporre al machinista Turner di accendere il fuoco animatore del battello. In poco d'ora tra gli applausi de' riguardanti il battello postale il Peloro si lasciò addietro il porto gremito di gente con l'ardire d'un antico paladino che baciati i co

lori della ciarpa lavorata dalla sua donna sale in arcione e scagliasi in mezzo al torneo.

Molti, veduto l' ostinato infuriare dell' onda e il movimento irregolare e precipitoso del legno, forte dubitavano che riuscisse a salvare i pericolanti. Ma gli ostacoli fanno più bello il trionfo. Il comandante e l'ardito pilota Barbaro sì ben diressero il battello a vapore che presto fu presso alle due navi lacrimate. Rassicurare i naufraganti con marinaresca voce di conforto, calare d'un colpo in mare le lance, farvi discendere i più baldi marinai, primo il pilota fra tutti, a gran forza di remi raggiungere i legni, tendere rapidamente le funi di salvezza non fu questa lieve fatica. I marosi coprivan le lancie, ma le rispettavano quasi che una mano invisibile, la mano che aiuta al bene, reggesse gli schifi e li volesse vittoriosi. E la filantropica azione fu coronata dal lieto successo, dalla gratitudine de' salvati, dalle benedizioni dei Palermitani, i quali a torme sboccavano da Porta Felice ed al mare accorrevano salutando con grida e ventilar di fazzoletti gli arditi vincitori. E il battello postale il Peloro fumigante ancora rientrando nel porto e recan dosi dietro a rimorchio primo il brigantino Anna Maria, poi quello detto l'Addolorata, mostrava i marinai tornati da morte a vita, i comandanti di legni a vele benedicendo l'invenzione de' battelli a vapore. Eppure per ben due volte le gomene che rimorchiavano i due legni alla furia dell' onde eransi spezzati andando a percuotere aspramente alcuni marinai del Peloro, eppure per ben due fiate erano state con nuovo cimento calate le lancie ed offerte nuove gomene e più gagliarde. Queste fatiche dovute in gran parte all' operoso Serafino Barbaro, gli meriteranno ( se l'ardire e l'esperienza non gli falliranno) un posto di gloria presso quel pilota che da marinaio ignoto ed oscuro seppe con una bella azione divenir noto e chiarissimo nel suo paese. Per ora il re lo ha decorato della medaglia del merito civile.

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