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sue litere dechiara lui essersi scordato de tutte le cose fatte per infino hora, e come si conviene allo Advocato della Chiesa e Principe vero Catholico, volere suspendere larme e con sommo affetto desiderare la universale pace alla republica Christiana in questi tempi nostri molto necessaria come anchora Noi per causa de la publica utilità desideriamo, Noi attendendo al Pontefice Romano Vicario di Cristo in terra spettarsi defendere e conservare le ragioni della Chiesa sposa sua e le città e terre della detta Chiesa Romana, e recuperare le occupate, et ad questo effetto essendo di bisogno confortare e ammonire Duchi, Marchesi e Feudatarii di detto Regno Neapolitano essendo loro subditi di esso Romano Pontefice per ragione et causa del diretto dominio la Sede Apostolica se ha reservato in detto Regno Neapolitano, vogliono a defensione dele città e terre de la detta Chiesa prestare opportuni aiuti, essendo loro di ragione più presto obligati prestare aiuto al Roman Pontifice el quale ha in detto regno il diretto dominio, che a chi ve ha solo lutile Dominio, Maxime sforzandosi gli agenti di Cesare contro ogni debito di iustitia con larme molestare et occupare le città e castelli de detta Chiesa: et già sono venuti ad assediare il castello di Frosolone capo della Legazione di Campagna et maritima, et residentia del Legato dessa per volerlo espugnare, e però sopra queste cose havuto con li Venerabili fratelli nostri de la detta Santa Ro. Chiesa Cardinali matura deliberatione et con loro consiglio exhortiamo in nome de Dio et per le sue viscere de misericordia ricerchiamo e prefati Baroni, Duchi, Marchesi e li altri Feudatarii di detto regno per cagione del diretto Dominio el quale habiamo in ditto regno debbano considerare che se ha più presto a obedire a Dio re che a re homo, voglino per la debita defension nostra et delle città e terre di detta Romana chiesa convenire insieme, e pigliare larme contra Pompeio e li altri Colonnesì e cosi contra quelli che prestano loro aiuto, consiglio e favore anchora che siano de Regale, Viceregale, e qualunche altra mundana et Ecclesiastica dignità ornati, e sforzarsi anchora indurre glialtri con tutte le vie e modi potranno a pigliare similmente le arme contra li predetti, havendo da sapere che oltra il premio di vita eterna preparato a tutti quelli e quali per la defensione de la Santa sede Apestolica e di chi sede in quella non recusano portare ogni periculo, trovaranno sempre noi e detta Sede Apostolica in tutte le loro iuste petitioni, benigni e favorabili. Et accio che li prefati Baroni, Duchi, Marchesi e Principi et altri Feudatarii contra Pompeo e li altri Colonnesi et ancora ditto Vicere, quando in prestare loro aiuto, conseglio e favore, volesse essere obstinato et pertinace, più voluntieri habbino a pigliare le arme e obedire a mandati nostri, e quelli più facilmente possino exequire, di nostra propria voluntà e saputa con la piena Apostolica potesta e in noi, pienamente absolviamo tutti e qualunche di qualunche nome si chiamino tanto seculari quanto Ecclesiastici e quali per cagione del diretto dominio el quale habiamo nel detto regno Neapolitano come e detto, ci sono obligati, da ogni subiettione, homagio, fidelità e iuramento de fidelita et da qualunche obligatione alla quale essi intendevano in qualunche modo esser tenuti et obligati

al detto Vicere, o a colui el quale esso Vicere representa in detto regno nanzi si perpetrassino contra di noi le sopradette cose, o che se pigliassi le arme contra di noi e lo stato nostro e decerniamo et declaramo essere absoluti e per lavenire nullo di loro esser tenuto alla osservatione de alchuna de le sopradette cose ne di ragione essere astretti. o per la uon observatione per poter essere infamati o notati de alcuna macula togliendo la potesta e faculta a ciascheduno di potere altrimenti interpretare, non obstante qualunque contrario. E benche non sia da credere, ma se pure e prefati Baroni et Feudatari del detto regno Neapolitano anchora che siano de Ducale, Principale, Marchionale, Comitale, Regale, Pontificale, altra qualunche Ecclesiastica, o mundana dignita ornati e quali havessino recevuto da prefato Carlo Re eletto in Imperatore novi feudi et dominii et investiture et per cagion di quelle fussino astretti et obligati a prestatione et osservatione di homagio e fidelità, fussino immemori della propria salute et al tutto si scordassino de la fidelita la quale per cagione del diretto Dominio habbiamo in detto regno ci son obligati prestare, et non considerassino le grave iniurie e tradimenti ci sono stati fatti dalli prefati Colonnesi, a quali assisteva Don Vgo de Muncada mandato in Italia dal prefato Carlo Re eletto in Imperatore, con le genti de detto regno contro la fede dataci per detti Colonnesi, in modo che fumo costretti per la necessaria defensione nostra e de le terre e luoghi a noi et alla detta Romana Chiesa mediate et immediate subietti, revocare di Lombardia le genti darme che militano alli stipendii nostri e di detta Chiesa, et quelle collocare infra e limiti et confini de le terre e luoghi nostri e di detta Chiesa con expresso mandato non uscissino di quelli, non ci volessino prestare li aiuti quali sono tenuti a prestarci per cagione del prefato diretto Dominio che abbiamo in ditto Regno contra Colonnesi quali hostilmente contra di noi et le terre di detta Romana Chiesa venire presumeno, e detto Vicere, il quale come ci persuadiamo contra la mente e volunta di ditto Carlo Re in Imperatore eletto, presta aiuto, consiglio e favore a detti Colonnesi come crediamo, contra la mente et voluntà de ditto Carlo Re eletto in Imperadore, o al mancho non se abstenessino di farci iniuria et offender noi e le terre nostra, e presumerano prestar aiuto, consiglio e favore per se o altri a detti Colonnesi, e Vicere, o prestar loro danari o altre cose, e da dette cose non se subtrahessino, ancorche da ditto Vicere in nome del prefato Carolo Re eletto in imperatore sotto pena de privatione de Feudi, e altri mandati recercati fusseno, e moniti, alli quali mandati, essi Baroni e Feudatarii non sonno obligati a obedire in preiudicio nostro loro diretto Signore, e de la detta Sede Apostolica sotto falso pretexto de mandati di detto Vicere contra noi che subsistiamo e permanemo ne la nostra necessaria defensione e della Romana Chiesa o alchuno di loro presumera hostilmente movere le arme, o vero esso Vicere, o altri tal cose machinante sequitare, o a quelli alle preditte cose, aiuto consiglio o favore porgere, o danari prestare, o arme, o altre cose concedere, detti tali Baroni e

Feudatarii e eiascheduno di loro che presumeranno fare le sopradette cose, hora come alhora, e alhora come hora, oltra le censure e pene sopradette, le quale vogliamo incurrino quelli che contrafaranno, se intendino anchora haver commessa aperta ingratitudine e fellonia, et esser caduti da lor Feudi, et essi et lor successori essere privati de Feudi, Dominii, Baronie, Ducati, Marchionati Principati e comitati di qualunche natura et conditione fussino, auchor che fusse nobile et antiquo o recente o moderno, e con titolo oneroso aquistato, et per la authorita e tenore detti, decernemo et dichiaramo li prefati essere et perpetuamente fatti inhabili a predetti et simili altri feudi, non obstante qualunche clausula fusse in le loro investiture. Vogliamo anchora che tutti et ciascheduno sopradetti incorrino le dette pene per vigore delle presente lettere sanza che siano affisse nè pubblicate altrimenti havendole noi fatte imprimere dal diletto figliuolo F. Minitio Calvo impressore Apostolico, et decerniamo che ad esse lettere in questo modo stampate se presti piena fede tanto in iudicio quanto fuori, come se li proprii originali fussino affissi nelli luoghi publici et soliti. Non sia dunque lecito a persona alchuna infringere queste lettere della nostra exhortatione, requisitione, assolutione, volunta, decreto et dehiaratione, ne temerariamente opponerseli. Et se alchuno presumerà tentare tal cosa, sappia di haver a incorrere nella indignatione de lomnipotente Dio et delli beati Santo Pietro et Santo Paulo Apostoli suoi

Dato in Roma appresso S. Pietro nello Anno della Incarnatione del Signor M.D.XXVI alli XXIIII di Gienaro l'Anno quarto del nostro Pontificato.

Ma questa lettera fu vota di quello effetto che papa Clemente sperava: seguitano i Colonna a taglieggiare le terre della Chiesa e finalmente il 19 settembre dell'istesso anno irrompono in Vaticano. Dirubato il borgo ed il palazzo pontificio, macellate le guardie, spogliata la basilica di S. Pietro degli ornamenti suoi (1) papa Clemente si ritrasse in castel s. Angelo ove gli fu mestieri venire a duri accordi col Moncada generale di Carlo e federato con casa Colonna.

Intanto su la testa di papa Clemente fischiava tale una tempesta che nè prima nè poi ebbe Roma la somigliante. Già

(1) Pompejus cardinalis Clementem VII in arcem sancti Angeli confugere coegit, Vaticanum suburbiumque diripuit, templum d. Petri omnibus ornamentorum insignibus spoliavit. Cosi è detto nella bolla di Paolo IV con la quale il 1556 Ascanio e Marcantonio Colonna furono privati degli stati di Campagna.

il contestabile che era il Bourbon, non ratificava la tregua che Clemente aveva patteggiata col Launoy: chè il generale supremo delle milizie imperiali non dipendeva dal vicerė, nè il potere militare era soggetto al potere politico: ancora Giorgio conte di Fronsperg generale di Carlo in Lombardia avendo armato una moltitudine ebra di odio ereticale, di stragi e disertamenti avidissima, disossava le provincie della Chiesa, e mano mano ne'suoi ruoli inscriveva i venturieri, i ladroni, i sicari, la loja delle plebi italiane ed agognava alla conquista di Roma, alla prigionia del pontefice: ultimamente i Colonna a' quali nè aderenze mancavano nè sequele, ventilavano le fiamme di tanta guerra. Mancato il Fronsperg a' vivi il contestabile fatta rassegna delle milizie trovò che sommavano XVIII mila (1), tedeschi, spagnuoli, italiani: cattolici pochi e di nome, Iv mila o in quel torno ebrei (2), luterani il rimanente: alle quali giunte le sue era l'esercito ne' XL mila.

Il giorno che precedette la presa di Roma, Orazio Baglioni disperdeva molte schiere di Alemanni che vicino di porta Flaminia si apprestavano a varcare il Tevere: ma la costoro impresa con poca strage e per brieve tempo era stornata. Lo stesso giorno avendo fatto una correria alcuni cavalleggieri che in Roma erano restati presso i capitani loro Valerio Orsino, Giampaolo da Cere figliuolo di Renzo Giambattista Savelli, Ranuccio Farnese ed Orazio Baglioni a fine di esplorare che cosa si facessero i nemici, li trovarono in

(1) Summa e orum qui arma ferre potuerunt, fuit ad millia XVIII. Cosi Cesare Glorerio nella sua Historia expugnatae et direptae urbis p. 24. Altri scrittori aumentano le milizie del Bourbon: ma si dee aggiustare piena fede al Glorerio scrittore accuratissimo e testimone oculato. Fu egli secretario de' brevi a molti papi e per detto di Giano Eritreo fioriva ancora il 1580. In che modo campasse la morte, appresso si dirà.

(2) Quorum circiter quatuor millia judaicam religionem profitebantur (Glor. pag. 24): e Paolo IV nella bolla surriferita dice espressamente: in quo magna erat judaeorum aliorumque infidelium multitudo.

agguato fra le macchie e le siepi dei prati di Nerone che sottostanno a castel s. Angelo. Era il 6 maggio 1527 e le genti di Cesare cominciarono l'assalto: il quale parecchie volte fu ritentato e respinto con varia fortuna. Due ore mancavano a sera, quando i nemici rinnovano in diverse parti e con impeto grave la oppugnazione. Molte schiere invadono con forza irrefrenabile porta s. Pancrazio (1), e la trovano sguernita di ogni difesa, molte la Settimiana, due delle tre porte che mettono in Trastevere (2): queste entrano prima nella città, quelle poco dipoi, con ordini serrati, su per il ponte Aurelio, e si spartono per le vie: il 7 guadagnano il rione Monti, e corrono Roma quanto si estende dal colle gianicolese al laterano.

Abbiamo un ricordo inedito del sacco di Roma scritto da Savo Perelli figliuolo di Salvato notaio e testimone oculare, ed è in questa forma (3). « Lunedì vi maggio l' eser>> cito felicissimo della cesarea maestà espugnò Roma alle » ore XXII circa non senza strage grandissima; molti uomini >> ancora spagnuoli scannando (4), facendo e straziando » molti captivi, saccheggiando le chiese, dirubando con le » mani sanguinolente i sacri arredi e le reliquie de' santi, spogliando tempt ed altari. Uno spagnuolo, come mi riferi >> il cappellano di s. Maria in Campitello, cavò dal taber»nacolo l'ostia sacra, la gittò in terra, la calpestò: un lan

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(1) Questa porta nel medio evo fu detta aurea come affermano Ottone frisingese 1. II c. XXII e lo scrittore del libro De mirabilibus urbis Romae pubblicato dal Montfaucon nel suo Iter italicum: e forse a' tempi di Clemente VII ancora si chiamava in questo nome: perchè nella Topografia di Roma stampata il 1508 vale a dire 19 anni prima del sacco si legge: ad sanctum Pancratium per portam auream extra muros.

(2) La terza è porta Portese. Portae Transtiberim sunt tres, Septimiana, Aurelia vel Aurea, Portuensis. De mirab. U. R.

(3) L'originale latino esiste nell'officio Bacchetti in Campo Marzo. (4) Plurimos homines et hyspanos matando (sic).

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