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« piacerà, con lassarvi aggiungere e mancare quel tanto de <<< ferro che al detto D. Francesco piacerà.

« Golette de ferro da posservi aggiungere piastre, e "mancarle, come al detto D. Francesco parerà.

((

«chiali.

Segrete, cioè mezze teste alla siciliana con suoi orec

« Tutte arme e cavalli che convengono a' cavalleggieri. »

« Corsaletto alla leggiera con loro reste fornite con « bracciali, monopoli e zelati alla borgognona et altre arme "necessarie di difesa, come si costuma alla guerra.

"

"

« Un corsiero grande di sette palmi (1), con sella dop

pia, con arcione azziarato (2) e senza azziaro.

<« Un quartaldo con sella medesimamente come sopra. « Un cavallo turco di persona (3) con selle e staffe doppie alla turchesca e alla italiana come si costuma.

« Un giannetto (4) di Spagna di persona, con sella, "staffa, briglia doppia all'italiana et alla spagnuola.

(1) Questa è la taglia più grande che oggi si trovi fra i cavalli di razza italiana, e che viene esclusa dall'uso della sella, sì perchè cavalli di tanta grossezza non possono avere quella leggiadria di moto, e destrezza, e agilità che si richiede per la equitazione e molto più per un combattimento o duello, sì ancora perchè non si montano comodamente. Bisogna dunque conchiudere o che fra le 360 razze di cavalli che nel secolo XVI esistevano nella nostra Italia, alcuni ve ne fossero di gran taglia ma diversi nel resto da quelli che abbiamo oggidì, o che il palmo di quel tempo fosse più breve del nostro.

(2) Arcione coperto con lamina di acciaio a fine di renderlo impenetrabile alla lancia dell'avversario. Si usava altresì l'intero arcione di bronzo, di argento, o di altro metallo, e alcuni se ne vedono nella collezione di Ambras esistente nell'I. e R. casino di Vienna detto il Belvedere.

(3) Di origine o razza turca.

(4) È il cavallo più leggiadro e più adattato alla sella che si trovi nelle razze spagnuole. Tutti gli scrittori di materie equestri, compreso il Brugnone celebratissimo, determinano la taglia del gianetto a pied. 4. poll. 8. di Francia, misura corrispondente a pal. 6. e un 1/4 circa di Roma. Di questi annotamenti mi chiamo debitore all'egregio amico mio cav. Margarucci, in tutto ciò che riguarda la equitazione, eruditissimo.

« Un cavallo de mezza taglia con sella doppia cioè « inarcionata e piana.

« E tutte queste sorte di cavalli se possono armare « tanto di ferro come di maglia, come al detto D. Francesco « Carafa piacerà.

Seguono le firme.

PAOLO MAZIO.

ARCHEOLOGIA

Dagli ultimi scavi pratticati nel Tusculo uscì la seguente iscrizione

M. FOVRI.C. F. TRIBVNOS MILITARE.DE.TRAIDAD. MAVRTE. DEDET

Ci rallegriamo di poterne pubblicare la bellissima illustrazione che ne ha scritta in una lettera al sig. cav. Campana il celebratissimo Borghesi.

Pregiatissimo sig. Cav.

Nello stesso tempo che debbo ringraziarla della pronta communicazione che l'è piaciuto di darmene, mi congratulerò secolei della bella scoperta che ha fatto ne' suoi scavi del Tusculo, di un iscrizione, la quale è per me una delle più antiche, che possa vantare l'epigrafia latina. Benchè siano pochissime le lapidi di certa data e di alta vetustà, pure ce ne restano due, trovate a Roma, del Marcello espugnatore di Siracusa ucciso nel 546, con cui sarà opportuno di paragonarla. Nella prima che è stata supplita testè dall'Avellino

fcongettura sopra un iscrizione Sannitica p. 12) leggesi M. CLAVDIVS . M. F (CONSOL) acradINAD. CEPIT; nell'altra conservata ora nel real museo di Napoli e data dal Grutero pag. 56. 7 si ha MARTEI (M. CLAVDIVS. M. F.) CONSOL. DEDIT. La seconda esprime la stessa idea che la tusculana, ed anche colle stesse parole; ma chi negherà che l'ortografia di MAVRTE DEDET di questa sia più antica di MARTEI DEDIT dell'altra'?

Dal che ne ricavo che la nuova deve dunque sorpassare l'età della seconda guerra punica, ed infatti tornando ad instituire confronto colla celebre del M. Duillio console nel 494 e colle due di Lucio Scipione console nel 495 illustrate dal Visconti (opere varie ediz. di Milano t. 1. tav. V. let. A e B) trovo tra loro pienissima somiglianza. Non mi fermerò sul dittongo del nome M. FOVRI. C. F perchè le medaglie con M. FOVRI. L. F. PHILI e con P. FOVRIVS CRASSIPES attestano che questa casa continuò ad usarlo anche nel VII secolo di Roma: come del pari l'abbreviatura dello stesso nome uguale a quello che abbiamo negli antichi danari dei dioscuri con M. ATILI, L. IVLI, M. IVNI ecc. ci toglierà dal trarre alcun partito dalla sua desinenza. Ma proseguendo al TRIBVNOS, ecco un nominativo colla stessa denominazione del PRIMOS nella lapide di Duillio, e del FILIOS BARBATI nella prima di Scipione. Il MILITARE, che dovrebbe essere MILITARES per militaris avrebbe l'istessa uscita dell'AEDILES nella seconda dello stesso Scipione, se per l'aferesi usitatissima a questi tempi non si fosse tralasciata la S finale come nel CORNELIO per CORNELIOS della lapide stessa. Il PRAIDAD trova corrispondenza nel PREDAD di Duillio. Il MAVRTE che tutto steso avrebbe da essere MAVORTEI, per la stessa aferesi, ha perduto anch'egli la I come nel HEC CEPIT per HEIC CEPIT della prima del ripetuto Scipione, nel PLOIRVME per PLOIRVMEI, nel VIRTVTE per VIRTVTEI, nel TIBE per TIBEI ivi ANN. I.

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citati dal Visconti. Finalmente il DEDET s'incontra istessissimo nel DEDET TEMPESTATIBUS dello Scipione medesimo. Tanta conformità ci mostrerà adunque che queste tre iscrizioni debbono essere press'a poco contemporanee. Intanto è degna di osservazione la coincidenza che la nuova base non solo è stata trovata al Tusculo, ma ben anche poco lontana dal luogo, in cui nel 1665 fu scoperto il sepolcro dei Furii disegnato da Sante Bartoli. Il qual sepolcro mi pare che sia anch'esso di un età poco dissimile da quella in cui visse l'autore di questo cippo. Trapasso sulla parte architettonica del monumento, su cui non spetta a me di aprir bocca; trapasso sulla forma delle lettere, benchè ve n'abbia che appariscono antichissime, perchè non so quanta fede meritino in questa parte i disegni del Bartoli, che certo sbagliò nel leggerne alcune, e mi fermo nel dettato di quelle semplicissime iscrizioni, che mi pare di trovare già emendate presso il Muratori p. 1678. 8. non avendo ora tempo di cercarle presso altri. In alcune si scrisse compendiosamente M . FOVR.C.F. = C. FOVR. M. F. P. FOVR.C.F. mentre in altra si segnò alla distesa CN. FOVRIO = Q! FOVRIO. A. F. FOVRIO M.F.C.N. Per me questo FOVRIO non è già un terzo caso, attesochè nelle urne più antiche così etrusche come latine nelle quali non s'incise che il semplice nome del defunto, fu ordinario di scriverlo in nominativo, ma stava ivi in luogo di FOVRIOS, soppressa la Sper l'aferesi, come nel CORNELIO. N. F.SCIPIO della tomba di Scipione Barbato e nel CORNELIO L. F. SCIPIO dell'altra già citata di suo figlio. Certo è poi che anche al Tuscolo nel VI secolo di Roma era già andata in disuso quella terminazione per dar luogo all'altra che restò pur vittoriosa nella lingua latina, come ci ha mostrato la base di L. Fulvio Nobiliore console nel 565 con M. FVLVIVS. M. F. SER. N. COS e quella che si è creduta più antica con Q. CAECILIVS METELLVS COS, la quale perciò appar

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terrà al Q. Metello console nel 548, amendue rinvenute ai medesimi giorni negli scavi tusculani; la prima pubblicata dal Nibby (viaggi t. 2 pag. 39) la seconda communicatami dal Biondi. Quindi una gran parte almeno di queste iscrizioni si avranno da rimandare anch'esse al quinto secolo di Roma. Perlocchè se il nostro Furio innalzò la sua base non a Roma ma al Tuscolo, ed anzi in tanta vicinanza al sepolcro de' Furii, ben volentieri entrerò nella di lei congettnra, ch'ei lo collocasse in un suburbano della sua famiglia, ove riposavano le ossa dei suoi maggiori, e che per conseguenza appartenesse egli pure alla famiglia medesima. Ed anzi può andarsi più oltre dicendo che nello stesso sepolcro si ha forse memoria di lui. Il più moderno dei titoletti ivi rinvenuti sembra quello che porta... FOVRIO M. F. C. N. sì perchè l'unico che ricordi anche il nonno, mentre gli altri si contentarono di citare il solo padre, si ancora per la forma dei caratteri, se può farsi qualche caso dei disegni del Bartoli. Ora cosa impedisce di credere che costui fosse un figlio del nostro tribuno corrispondendo così bene le note geneologiche? Aggiungasi che in quell'ipogeo mancò l'urna di questo Marco figlio di Caio, il che starebbe bene s'egli fu un militare, perchè sarebbe lecito di supporre ch'essendo morto in guerra, o lontano da casa non si fossero potute portare le sue ceneri nella tomba gentilizia. Da ciò intanto ne consegue che il nostro tribuno e la sua famiglia non debbono aver avuto che fare colla patrizia gente de' Furii, che infino dai tempi forse di Romolo venne a Roma da Medullia, siccome prova l'antichissimo suo cognome di Medullino del che dissi alcuna cosa nella mia seconda dissertazione sui fasti p. 40. Imperocchè veggo dal suo sepolcro che i Furii tusculani adoprarono anche i prenomi di Aulo, di Gneo, di Manio e di Quinto dei quali in tanto numero di Furii patrizi ricordati nelle tavole capitoline non si ha il menomo indizio. Non dissimulo che d'altro avviso è stato poco fa il sig. cav. Canina

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