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fica e per la libraria, e di gran numero di regolamenti di polizia antichissimi: vi si trovano altresì i decreti pubblici emanati nelle principali città come Poitiers, Moulins, Clermont, Troyes; molte commissioni per città particolari come Alençon, Orleans etc. e i decreti del Parlamento trasferito a Poitiers ed a Tours. Insomma gli atti criminali di quella famosa assemblea saranno una sorgente feconda di notizie importanti, e forse più nomi maledetti nella opinione dei posteri rivivranno onorati, e viceversa.

Mi rimane a fare poche parole intorno la classificazione. Il sig. Beugnot ha creduto di anteporre l'ordine cronologico a quello della divisione delle materie, ragionando così – Assai tempo i giureconsulti han considerato l'uso di ordinare metodicamente le leggi come preferibile a tutti gli altri: ma eglino abbandonarono questa opinione dal momento che si avvidero che per comprendere il vero spirito d'una legge egli è mestieri conoscere lo spirito del tempo nel quale fu promulgata; che tutte le leggi d'una medesima epoca, a qualunque soggetto si riferiscano, sono unite per un secreto legame, e che romperlo per adottare l'ordinamento metodico che spesso ravvicina due leggi che furono pubblicate a un secolo di distanza, è non tenere alcun conto di quello che v'ha di più importante in una legge, delle cagioni che l'han prodotta, e delle circostanze nel mezzo delle quali venne in luce. Quello che essi hanno osservato intorno alle leggi, io lo applico alle sentenze che ne sono come la conseguenza, ed aggiungo che noi dobbiamo tanto più dare la preferenza all'ordine cronologico, in quanto che nel caso nostro si tratta non di ordinare una raccolta di dritto pubblico o di giurisprudenza ma un opera essenzialmente storica. Quest' opera sarà dunque divisa come la storia della Francia, vale a dire secondo la durata del regno di ciascuno dei re che occuparono il trono, da s. Luigi fino a Luigi XVI. Tutto al più una tavola metodica sarà collocata alla fine dell' ultimo volume

e faciliterà le ricerche a coloro che non ricorreranno a quest'opera che nello scopo di ricevere schiarimenti a un oggetto particolare. Infine perchè questa importante raccolta non abbia l'aridità d'una semplice unione di documenti noi raggiungeremo gli atti con qualche sommario che riveli e l'utilità di ciascun documento per l'intelligenza della storia, e i dubbi che scioglie, gli errori che scopre e i fatti generali ai quali si ravvicina –.

Per profonde che sieno queste considerazioni delle quali io medesimo riconosco l'esattezza e la verità, credo che la divisione per materie fosse da preferire a quella proposta dal sig. Beugnot. Forsechè la separazione delle materie pregiudicava all'ordine cronologico? Tuttaltro: ogni documento conservando sua data rappresentava la storia del tempo in qualunque maniera; e senza perdere i vantaggi della cronologia si sarebbe vantaggiato molto nella chiarezza. È vero, e niuno il contrasta, che leggi ed atti spesse volte disparatissimi si raggiungono per secreti ed invisibili legami, e che che per comprendere a dovere la ragion di una legge, bisogna bene informarsi in ogni circostanza dei tempi che la produssero. Quindi nel caso nostro sarebbe danno gravissimo lasciar lacune di età o di avvenimenti che possono spiegare il passato e il futuro; non già dividere le materie a seconda degli oggetti ai quali si riferiscono. Nė val meglio il dire che in questo caso non tanto si tratta di compilare una raccolta di dritto pubblico, o di giurisprudenza, ma un opera essenzialmente storica. Questo anzi mi pare un argomento di piu per dover fare precisamente il contrario. In una semplice raccolta di leggi antiche, le considerazioni dei giureconsulti intorno alla distribuzione possono essere accettate. Ma qui si dà opera non tanto ad una storia del Parlamento di Parigi, ma ad illustrare la storia di Francia con gli atti di esso. E sebbene la storia non separi le materie ma segua il corso degli avvenimenti, bisogna ricordarsi che

qui non si tratta di storia, ma di monumenti, e che i monumenti vogliono essere collocati ciascuno a suo luogo. Abbiamo accennato la immensa giurisdizione di quel Parlamento, e la moltiplicità e varietà delle sue attribuzioni. In un giorno stesso avrà giudicato una questione feudale, un delitto di lesa maestà, una causa di precedenza, ed avrà registrato un editto reale, una disposizione religiosa della corte di Roma. A qual prò confondere insieme queste cose svariatissime, mentre distribuendo per materie gli oggetti, le date rivelano egualmente, che tutti quegli atti furono opera di un medesimo giorno? Se la cronologia avesse a patirne danno non si potrebbe che applaudire alla proposta del conte Beugnot, ma qui è tutt'altro, e lo spirito del tempo si rivela nelle diverse date a chi studierà quei volumi. Nè bisogna dimenticare che non tutti i documenti di quell' assemblea saranno pubblicati, e che essi non sono i soli della storia di Francia: e che perciò più necessaria diveniva la separazione metodica, secondo la diversità delle attribuzioni che esercitava. Infine il Parlamento medesimo ne' suoi registri riconosceva l'utile del dividere le materie, e pare che lo stesso sig. Beugnot convenga indirettamente in questa separazione, poichè egli ragionando, nel suo rapporto al ministro dell'istruzione pubblica, dei molteplici materiali de' quali deve diriggere la pubblicazione, ne discorre ripartendoli in quelle varie classi che corrispondono alla giurisdizione molteplice del Parlamento.

ARCHEOLOGIA

ACHILLE GENNARELLI

DI UNA LAPIDA CHE PORTA IL NOME DI L. SEJO STRABONE.

Lettera al Dott. Achille Gennarelli.

(proseguimento e fine)

Mi conviene per altro prevenire un obbiezione che mi aspetto desunta dal solito llbro de consol. ad Helv. c. 2. Seneca dice in esso alla

madre Avunculum indulgentissimum, optimum ac fortissimum virum, . quum adventum ejus expectares, amisisti. Et ne saevitiam suam for<< tuna leviorem deducendo faceret, intra tricesimum diem, carissimum « virum tuum, ex quo mater trium liberorum eras, extulisti ». I commentatori convengono che questo è l'avunculus di Seneca, ossia il prefetto dell'Egitto, il che posto, s'egli morì un mese prima del padre di questo filosofo, non potrà esser altro che Vitrasio Pollione, giacchè Seneca il declamatore viveva ancora nel 784 avendo il Lipsio trovato menzione negli scritti di lui della congiura di Seiano, siccome attesta nel capo I. della vita del figlio. L'obbiezzione sarebbe gravissima se i commentatori non si fossero ingannati. Si è già veduto che Vitrasio morì nel 784, ma si doni per soprabbondanza che sia morto nel 785, com' essi pretendono. Niuno certo potrà domandare di più. Ora il padre di Seneca sopravvisse almeno altri due anni: imperocchè tanto nel secondo libro delle suasorie, quanto nel proemio del 1. X delle controversie parla apertamente dell' accusa e morte dell'oratore Mamerco Scauro, che per concorde testimonianza di Tacito (An. VI. 29), e di Dione 1. 63. c. 24) sappiamo essersi ucciso nel 787. Quell' avunculus adunque non può essere il prefetto, e infatti, se ben si considera quel passo, si vedrà, che ivi non si tratta di uno zio di Seneca ma di uno zio di sua madre, che è affatto estraneo alla presente prolissa discussione alla quale è omai ora di porre un termine.

Ne ricaverò adunque dal fin qui detto, che Seio Strabone proseguì nel comando dei pretoriani in compagnia di Seiano fino al 770, nella primavera del qual anno fu mandato a reggere l'Egitto, ove tra breve dovette finire la sua vita, così persuadendo la prontezza, con cui gli fu dato il successore, e il non trovarsi più in appresso memoria alcuna di lui, non ostante la successiva potenza ognora crescente del figlio suo. Dopo ciò naturalmente mi domanderete, a che dunque giova questa lapide a' vostri fasti, se costui non fu mai console? Oh! può ben servire per le note genealogiche de' suoi figli, eccettuatone però Sejano il quale è vero che fino dai tempi del Panvinio dicesi Lucii filius, ma per una diversa ragione. Ognuno sa che dalla gente Seia egli fu adottato nell'Elia, e quindi per le leggi e per gli usi dell'adozione ancora vigenti a' suoi tempi egli dovette prendere i primi nomi dell'adottante. Perlocchè essendosi ricavato da Dione (l. 57. c. 19) che egli chiamossi Lucio, il che poi hanno confermato le medaglie di Bilbili coll'iscrizione L. AELIO. SEIANO. COS ne deriva che Lucio dovette altresì chiamarsi il suo padre adottivo, la cui memoria, non quella del padre naturale, usò di notarsi dai fasti Capitolini. Si è cercato qual fosse la casa degli Elii, e non si è ritrovata. Chi ha pensato agli Elii Cati, o Tuberoni, e agli Elii Lamia consolari di questi tempi non

ha avvertito, che se fosse entrato in una nobile casa, l'adu'atore Velleio Paterculo non avrebbe mancato di menarne gran vanto, allorchè cercando ogni via di esaltare la sua stirpe non potè dirlo nel 1. 2, cap. 127 se non che principe equestris ordinis patre natum, materno vero genere clarissimas veteresque et insignes honoribus complexum familias». Con tutto ciò mi sembra che resti ancora luogo ad una congettura. Fra i pochi particolari della catastrofe di Seiano, o per dir meglio, deila persecuzione contro la sua famiglia e i suoi amici, che si sono salvati in Tacito, abbiamo nel capitolo 8 del libro V la capitale accusa mossa contro il consolare Pomponio Secondo « Huic a Con«sidio praetura functo objectabatur Aelii Galli amicitia, qui punito Sejano in hortis Pomponii quasi fidissimum ad subsidium profugisset » Niuno ha saputo dirci chi sia quest'Elio Gallo di cui Tacito deve aver parlato nella parte perduta e il di cui arresto premeva cotanto da aver messo in pericolo della vita un consolare per essersi ricoverato ne' suoi orti. Per me ho un sospetto che costui sia il primogenito di Seiano stesso, che doveva avere assunta di già la toga virile se Tiberio aveagli conferito un sacerdozio (Dione 1. 58. c. 7) e se gli era già destinata in isposa la figlia di Lentulo Getulico (Tac. An. 6. c. 30) la morte del quale si conviene essere stata ordinata dal senato innanzi quella degli altri figli. Me ne dà argomento la corrispondenza del nome Elio e il vedere che Tacito soggiunge subito dopo « Placitum posthac ut « in reliquos Sejani liberos adverteretur» ove quel reliquos » acconciamente si riferirebbe ad Elio Gallo poco sopra ricordato. Ma ancorchè ciò non mi si volesse concedere sembra almeno non potersi negare, attesa la comunanza del gentilizio, che costui debb'essere uno stretto parente di Seiano per parte dell'addozione. O in un modo adunque o nell'altro parmi poteisi arguire da questo loco che Sejano fosse. adottato da Elio Gallo prefetto dell'Egitto nel 730 che a motivo della sua vergognosa spedizione nell'Arabia non tornava bene a Velleio di ricordare. I tempi non disconvengono; imperocchè se Seiano « prima « iuventa C. Caesarem Divi Augusti nepotem sectatus est» (Tac. An. IV, c. 1), il quale morì sul principio del 757, la sua nascita dovette dunque cadere non molto dopo la prefettura di Gallo. Ma voi insisterete chiedendo quali sieno oltre Seiano questi consolari figli di Seio Strabone, che non si conoscono. Risponderò esser vero che finora non sono stati avvertiti: essere però indubitato che gli ebbe, imperocchè il più volte citato Velleio (I. 2, c. 127) ci descrive Seiano « habentem «< consulares fratres, consobrinos, avunculum » 1 Lemaire seguendo i precedenti commentatori ci avverte, che questi consolari di Velleio

in Aelia plerique domo quaerendi sunt » ma io all'infuori di Seiano non trovo altro Elio che sia stato console sotto Tiberio e quasi ardi

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