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sco di dire che non vi fu. Imperocchè in dieci dei ventitre anni del suo principato i fasti sono già pieni, nè ammettono altro supplemento. I residui tredici poi a quattro consoli l'anno, siccome fu ordinario costume di quel tempo, dovrebbero contenere in circa cinquantadue nomi. lo non sono riuscito a disporne se non che trentaquattro, ma nelle mie schede ne ho in riserbo altri sedici, dei cui fasci sotto Tiberio ho sufficiente argomento, benchè mi manchi il modo di assegnarli ad un anno determinato. Se ne conchiude pertanto che assai pochi debbono essere i consoli tiberiani, che ci restano per anche ignoti. Ma se, come ho detto, non incontro fra questi alcun Elio, vi trovo invece due Seii, i quali sono per me i due cercati figli di Strabone. È il primo L. Seio Tuberone che la Gruteriana p. 26. 9. portante la data dei 19 di aprile ci mostra esser stato compagno di Germanico nel suo secondo consolato del 774 a cui perciò Tiberio, che aveva preso in quell'anno il consolato terzo, avrà rinunziato il suo posto, sapendosi infatti da Svetonio (c. 26) che lo ritenne pochi giorni soltanto. Tacito ci è testimonio (An. 2. c. 21) che era stato legato del collega nelle sue guerre germaniche, ma ciò che più importa al nostro scopo si è che, raccontando (1. IV. c. 29) come nel 777 da Vibio Sereno fu falsamente ed inutilmente imputato di complicità in una congiura ci dice, ch'era uno dei principali della città ed intimo amico di Tiberio, il che starà egregiamente se fu fratello di Seiano. Del secondo poi, cioè di M. Seio Vcrano ci ha serbato memoria un altra iscrizione mal trascritta della Dalmazia, pubblicata e in gran parte corretta dal Zaccaria (Mar. Salon. p. 13. n. XIII), posta ad un loro antico ufficiale dai veterani QVI MILITAVERunt. SVB. PVBlio. MEMMIO. REGVLO ANDRETI . ET. MISSI. SVNT. Quinto. EVTETIO LVSIO SATVRNINO. Marco . SEIO. VERANO. COnSulibus. CVRAM. GERENTIBVS. TIberio. CLAVDIO. CELSO. Tiberii AVGusti. CORNICulario. Marco. TAVRITIO. MARCELLINO . La faticosa conquista nel 763 del castello di Andretio in oggi Clissa, in cui Tiberio avea chiuso d'assedio Batone capo dei rivoltosi Dalmatini viene narrata da Dione (1. 56, c. 13) ma la lapide spetta certamente al suo impero pel titolo che gli viene conferito di Augusto, benchè io non sappia indicarne l'anno preciso. Lusio Saturnino è un de' consolari fatti morire da Claudio per referto di Tacito (An. 13. c. 43) e di Seneca nell' Apocoloc. ma di Verano non mi è riuscito averne altro sentore.

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E giacchè ho incominciato a fare il commentatore a quel passo di Velleio, aggiungerò eziandio alcuna cosa sugli altri consolari in esso indicati. Si è già concordi che l'avunculus è Giunio Bleso il quale anche da Tacito vien detto ripetutamente « avunculus Seiani

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1. 3, c. 35 e 72) e che fu per conseguenza il fratello della moglie di Seio Strabone. Sarà per ragione di matrimonii che la sua casa avrà appartenuto ad antiche ed illustri famiglie, come abbiamo veduto asserirsi dallo stesso Paterculo, mentre per se stessa non è conosciuta durante la repubblica. Tutto al più a motivo del prenome Quinto, che mostrerò essere stato portato dai Blesi, e che fu ignoto mai sempre alle nobili branche dei Giuni Bruti e dei Giuni Silani potrà dedursene l'origine dal Q. Giunio senatore nel 684 ricordato da Tullio ( Verr. 1. 7). Intanto la prima certa memoria che si abbia di lei appartiene ai tempi di Cesare o dei triumviri, e procede da Quintiliano (Instit. 1.6) il quale fra le arguzie ne cita una che non sa bene se sia di Sermento Scurra o di Publio Sro « qui Blaesum Junium hominem nigrum et macrum et pandum fibu>> lam ferream dixit » Dal ripetuto Velleio (1. 2, c. 125) in riferire il cui passo seguo in parte le correzioni del Lemaire, si fa il seguente elogio del nostro Bleso, raccontandosi come Druso figlio di Tiberio represso il tumulto delle legioni nell'Illirico « singulari adjutore in eo usus Junio Blaeso, viro nescias utiliore in castris, an meliore in toga, qui post » paucos annos proconsul in Africa ornamenta triumphalia cum appel»latione imperatoria meruit, ac Hispanias exercitumque virtutibus celeberrimaque in Illyrico militia, ut praediximus, quum imperio obtineret, in summa pace et quiete continuit» Confrontano Tacito (An. I c. 16 e seg.) e Dione (1.57 c. 4) dai quali più largamente si narra che nel 767 era legato della Pannonia e delle tre legioni in essa stazianti, allorchè la morte di Augusto fece nascere una sedizione fra loro nella quale corse pericolo della vita, ma che fu raffrenata colla venuta di Druso e di suo nipote Seiano. Nel 774 era in senato quando in luogo di Lucio Apronio gli fu conferito il proconsolato dell'Africa (Tacito An. 3. c. 35) che gli venne quindi prorogato per un altro anno (c. 58) essendogli successo P. Dolabella nel 776 ( An. 4. c. 25). Vi combattè coi Numidi e vinse Tacfarinate, per cui non solo ottenne gli onori trionfali (1. 3 c. 72) ma fu anche permesso ai suoi soldati di salutarlo secondo l'antico uso Imperatore, notando Tacito, che ei fu l'ultimo dei privati a conseguire quel titolo (c. 74). Quest'istorico non fa parola dell'altro suo governo della Spagna, la quale fu certamente la Tarragonese se vi comandava un esercito, governo che io credo piuttosto anteriore che posteriore al proconsolato Africano, trovando occupati gli anni successivi in Ispagna da L. Pisone e da L. Arrunzio (Tacito An. IV 45, VI 27.

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Fra quelli che perirono con Seiano nel 784 non sembra che questo suo zio fosse dimenticato e ne dà grave argomento il vedere nei frammenti di Tacito (1. V. c. 7) ch'essendosi ucciso volontariamente in senato un suo compagno accusato anch'egli « Caesar nullis criminibus

» aut probris defunctum insectatus est cum in Blaesum multa foedaque » incusavisset » Il suo consolato deve essere caduto sicuramente sotto l'impero di Augusto, se alla di lui morte occupava un ufficio consolare, qual era la legazione della Pannonia: ma non so che da alcuno sia stato registrato nei fasti. Io l'ho assegnato al 762 nel quale le tavole capitoline ci mostrano che ai consoli ordinari P. Cornelio Dolabella e C. Giunio Silano furono surrogati alle calende di luglio Ser. Cornelio Lentulo Maluginense ed un ignoto di cui si è perduto interamente il nome per la susseguente frattura del marmo dissimulata dagli editori e che pur troppo vi esiste. Ma se il suo nome ci è perito in quella tavola, si è però conservato in parte nella Gruteriana (p. 992. 3) in cui leggiamo RVSTICELIA. M. L. CYTHERIS DEBITVM. REDDIDIT. X. K. SEPT. MALVGINENS. ET. BLAESO.COS. Nuova conferma se n'ebbe anni sono in questa tessera gladiatoria :

SVAVIS
POBLICI

SP. K. IVL

SER. LENT. Q. IVN. COS

trovata in Roma e comprata da un inglese, la cui sincerità mi fu assicurata da persona dell'arte che la vide. Ciò non di meno il Cardinali nei diplomi n. 222 l' ha giudicata spuria per la ragione, come pare, che Giunio Silano console di quest'anno si chiamò Caio non Quinto. Ma che colpa hanno i monumenti se non sono rettamente attribuiti ? Se si badi che la data delle calende di luglio dimostra che qui si parla di un console suffetto, non dell'ordinario, e se di più dal confronto colla citata Gruteriana si deduce che questo Giunio non fu un Silano, ma un Bleso, la censura resterà nulla e noi avremo l'obbligo a quella tessera di averci insegnato il prenome di questo console, corrispondente a quello del figlio che si sarà pertanto domandato con intera nomenclatura Q. Giunio Bleso.

Uno poi dei consobrini di Seiano è indubitatamente un figlio del soprannominato. Nel 767 egli era semplice tribuno militare sotto il padre nella Pannonia, e fu ripetutamente commissionato dalle legioni rivoltose di portare le loro querele all'imperatore Tiberio (Tac. An. I. c. 19 e 29). Nel 775 lo troviamo pure legato del padre nell'Africa e comandarvi una parte dell'esercito contro Tacfarinate (1. 3. c. 74). II consolato di lui viene ricordato da Suida nell'articolo Anixios, ove, premettendo « Consules autem erant Junius Blaesus et Lucius » parla di una certa cena data da M. Apicio, alla quale questo Bleso condusse seco Asconio Pediano, ma pel costume dei Greci d'indicare i Romani col solo prenome, questa testimonianza assai poco ci gioverebbe per

iscoprire il suo collega, se non venisse aiutata da un registro di un frammento emortuario del museo Capitolino pubblicato da molti, e fra gli altri, dal Muratori (p. 301.4) da cui apparisce che Sesto Campatio Eutacto fu portato in quel sepolcreto

Q. IVNIO BLAESO. L. ANTISTIO. VETere Cos. X. K. IAN. proseguendosi poi che ai 12 maggio del consolato dei due Gemini vi vennero le ossa di Luria Aprile. Fra i collettori dei fasti non vi è stato che il solo Sanclemente (De vulg. aerae emend. p. 146) il quale siasi accorto che questi erano i suffetti dell'anno 784. Egli dev'essere uno dei famigliari di Seiano a cui secondo Dione (1. 58 c. 19) Tiberio perdonò nel 784. Non per questo rientrò in grazia, avendo io per fermo che di lui favelli Tacito nel 789 (1. VI, c. 40) « Duo Blaesi volunta» rio exitu cecidere . . . . . Blaesis sacerdotia integra eorum domo destinata, convulsa distulerat (Tiberius); tunc, ut vacua, contulit in » alios. Quod signum mortis intellexere et executi sunt » Si vede di qui ch'erano due fratelli, ad ognuno dei quali era stato promesso un sacerdozio, il quale a questi tempi soleva ordinariamente conferirsi alquanto dopo il consolato, siccome apparisce manifestamente da Seneca (de ira 1. 3 c. 31). Quindi vi è tutta l'apparenza, che siano essi i due consobrini Velleiani: ma per riguardo al secondo non avendo altro indizio dei suoi fasci, non oso ancora di affermarlo.

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Vi ho voluto notare queste cose per mostrarvi ognora più di quale immenso sussidio siano le iscrizioni per la retta intelligenza dei classici e quindi invogliarvi sempre maggiormente del loro importantissimo studio. Ma per una lapiduccia di tre righe ho già ciarlato satis superque. Me ama et vale.

San Marino 1 luglio 1843.

BARTOLOMEO BORGHESI

BELLE ARTI

SCULTURA

Monumento per donna Maria Colonna Lante, inventato ed eseguito dal cav. Pietro Tenerani, professore di scultura nell'Accademia di S. Luca.

Questo monumento fu allogato all'illustre artista da S. E. il sig. Duca d. Giulio Lante della Rovere che fu consorte alla principessa donna Maria Colonna, cui è dedicato; e sarà posto

nel tempio di S. Maria sopra Minerva nella cappella SalviatiColonna. Le proporzioni di esso non furono lasciate libere al Tenerani, poichè la mole marmorea dovendo adornare una gran nicchia che esiste in quella cappella, furon composte a misura e capacità del luogo. Lo scultore dunque imaginò un urna grandiosa sostenuta da piedistallo ed adorna della imagine della defonta, che distesa e coperta di veste talare e di un velo, mostrasi scolpita in bassorilievo nella fronte dell'urna stessa, in mezzo alla quale sta il simbolo della redenzione. Il coperchio è fregiato di ornati e di antefisse alla maniera greca, e quali si osservano in urne di antico scalpello.

Sopra l'arca a qualche grado, sta seduto un angelo vestito di tunica talare, e coperto di un manto grandioso che partendo dagli omeri ricade sulle ginocchia e con largo ed acconcio partito di pieghe viene a coprir fino ai piè la figura. Tiene con la sinistra un libro chiuso che è il libro della coscienza, e simboleggia il registro delle virtù e delle colpe dei trapassati, e che sarà misura di premio o di pena. Sostiene con la destra la tromba, quella tromba che tuonando sull'universo, e rompendo il silenzio che lo avrà occupato in tutta la superficie dopo l'ultimo giorno, chiamerà le generazioni che traversarono sulla faccia della terra, e con nuovo portento farà rivivere il genere umano. Molto pensatamente l'artista espresse l'angelo seduto e con la tromba posata sulle ginocchia, volendo con ciò significare che egli, sicuro della sorte di colei che gli fu affidata a proteggere, sta tranquillamente aspettando che il corso dei secoli sia con

sumato.

Quel bello ideale e divino che l'uomo può nella sua imaginazion figurare per esprimere in qualche modo un essere di un mondo migliore, un di que' spiriti che Dio creò per circondarne il suo trono di luce, risplende nel volto di quest'angelo: una creatura perfetta fin dove le forme umane il comportano, in quella età che è l'april della vita, in quella

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