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adatta alla qualità dell'opera, e perchè ben lontana dal confondere il falso col vero. Ho citato l'Ivanohe a modo di esempio, ma avrei potuto ragionare ancora di tante altre produzioni dello Scott; e più ancora dell' americano Cooper, il quale porse stupendi e imitabili esempi di romanzi di tal genere, ottenendo in essi il difficilissimo intento di conservar tutti i dritti alla maestà della storia. Tali sono specialmente fra i suoi lavori il Pilota, la Spia, i Coloni, Redwood, e l'ultimo de' Mohicani. Il Cooper, come bene fu da altri osservato, non arrivò allo sterminato ingegno dello Scozzese ; ma il suo cuore fu più profondamente commosso dalle passioni: e se lo Scott nella parte drammatica è insuperabile, il Cooper è forse superiore nella evidenza del raccontare. Il che non vale un piccolo elogio.

E' pare che il mondo su questo genere di romanzi abbia già pronunciato con l'universale plauso che gli fece; ed i giudizi del mondo odierno hanno sicuramente un immenso valore, poichè siamo in tempo che la critica pesa tutto con una severità che non perdona a mancamento di sorta. Prima che il romanzo storico sorgesse, erano sempre stati scritti romanzi ; ma essi, a mala pena letti dalla nazione che li produceva, erano accolti con plauso che presto cessava ed ogni paese aveva i suoi. Ma la storia è retaggio del mondo; e quindi il romanzo che corrispondendo all'indole del secolo volle vestirsi di storia, scorse e si diffuse su tutta la terra civile, e fu accolto dovunque con lo stesso entusiasmo, e da per tutto giovò ugualmente e produsse i medesimi frutti. Alle prove dell' Europa rispose degnamente l'America, e l'Europa e l'Asia e l'America figurarono in quelle produzioni e fecero più acconciamente e più universalmente conoscere la natura e l'indole dei tempi e delle generazioni dalle quali furono abitate.

La sentenza non può esser che giusta, perchè l'errore è quasi impossibile in un consentimento cosi numeroso ; in particolare se si voglia considerare che non è la plebe, ma la sapienza del mondo che ha giudicato.

Fu alcuno che, leggendo i due miei articoli sul romanzo, pubblicati nel primo e nel sesto numero del Saggiatore, spacciò che questo giornale si voleva erigere in Roma difensore del romanticismo. Io, per pensar che abbia fatto, non

ho potuto indovinare d'onde costui o costoro l'abbiano argomentato; a meno che non fossero di quelli che pensano il romanzo formar parte del romanticismo. Se veramente fosser di questo numero, io sarei assai malcontento di rispondere a tali, che, citando la greca letteratura come esempio di classicismo e nel medesimo tempo sconoscendo i greci romanzi, mostrerebbero di esser troppo digiuni della materia. Pure, siccome la natura de' miei ragionamenti il vorrà, non serberò sul proposito lungamente il silenzio.

ACHILLE GENNARELLI

BELLE ARTI

ESPOSIZIONE PUBBLICA NELLE SALE DEL POPOLO.

Si è maravigliato alcuno che questo giornale annunziatosi al pubblico nel suo apparire come quello che rappresenterebbe principalmente i progressi degli studi storici, e lo stato delle arti in Roma, siasi taciuto della pubblica mostra fatta dagli artisti in quest'anno nelle solite sale, sulla destra di porta Flaminia. Al che risponderemo che l'indugio fu ad arte, perchè i giudizi degli intelligenti e degli artisti fossero più fermi e sicuri, e perchè seguitando passo passo gli accrescimenti della esposizione, i leggitori non avessero ad esser ristucchi del ritornar troppo spesso sopra uno stesso soggetto: nè l'indugiare porta mancamento di fede.

Le pubbliche esposizioni di belle arti, che sono altrettante palestre nelle quali si misura e si fa ragione del diverso valor degli artisti si distinguono in Roma da quelle di Torino, di Milano, di Venezia e di altre città d'Italia per un fatto singolare, ed è che in queste città ogni generazione di artisti fa gara di produrre le opere sue, mentre in Roma quelli che hanno una fama già stabilita ed antica non fanno mai mostra di sè, e la sola gioventù si cimenta alla sentenza del pubblico. È cosa rara per non dire impossibile che il nome di un artista che abbia celebritâ europea si legga nel catalogo dell' esposizione di Roma; e se ciò qualche volta si avvera, non è sempre volontà dell'artista medesimo ma del committente o del compratore, o ne diè cagione qualche circostan

za speciale. Ciò non toglie però che i giovani non mostrino taluna volta una valentia da svergognare e digradare al confronto i più famosi; e, per esempio, a non uscire dalla esposizione di quest'anno, le dipinture di Ippolito Caffi nel loro genere non hanno a temere paragone di sorta. Comunque, è certo che l'esposizione di Roma non rappresenta lo stato o il progresso dell'arte nella città regina, in quella città dove gli artisti di tutto il mondo vengono ad ispirarsi nel bello che per privilegio del cielo sembra retaggio esclusivo di questo paese. Non son molti anni che abbiamo dovuto ridere di un letterato piemontese il quale fermatosi pochi giorni in Roma, ed entrato forse per caso nelle sale del Popolo, corse poi difilato a scrivere un pianto in un giornale di Milano, dove rendendo conto della esposizione di Roma, annunziava la decadenza anzi la caduta delle arti in questa città. Tanto è vero che simili mostre sono generalmente tenute come l'espressione del progresso artistico!

L'esposizione di quest' anno non puo dirsi scarsa, essendo stata riempita da più che dugento opere diverse. Io, lasciando al mio collega il discorrere delle dipinture, tratterrò brevemente i lettori sulle sculture, riportandomi il più spesso ai giudizi degli artisti e degli intelligenti. È non mi ristringo solamente ai primi, perocchè non mi son potuto mai indurre a credere che Iddio ad essi soli abbia dato il privilegio di intendere il bello o il difetto nell' arte.

Il sig. W. de Hoyer sassone espose la statua di una fanciulla in atto di pregare, la quale riportò lodi da tutti per il buon assieme, per la perizia che mostrava lo scultore in particolare nella testa e nelle mani, e per essere stato ben trattato il marmo in generale. Quello che hanno trovato poco lodevole è la scelta della veste di seta che toglie gran parte dell' effetto che l'autore avrebbe ottenuto; e quell' averla acconciata alla moda di Parigi. Io ho sempre creduto che le vestimenta debbano ricordare i tempi nei quali fiorì il personaggio ritratto, ma nel tempo stesso resterà sempre al buon senno dell' artista scegliere nelle varietà quel partito che meglio corrisponda alle condizioni dell' arte.

Il sig. Antonio Bisetti Piemontese collocò alla pubblica vista cinque busti, quattro dei quali scolpiti in marmo ed uno modellato. In uno di essi ritraeva Facino Cane per

commissione del Re di Sardegna, in altro un novarese che si asserisce perfettamente somigliante, in altro una Flora, in altro una Venere, ed in quello modellato in gesso Fanny Cerrito. Questi busti sono stati generalmente lodati per molta franchezza e diligenza, per grandissima verità nella imitazione della natura, e per rara intelligenza nel trattare e distinguere le diverse fisonomie ritratte o ideali. Chi ha visitato lo studio di questo giovane scultore e ne sa apprezzare il valore avrebbe voluto esposti i modelli di due statue che si ammirano nel suo studio (una delle quali è omai finita a condurre in marmo ), e che ritraggono una Venere, ed il re Carlo Felice di Sardegna.

Una statua di Calliope ed un busto di Washington portano il nome del sig. Scipione Ugo romano. Buono è stato trovato il partito delle pieghe e non mal condotta la statua nella totalità; ma l'esecuzione a molti non sembrò troppo finita nelle due opere.

È alcun poco maggiore del naturale una statua nuda virile che da qualche giorno richiama l'attenzione pubblica nelle accennate sale. Un corpo esanime per gli strazi sofferti ha ceduto al tormento che ne fecero genti senza pietà, ed è caduto; ma non tocca tutto intero la terra perchè il suo braccio destro non si è potuto snodare dalla cima del tronco cui fortemente è legato; nella caduta il braccio sinistro sotto l'ascella incontrando l'intoppo di un ramo rotto, da quivi cade giù pensoloni con la testa inchinata verso quel segno, e così il corpo ha un altro punto d' appoggio, posando altresi sopra una pietra o suggesto che sta a piedi del tronco e su cui si tenne già ritto il martoriato. In questo modello è stato da tutti riconosciuto s. Sebastiano saettato dalle freccie, sebbene d'alcuna freccia o ferita non sia vestigio in quel corpo. I più schifi del lodare hanno trovato in quest' opera un arte di modellare rarissima, una espressione la più commovente, un movimento naturalissimo, ed un tutto che fa testimonio di perizia e di studio squisito. Io credo che un artista si possa contentare di simili lodi; e che il sig. Fedi accettandole e compiacendosi di un suffragio pressochè universale e che gli fa molto onore, vorrà udir di buon grado alcune osservazioni, dettate con quella stessa imparzialità con cui sono pronunciate le lodi. Monterebbe po

co che noi abbiamo avvezzato l'occhio a vedere diversamente effigiata la morte di s. Sebastiano, perchè l'artista non è certo obbligato ad imitar servilmente ciò che fu fatto prima di lui; ma però e' bisogna che trovi un partito che non violenti l'azione. La statua del sig. Fedi sta artisticamente benissimo; ma pel soggetto e pel momento scelto starà bene ugualmente? Io ne dubito forte; e tanto più s'accrescono i miei dubbi, in quantochè ho osservato quasi tutti gli spettatori che ammiravano con viva compiacenza quell' opera, aggirarsi poi intorno ad essa come smagati per cercar la ragione dell' atteggiamento e indovinare il pensiero dell' artista. Infatti, sebbene freccia o ferita non apparisca sul corpo, egli è certo dall' insieme che il santo già pati la sventura, che la rabbia dei nemici di Dio si verso sopra lui. In questo caso si vorrà dire che i manigoldi gli legassero prima del supplizio la sola mano destra, e che lo situassero in quell'atteggiamento che si vede in quest' opera? Basta esser forniti di buon senso per ricusar subito cotanta stranezza. Il sig. Fedi volle rappresentare la scena posteriore, e figurare il Santo dopo l'orribile strazio, e farne vedere gli effetti. Saettato dunque dalle freccie micidiali cesse alla natura e cadde, rompendo col peso del corpo i vincoli che lo stringevano al tronco, salvo quello della mano destra dove non si concentrava lo sforzo, essendo il tronco assai basso ed il mezzo del corpo già poggiando alla terra. In questo caso quella situazione nel cadere parmi affatto impossibile; non è qui un corpo caduto ma sdrucciolato a poco a poco e leggermente, e quasi aggiungerei atteggiatosi in quella guisa non a caso ma con determinato pensiero. Quindi il momento non parmi trovato con quella intelligenza che corrisponderebbe al merito grande dello scultore. Il quale vorrei che mi passasse buona un'altra osservazione che riguarda direttamente l'arte sua: vari artisti lodando questo s. Sebastiano han detto che l'autore seppe modellare benissimo la metà superiore della statua, le mani, i piedi, la gamba sinistra, osservando però nella destra che si sarebbe dovuta ripiegar meno, e che avrebbe avuto mestieri di maggior riposo di muscoli, di minor tensione di tendini; e così, che l'avambraccio destro doveva esser men grande ove si congiunge col braccio, ed aver minore monotonia di linee. Io non en

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