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il Boni fare una cavatura nel terreno di sua casa domandò ed ottenne (1) il permesso dal confinante, posta la condizione che i travertini e qualsivoglia rocchio o frantume o pezzo di marmo, di pietra, di metallo che nel cavare si fosse ritrovato, dovesse egualmente dividersi fra l'uno e l'altro. Ancora possedeva con Guglielmo suo fratello alcune rendite nel monte di Firenze cedute dalla madre Maddalena pel molto amore che in loro aveva messo. Ma la casa di Lorenzo presso l'arco de' Foschi pare che ruinasse o fosse demolita il 1532: poichè il 17 marzo dell'istesso anno comprò da Francesco Samelio detto il Torreba una casa vicina che costui aveva in dote di Virginia del Colle sua moglie, e il 2 ottobre da Ippolita vedova di Vincenzo del Colle comprò la metà di un muro vicino: e in uno di questi contratti la sua casa è detta diruta.

Ebbe Girolama cinque figli, tre femmine Silvia, Fulvia, Elena e due maschi Flaminio e Lorenzo, i quali pure dopo la morte del padre Lorenzo andarono ad abitare nella casa di Giulio a Macel de' Corvi.

Con breve di Leon X era stato assegnato a Giulio l'ufficio della prefettura del Tevere che volgarmente chiamavano la tagliata, e che era posseduto in comune con esso lui da Giampietro Caffarello cittadino romano e capo-rione di S. Eustachio. Volendo Giulio provvedere alla sicurezza di sue rendite e a semplici forme ridurre la sua amministrazione, vendė a Fausto Caffarello figliuolo di Giampietro ogni suo diritto su la tagliata e su gli emolumenti di essa, e Giampietro cedette a Giulio il fitto di una casa e officina sua locata a Marcello Micciarelli, in via del paradiso nel rione Parione, che ammontava a 90 ducati d'oro o scudi d'oro (2) e ordinò

(1) Atto del 2 febbraio 1533.

(2) « Ducatos nonaginta auri ad rationem ju1iorum X. pro quolibet » e poco dipoi « dictorum nonaginta scutorum auri». Atto del 14 aprile 1523.

allo stesso Micciarelli gli pagasse il detto fitto di sei in sei mesi giusta il costume di Roma.

Con che due cose appariamo; la prima è che in quei tempi il ducato d'oro e lo scudo d'oro era una stessa moneta (1): la seconda che nel ponteficato di Clemente VII di Paolo III e ne' seguenti era consuetudine generale in Roma il pagare di sei in sei mesi il fitto delle case e delle botteghe.

Il 1524, com'è noto, andò Giulio a' servigi di Federico Gonzaga marchese di Mantova e lasciò suo procuratore in Roma il fratello Giambatista soprannomato del Corno, e i suoi mobili in casa di lui (2). Ecco lo inventario de' mobili, delle stoviglie, delle anticaglie di Giulio.

Quattro tazze d'argento; due grandi del peso di libbre due e mezzo; e due piccole del peso di una libbra e tre oncie e mezzo. Due cucchiaii d'argento del peso d'una oncia e mezzo. Un dente di lupo. Una crocetta d'osso nero; una intagliatura in cristallo monte. Una scatola di metallo lavorata con fogliami e ghirigori a uso di drappo di damasco in cui sono trenta medaglie di vario tipo. Un altra scatola di legno in cui sono undicí medaglie di piombo con figure diverse. Una tazza lavorata. Sei maschere da uomo. Un altra tazza di marmo bianco. Due calamaii. Una tazzetta di terra cotta antica. Una conchiglia grande. Una lumaca marina. Sei teste in gesso. Un quadretto pure in gesso. Una tavola grande con le immagini di Maria Vergine e di S. Giovanni, opera di Giulio. Una tavola piccola non finita. Alcune figure di cera. Un puttino di creta. Una

(1) Il 1490 (pontificato di Innocenzo VIII) il ducato d'oro valeva carlini xi e bai. I: il 1507 (pontificato di Giulio II) valeva carlini o sia giuli x di LXXX grani l'uno (Zanetti nuove osserv. su le mon. di Fuligno t. II. della raccolta p. 488.

(2) Pare che la madrigna Graziosa si ritirasse in una casa del rione Ripa o s. Angelo: certo è che il 17 febraio 1524 entrò nel possesso del primo piano di questa casa. Il 14 novembre del seguente anno rinunciò a Giulio e per lui a Giambattista del Corno procuratore ogni suo diritto su i beni di lui nella somma di 205 carlini.

tazzetta antica di legno. Un sacchetto con certo oltremare. Una scatola con certa biacca. Un'altra scatola con certe figure di cera. Una cassa piena di disegni, di cartoni, di libri, di scritture.

E qui mette a bene il considerare come Giulio quando in Mantova si tramutò, era giovane in 31 anni, nè mai più si ridusse in Roma; il perchè i dipinti e le architetture che sono nella città nostra, fecele in così breve giro di tempo e in tanta giovinezza di vita. E pure quali e quante stupende opere non condusse col pennello e con la sesta! Architettò nei dossi del Gianicolo un palagio per Baldassarre Turini da Pescia, in Banchi la casa degli Alberini, in monte Mario la facciata di villa Madama in forma di mezzo cerchio a uso di teatro: aiutò Raffaele nel colorire le logge vaticane, la camera di torre Borgia, il palagio di Agostino Chigi, dipinse la sala di Costantino della quale Raffaele aveva disegnato il partimento, fece una santa Margherita pel re Francesco di Francia, una tavola a olio bellissima per la chiesa di santa Maria dell'anima, la lapidazione di santo Stefano (1), per Matteo Giberti, l'assunzione di Monteluce (2), il Cristo alla colonna in santa Prassede.

Il 16 marzo 1528 era già mancato a' vivi Giambattista Del Corno: e Giulio come che assente, per mezzo di Francesco Gonzaga ambasciatore del marchese di Mantova presso la santa sede e suo procuratore provvedeva a' vantaggi dei nipoti figliuoli a Giambattista; e cosi alla vedova Virginia fece tenere a titolo di prestito grazioso 100 scudi pel matrimonio di Griseide sua nipote.

Laura e Silvia sorelle di Giulio morirono vergini e giovanette: morirono del pari Domenico e Francesco senza fare

(1) Il cartone originale di Giulio esiste nel palazzo apostolico laterancse.

(2) La parte bassa di questa tavola fu dipinta dal Penni, l'alta da Giulio sul cartone di Raffaele. Esiste nella pinacoteca vaticana.

testamento; il perchè Giulio si restò universale erede delle sostanze e del nome di casa Pippi. Giroloma Boni unica sorella superstite e vedova di Lorenzo produsse alcuni titoli di credito contra Giulio, e Giulio pure alcuni contra lei. Perochè Girolama pretendeva che il fratello fosse a lei debitore in una certa somma a titolo di residuo dotale e di legitima; a' figliuoli suoi in un' altra somma avuta in prestanza dal defunto Lorenzo; e Giulio per converso pretendeva che la famiglia Boni gli fosse debitrice del fitto della sua casa a Macel de' Corvi che da dieci anni aveva abitato, e ancora del fitto di una sua vigna nell'Esquilino presso le chiese dei Ss. Eusebio e Giuliano (1), della quale pure da dieci anni aveva goduto i frutti. Ma poichè Girolama amava molto il fratello ed era nemica alle liti che quantunque versino nelle sostanze, rodono il cuore e allentano a poco a poco i nodi delle parentele e delle amicizie, sotto il 7 luglio 1544 fece transazione nelle mani di Roberto Strozzi procuratore di Giulio, e in nome suo e de' figliuoli rinunciò a qualunque diritto sul patrimonio Pippi. In che termini e forma transigesse Giulio, non sappia mo.

I! seguente anno per gli atti del Cizoli notaio mantovano nominò suo procuratore il detto Roberto Strozzi a fine di vendere tutti i fondi che aveva in Roma, e vendè da principio la vigna ad Ascanio Celsi chierico romano per 250 scudi d'oro. Mancano gli strumenti di vendita degli altri fondi.

Giulio mancò a' vivi il 1546 non compiuto l'anno cinquantesimo quarto e lasciò due figliuoli Raffaele e Virginia. Raffaele viveva ancora il 1551 ed era in Roma: poichè nel detto anno comprò da Giambattista Novelli di Palestrina un cavallo baio scuro per 50 scudi, e Flaminio Boni suo cugino

per

(1) Juxta ecclesias sanctorum Eusebii et Juliani. Questa chiesa di s. Giuliano, della quale non è vestigio, era detta « ai trofei di Mario »> la vicinità di questo monumento.

gli fece sicurtà. Bisogna dire che Raffaele prorogasse il totale pagamento del prezzo; il vero è che abbiamo la quietanza del Novelli fatta a Flaminio per 40 scudi residuo del prezzo convenuto, quietanza che porta in data il 28 gennaio 1561 quando Raffaele Pippi era già uscito di questa vita. Virginia, narra il Vasari, si maritò in Ercole Malatesta di Mantova.

PAOLO MAZIO.

BELLE ARTI

INCISIONE

La Vergine Annunziata, dipinto di Guido Reni esistente nella segreta pontificia cappella al Quirinale, inciso nello studio Toschi da Luigi Travalloni.

Il tradurre in intaglio le opere mirabili di Guido Reni fu sempre difficilissima prova nella quale fallirono anche i meglio valenti; il che chiaro si manifesta dal fatto che poche anzi pochissime incisioni vennero finora alla luce le quali non abbiano esagerato il carattere di quel sommo dipintor delle grazie. Nè ciò debbe essere senza qualche ragione; perchè non mancarono già incisori valentissimi, nè la storia di questo ramo dell'arte và povera al paragone del resto: la difficoltà debbe derivar dunque dalla maniera particolare di Guido. È propria di costui una certa tal qual fusione di colorito, una leggerezza di tinte, una morbidezza e trasparenza che mentre riescono di effetto straordinario e trasfondono nelle figure quella grazia e quel non so che ammirabile ma non definibile, offrono però ai tentativi del bulino il formidabile sperimento che abbiamo veduto. Pareva dunque che un incisore giovane di anni e che da poco tempo si dedicò allo studio dell'arte sua non si dovesse cimentare in un opera di Guido, ma meglio in taluna di Michelangelo, di Raffaello o

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