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di tanti altri che meno ostacoli presentassero da superare con la punta del ferro. Perocchè la marcata sicurezza delle ombre, il sentito rilievo di ogni parte nelle figure, la precisione ed evidenza delle linee dalla luce colpite, sono come una traccia che segna all' incisore una via meno incerta, mentre il vaporoso che è pregio insigne delle produzioni del Reni lascia senza guida e come smarrito l'artista che tenta rinnovarle. Però chi sente di aver potenza da bastare, cerca e crea anzichè fuggire le difficoltà per gloria di superarle. Così adoperò appunto il sig. Luigi Travalloni di Fermo. Egli dopo aver condotto in intaglio solamente un ritratto di Galilei in mezza figura nel celebratissimo studio Toschi, ritratto che a lui procacciava i plausi universali, ottenne per cosi rapido progresso dalla generosità del regnante pontefice (alla cui protezione continuata si deve esclusivamente il progresso di quest'artista) la onorevole commissione della stampa della quale veniamo a parlare. Nè si sgomento punto alla scelta del soggetto, che è forse il capolavoro di Guido, ritraente l'Annunziazione della Vergine, esistente nella privata cappella del pontificio palazzo al Quirinale: egli stesso ne eseguiva il disegno.

Tu vedi l'Angelo, il nunzio del Signore giunto allora allora dal trono di Dio ad annunziare alla Vergine il sublime mistero onde sarebbe redento il genere umano. Piegato un ginocchio, con la destra levata al cielo ed un giglio nella sinistra, egli dice quell'ave, egli pronunzia quelle parole al suon delle quali giubilarono i firmamenti, e la terra esultando parve tornare al mattin della vita. La letizia del messaggero celeste è temperata dalla venerazione di chi annunzia un comando dell'Eterno, di chi sa di trovarsi innanzi alla madre di Dio. La quale tutta umile, inginocchiata in un suppedaneo con le braccia in croce sul petto, ed il viso rivolto verso la terra sta udendo la volontà dell'Onnipotente, e pare quasi sgomentata e confusa dell'eccelsa destinazione

cui era levata: però essa è l'ancella del Signore, e mentre Gabriele ancora le parla, la sua risposta la sua sommessione le sta come scritta nel volto. Il dipintore seppe così a meraviglia colpire i momenti che non si potrebbero meglio significar le due azioni; e il celestiale onde s'anima l'Angelo è tanto distinto dal meraviglioso che circonda la Vergine, che mostra veramente la potenza di un genio creatore.

La parte superiore del dipinto si adorna di una corona di cinque vaghissimi angioletti, non collocati comunque ad empire uno spazio, ma disposti mirabilmente nella curva del quadro in variate attitudini, che tutte intendono alla unità del soggetto. Diffonde il divin Paracleto una luce vivissima. a diradar quelle nubi che formano quasi intero il fondo delle figure. Questo è il dipinto; ora alla incisione.

L'elogio di essa può racchiudersi in un solo concetto; rende così perfettamente l'originale che intese a tradurre e ne conserva così interamente il carattere che sarebbe vano sperare di più. Tu vedi il colore, senti l'effetto, e provi le sensazioni medesime che desta il dipinto. La luce che rischiara la composizione, nelle molte sue gradazioni produce così diversi effetti nelle svariate cose che colpisce, che fa ottimamente distinguere non solo la diversità dei colori, ma perfino le loro modificazioni; cosicchè il bianco del giglio, che pare propriamente un rilievo, è ben lontano dal bianco di un drappo, dal biancheggiar delle nubi. Così il verde, il ceruleo a misura della intensità si ravvisano: ed in ciò il Travalloni superò proprio se stesso. La sua incisione è trattata con una semplicità di meccanismo mirabilmente legata a due tagli sempre visibili più o meno secondo il chiaro o l'oscuro; semplicità la quale con l'effetto vediamo ora essere indispensabile nell' incidere le opere di Guido, ed alla quale si deve principalmente la perfetta riuscita del Travalloni. Coloro che tradussero in rame finora le opere di quel maestro usarono sempre una complicazione di tagli che alte

rando l'effetto della trasparenza, tradirono il carattere e lo spirito di quel pennello: perchè quantunque belle ne riuscis sero le incisioni, tuttavia non riprodussero la maniera del Reni. La scelta del metodo senza ripieghi che facile all'occhio si mostra, ma chè è frutto, se ben si consideri, di lunga e meditata fatica pel semplice meccanismo che segue prospetticamente la parte che veste, è tutto merito del Travalloni. Così egli ha trionfato, colla sicurezza di artista provetto, di uno sperimento da spaventare i più grandi maestri.

E perchè alcuno non pensi che le mie lodi sieno indiscrete od esagerate, io dirò che intelligenti ed artisti di ogni partito ripetono ammirati le mie parole: fra essi nominero solamente a cagione di onore il cav. Minardi ed il baron Camuccini, professori di quella fama che tutti sanno. Questa uniformità, in tanta differenza di opinioni e di scuole, è gran prova del vero che io vò proclamando; nè gli artisti romani in fatto d'arti s'ingannano facilmente.

Conchiuderò quindi rallegrandomi col sig. Travalloni il quale con tanta sua gloria ha risposto alla protezione accordatagli dal reguante pontefice.

ACHILLE GENNARELLI.

ESCAVAZIONI

In Perugia, non è gran tempo, poco fuori le mura moderne della città dalla parte del Nord, è stato discoperto un ipogeo etrusco, ed in quello un sarcofago di nenfro, scolpito sul davanti e nei lati, e ben conservato, della misura di circa metro 1 e cent. 60 di lunghezza, e cent. 45 di profondità, e cent. 24 di altezza. Il bassorilievo che è sulla fronte di stile piuttosto arcaico, non privo però di verità, è contornato per tutti i lati da una cornice formata da un guscio, e vi sono rappresentati uomini ed animali, in atto d'incedere tutti da sinistra a destra. Sul fondo son o rappresentati alcuni alberi ad indicare che la scena si passa in campagna. Quattordici sono le figure umane, tutte imberbi tranne tre che sono barbate, e tutte formano una specie di processione, essendo tutte, ed anche le bestie in atto di andare. Cominciando da destra apre la marcia un giovane con bastone alla mano. Suc

cedono tre vecchi con folta capigliatura e barba, il primo ed il terzo dei quali ha sulle spalle un otre ripieno tutti tre poi hanno una corda che passa per il collo di tutti tre e li congiunge insieme. Succedono due donne coperto il capo di un panno, e la seconda di queste ha un bastone a cui si appoggia. Vien dopo un uomo con palio che loro accenna di andare innanzi. Presso questo viene un cane domestico, con collare al collo, in atto d'andare fiutando in terra. La specie del cane sembra di quella che dissero hirpus i latini. Vien poscia un cavallo con basto, a cui sono raccommandati tre fardelli uno sopra l'altro, ben legati, a modo di valigiotti. Succede un altro uomo con una zappa nella sinistra. Altro cavallo con basto come l'altro, ma con due soli fardelli ma più grandi, e bene assicurati con cordelle. A lato del cavallo un altra figura di un giovane con mani levate in atto di acclamazione. Succede un uomo con pallio, col capo cinto di diadema portante nella sinistra due giavellotti, e con la destra recantesi sulla spalla una lira. Dietro questa un altra figura di uomo con tunica e pallio. avente anch'esso due giavellɔtti nella mano sinistra, e con la destra accennando l'andata. Altra figura consimile, ma con bastone, camminando si volge indietro ed accenna ai vegnenti di accelerare il cammino. Vengono in fine due capre, e due buoi condotti e stimolati da due uomini, uno dei quali ha una lancia, l'altro la lancia nella sinistra, ed un bastone nella destra.

I lati del sarcofago presentano persone assise a mensa servite da fanciulli che loro ministrano da bere, giacenti nei letti conviviali, con mense e vasi.

Quanto questo soggetto è facile ad essere riconosciuto per l'analogia con le notissime pitture dei vasi, e delle pareti dei sepolcri etruschi, tutte allusive ai defonti, altrettanto parmi difficile la spiegazione del soggetto del grande bassorilievo della fronte dell'urna. Non ostante proporrò ai dotti archeologi una mia opinione sul soggetto in genere, pronto a lasciarla quando mi si presenti una spiegazione migliore. Io per me sono di avviso che tutto il soggetto sia allusivo ad una di quelle emigrazioni regolari di un popolo, che andava all'azzardo a trovare altro paese dove stabilirsi, deducendo ivi una colonia; emigrazione che facevasi per voto fatto, che chiamavasi propriamente primavera sacra, voto vere sacro, ed il di cui scopo era di metter fuori della città tutta la giovane popolazione ridondante, acciò gisse altrove a cercarsi un nuovo paese da coltivare, ad incolendas sedes, quas fortuna dedisset. Perciò tutti sono giovani imberbi quelli che partono, recando seco una parte del gregge, i loro bagagli, gl' istrumenti di agricoltura, le loro donne, e tutti guidati dall'irpo, o cane domestico che li precede fintando il terreno, irpum ducem sequuti agrum occupavere, dice Festo. Le figure delli due, uno dei quali con diadema, doppio giavellotto e la lira, e l'altro con la doppia arma soltanto credo siano quelle dei capi della deduzione, ossia dei duumviri (che duumviri coloniae deducendae dissero poscia i romani) e se uno dei due ha il diadema e la cetra lo credo addetto più specialmente al culto.

Unico imbarazzo alla spiegazione sarebbero i tre vecchi legati nel collo, due dei quali hanno l'otre ripieno sulle spalle. Ma io suppongo che come la gioventù che partiva riceveva la sua porzione di bestiame e di masserizie, così loro si desse la parte ancora dei servi o schiavi, che tali al carattere compariscono quei tre vecchi con chioma e barba inculta. Se ciò fosse si spiega ancora il recare che fanno sulle spalle la bevanda necessaria pel viaggio, il vederli assicurati con corda al collo, ed il precedere che fanno la marcia, poichè quello è di natura sua il posto dei servi e de' schiavi acciò non sia dato loro di poter fuggire.

Si ricevano queste mie spiegazioni per ora come semplici congetture, che se saranno trovate giuste potrò allora sviluppare più alla distesa le mie opinioni su di questo singolarissimo monumento.

GIUSEPPE MELCHIORRI.

ECONOMIA INDUSTRIALE

Su di un focolare costruito di brieve nel convento
de' Cappuccini a piazza Barberini.

Quando mi fur raccontate le singolarità di questo focolare, se io affermassi che vi tenni subito fede, sospetterei di essere giudicato e da tutti avuto per uomo leggieri. Mi si diceva: pregio di questo focolare è che non si vede fumo nè fuoco, nè calor si sente al suo bancone, oltre il risparmio di due terzi del combustibile sopra i focolari comuni. Poi, seguitando, aggiungeva il raccontatore: ma più bella e quasi incredibile cosa è, che, levata da un de' fornelli la caldaia, si vede il vapore dell'altra più vicina (se scoperchiata) dirigersi alla bocca di detto fornello, e col fumo che di questo aveva voluto per poco innalzarsi, si vede, dissi, esso vapore discendervi dentro, e incanalare a una feritoia o fistola, che è da basso il fornello, e perdersi. Ma queste, che io riputai allora delle solite iperboli, furono indi a poco per me un fatto certo, che non saprei e potrei oggi menomare, senza sconciare il vero. Imperocchè di questi ultimi dì, tirato dalla

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