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IL SAGGIATORE GIORNALE ROMANO NUM. 5.

STORIA

SECONDA LETTERA DI ENRICO IV RE DI FRANCIA
A CLEMENTE VIII.

Tressaynt pere, ie respond a part par la presante a la Ire quyl a pleu a Ure S. tete mescryre du XXIIme du moys doctobre touchant la lygue et confederasyon que Ure S.tete desyre fere antre les prynces et potantes de la chrestyanté pour le byen dycelle et pour l'exaltasyon de la gloyre de Dieu contre les ynfydelles et ennemys de son saynt nom et dyray a Ure S.tete que telle entrepryse est uraymant dygne de la pyeté et magnanymyté de Ure S.tete et samble que Dieu luy an ayt reserué et destyne la gloyre dans les choses que sa prouydance dyuyne a fa par nuys que Ure dyte S.tete aytfaytes acomplyes de puys son heureus pontyfycat a laduantage et benefyce de la chrestyanté Ure S.tete layant par sa prudance et son bonheur myraculeusemant retyrée dune mer de confusyon et dyscord dans la quelle elle estoyt come submergée et preste a fere naufrage pour la fere jouyr dune bonasse playne dunyon et concorde quasy contre lesperance et contre lopynyon des hommes y est trescertayne aussy que lampyre de la ANN. I.

Con la presente rispondo a parte a parte alla lettera che alla S. V. è piaciuto scrivermi sotto il 22 otto bre, riguardo alla lega e confederazione che la S. V. desidera stabilire fra i principi e signori della cristianità pel bene di essa e lo esaltamento della gloria di Dio contro gl'infedeli e i nemici del suo santo nome: e dirò alla S. V. che tale intrapresa è veramente degna della pietà e magnanimità della S. V. e sembra che Dio le abbia destinato e riservato la gloria di compire nel tempo del suo felice pontificato le cose che sua divina provvidenza ha fatto per noi, a vantaggio e benefizio della cristianità. V. S. con la sua prudenza e felicità prodigiosamente la ritrasse da un mare di confusione e discordia nel quale era quasi sommersa e vicina di naufragare, per farle godere una calma piena ed eguale quasi contro la speranza e la opinione degli uomini. Egli è certo che l'impero della famiglia ottomana è grandemente decaduto e scemato di riputazione, di forza, di autorità, di mezzi dopo il ponteficato della S. V. come le è piaciuto noti→

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meson otomane est grandemant descheu et afoybly de reputasyon dauctorité de forces et moyans depuys le pontyfycat de Ure S.tete come yl luy a pleu me rapresenter par sa Ire de sorte que toutes choses concurrent a nous yeux fere experer du desayne de Ure S.tete sy elle est segondée et assystee dun chachun comme elle doyt estre, quand a moy tressaynt pere je receuray a grande grace de pouuoyr an telle occasyon randre a Dieu et a Ure S.tete le talent de celles que sa dyuyne m.té et Ure S.tete mont sy largemant departyes comme je souuant declare et fay dyre a Ure S.tete et me samble que la uoye proposé par Ure S.tete pour achemyner et conduyre lafere a sa perfectyon est la meyleure et plus propre quy sy peut tenyr partant UreS.tete croyra syl luy playt quelle mest tresagreable comme me sera tousyours a sequy uyendra delle doncques pour satysfere au dit desyr de Ure S.tete et y contrybuer ce quy depant de moy jay donne charge a mon ambassadeur dantandre tous moyans quy scrant proposés et represantér aussy a Ure S.tete ce que je stime estre propre et necessayre de fere pour bien commancer et conduyre une suyhaute antrepryse me confyant comme jay tousyours fayt an lequyté et byen ueylance de sa saynteté quelle aura tousyours bon esgard a tout ce quy sera de ma dygnyté et de mon ynterest aynsy que luy dyra plus partycularemant mon dyt ambassadeur sous la foy et creance que ye supplyc Ure S.tete con

ficarmi con la sua lettera, di modo che tutte le cose, per quanto noi possiamo vedere, ci fanno sperar bene del disegno di V.S. se sarà secondata e assistita da ognuno come dev'essere. Quanto a me, santissimo padre, a insigne grazia ascriverò il potere in tale occasione rendere a Dio e alla S. V. il cambio per tutto ciò che sua divina maestà e la S. V. mi hanno così largamente compartito come io stesso dichiaro e mando a dire alla S.V. Mi sembra che la via proposta dalla S. V. per imprendere e condurre a compimento l'affare sia la migliore e piùpropria che si possa tenere, e la S.V. si persuada, se così le piace, che mi è carissimo, e sarà sempre, tutto ciò che verrà da lei. Adunque per satisfare al desiderio della S. V. e contribuire quel tanto che dipende da me, incarico il mio ambasciatore di esaminare tutti i mezzi che saranno proposti, e rappresentare altresì alla S. V. quello che si crede conveniente e necessario per cominciare e condurre sì nobile impresa, fidando come feci sempre nella equità e benevolenza di V. S. che avrà sempre riguardo alla mia dignità e al mio interesse come più particolarmente le dirà il mio ambasciatore a cui supplico la S. V. di seguitare a dare fede e credenza. E Dio, santissimo padre, la conservi felicemente e lungamente, come di tutto cuore lo prego.

Questo di VII novembre
a Marcoussy

tynuer a luy doner et ye prye Dieu tressaynte pere quys la conserue tresheureusemant et treslonguemant comme de tout mon courla supplye. Le VIIme nouambre

a Marcoussys

Ure tresdeuot fils

HENRY

Vostro devotissimo figlio
ENRICO

Prima di levare la mano da questo volgarizzamento il quale se sia frutto di grave e spinosa fatica, quei pochi letterati intenderanno che sono soliti di interpretare le carte antiche specialmente se dettate in una lingua straniera, confesso che avendo riesaminato con più esquisita attenzione il fac simile dell'autografo, parmi che il tratto della prima lettera compreso ne' versi XXVIII, XxIx, xxx, xxxi della pagina 61 debba leggersi in questo modo:

yauray tal soyn aussy de contynuer a menager ledyt que jay fet pour la trancquylyté dé mon royaume que la relygyon....

continuerò pure a temperare l'editto che ho fatto per la tranquillità del mio regno, con tanta cura che la religione cattolica ne raccoglierà il frutto....

PAOLO MAZIO.

DE' CURATORI DELLE MURA DI ROMA NEL SECOLO XVI.

In quella parte delle mura di Roma che corre il castro pretorio fra porta Pia e porta Chiusa, presso la cortina di Urbano VIII, esiste una iscrizione omessa dal Bianchini (1) e dal Galletti (2), riferita solo dal Nibby (3) e che io mandai copiare nel luogo: ella è in questa forma:

(1) Delle porte di Roma.
(2) Inscriptiones etc.
(3) Mura di Roma p. 338.

Julio. II. p. m.

(seguono le armi gentilizie di Bernardino Milzi e di Prospero

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Da questa iscrizione si rende manifesto che nel secolo XVI o certo nel ponteficato di Giulio II esisteva in Roma un magistrato addetto alla custodia e riparazione delle mura che s'intitolava « curator moenium ». La osservazione non è nuova e già fu fatta dall'egregio marchese Melchiorri (1).

Ma nuovo ed inedito è il documento sotto l'anno 1528 quarto del ponteficato di Clemente VII (2), che in somigliante proposito ritrovai e che reciterò volgarizzandolo fedelmente e quasi di parola in parola:

<< In presenza di voi magnifici signori conservatori e priore de' signori capo-rioni e di voi capo-rioni e di tutto il consiglio compajono il signor Mario Crescenzi ed il signor Virgilio di Mantaco cittadini romani, e dicono come da papa Leone di felice memoria essi furono deputati « revisores murorum et pontium urbis » con certo salario e provvedimento annuale da pagarsi loro dalla gabella dello studio, e come dal giorno di loro nominazione sino al presente essi e ciascuno di loro respettivamente esercitarono i detti officii con grandissima fede e diligenza per consenso di tutto il popolo romano e senza contradizione ».

Da questo atto varie notizie si apprendono: e prima che a' tempi di Leone X e di Clemente VII durava questo magistrato de' curatores o revisores moenium, di poi che aveva in

(1) Guida di Roma p. 56.

(2) Esiste nell'archivio del notaio Bacchetti in Campo Marzo.

cura i ponti e le mura, ultimamente che dalla gabella su la importazione del vino che Bonifacio VIII aveva applicata all'onorario de' professori e al mantenimento dell'Archiginnasio, ritraevano il loro stipendio. Nè piccola lode egli è di Mario Crescenzi e di Virgilio Mantaco (1) che con fede e diligenza grandissima esercitassero il detto ufficio: perocchè si avvennero in tempi molto difficili quale fu quello dell'assedio e del sacco di Roma (il 1527) e dello stanziare che vi fece l'esercito di Carlo V dal 6 maggio del detto anno fino al 27 febbraio del 1528.

PAOLO MAZIO.

IL CARNEVALE DEL MEDIO EVO IN ROMA.

I pubblici spettacoli sono sempre analoghi allo spirito nazionale, ed alle ricchezze de' popoli. Ed in fatti allorquando Roma era pur anco ne' suoi principii, i nostri maggiori, frugali e tutti alla guerra intenti formavano il loro prediletto divertimento colle corse dei cavalli, e de' carri; e colle pugne de' gladiatori, e de' pugili. Non eravi da principio edificio alcuno che servisse di commodo agli spettatori, e di ornamento alla cosa. Fu soltanto dopo un' insigne preda fatta sopra i latini, che Tarquinio Prisco disegnò il luogo pel circo di poi detto Massimo, e con rozzi pali innalzó pochi palchi, da cui in luoghi distinti assistessero allo spettacolo i padri, i cavalieri, la plebe; e per render più sontuosa la festa, egli fece in tali occasioni venire a Roma cavalli, e pugilatori dalla suburbana Etruria. Roma contava ormai cinque secoli di esistenza, e la fuga di pochi suonatori di tromba fu creduta di tanta importanza da meritare l'attenzione del senato per richiamarli, e le preghiere del popolo per ritenerli (2). Divenuti però i romani potenti e doviziosi, l'odèo diventò una delle meraviglie della città signora dell'uni. verso e gli antichi obelischi del vinto Egitto formarono uin or (1) I Mantaco o Mantica, famiglia estinta, abitavano a Macel dei Corvi una casa fondata sul sepolcro di C. Bibulo: la quale rinnovata quasi del tutto appartiene al signor barone Vincenzo Grazioli e si chiama tutt'ora palazzo Mantica.

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(2) Tacit Ann. XIV 20 e 21.

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