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Il Cicognara pensò che Matteo Civitali non conducesse l'architettura del tempietto del volto santo: il Ridolfi producendo copia del contratto con che il Bertini potente e magnifico cittadino di Lucca alloga quell'opera al Civitali, mostra l'errore del Cicognara. Ancora emenda il Vasari che fece il detto Civitali scolare di Jacopo della Quercia mancato a vivi vii anni prima che quello artista nascesse. Riprova, e giustamente, il Zacchia dell'avere nell'innanzi della sua tavola effigiato un fanciullino che scherza con un cane, particolarità che non si rannoda con la composizione e che stoglie il riguardatore dalla idea del dipinto: nel che come io stesso divisai nella seconda scrittura mia sul purismo pittorico, errarono alcuna volta gli stessi artefici del trecento. «Ancora i trecentisti, diceva io, quantunque ignari come sono del chiaroscuro, del nudo e di ogni altro simile effetto non oscurino la idea con lo smodato artificiare degli scorti, della luce e de' panni, come fecero più tardi i barocchi, pure l'animo stolgono alcuna volta dalla meditazione delle cose rappresentate col ritrarre che fanno nelle opere loro obbietti o non congiunti o con rimesso vincolo congiunti alla idea. Il Cavallini uno de' migliori della scuola giottesca (1) espresse lo Spirito santo che figurato in colomba e seguendo la direzione della luce, par che voglia entrare in seno alla Vergine che legge in un volume e rimpetto alla Vergine il messaggiero celeste. Ciò bastava a ritrarre con verità la idea del dipinto, vale a dire che la Vergine per la sola virtù dello Spirito divenne madre di Dio: ma lo artefice sopraggiunse al dipinto un gran campo stellato, quattro finestre a sesto acuto e di strani rabeschi ornatissime, diversi ghirigori alle pareti e nel pavimento dell'abitacolo, e un giglio che sboccia da un vaso simbolo non necessario a significare la verginità di Maria, quando si vede lo spirito di Dio che la fe

(1) La sua annunciazione si vede nella galleria di Brera.

conda. E nell'adorazione de' magi (1) di Stefano Gaddi che cosa fanno quel pavone che sul tettoio della capanna spiega « Il ricco onor delle gemmate piume (2) » e que' cavalli che mostrano la crinita testa? chè perdono alla rozza semplicità degli antichi lo avere tributo a' potenti di Arabia in una lunga peregrinazione cavalli, non dromedari contro l'uso di quella terra e il vaticinio d'Isaia ».

Vorrei che in ogni città posseditrice di sculture, di tavole, di monumenti (e poche sono nell'Italia nostra le città che non vantino qualche tesoro artistico) fosse una deputazione per i restauri così operosa ed intelligente com'è in Lucca, e un direttore e relatore così abile ed erudito com'è il prof. Michele Ridolfi.

PAOLO MAZIO,

ARCHEOLOGIA

Epigramma greco di arcaica paleografia scoperto a Corfù nell'ottobre dell'anno MDCCCXLIII sul monumento sepolcrale di Menecrate Eanteo figliuolo di Tlasia.

L'arcaica iscrizione greca, che noi qui riportiamo su l'esemplare publicatone in Corfu dal professore Francesco Orioli (3), fu trovata nello scorso ottobre dell'anno MDCCCXLIII demolendosi il forte di san Salvatore nel sobborgo di Castrades, da cui fino alle Saline lunghesso il mare estendeasi il sepolcreto dell'antica Corcira accennato da Seno

(1) In S. Marco di Firenze.

(2) Fulvio Testi nell'ode « Superba nave etc. »`

(3) Gazzetta di Corfu del 12 ottobre 1843 e seguenti in diversi articoli

ANN. I.

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fonte (1). Essa è incisa intorno ad una gran base circolare di tufo, sopra cui fu posta un'altra base più stretta e rientrante, che forse sostenea la otńλn o colonnetta funeraria. Ai fianchi di questa spezie di piramidetta erano altre due basi quadrilunghe anch'esse di tufo, sur una delle quali è figurata una lionessa in atto di riposo, ben lavorata, quantunque di stile arcaico e simile all'egizio. L'altra avea forse un'altra lionessa compagna per simmetria, ma non si può affermare con sicurezza, perchè il sasso non ne ha più traccia. Tralasciamo altri avanzi di antichità colà rinvenuti, come vasi colonnette e simili descritti dall'Orioli, che debbono giudicarsi e definirsi da chi li ha presenti: noi ci fermeremo su l'epigramma sepolcrale, che fedelmente espresso in un calco a posta può studiarsi anco dai lontani; e a noi sembra importantissimo per tre rispetti. I. Per l'arcaica paleografia di Grecia e d'Italia. II. Per la poesia e pe' dialetti della lingua greca. III. Per la storia e per le relazioni scambievoli degli antichi popoli. Consideriamoli partitamente colla brevità, che si addice alle nostre lezioni (2).

I. Egli è dunque a notare prima di tutto, che l'epigrafe è scritta da destra a sinistra in una sola

(1) Hist. Gr. L. VI. c. II. г. 20 άло tv μvnuάtwv šßaλλον καὶ ἠκόντιζον.

(2) Questo scritto è una lezione di greca paleografia monumentale fatta a' suoi discepoli dal P. Ciampietro Secchi della Compagnia di Gesù professore di Filologia greca nel Collegio Romano.

linca continuata, e che gli esametri de' quali unicamente è composto l'epigramma, sono divisi da tre punti in fine di ciascuno alla maniera de' tempi antichissimi senza che appaia vestigio d'alcun'altra interpunzione. Non si può tuttavia inferire da una linea sola, che questa iscrizione sia d'età più remota che altre iscrizioni corciresi di scrittura ßoustρopadov (1). Poichè, dato eziandio che la scrittura in linee da destra a sinistra sia più vicina all'origine semitica, noi non sappiamo da qual parte lo scrittore dell'epigrafe avrebbe incominciata nel sasso una seconda linea. Ad onta di ciò gravi argomenti ci persuadono, che questa epigrafe è di molta antichità. Niuna traccia in essa dei caratteri delle vocali lunghe; e benchè non sia stato ancor definito in che tempo i nuovi caratteri fossero introdotti nell'eolico e nel dorico alfabeto, e singolarmente fra tanti popoli e città diverse che parlarono questi due dialetti; nondimeno è probabile che ultimi fossero gli attici ad usarli sotto l'arcontato d'Euclide. sul fine della guerra ateniese nel Peloponneso, e che però l'epigrafe corcirese non sia posteriore all'olimpiade novantesima quarta, e all'anno quattrocento innanzi all'era volgare. Cresce all'occhio dei periti l'arcaismo della scrittura nel vedervi l'A col taglio obliquo e più basso a sinistra come nell'etrusco alfabeto; l'E tanto per e quanto per ʼn colla forma del B rovescio; l'I con quella del sigma ser

(1) Bocckh. Corp. Iuscr. Gr. n. 20.

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peggiante ; l'O tanto per quanto per in forma rotonda ora col punto, or senza punto in mezzo e una volta sola romboide in principio dell'epigrafe; I'r formato da un'asta dritta verticale tagliata verso la cima da un'obliqua, e perciò somigliantissimo al tau y di molte lapidi etrusche.

Non isfuggì la maggior parte di queste osservazioni alla diligenza dei letterati corciresi; e però rimarchevole ancora che lo spirito aspro, il cui segno fu necessario una volta sola, è notato con H chiuso sotto e sopra da altre due linee parallele, qual pure si ha nella iscrizione dell'elmo tirennico dedicato a Giove Olimpico da Gerone sicurasano col suo nome IARON per Iépwy (1). Se non erro, la singolare scrittura B per E ed H nella paleografia di Corinto e delle sue colonie proviene appunto dal carattere per H segno dello spirito aspro, ro8 tondati in parte i due parallelogrammi. Fatto sta che pure il carattere 8 presso gli etruschi equivale al segno dello spirito aspro H e per ragione di pronunzia sabina al latino F ed anche al greco . Si aggiunga che lo stesso greco H riserbato in antico all'aspirazione aspra passò ad esprimere in seguito il solo E lungo; anzi lo stesso carattere che altrove è segno frequente dello spirito aspro in una iscrizione Bovatpopndóv di Mileto equivale all'E lungo nelle voci ΕΡΜΗΣΙΑΝΑ # per ΕΡΜΗΣΙΑΝΑΞ, ΕΜΕΑΣ per ΗΜΕΑΣ, ΑΝΕΘΗΚΕΝ per ΑΝΕΘΗΚΕΝ (2). Si (1) Boeckh corp. Iuscr. n. 16.

(2) Boeckh. corp. Inser. Gr. n. 39.

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