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non si parla nel detto poema. Pare che questo aneddoto sia la riproduzione di una saga o tradizione irlandese che il popolo de' cantoni forestieri si appropriò per abbellirne la storia del suo affrancamento.

Lettera inedita di Linneo. Il signor Requien d'Avignone comunicò ultimamente alla francese accademia delle scienze il seguente passo di una lettera inedita di Linneo dal quale si vede che a lui non a Celsius si deve l'applicazione della scala centigrada al termometro: Ego primus fui qui parare constitui thermometra nostra ubi punctum congelationis 0 et gradus coquentis aquae 100: et hoc pro hibernaculis horti si his adsuetus esses, certus sum quod arriderent ».

Scoperta rivendicata all'Italia. Il prof. Gera di Conegliano ha rivendicato all'Italia il modo di trarre la seta ad un capo solo o come dicono i Francesi à la sans mariage, à la tavelle. Se ne trova menzione fino dal 1631 in un « manifesto della camera de' conti di Torino » nel quale è detto che chi vorrà metterlo in uso, l'apprenderà dalle filatrici della casa di ricovero di S. A. R. Dunque ai fratelli Cournier ed altri francesi si attribuisce falsameute l'invenzione di questo metopo è vero però che Geffray, Bobinet ed altri francesi il perfezionarono.

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Viaggio letterario. Il signor Lottin de Laval ha avuto dal governo francese una nuova missione storica di cercare le tracce dei Normanni in Sicilia, sulle rive del Mar Nero, nell'Asia Minore, nell'Egitto, e nelle reggenze di Tunisi e Tripoli.

Monumento di Bonaventura Cavalieri. Il giorno 11 settembre nel cortile dell'I. R. palazzo di Brera in Milano fu inaugurata la statua colossale, opera dello scultore Labus, eretta alla memoria del sommo matematico milanese Bonaventura Cavalieri. Questa inaugurazione fu celebrata con eloquentissimo discorso dal dottor Gabrio Piola presidente dell'Istituto lombardo nel quale ragionò con rara sapienza e chiarezza de' meriti scientifici del Cavalieri in modo che ancora i meno versati in quelle astruse discipline potessero apprezzare quanto il grand'uomo operasse a pro di esse.

SOMMARIO

STORIA. Documenti pubblicati dal card. Mai nello Spicilegium Romanum. Art. II. P. Mazio. La Giostra di d. Ferrante Gonzaga principe di Molfetta, MS. inedito. Parte prima. P. Mazio. LETTERATURA. Permutazioni della poesia. Art. VII. P. Mazio. VARIETA'. Notizie diverse,

Roma 15 Ottobre 1844

IL SAGGIATORE GIORNALE ROMANO NUM. 9.

STORIA

DELLA GUERRA DI CIPRO E DELLA BATTAGLIA DI LEPANTO, DOCUMENTI ORIGINALI ED INEDITI TRATTI DAGLI ARCHIVI COLONNA E CAETANI.

Il giorno 7 ottobre 1571 segna uno de' più strepitosi e memorabili avvenimenti per la cristianità, nella memoria del più glorioso e più pieno trionfo che armata cristiana vincesse contro i feroci seguaci di Maometto. Tutti sanno come il pontefice Pio V, cui la chiesa novera nell'albo de'santi, riusci a concludere col mezzo di Marcantonio Colonna contro la prepotenza terribile e sanguinosa dei turchi una lega di principi cristiani, della quale egli stesso fu capo, e principali sostegni il re di Spagna e la republica di Venezia. Non è ignoto del pari come fra' principali moderatori di quella guerra si noverasse lo stesso Colonna, ammiraglio pontificio, e come le fanterie della flotta papale fossero sotto l'ubbidienza di Onorato Caetani. È facile dunque indovinare che gli archivi di queste due famiglie debbono esser pieni di preziose notizie sia sul trattato della lega, sia sull'ozio delle flotte congiunte nel primo anno, sia sui particolari della battaglia. Ora io posso assicurare i mei leggitori che i documenti di cui questi due archivi son ricchi su questo proposito, superano di molto per numero e per importanza ogni idea che possa concepirsene. Io ho pensato a lungo se fosse meglio accennare le novità che da questi originali documenti s'imparano, ovvero riferire quali sono i documenti medesiANN. I. VOL. II.

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mi. E mi sono appigliato a quest'ultimo partito per molte ragioni, delle quali dirò una sola, cioè che quei monumenti portano spessissimo l'impressione del tempo, e si colorano di quelle passioni, le quali chi è straniero agli avvenimenti non può mai acconciamente in altra forma tradurre. La difficoltà insuperabile era che, per un giornale misurato quale è il presente, quelle carte son troppe; ma io pubblicando qui le principali, serberò ad una speciale monografia la unione di tutte. Perchè però i leggitori, senza tanto affaticarsi, intendano presto quello che le mie pubblicazioni manifestano novellamente, e quello che correggono nelle cose accettate finora dall' universale, accennerò in breve le cagioni della guerra e dell'alleanza, e i fatti della battaglia che compi le opere della lega.

Selimo imperatore de' Turchi, non forte e generoso come il padre suo Solimano a cui era succeduto, ma feroce e molle, facendosi aggirare da' consiglieri a quali tornava più utile la strage e la guerra che il riposo e la pace, nel 1569 all'ombra di frivoli pretesti minacciava Venezia, e si apprestava con armate poderosissime ad assalirla in Cipro. In fatti nell'anno che segui, settantamila combattenti e cencinquanta galee muovevano terribilmente alla infelice isola veneziana, circondavano con apparati formidabili Nicosia, e chiudevano con la flotta Famagosta. I veneziani spaventati, senza disperare, a tant'urto di guerra, e per le condizioni de' tempi incapaci a sostenerne il peso, tentarono i principi cristiani a congiungersi contro il nemico di Dio; ed il pontefice Pio V fu così percosso al pensiero che quell'antemurale del cristianesimo potesse venire in potere dei mussulmani, che non perdonò a fatica, onde i principi a' quali era possibile non mancassero in tanto pericolo alla minacciata repubblica. E riuscì a questo che il re di Spagna, la religione di Malta, ed i duchi di Savoia, di Firenze e di Urbino facessero con essa comune la causa: ed egli mede

simo spedi primo a Messina una flotta comandata da Marcantonio Colonna guerriero già sperimentato e famoso, e dichiarossi capo della unione. Congiunte insieme le flotte, fornite dell'occorrente afferravano a Candia per deliberare le imprese; e dopo molte controversie, prevaleva l'opinione del generale della chiesa (come tale, comandante di tutte le squadre) e cento ottantanove vele (era il 17 settembre del 1570) scioglievano portatrici di soccorso alle sventure di Cipro. Ma travalicato appena il canale di Rodi, Marco Quirini spedito innanzi a scoprire l'armata nemica, tornava incontro con le sue galce annunziando la caduta di Nicosia, e la perdita di tutta l'isola, tranne Famagosta, dove l'oste nemica già concentrava il suo impeto irresistibile. Consultarono i comandanti sul partito da prendere, ma gli sforzi dei più generosi che volevano andare a trovare il nemico non prevalsero, e i confederati si divisero senza avere tentato la sorte delle armi, sordi ai gemiti degli infelici difensori di Famagosta, che pugnando con sovrumano valore, fondavano in essi l'ultima loro speranza, e con l'ansia sul cuore stavano speculando affacciati ai bastioni delle fortezze.

Il mondo cristiano fu preso di meraviglia e di sdegno a tanta inerzia, e pianse alla caduta di Nicosia e poco dopo a quella di Famagosta, dove caddero non vinti ma oppressi i più forti i più magnanimi guerrieri del mondo. Settemila soldati (e di essi 3500 italiani, gli altri indigeni o di vicini pacsi) capitanati da Marcantonio Bragadino e da Astorre Baglioni sostenendo lo sforzo di duecentomila turchi che con la intrepidezza e con l'ardire della barbarie assalivano la città, per oltre dieci mesi rispinsero mille assalti, e senza il testimonio della realtà si sarebbero messi nel numero degli eroi imaginati dall'entusiasmo. Dai primi di maggio ai primi di agosto gli italiani erano ridotti a settecento, e questi laceri e consunti; pochi restavano degli altri; i cittadini e le donne che garreggiarono col valor dei soldati combattendo

aiutando erano già o morti o incapaci alle pugne; la città mezza distrutta; polveri e munizioni finite, cibi mancati, chiusa ogni strada al soccorso dieci mesi aspettato. Capitolarono. Sa il mondo che Mustafà cominciò ad osservare i patti uccidendo i primi dell'esercito venuti al campo sulla sua fede, ordinando che il Bragadino (precipito la narrazione) fosse scorticato, e fatto ludibrio alla gente; e tutti gli altri messi ai ferri. Maledizione ai traditori! Ma li arrivò pure una volta e li percosse la giustizia di Dio!

Il pontefice Pio Quinto adoperava in modo che nel 1571 la unione più volontaria che bene stabilita fra principi passò ad una lega formale avvalorata di statuti che tutto prevedendo, toglievano il pericolo di una nuova discordia fra i capi delle schiere. Don Giovanni d'Austria fratello del re di Spagna ebbe nome di generalissimo delle flotte alleate, Marcantonio Colonna guidò l'armata pontificia, Giannandrea Doria in unione col generalissimo i vascelli del re di Spagna, Sebastiano Veniero e Agostino Barbarigo i veneziani, Andrea Provana quattro galere di Emmanuele Filiberto, Tommaso de' Medici altre quattro del duca di Toscana. Inoltre baroni e guerrieri famosissimi vennero a questa impresa mossi da varie cagioni, come Alessandro Farnese, Francesco Maria della Rovere, Paolo Giordano Orsino, Alberico di Lodrone, Gabrio Serbellone, Pompeo Colonna, Pagano e Marcello Doria, Orazio e Virginio Orsini, Ottavio Gonzaga, Ettore Spinola, Paolo Sforza, Innocenzo Cibo, don Pietro Tagliavia, don Antonio Caraffa, Marino Caracciolo, Ascanio della Cornia, Sforza conte di Santafiore ed altri moltissimi. Nel giorno 14 agosto 1571 nella chiesa di santa Chiara di Napoli il card. Granuela consegnò a don Giovanni d'Austria lo stendardo della lega mandato da san Pio Quinto. Mossero le squadre alla volta di Messina, da dove si avviarono verso Corfù ai 16 di settembre. E qui è da tenere a mente che il re di Spagna aveva stabilito che don Giovanni dovesse in

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