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PARTE PRIMA.

CORO.

Mille canti di gioja e di gloria

Innalziam sulle Venete sponde,
Ove il Cielo ogni bene diffonde,
Ove regna la Pace, e la Fe.
Tu, Città, che torreggi sull'onde,

Tu, che sei lo splendor de' Regnanti,
Odi i voti - de' Popoli amanti,

Che devoti

Quali festose grida

si volgono a Te.

TEMPO.

Odo per l'etra risuonar! Ah questi

Sono i Geni custodi

Delle Città soggette all' Adria. Oh come

In mezzo all' onde altero

Questo Dominio gode

I comuni ascoltar inni di lode!

Oh come in se sicuro egli disprezza

Gli oltraggi miei! Dopo trecento lustri
Ancora gli fiammeggia

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Il cimiero sul crin: ancor con l'ombra

Delle tremanti piume

Della Terra e del Mar gran spazio ingombra.

Eccolo: ma che veggio? Ha suoi seguaci
Il Senno, e la Fortuna. Io fremo invano:

D'atterrar quel superbo

Più non mi resta speme,

Se questi contro me s'armano insieme.
Io tutto spargo al vento,
Io tutto stendo al suolo;
E questo Impero solo
Meco a contrasto vien?
Se con Fortuna il Senno
Congiura a danni miei,
L'invidia vostra, o Dei,
Deh mi protegga almen.

SENNO.

Signor, udisti i tutelari Geni

Delle suddite sponde? Ah lieto in volto
Accogli sempre i voti lor. Ah regna

Sempre a te stesso egual. Del Tempo avaro

I fremiti e gli oltraggi

Non dei temer; invano

A queste auguste Loggie erra d' intorno :
Invano sulle cime

Delle tue Torri orme di sdegno imprime.
Quì con le dotte Muse

Albergan l'Arti; e queste ognor sapranno
Del Tempo edace riparar il danno.

DOMI

XvX

DOMINIO.

Sempre egual mi vedrai. Ma tu costante
Assisti al fianco mio. Del Tempo all'onte,
E' ver, resister sanno

L' Arti e le Muse: ma de' regni miei

Il presidio maggior, Senno, tu sei.

Ognor in tua difesa

SENNO.

Attento io veglierò. Tu mi vedrai
Nella gran scelta del futuro Duce
Regger i Figli tuoi. So che Fortuna
Presiede all' urne; ma le sorti alfine
A me spetta approvar. Ah perchè mai
Questa instabile Dea

Non seguì sempre i miei pensier! Oh come
Di mille altre Città lieti vedrei

Volarti intorno i tutelari Dei!

Oh come belle ancor sotto il tuo freno

Sarian Corinto, Atene,

Sparta, Megara, Olimpia, Argo, e Micene!
Ma tu, Fortuna, ora mi guardi e taci?...
Che dir mi vuoi?... Deh meco
T'arresta alfin su queste sponde: altrove
Scherza, vola, t'aggira:
Altrove a tuo talento

Spargi la gioja, e lo squallor. Io lascio,
Se meco sempre assisti a questo Impero,
Soggetto alle vicende il Mondo intero.

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Nel Foro, nella Curia, e nei Comizj.

FORTUNA.

Non più: tutto farò. Meglio non posso
Versar i doni miei

Che sopra questi Figli. Il genio avaro

Più Più non mi sedurrà del Vecchio alato:

Più non ascolterò l'invido Fato.

Prove di mia costanza

Io darò nella scelta

Del nuovo Duce. Ah tu prescrivi, o Senno,

Come l'urne agitar, come le sorti

Io debba regolar: uniti insieme

Potrem dell' Adria secondar la speme.
Tu mi detta le leggi

Delle future cose,

Tu guida i passi miei, tu mi correggi.
Altro non posso dir. In questo istante,
O Senno, m'abbandono

A' tuoi consigli, e tua ministra io sono.
Tu sarai su queste sponde

La mia guida ed il mio Nume:
Io da te nuovo costume,
Nuovi affetti apprenderd.
Volgerò la ruota altrove,

Cingerò di bende il volto,
E col crine all' aura sciolto
Sol altrove io scherzerò.

DOMINIO.

In questo punto tutti i torti antichi

Io ti perdono.

SENNO.

Ed io

Le tue promesse accetto. Ah vieni, e meco

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