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e Clemente III. dicendo che non ebbe il tempo di farle disaminare; e prega gli Abati del suo Ordine di assoggettarle, dopo la sua morte, alla censura della S. Sede, la quale sopra di tale protesta regolò il suo giudizio su le di lui opere. Innocenzo III. condannò nel Concilio Generale Lateranense del 125. la sua opera contro al Maestro delle sentenze, dicendo, che quest' atto di niun pregiudizio fosse all'Autore. Onorio III. in una lettera del 1217. dichiarò che per niun modo l'Abate Gioacchino dovesse essere sospetto di eresia, e con altra sua lettera intender fece all'Arcivescovo di Cosenza ed agli altri Vescovi della Calabria, che egli riguardava l'Abate Gioacchino come morto nel grembo di S. Chiesa, e della Fede Ortodossa. Alessandro IV. al contrario nel 1256. condannò le opere dell'Abate Gioacchino, ed il Concilio di Arles

nel 1260.

L'Abate Gioacchino terminò i suoi giorni verso il 1202. in un Monistero del suo Istituto Florense, nel luogo detto Canale, ed il suo corpo fu trasportato nella Badia di S. Giovanni, e rinchiuso in un sepolcro di pieil quale ancora in quella Chiesa si vede.

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Varie, come si è detto, sono state le opinioni intorno all'Abate Gioacchino, facendolo altri fornito di santità altri infetto di eresìa, annoverando fra l'eretiche sette quella detta de' Gioacchinisti, la quale cosa deve essere come falsa riguardata: checchè però ne sia, sommi uomini hanno di lui diversamente opinato, fra i quali quella di Dante che di lui ebbe a dire, dandogli non solo il pregio della profezia, ma fra' beati collocandolo :

Raban è quivi, e lucemi da lato

Lo Calavrese Abate Gioacchino
Di spirito profetico dotato.

nè differenti sono le opinioni di altri gravissimi Autori intorno a lui, siccome di Cornelio Alapide, del Pratino e di altri molti. Noi descrivendo la di lui vita altro non intendiamo che servire al nostro scopo parlando di un uo

mo non solo straordinario, ma de' più dotti di quella età (a).

Delle profezie dell'Abate Gioacchino si è variamente ragionato, ma a noi piace di attenerci alla grave e sensata opinione di S. Tommaso d' Aquino, il quale così giudica di esso: L'Abate Gioacchino non ispirato da profetico lume, ma per congettura di umano intendimento, la quale alle volte al vero si oppone, alle volte s'inganna, predisse con verità alcuni avvenimenti, in altri andò errato, alla dist. 43 quest. 1. artic. 4.

Non discorda l' opinione del P. Petavio, il quale nel 3.o volume della sua Dommatica Teologia parlando del Mistero della Trinità dice, che costui tra le altre cose spacciò nelle sue profezie che Federico III. Imperadore sarebbe stato nemico della Chiesa, quando costui perseverò sino a morte nell' ubbidienza di essa.

A. MAZZARELLA DA Cerreto.

(a) L'Ordine Florense dopo la morte del suo fondatore fu rifuso in quello del Cisterciense nuovamente. Le opere dell' Abate Gioacchino che abbiamo a stampa sono -- De Concordia novi et veteris testamenti, Venet. 1525. et Coloniae 1577. in 8.o Psalterium decem chordarum. Comment. in Profet. Venet. 1529. in 4. Comment. in Hierem. Prophet. Venet. 1525. et Coloniae 1577. in 8. Comment. in Apocalyp. Venet. 1519. Coloniae et alibi testibus Labaeo et Miraeo. Vaticinia de Rom. Pontifici; Venet. 1589. cum notis Paschalini Regiselmi et Josephii Calige: non uno in loco cum notis Johannis Adrasder Francfurt. 1608. ec. ec.

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FLAVIO GIOIA.

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NoN mai la navigazione, sì negli alti che ne’bassi tem

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pi, fe scoperta più avventurata di quella della bussola. Essa illustrò il cominciamento del secolo XIV. Scenda dal tripode cui manca un altro piede, l'amator passionato dell'antichità, che vuol contrastarne la gloria tutta di nostro dritto! Ingegnosamente favellino, ma non senza torto, il cavalier Tiraboschi e Bergeron per gli Arabi il Martini per li Cinesi, li Cinesi, l'Azuni per li Francesi, ed i savj inglesi e tedeschi per sè stessi; che sol ci si potrà torre il pregio della formazione della rosa de' venti; non però l'onore del ritrovamento della bussola, il qual cade di peso sull' amalfitano Flavio! Noi, per quanto le nostre forze il permettano or lo ci faremo a dimostrare.

In Positano propriamente, terra nelle vicinanze d'Amalfi, venne al mondo il nostro inventore nell'anno 1300, od in quel torno. Allora stringevano lo scettro di Napoli i cadetti della casa di Francia per lo favore de' papi. Variano gli scrittori intorno al suo cognome; alcuni lo chiamano Flavio Gioia e sono i più, altri Gilia o Giri. Ne monta poco; e sarebbe una pedanteria se volessimo su di ciò andar in busca di maggiori dilucidazioni.

Secondando egli il costume della gente d'Amalfi, dedita al traffico marittimo sin dal 596 che vi sedea vescovo Pimenio (1), ancor giovanetto si rivolse ad esercitare il mestier marinaresco. Infaticabil, perspicace, buon pilota si pose tostamente al rango de' primi negoziatori. Caldo d' ad'amor di patria, tentava tutte le vie onde farla primeggiare sulle altre città commercianti di quel tempo. Il genio lo guidava, e da questo assistito perfezionò l'ago calamitato, inventò la bussola.

Ognun sa che la maggior parte delle scoverte non altrimenti che a grado a grado giungono alla di loro perfezio(1) S. Gregorio M. lib. 6 ep. 23.

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