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francese (osiamo affermarlo) non sarebbe stato possibile, nė sarebbe stata tutta quella scuola di politici posteriori che tolse a costume di dettare insegnamenti sul governo degli Stati, illustrando Tacito o qualche altro storico insigne.

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Per convincerci che Machiavelli sentisse pienamente la novità di questo tentativo, e deliberatamente ricorrer volesse al solo criterio storico e sperimentale, gioverà farlo da lui stesso attestare.

Nel presentare a Lorenzo de' Medici il Principe, raccomanda il lavoro, come quello in cui si trovi la co"gnizione delle azioni degli uomini grandi, da lui imparata ” con una lunga sperienza delle cose moderne, ed una con"tinua lezione delle antiche con grande diligenza escogi"tate ed esaminate."

E nell'esordio del primo libro de' Discorsi sopra Livio: » Ho deliberato entrare per una via la quale non essendo » stata per ancora da alcuno pesta, se la mi arrecherà fa

stidio e difficoltà, mi potrebbe ancora arrecare premio, » mediante quelli che umanamente queste mie fatiche considerassero. E se l'ingegno povero, la poca esperienza delle » cose presenti, la debole notizia delle antiche » (si noti il linguaggio modesto nel Machiavelli più attempato a fronte del giovane scrittore della dedicatoria del Principe) » faranno » questo mio conato difettivo e di non molta utilità, daranno » almeno la via ad alcuno che con più virtù, più discorso e giudizio potrà a questa mia intenzione satisfare; il che se » non mi arrecherà laude, non mi dovrebbe partorire bia"simo.... E quando io considero quanto onore si attribuisca

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all'antichità, e come molte volte, lasciando andare molti » altri esempi, un frammento di un'antica statua sia stato " comprato a gran prezzo, per averlo presso di sè, onorarne » la sua casa, poterlo fare imitare da coloro che di quell'arte » si dilettano....; e veggendo dall'altro canto le virtuosissime

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operazioni, che le istorie ci mostrano che sono state ope» rate da regni e da repubbliche antiche, da re, capitani, cittadini, datori di leggi ed altri che si sono per la loro patria affaticati, essere più presto ammirate che imitate...., "non posso fare che insieme non me ne meravigli e dolga; » e tanto più quando io veggo nelle differenze che tra i cit» tadini civilmente nascono, o nelle malattie nelle quali gli » uomini incorrono, essersi sempre ricorso a quelli giudizj »o a quelli rimedj, che dagli antichi sono stati giudicati o » ordinati.... Donde nasce che infiniti che leggono (le istorie) "pigliano piacere di udire quella varietà degli accidenti che " in esse si contengono, senza pensare altrimenti d'imitarle, " giudicando la imitazione non solo difficile, ma impossibile; come se il cielo, il sole, gli elementi, gli uomini fossero " variati di moto, di ordine e di potenza da quello ch'egli " erano anticamente.>>

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Qui intanto importa avvertire, con quale essenzialissima differenza il metodo storico sia stato applicato dal Machiavelli, e da coloro ehe in questa via il seguitaróno.

Nello Spirito delle Leggi non di rado la storia s' invoca a giustificazione morale de' fatti, e questa facile confidenza dell'autore è così forte che talvolta un paradosso o una bizzarria è da lui annunziata con approvazione senz'altro fondamento che una qualche favola di Siam, del Giappone o dell'Australia, attinta da scrittori, che si credevano (come ebbe spiritosamente a dire un moderno critico) doppiamente autorizzati a mentire, e come viaggiatori e come proseliti di una famosa compagnia.

Sotto le mani del Grozio e de' suoi discepoli questa virtù delle pruove dedotte dalla storia si viene del pari esagerando; e bastano alcuni esempj e le opinioni di qualche antico poeta, storico od oratore per costituire un criterio di giustizia delle umane azioni, in grazia del legame che si pretende desumere tra

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l'accordo di questi fatti ed opinioni con una causa generale, e propriamente con la supposta retta deduzione da' principii della naturale giustizia. Si sa che questo fu poscia riguardato come il maggior difetto della grande opera del pubblicista olandese.

Ma che diremo dell'eccesso a cui queste tendenze nel nostro stesso secolo pervennero ne' libri e nelle dottrine, di una scuola di filosofia e di giurisprudenza, la quale occupata dal pregiudizio che la storia debbe essere la giustificazione della provvidenza, stranamente intendendo la massima che nulla v'à nel reale che non risponda all'ideale, e nulla, nell'ideale che non sia puranche reale, e procedendo dal principio che tutto ciò che fu, dovette essere, e quindi fu ragione e giustizia che fosse; non dubitò di elevare il fatto a criterio del dritto ne'diversi periodi della vita dell'umanità, e di raccomandare una specie di cieco e fatale ottimismo storico ? Nel qual sistema il male e la ingiustizia perdono la loro intrinseca natura: messe in rapporto con certi stadj di civiltà trovano la loro legittimazione la stessa schiavitù come stato giuridico, la tortura ed il duello come mezzo di pruova, qualunque prava istituzione che la forza o la fraude fondarono e tennero per qualche tempo in piedi; e così scomposto affatto rimane l'ordine morale, e fatta impossibile la nozione delle sue più alte ed immutabili leggi.

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Ora il Machiavelli col suo spirito acuto e penetrante non si lasciò trarre su questo pericoloso sentiero, ed applicò alla Politica il metodo storico in una guisa affatto diversa. Il che noi crediamo uno de' maggiori sforzi del suo intelletto, ed una delle parti del suo sistema la meno osservata fino ad ora, e la più degna di esserlo.

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Temendo da un lato nella metafisica e nel metodo razionale gli agguati della teologia e della scolastica, ma non osando dall'altro trasformare il fatto in dritto ed attendersi dal metodo storico non rischiarato dalla luce de' principii speculativi

la soluzione delle astratte quistioni di morale e di giustizia; il gran pensatore, costretto a camminar tra due precipizii, non vede che un solo scampo possibile, quello di riguardare il problema morale come estraneo alla Politica, di rigettarlo nella. sfera di altri studi, in un altro ordine d'idee e di cognizioni, e di lasciarlo per tal guisa nè risoluto nè pregiudicato.

Ciò conveniva ad un tempo al primitivo impulso che aveva determinata la direzione de' suoi lavori. Non voleva egli l'emancipazione della Politica dal giogo dell' autorità? Or egli facendo della medesima fine e principio a se stessa, la proclama veramente sovrana ed indipendente. È vero che restringe di troppo il cerchio della disciplina, ma se ne contenta, purchè logicamente non la subordini a verun'altra.

In questo sistema la Politica pone da banda, mercè di una compiuta astrazione, la natura morale dell'uomo ed il valor morale delle libere determinazioni della sua volontà. Essa non discute la bontà del fine; ma nella economia del reggimento delle umane associazioni, posto un fine, sa dall'esperienza attingere un tesoro di consigli per misurar con sicurezza la efficacia de' mezzi che gli uomini ed i governi possono adoperare per raggiugnerlo. Non è più una teoria di legittimità, ma di efficienza e causalità. Il rapporto delle umane azioni non è studiato in ordine al dritto, ma in ordine al successo. Non è quistione di libertà giuridica, ma di potenza politica.

La separazione completa della Politica benanche dalla Morale e dal Dritto, lasciate nondimeno intatte e fuori controversia tutte le verità che a queste altre scienze si riferissero: ecco, mi sembra, la formola ultima in che potrebbe compendiarsi il sistema delle dottrine del Machiavelli; ed ecco, a mio credere, ciò che in riguardo a' suoi tempi ne costituisce la maggiore e più audace originalità.

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Ma ciò che i tanti fieri avversari del Politico italiano non seppero o non vollero vedere, allorchè cedendo alle prime Machiavelli

impressioni, riguardarono i suoi libri come il codice delle più detestabili depravazioni e scelleratezze, come la cinica giustificazione di quanto v' ha nel mondo che merita l'orrore e la esecrazione universale, si è appunto questo intendimento ch'egli ebbe di non proferir sentenza alcuna che riguardasse la morale e la giustizia, e tanto meno di commendarne la infrazione ed il dispregio, ma solamente di restringersi in un altro ordine di ricerche ed in un'angusta cerchia, nella quale pensò potersi la Politica contenere. Contemperar poi le verità trovate da questa ed i rapporti da essa esplorati con le verità dedotte dalla scienza del bene morale, ei lasciò a coloro che quest'ultima insegnassero e che avessero a scopo di mantenerne l'imperio sulle coscienze degli uomini. Fin là non parvegli che dovesse estendersi l'ufficio proprio della Politica. Ed in ciò vedremo consistere altresì l'errore fondamentale del sistema scientifico del Machiavelli.

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Intanto chiunque si collochi fuori di questo unico punto 'di vista, sarà incapace, almeno come a noi sembra, di giudicare dirittamente delle opere del Machiavelli, e di concepirle come una sintesi ordinata e complessa di dottrine. Dopo un lungo studio ed una spassionata meditazione sopra i suoi diversi scritti, confrontandoli con la onestà della sua vita privata ed anche della pubblica, dalla quale dopo tanti alti ufficii esercitati uscì povero ed onorato, con la generosità de'suoi sentimenti, con l'alto suo affetto alla libertà per la quale sostenne i ceppi, la tortura e l'esilio, e finalmente con l'ardente sublimità del suo desiderio di veder l'Italia sua patria risorta e liberata da' barbari, che ispiravagli l'ultimo capo del suo primo lavoro del Principe, e che ancor ne'suoi più tardi anni con giovanile entusiasmo facevagli esclamare: « che si »estirpassero d'Italia i tedeschi, immani belve che altro di » uomini fuori della faccia e della voce " a lui pareva non avessero; non si può che deplorare l'inganno di alcuni,

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