nol sapevano; nè alcuno era lo quale potesse mirar lei, che nel principio non gli convenisse sospirare. Queste e più mirabili cose da lei procedeano virtuosamente: onde io, pensando a ciò, volendo ripigliare lo stile della sua loda, proposi di dire parole, nelle quali dessi ad intendere delle sue mirabili ed eccellenti operazioni; acciocchè non pure coloro che la poteano sensibilmente vedere, ma gli altri sappiano di lei quello che le parole ne possono fare intendere. Allora dissi questo Sonetto: Tanto gentile, e tanto onesta pare La donna mia, quand' ella altrui saluta, Che dà per gli occhi una dolcezza al core, 14. Canzone a Firenze. O PATRIA degna di trionfal fama, Più che in tua suora, in te dolor sormonta. Sentendo l' opre ladre Che in te si fanno, con dolore ha onta. 1 Non ardiscon guardarla. 3p. vestita. 2 a. lodare. 'p. volto. Ahi! quanto in te la iniqua gente è pronta Falso per vero al popol tuo mostrando. Alza il cor de' sommersi : il sangue accendi; Nel tuo giudicio; sì che in te, laudando, Nella quale ogni ben surge e s'annida. Voller che le virtù fossin 2 colonne. Eri beata, e colle sette donne. 3 Superba, vile, nimica di pace. Non segue l'asta del vedovo giglio: E a que' che t' aman più, più fai mal piglio. De' figli non pietosa, Che hanno fatto il tuo fior sudicio e vano, E vogli le virtù sien vincitrici : Sì che la Fè nascosa Resurga con Giustizia e spada in mano. Segui le luci di Giustiniano, 1 I tuoi figli. Fossero. Le virtu teologali e cardinali, cioè: Fede, Speranza, e Carità; Prudenza, Giustizia, Fortezza, e Temperanza. 4 Luogo d'inferno ove immagina si puniscano i traditori. E le focose tue mal giuste leggi Con discrezion correggi, Sì che le laudi 'l mondo e 'l divin regno. Non recando ai tuo' ben chi non n' è degno; Sì che Prudenza ed ogni sua sorella Abbi tu teco; e tu lor non rubella. Serena e gloriosa in su la ruota (Se questo fai) regnerai onorata, Dacchè l'affezion t' avrà ornata, Felice l'alma che in te fia creata! Ma se non muti alla tua nova guida, Che le passate tue piene di strida: Tu te n' andrai, canzone, ardita e fera, Dentro la terra mia che doglio e piango. Ma stan sommersi, e lor virtù è nel fango. E la divoran Capaneo, e Crasso, 1 Eleggi. a. suono. E Macometto cieco, 1 Che tien Giugurta e Faraone al passo. GIOVANNI VILLANI (?-1348) Mercadante Fiorentino, assunto ai primi posti nella repubblica. Scrisse la Cronaca di Firenze in 12 libri sino al 1348, continuata dal fratello Matteo sino al 1362, e fino al 1365 dal figlio Filippo. È favoloso e ignorante nel narrare i fatti antichi, ma fedele in que' del suo tempo. 15. Il poeta Dante Alighieri. NELL' anno 1321, del mese di luglio, morì Dante nella città di Ravenna in Romagna, essendo tornato d' ambasceria di Vinegia in servigio dei signori da Polenta, con cui dimorava; e in Ravenna dinanzi alla porta della chiesa maggiore fu seppellito a grande onore in abito di poeta e di gran filosofo. Morì in esiglio del comune di Firenze, in età circa cinquantasei anni. Questo Dante fu onorevole e antico cittadino di Firenze, di porta San Piero, e nostro vicino; e 'l suo esiglio di Firenze fu per cagione, che quando messer Carlo di Valois della casa di Francia venne in Firenze l' anno 1301, e caccionne la parte Bianca, il detto Dante era de' maggiori governatori della nostra città e di quella parte, bene che fosse guelfo; e però senza altra colpa colla detta parte bianca fu cacciato e sbandito di Firenze, e andossene allo studio a Bologna, e poi a Parigi e in più parti del mondo. Questo fu grande letterato quasi in ogni scienza, tutto 2 1 Personifica i vari vizi, superbia, avarizia, fasto, simonia, menzogna, eresia, venalità, oppressione. 2 Tuttochè. ... fosse laico; fu sommo poeta e rettorico perfetto. Fece in sua giovinezza il libro della Vita Nova d' Amore; e poi quando fu in esiglio fece da venti canzoni morali e d'amore molto eccellenti, e in tra l' altre fece tre nobili pistole1; l' una mandò al reggimento di Firenze, dogliendosi del suo esilio senza colpa; l'altra mandò allo imperadore Arrigo quand' era all' assedio di Brescia, riprendendolo della sua stanza 2, quasi profetizzando; la terza ai Cardinali italiani, quand' era la vacazione 3 dopo la morte di papa Clemente, acciocchè s'accordassero a eleggere papa italiano; tutte in latino, con alto dittato e con eccellenti sentenzie e autoritadi 4, le quali furono molto commendate da' savi intenditori. E fece la Commedia, ove in pulita rima . . . . compose e trattò, in cento capitoli ovvero canti, dell' essere e stato 5 dell' inferno, purgatorio, e paradiso, così altamente come dire se ne possa.... Bene si dilettò in quella Commedia di garrire e sclamare a guisa di poeta, forse in parte più che non si convenia: ma forse il suo esiglio gliel fece fare. Fece ancora la Monarchia, ove con alto latino trattò dell' officio del papa e degl' imperadori. E cominciò un commento sopra quattordici delle sopraddette sue canzoni morali volgarmente, il quale per la sopravvenuta morte non perfetto si trova, se non sopra le tre. .. Altresì fece un libretto, che l'intitola de Vulgari Eloquentia, ove promette fare quattro libri; ma non se ne trova se non due, forse per l'affrettato suo fine, ove con forte e adorno latino e belle ragioni riprova tutti i volgari d' Italia. Questo Dante per suo sapere fu alquanto presuntuoso e schifo e isdegnoso, e quasi a guisa di filosofo mal gra1 a. lettere. 2 Del suo indugiare. 3 α. 4 Il vacare di una carica o dignità ecclesiastica. a. sentenze e autorità. Essere è la natura intima, stato le condizioni. 'Difficile, ritroso. |