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zioso non bene sapea conversare co' laici1; ma per l' altre virtudi e scienza e valore di tanto cittadino, ne pare che si convenga di dargli perpetua memoria in questa nostra cronica, con tutto che le sue nobili opere lasciateci in iscrittura facciano di lui vero testimonio e onorabile fama alla nostra cittade.

JACOPO PASSAVANTI (- 1357)

Frate domenicano Fiorentino, il quale scrisse Lo Specchio della Vera Penitenza con proprietà di lingua ed ingenuità di stile.

16. Di santo Ambrogio.

VENENDO una volta santo Ambrogio da Milano, donde era arcivescovo, a Roma, dond' era natio2, e passando per Toscana, venne a una villa nel contado della città di Firenze, che si chiama Malmantile: dove essendo con tutta sua famiglia in un albergo per riposarsi, venne a ragionamento coll' albergatore, e domandollo di suo essere e di sua condizione. Il quale gli rispose, e disse come Dio gli avea fatto molto di bene, e che tutta la vita sua era stata con grande prosperità, e giammai non avea avuta alcuna avversità. "Io ricco, io sano, io bella donna, assai figliuoli, grande famiglia: nè ingiuria, onta, o danno ricevetti mai da persona; riverito, onorato, careggiato da tutta gente, io non seppi mai che male si fosse o tristizia ; ma sempre lieto e contento sono vivuto e vivo." Udendo ciò, santo Ambrogio forte si maravigliò: e chiamando la famiglia sua, comandò ch' i cavalli tosto fossero sellati, e

'I soli preti sapeano di lettere; onde clerico valea letterato, e laico idiota.

2 Sant' Ambrogio era natio di Treveri nella Gallia Transalpina. Allora non si diceva ancora arcivescovo.

immantinente ogn' uomo si partisse, dicendo : "Iddio non è in questo luogo, nè con questo uomo, al quale ha lasciato avere tanta prosperità. Fuggiamo di presente, che l'ira di Dio non venga sovra di noi in questo luogo." E così partendosi con tutta sua compagnia, anzichè molto fossero dilungati, s' aprì di subito la terra, e inghiottì l'albergo e l'albergatore, i figliuoli, la moglie, e tutta la sua famiglia, gli arnesi e tutto ciò ch' egli possedea. La qual cosa udendo santo Ambrogio, disse alla sua famiglia: “Or vedete, figliuoli, come la prosperità mondana riesce a mal fine! "

17. Vana gloria nell' eloquenza sacra.

EGLI è manifesto segno che i predicatori sieno amatori adulteri della vanagloria, quando, predicando e insegnando, lasciano le cose utili e necessarie alla salute degli uditori, e dicono sottigliezze e novitadi e varie filosofie, con parole mistiche e figurate, poetando, e studiando di mescolarvi retorici colori, che dilettino gli orecchi e non vadano al cuore. Le quali cose, non solamente non sono fruttuose e utili agli uditori, ma spesse volte li mettono in quistioni, e pericolosi e falsi errori, come molte volte, e antico e per per novello ', si è provato. E i vizi, i peccati, i quali col coltello della parola di Dio si volevano tagliare, e con la saetta della predicazione si debbono ferire, e col fuoco del dire amoroso e fervente incendere 2, si rimangono intieri e saldi; infistoliti e apostemati ne' cuori per la mala cura del medico disamorevole delle anime, e in sè cupido e vano. Questi così fatti predicatori, anzi giullari, romanzieri e buffoni, a' quali corrono gli uditori come a coloro che cantano de' paladini, sono infedeli e isleali dispensatori del tesoro del Signor loro, cioè della 1E in antico e a' tempi moderni.

2 Ardere.

scienza della Scrittura: la quale Iddio commette loro acciocchè con essa guadagnino l' anime dal prezioso sangue di Cristo ricomperate, ed eglino la barattano a vento e a fumo della vanagloria. Onde pare che sia venuto, anzi è pur venuto (così non foss' egli!) il tempo del quale profetò san Paolo, quando, com' egli scrive a Timoteo, la sacra dottrina della scrittura santa e della vera fede non sarà sostenuta; ma cercherà la gente maestri e predicatori secondo l'appetito loro, e che gratti loro il pizzicore degli orecchi; cioè che dicano loro cose che desiderano d'udire a diletto, non ad utilità; e dalla verità rivolgeranno l'udire, e alle favole daranno orecchie. Or come sono eglino pochi, anzi pochissimi quelli che dicono, o che vogliono udire la verità! Molto è da dolersene e da piangerne, chi ha punto di sentimento o conoscimento o zelo dell' anime. E (ch' è vie peggio) non solamente non è voluta udire la verità, ma è avuta in odio, e chi la dice.

FRANCESCO PETRARCA (1304-1374)

Nacque in Arezzo da Petracco notaio delle Riformazioni, e morì in Arquà ne' colli Euganei. Si hanno di lui le Rime italiane, e molte opere latine.

18. Domanda onde sien tolte le grazie di cui Laura va adorna.

ONDE tolse Amor l'oro, e di qual vena,

Per far due trecce bionde ? e 'n quali spine

Colse le rose, e 'n qual piaggia le brine
Tenere e fresche, e diè lor polso e lena? 1

'Cioè, vita,

Onde le perle in ch' ei frange ed affrena
Dolci parole oneste e pellegrine?

Onde tante bellezze e sì divine

Di quella fronte più che 'l ciel serena?
Da quali angeli mosse e di qual spera 2
Quel celeste cantar che mi disface
Sì che m' avanza omai da disfar poco?
Di qual sol nacque l' alma luce altera
Di que' begli occhi ond' 3 io ho guerra e pace,
Che mi cuocono il cor in ghiaccio e 'n foco ?

19. Dolce andamento e soavi atti di Laura.

5

STIAMO, Amor, a veder la gloria nostra,
Cose sopra natura, altere e nove:
Vedi ben quanto in lei dolcezza piove;
Vedi lume che 'l cielo 6 in terra mostra.
Vedi quant' arte dora e 'mperla, e 'nnostra 7
L'abito eletto e mai non visto altrove;
Che dolcemente i piedi e gli occhi move
Per questa di bei colli ombrosa chiostra.
L'erbetta verde e i fior di color mille,

Sparsi sotto quell' elce antiqua 9 e negra,
Pregan pur che 'l bel piè li prema o tocchi.
E 'l ciel di vaghe e lucide faville

S'accende intorno, e 'n vista 10 si rallegra
D'esser fatto seren da sì begli occhi.

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20. Ne cerca da per tutto le sembianze.

MOVESI 'l vecchierel canuto e bianco
Del dolce loco, ov' ha sua età fornita,
E dalla famigliuola sbigottita,

Che vede il caro padre venir manco.1
Indi2 traendo poi l'antico fianco

Per l' estreme giornate di sua vita,
Quanto più può, col buon voler s' aita,3
Rotto dagli anni e dal cammino stanco.
E viene a Roma, seguendo 'l desio,

Per mirar la sembianza di Colui,
Ch' ancor lassù nel ciel vedere spera.
Così, lasso, talor vo cercand' io,
Donna, quant'è possibile, in altrui
La desiata vostra forma vera.

21. Paragona se stesso alla farfalla.
COME talora al caldo tempo sole
Semplicetta farfalla al lume avvezza
Volar negli occhi altrui per sua vaghezza,
Ond' avven 5 ch' ella more, altri si dole;
Così sempr' io corro al fatal mio sole

Degli occhi onde mi ven 6 tanta dolcezza,
Che 'l fren della ragion Amor non prezza,
E chi discerne è vinto da chi vole. 7
E veggio ben quant' elli a schivo m' hanno;
E so ch' i' ne morrò veracemente;

Che mia vertù non può contra l' affanno:

1 Venir meno per la vecchiezza.

La Veronica o Santo Sudario. "L'intelletto è vinto dall' appetito.

2 Di là
• Avvien.

• S'aiuta.

• Viene.

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