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Ma sì m' abbaglia Amor soavemente,

Ch' i' piango l' altrui noia1 e no 'l mio danno;
E, cieca, al suo morir l' alma consente.

22. Vive solitario, ma sempre con Amore.
SOLO e pensoso i più deserti campi
Vo misurando a passi tardi e lenti;
E gli occhi porto, per fuggir, intenti,
Dove vestigio uman l' arena stampi.
Altro schermo non trovo che mi scampi
Dal manifesto accorger delle genti;
Perchè negli atti d' allegrezza spenti

Di fuor si legge com' io dentro avvampi.
Sì ch' io mi credo omai che monti, e piagge,
E fiumi, e selve sappian di che tempre 2
Sia la mia vita, ch' è celata altrui.
Ma pur sì aspre vie, nè sì selvagge
Cercar non so, ch' Amor non venga sempre
Ragionando con meco, ed io con lui.

23. Laura inferma gli apparisce in sogno.

GIA fiammeggiava l' amorosa stella 3

Per l'oriente, e l'altra 4, che Giunone

Suol far gelosa, nel settentrione

Rotava i raggi suoi lucente e bella:
Levata era a filar la vecchierella,

Discinta e scalza, e desto avea 'l carbone; 5
E gli amanti pungea quella stagione
Che per usanza a lagrimar gli appella :

1 Cioè, la noia che dà a Laura. 2 Quale, di che qualità.
• Calisto, cioè, l'orsa maggiore.

3

Venere.

5 Avea suscitato il fuoco.

Quando mia speme1, già condotta al verde,?
Giunse nel cor, non per l' usata via,3

Che 'l sonno tenea chiusa, e 'l dolor molle ;
Quanto cangiata, oimè, da quel di pria!

4

E parea dir: perchè tuo valor perde?
Veder questi occhi ancor non ti si tolle. 5

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24. Prega Dio che lo torni ad una vita migliore.

PADRE del Ciel, dopo i perduti giorni,
Dopo le notti vaneggiando spese
Con quel fero desio ch' al cor s' accese
Mirando 6 gli atti 7 per mio mal sì adorni;

Piacciati omai, col tuo lume, ch' io torni
Ad altra vita ed a più belle imprese ;
Sì ch' avendo le reti indarno tese,
Il mio duro avversario se ne scorni.
Or volge9, Signor mio, l' undecim' anno
Ch' i' fui sommesso al dispietato giogo,
Che sopra i più soggetti è più feroce.
Miserere del mio non degno affanno ;

Riduci i pensier vaghi 10 a miglior luogo ;
Rammenta lor com'll oggi fosti in croce.

8

25. Svela i suoi pensieri a Sennuccio Del Bene.

SENNUCCIO, i' vo' che sappi in qual maniera
Trattato sono, e qual vita è la mia.

Ardomi e struggo ancor com' io solia;

12

Laura mi volve 13; e son pur 14 quel ch' i' m' era.

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Qui tutta umile e qui la vidi altera;
Or aspra or piana 1, or dispietata or pia;
Or vestirsi onestate, or leggiadria;
Or mansueta, or disdegnosa e fera.
Qui cantò dolcemente, e qui s'assise;
Qui si rivolse, e qui rattenne il passo;
Qui co' begli occhi mi trafisse il core;
Qui disse una parola, e qui sorrise;

Qui cangiò 'l viso. In questi pensier, lasso,
Notte e dì tienmi il signor nostro Amore.

26. Brama solo pace con Laura, e la fortuna del Colonnese.

DELL'empia Babilonia2, ond' è fuggita
Ogni vergogna, ond' ogni bene è fori, 3
Albergo di dolor, madre d' errori,
Son fuggit' io per allungar la vita.
Qui 4 mi sto solo, e, come Amor m' invita,
Or rime e versi, or colgo erbette e fiori,
Seco 5 parlando, ed a' tempi migliori
Sempre pensando; e questo sol m' aita.6
Nè del vulgo mi cal7, nè di fortuna,
Nè di me molto, nè di cosa vile,

Nè dentro sento, nè di fuor, gran caldo.
Sol due persone cheggio; e vorrei l' una9
Col cor ver 10 me pacificato e umile,

L'altro 11 col piè, sì come mai fu, saldo.

1 Affabile, benigna. 2 Avignone, dove era allora la corte papale. p. fuori.

3

6 p. m' aiuta, mi conforta.

10

p. verso.

In Valchiusa.

5 Con amore.

7 Mi curo. 8p. chiedo. 9 Laura.

11

"Il Cardinal Colonna suo amico.

27. Magnifica le virtù e le grazie di Laura.

IN qual parte del cielo, in quale idea
Era l'esempio onde Natura tolse

Quel bel viso leggiadro, in ch' ella volse
Mostrar quaggiù quanto lassù potea?
Qual Ninfa in fonti, in selve mai qual Dea
Chiome d'oro sì fino a l' aura sciolse?
Quand' un cor tante in sè virtuti accolse?
Benchè la somma è di mia morte rea.
Per divina bellezza indarno mira

Chi gli occhi di costei giammai non vide,
Come soavemente ella gli gira.

Non sa come Amor sana, e come ancide,3
Chi non sa come dolce1 ella sospira,
E come dolce parla e dolce ride!

28. Rivolgesi a que' luoghi ove vide Laura.

CHIARE, fresche e dolci acque,

Ove 5 le belle membra

Pose colei che sola a me par donna ;

Gentil ramo, ove piacque

(Con sospir mi remembra)

A lei di fare al bel fianco colonna ;7

Erba e fior, che la gonna
Leggiadra ricoverse

Con l'angelico seno;

Aer sacro sereno,

Ov' Amor co' begli occhi il cor m'

Date udienza insieme

Alle dolenti mie parole estreme.

aperse:

Accenna la dottrina platonica delle idee, cioè forme, imma

teriali e primitive delle cose.

2 Esemplare. 3 p. uccide.

• Dolcemente.

5 In riva alle quali.

6

Adagiò. "Cioè, di appoggiare il fianco.

8 Accusativo.

S'egli è pur mio destino

(E il cielo in ciò s'adopra)

1

Ch' Amor quest' occhi lagrimando 1 chiuda,
Qualche grazia 2 il meschino

Corpo fra voi ricopra,

E torni l'alma al proprio albergo ignuda.

La morte fia 3 men cruda

Se questa speme 4 porto
A quel dubbioso passo;
Che 5 lo spirito lasso

6

Non poria mai 'n più riposato porto
Nè 'n più tranquilla fossa

Fuggir la carne travagliata e l'ossa.
Tempo verrà ancor forse,

Ch' all' usato soggiorno

Torni la fera7 bella e mansueta:

E là 'v'8 ella mi scorse

Nel benedetto giorno,

Volga la vista desiosa e lieta,
Cercandomi; ed, o pieta! 9
Già terra infra le pietre
Vedendo 10, Amor l' inspiri
In guisa che sospiri

Sì dolcemente che mercè m'impetre, 11
E faccia forza al cielo,

Asciugandosi gli occhi col bel velo.

Da' be' rami 12 scendea

(Dolce nella memoria)

Una pioggia di fior sovra 'l suo grembo;

Ed ella si sedea

Umile in tanta gloria,

Si riferisce ad occhi.

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2 Cioè, qualcuno per grazia.

6

7

p. speranza. 5 Perocchè. * p. potrebbe. Laura. p. pietà. 10 Cioè, vedendomi esser divenuto terra. 12 Sotto a' quali ella era assisa.

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