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p.

37. Morta Laura, tutto gli è di tormento.
LA vita fugge, e non s'arresta un' ora;
E la morte vien dietro a gran giornate;
E le cose presenti, e le passate

Mi danno guerra, e le future ancora ;
E 'l rimembrar, e l'aspettar m'accora;
Or quinci or quindi sì, che 'n veritate,
Se non ch' i' ho di me stesso pietate,
I' sarei già di questi pensier fora.1
Tornami avanti s' alcun dolce mai

Ebbe 'l cor tristo; e poi dall' altra parte
Veggio al mio navigar turbati i venti:
Veggio fortuna in porto, e stanco omai
Il mio nocchier3, e rotte arbore e sarte,
E i lumi bei, che mirar soglio, spenti.

per

tutto.

38. Gli par di sentirla parlare da
SE lamentar augelli, o verdi fronde
Mover soavemente a l' aura estiva,
O roco mormorar di lucid' onde
S'ode d' una fiorita e fresca riva,
Là 'v' io6 seggia, d' amor pensoso, e scriva;
Lei, che 'l ciel ne mostrò, terra n' asconde,
Veggio, ed odo, ed intendo, ch' ancor viva
Di sì lontano a' sospir miei risponde.
Deh perchè innanzi tempo ti consume? 7
Mi dice con pietate; a che pur versi
Degli occhi tristi un doloroso fiume?
Di me non pianger tu; ch' i miei dì fersi,9
Morendo, eterni; e nell' eterno lume,

Quando mostrai di chiuder, gli occhi apersi.

fuori: cioè, mi sarei già ucciso.

3 Cioè, la ragione.

4 Gli occhi di Laura.
7 Consumi.

6 Dove, in sulla qual riva, io. 9 p. si fecero, divennero.

2 Tempesta. 5 Da una.

8 La mia vita.

39. Laura dal cielo lo consiglia alla virtù.

NE mai pietosa madre al caro figlio,

Nè donna accesa al suo sposo diletto
Diè con tanti sospir, con tal sospetto
In dubbio stato sì fedel consiglio;
Come a me quella che 'l mio grave esiglio
Mirando dal suo eterno alto ricetto,
Spesso a me torna con l'usato affetto;
E di doppia pietate ornata il ciglio,
Or di madre or d'amante: or teme or arde
D' onesto foco; e nel parlar mi mostra
Quel che 'n questo viaggio fugga o segua,
Contando i casi della vita nostra,

2

Pregando ch' a levar l'alma non tarde : 3
E sol quant' 4 ella parla ho pace o tregua.

40. Nel riveder Valchiusa.

VALLE, che de' lamenti miei se' piena,
Fiume, che spesso del mio pianger cresci,
Fere silvestre, vaghi augelli, e pesci

Che l'una e l'altra verde riva affrena;5
Aria de' miei sospir calda e serena,
Dolce sentier, che sì amaro riesci,
Colle, che mi piacesti, or mi rincresci,
Ov' ancor per usanza Amor mi mena;
Ben riconosco in voi l' usate forme,

Non, lasso, in me; che da sì lieta vita
Son fatto albergo d' infinita doglia.

1 Cioè, timor di male.

3 Io non tardi.

* In questa vita. 4 Mentre, intanto che.

5 Pesci contenuti tra le due rive, cioè nelle acque del fiume.

Quinci1 vedea 'l mio bene; e per quest' orme
Torno a veder ond' al Ciel nuda è gita,
Lasciando in terra la sua bella spoglia.

41. Visione.

3

5

LEVOMMI il mio pensier in parte ov'era
Quella 2 ch'io cerco, e non ritrovo in terra;
Ivi fra lor che 'l terzo cerchio 3 serra,
La rividi più bella e meno altera. 4
Per man mi prese, e disse: In questa spera
Sarai ancor meco, se 'l desir non erra;
Io son colei che ti diè tanta guerra,
E compie' mia giornata innanzi sera. 6
Mio ben 7 non cape 8 in intelletto umano :

Te solo aspetto, e quel che tanto amasti,
E laggiuso è rimaso, il mio bel velo.9
Deh perchè tacque, ed allargò la mano?
Ch' al suon de' detti sì pietosi e casti
Poco mancò ch' io non rimasi 10 in cielo.

42. Primavera, lieta per tutti, il rattrista.

ZEFIRO torna, e 'l bel tempo rimena,
E i fiori e l'erbe, sua dolce famiglia,
E garrir Progne11, e pianger Filomena, 12
E primavera candida e vermiglia.

La sfera di Venere, ch'è la sfera degli amanti. altamente di sè: superbo chi, per troppo sentir

'Di qui. 2 Laura. • Altiero è chi sente di sè, vuol soverchiare gli altri.

5 Sfera.

La mia felicità. 10 Rimanessi.

• Morii anzi tempo, prima della vecchiezza.
8 Non può esser compreso.
9 Corpo.
11 La rondine.
12 П rosignuolo.

Ridono i prati, e 'l ciel si rasserena;

Giove s' allegra di mirar sua figlia:1

L'aria, e l'acqua, e la terra è d'amor piena :
Ogni animal d' amar si riconsiglia.

Ma per me, lasso, tornano i più gravi
Sospiri, che del cor profondo tragge
Quella, ch' al ciel se ne portò le chiavi:
E cantar augelletti, e fiorir piagge,

E 'n belle donne onesti atti soavi,
Sono un deserto, e fere aspre e selvagge.

43. Il pianto del rosignuolo rammentagli Laura.

QUEL rosignuol, che sì soave 5 piagne,

Forse suoi figli, o sua cara consorte,
Di dolcezza empie il cielo e le campagne
Con tante note sì pietose e scorte ;7
E tutta notte par che m' accompagne, 8
E mi rammenti la mia dura sorte:

Ch' altri che me non ho di cui mi lagne ;9
Che 'n Dee non credev' io regnasse morte.
O che lieve 10 è ingannar chi s'assecura!

Que' due bei lumi, assai più che 'l sol chiari,
Chi pensò mai veder far11 terra oscura!
Or conosco io, che mia fera ventura 12
Vuol che vivendo e lagrimando impari,
Come nulla quaggiù diletta e dura.

1 Venere.

2 Perchè in primavera prese ad amar Laura, e in primavera ella

morì.

3 Per me.

6 Che muovono a pietà.

Artificiose.

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19 O quante lieve, cioè facilè.

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44. Nulla v' ha più che lo riconforti.
NE per sereno ciel ir vaghe stelle,

Nè per tranquillo mar legni spalmati.
Nè per campagne cavalieri armati,

per bei boschi allegre fere e snelle;
Nè d'aspettato ben fresche novelle,
Nè dir d'amore in stili atti ed ornati,
Nè tra chiare fontane e verdi prati
Dolce cantare oneste donne e belle;

Nè altro sarà mai ch' al cor m' aggiunga; 1
Sì seco il seppe quella seppellire

Che sola agli occhi miei fu lume e speglio. "
Noia m' è 'l viver sì gravosa e lunga,
Ch'i' chiamo 'l fine 3 per lo gran desire
Di riveder cui non veder fu 5 meglio.

2

45. Non presagì la morte di Laura nell' ultimo dì in che la vide.

MENTE mia, che presaga de' tuoi danni,
Al tempo lieto già pensosa e trista,
Sì intentamente nell' amata vista
Requie cercavi de' futuri affanni;
Agli atti, alle parole, al viso, ai panni,
Alla nova pietà con dolor mista,
Potei ben dir, se del tutto eri 9 avvista:
Quest'è l' ultimo dì de' miei dolci anni.
Qual dolcezza fu quella, o miser' alma!
Come ardevamo in quel punto ch' i' vidi
Gli occhi i quai non devea 10 riveder mai!

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