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V.

Le singole parti dell'orazione italiana con riguardo al loro sviluppo storico dalla lingua latina.

A) Del sostantivo.

1) Essendo la lingua italiana lingua derivata dalla latina, si potrà a tutta ragione qui dimandare, quale dei casi della declinazione latina (nominativo, genitivo, dativo, accusativo, vocativo, ablativo) abbia servito di tipo per la formazione de' sostantivi italiani. Nel rispondere a questa dimanda devesi distinguere il numero singolare dal numero plurale:

I. Considerando la cosa superficialmente, almeno pel numero singolare, potrebbe a taluno sembrare che esso fosse l' ablativo, perchè voci, a cagione di esempio, come amore, imagine, pastore e simili, ci si presentano come altrettanti ablativi.

Un'indagine più accurata mostra però apertamente, che esso non fu l' ablativo, ma bensì il caso che nel latino volgare si presentava più frequentemente nel discorso, cioè l'accusativo *), onde da pectus, tempus, corpus ecc. abbiamo petto, tempo, corpo, e non pettore, tempore, corpore dal corrispondente ablativo.

*) Se vi fu un tempo dove il volgo, parlando, distingueva ancora colla desinenza della parola il luogo dove si trovava da quello a cui moveva, dicendo p. e. sum in domo, veniunt ad domum ecc.; vi fu pure un tempo, dove egli, impotente a comprendere sì minuta distinzione, diceva indifferentemente: sum in domum, eo ad rivum ecc.

Potrebbe restare ancora il dubbio fra il nominativo e l'accusativo; ma che non fosse il nominativo si rende chiaro dalla circostanza, che quando questo caso era più breve dell'accusativo o se ne distingueva per la vocale, si diede sempre la preferenza all'accusativo, come negli esempî sovraccennati, dove abbiamo amore da amore-m non da amor, pastore da pastore-m non da pastor, imagine da imagine-m e non da imago.

Ciò posto, è indubitabile, che non solo voci, come vergine, gregge, dolore e simili, vengono dai loro corrispondenti accusativi latini virgine-m, grege-m, dolore-m, ma anche altre voci, come anima, anno, specie, lato ecc. vengono da anima-m, annu-m, specie-m, latu-s colla perdita della mo della se il mutamento di u in o; modificazioni fonetiche che troviamo confermate anche nelle forme delle persone dei verbi, dei pronomi, e dei numerali, cosicchè le voci corona, anno, ladrone stanno a coronam, annom, latronem, come amava, avemo, loro, sette, dieci ecc. stanno ad amabam, habemus, illorum, septem, decem.

E notevole è pure che anche nell' introdurre voci germaniche nell'italiano si ebbe sempre di mira la forma dell' accusativo latino e si fece, a cagione di esempio, balcone, gonfalone, storione ecc. da balco, gundfano, sturio.

Nota. In alcuni sostantivi si è conservata la forma del nominativo: come in sangue (lat. sanguis), uomo (homo), suora (soror), frate (frater), tempesta (tempestas), pièta (pietas) podésta (potestas), Trinita (Trinitas); nè mancano esempî di forme doppie, tratte le une dal nominativo e le altre dall' accusativo latino, come p. e. cespo (lat. caespes), cespite (lat. acc. caespitem); sarto (sàrtor), sartore (sartórem); moglie (mulier), mogliera (mulierem); piéta (pietas), pietà per pietate (pietátem); pepe (piper), pevere (piperem); ladro (latro), ladrone (latronem); lampa (lampas), lampada (lampada); polve e polvere, orafo e orefice, tizzo e tizzone, ghiotto e ghiottone, falco e falcone, solfo e solforo,

marmo e marmore ecc.

Le formazioni che vengono da alcuno degli altri casi sono rarissime: l' ablativo vive nei gerundî in-do, come amando, credendo ecc.; nell'avverbio come antiquato como (lat. quomodo), e negli avverbî in-mente, come fortemente (lat. forti-mente) ecc. Alcune forme pronominali ci ricordano, come

huli

vedremo altrove, anche gli altri casi della spenta declinazione latina *)

II. Nel numero plurale il caso che servì di tipo per la formazione dei sostantivi fu il nominativo, almeno in due casi (rose lat. rosae, anni lat. anni), perchè le forme dell' accusativo rosas, annos, per l'ommissione della 8, si sarebbero confuse con quelle del numero singolare rosa, anno. Nella terza declinazione (flores), essendo il nom. plur, eguale all'acc. non potrebbe precisarsi quale dei due casi abbia servito di tipo alla formaz. dell'ital. fiori, benchè l'analogia ci faccia determinare pel nominativo.

Nota 1. Presso qualche scrittore italiano antico troviamo foggiato talvolta anche il plurale dei sostantivi dietro l'accusativo latino, come p. e. i servo, le saetta ecc., come ha lo spagnuolo los siervos (illos servos), las saetas (illas sagittas). Ma l'accusativo cedette poi totalmente il posto al suo compagno, il nominativo, che erano i due casi più frequenti nel discorso del latino volgare. Anche il provenzale ed il francese serbarono i due cási, almeno negli scritti, fino a tutto il decimoterzo secolo.

Nota 2. In alcune antichissime dizioni italiane troviamo anche vestigia del genitivo plurale in -orum, come regno femminoro, lingua angeloro, regno Teutonicoro, e così mortuoro, peccatoro, per dei morti, dei peccatori ecc. Tali voci sono forse state foggiate dietro somiglianti esempî provenzali e francesi (gen crestianor, gen payanor; gent Francor, rey Macedonor ecc.

*) Che l'e e l'ae finali nei nomi di città possano mutarsi nell'italiano in i, come in Vercelli (Vercellae), Veletri (Velitrae), Rieti (Reate) ecc. lo abbiamo notato nella Fonologia Italiana (Innsbruck, Wagner, 1875, p. 32); ma qui deve ancora osservarsi che quest' i finale si mostra anche in altri nomi di città, che in latino escono in um, -ium ed -a, come p. e. in Ascoli (Asculum), Rimini (Ariminum), Trapani (Drepanum), Brindisi (Brundusium), Asti (Asta). Questa desinenza in i non può indicare che il genitivo, al quale, secondo l'uso dell' età di mezzo si dovrebbe sottintendere civitas, o il genitivo alla domanda dove?

Non vogliamo qui tacere che l'Ascoli in uno de' suoi dottissimi ricordi bibliografici Sull' origine dell' unica forma flessionale del nome italiano (Studio di Fr. D' Ovidio, Pisa 1872) nell' Archivio glottologico vol. II, Puntata III, p. 416 sgg. infermando la teoria di coloro che ammettono che nell' unica forma neo-latina del singolare altro non s'abbia se non l'antico accusativo, propugna la teoria di un unico obliquo ossia dell'unico caso ottenuto per la necessaria coincidenza di forme primamente tra di loro diverse.

e questi dietro le solite frasi latine: gens christianorum, paganorum, gesta Francorum e simili. (Vedi Diez, Gr. II.3 p. 11).

2) Seconda ci si presenta qui a risolvere la quistione, che riguarda il plurale di quei sostantivi italiani, terminati nel singolare in o, e che nel plurale terminano altri in i ed in a, ed altri ini, in a ed in e, e che essendo sempre maschili nel numero singolare, nel numero del più sono ora maschili ed ora femminili, secondo la forma diversa della loro uscita, come p. e. il legno, plur. i legni, le legna, le legne; il membro, plur. ¿ membri, le membra e presso gli antichi anche le membre; il calcagno, plur. i calcagni, le calcagna, le calcagne ecc.

Il Salviati, il Buommattei ed altri grammatici dissero non seguire questi sostantivi alcuna regola, nè potersi stabilire di queste diverse uscite nel plurale altra ragione che l'arbitrio ed essere però questi sostantivi irregolari o eterocliti.

Opinano altri 1), che la terminazione in a nel numero plurale italiano sia un prezioso resto del plurale neutro latino, essendosi detto supponibilmente in principio la prata = illa prata.

Noi teniamo intorno all' origine di queste diverse terminazioni altra opinione e accediamo piuttosto alla teoria del Nannucci 2).

La prima terminazione in i, come vestigi, vestimenti, ossi, frutti, gesti, non lascia alcun dubbio, provenendo regolarmente dal singolare: vestigio, vestimento, osso, frutto, gesto ecc.

Per i sostantivi terminati in e, può provarsi con innumerevoli esempi autorevolissimi sì della nostra lingua, che delle altre romanze, avere essi avuto un singolare terminato in a, e provenire le vestigie, le osse, le pome, le legne ecc. regolarmente da un singolare usato dagli antichi scrittori la vestigia, la poma, la legna e così via, e se di parecchi non ci sono rimasti che solo i plurali, supporre essi tuttavia i loro singolari.

La ragione poi, per la quale alcuni nomi, che oggidì si usano solamente nel genere mascolino, furono dagli antichi recati al femminino, sta in ciò che i neutri latini, avendo la stessa desinenza e lo stesso articolo che i femminili singolari della prima

1) Diez, Gram. II, p. 28; Blanc, Gram. p. 151.

2) Teorica dei Nomi della lingua italiana, Firenze, 1858, p. 329 sgg.

declinazione p. e. haec armenta, haec scuta, haec castra, haec arva egualmente come haec famula, haec rosa ecc. furono per tal somiglianza trasportati questi neutri plurali alla suddetta prima declinazione e si disse quindi armenta, ae; scuta, ae; castra, ae, e nel basso latino exordia, ae, gesta, ae, vela, ae, sacra, ae, biblia, ae, aedificia, ae ecc. 1)

Così i nostri antichi nei primi tempi della lingua trassero dal singolare neutro i mascolini, e dal plurale neutro ridotto alla prima declinazione i femminini, dicendo da.

Hoc mendum, il mendo

Hoc verbum, il verbo

Hoc vestigium, il vestigio
Hoc vestimentum, il vestimento
Hoc lignum, il legno
Hoc claustrum, il chiostro
Hoc velum, il velo
Hoc gestum, il gesto

Hoc labrum, il labbro

Hoc fundamentum, il fondamento
Hoc peccatum, il peccato,
Hoc opus, l'uopo

e così via.

Haec menda, la menda

Haec verba, la verba

Haec vestigia, la vestigia

Haec vestimenta, la vestimenta
Haec ligna, la legna

Haec claustra, la chiostra
Haec vela, la vela
Haec gesta, la gesta

Haec labra, la labbra o labbia
Haec fundamenta, la fondamenta
Haec peccata, la peccata
Haec opera, l'opera

Questi nomi, fatti così femminini, si trassero dunque dai neutri. Che se ve ne sono alcuni provenienti dal mascolino, come la frutta, la risa, ecc. da fructus, risus, va osservato, che non di rado i mascolini della seconda furono dai latini, specialmente nel dire volgare, ridotti anche a neutri dicendosi p. e. hic fructus e hoc fructum, hic capillus e hoc capillum, hic vultus e hoc vultum ecc. onde i femminili ridotti alla prima declinazione haec fructa, haec risa, e di qui in ital. la frutta, la risa ecc.

I nomi dunque finiti nel plurale in e, come vestigie, geste, osse ecc. non riconoscono punto per loro singolare le forme vestigio, gesto, osso ecc., ma vestigia, gesta, ossa.

Quelli pure, che finiscono nel plurale in a, come le vestigia, le legna, le frutta, le poma ecc. anzichè andar vestiti di veste neutrale, come vogliono alcuni, o provenire dal singolare maschile

1) Cf. Du Cange o. c.; e Muratori Ant. it. I.

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