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HARVARD COLLEGE

FEB 3 1908
LIBRARY.

Mary Osgood fund

Proprietá letteraria

Tivoli, 1890. Stabilimento Tipografico della Società Laziale.

INTRODUZIONE

Poesia metrica e poesia ritmica.

LI SCRITTORI antichi di ritmica e metrica classica, segnatamente se del tempo migliore, riconobbero, non di rado anche con molta chiarezza e precisione, la differenza essenziale tra ritmo

e metro.

Il ritmo, considerato in se stesso, è qualche cosa di ideale, di spirituale, insito nella natura umana, come il senso dell'ordine, dell'armonia, della simmetria. Esso ha bisogno di una determinata materia per manifestarsi e rendersi sensibile; ad essa imprime la propria virtù attiva e, secondo che varia la materia (λn; to pulμ:Cóμεvov), la quale ne è come il substratum, variano anche le forme che il ritmo le comunica. Per la poesia la materia è la parola (λéğıç), per la musica propriamente detta il suono inarticolato (péλoç), per la danza il movimento del corpo

(xivyois owμatiný), donde le tre arti antiche, subordinate al ritmo, la metrica, la musica e la danza.

2

I

Il ritmo e nella versificazione classica « μέτρου πατὴρ καὶ θεός ɛó » 2; esso ne è il principio effettivo, sì che in generale può dirsi con Agostino che ogni metro è necessariamente ritmo, laddove non ogni ritmo è in pari tempo anche metro. 3 Ritmo infatti si ricercava e si otteneva da' più consumati artefici della parola anche nella prosa, senza che essa fosse vincolata dalle leggi del metro. 4

Il metro, invece, è legato a qualche cosa di materiale, alle sillabe lunghe e brevi che si succedono con certo ordine. Senza di esse non vi può essere metro.

Questa

I FR. ZAMBALDI, Metrica greca e latina, Torino, 1882, massime a pp. 59-75.

2 LONGINO, Προλεγόμενα εἰς τὸ Ηφαιστίωνος ἐγχειρίδιον, in Scriptores metrici graeci, ed. R. Westphal, Lipsiae, MDCCCLXVI. Vol. I, p. 82 e segg. SUIDA, Lexicon graece et lat. Halis, 1843, II, p. post. p. 636.

3 AGOSTINO, De Musica, III, c. I. « Omne metrum rhythmus, non omnis rhythmus etiam metrum est. »

4 ARISTOTELE, Rhet. III, 8. tò dè oxñμa tŶg λégewg deł pýtɛ ëμμετρον είναι μήτε ἄρρυθμον..... διὸ ρυθμὸν δεῖ ἔχειν τὸν λόγον, μέτρον δὲ μή. ποίημα γὰρ ἔσται.

CICERONE, Orat. LV. 187: « Perspicuum est igitur numeris astrictam orationem esse debere, carere versibus. » 5 LONGINO, o. c. p. 84. υλη μὲν γὰρ τοῖς μέτροις ἡ συλλαβὴ καὶ χωρὶς συλλαβῆς οὐκ ἂν γένοιτο μέτρον· ὁ δὲ ρυθμὸς γίνεται μὲν καὶ ἐν συλλαβαῖς, γίνεται δὲ καὶ χωρὶς συλλαβῆς.

MARIO VITTORINO, Putsch, col. 2484; KEIL, Grammat. lat. VI. 42: << differt autem rhythmus a metro, quod metrum in verbis, rhythmus in modulatione ac motu corporis sit; et quod metrum pedum sit quaedam compositio, rhythmus autem temporum inter se ordo quidam: et quod metrum certo numero syllabarum vel pedum finitum sit, rhythmus autem numquam numero circumscribatur. >>

I

proprietà essenziale delle due lingue classiche fu base del ritmo; il quale scaturiva dall' ordinata serie di lunghe e di brevi in cui le diverse misure di tempo erano distintamente segnate e fatte cogliere all'orecchio dall' ictus metricus o percussione. Il ritmo anima la materia e la piega docile alle sue esigenze. Infatti; poichè la quantità naturale delle sillabe è realmente varia, e il ritmo d'altronde esige costanza e proporzione esatta d'intervalli di tempo, senza di che esso implicitamente distruggerebbe se stesso, ne venne che una sillaba breve potesse in virtù del ritmo acquistare valore di due tempi o viceversa, e perfino s'avessero brevi o lunghe più brevi o più lunghe delle normali. 2

Codesto connubio durò fecondo d'armonia finchè la lingua conservò immutati i suoi caratteri essenziali rispetto alla quantità. Ma da poi che essa andò grado grado perdendo nella pronuncia comune codesta delicata

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I MARIO VITTORINO, o. c. iv. «cuius (rhythmi) origo de arsi et thesi manare dinoscitur. nam rhythmus est pedum temporumque iunctura velox divisa in arsin et thesin, vel tempus quo syllabas metimur. » 2 DIONIGI, De compositione verborum, c. XV. c. 20 «ἡ μουσικὴ καὶ ἡ ῥυθμική μεταβάλλουσι τάς τε μακρὰς τάς τε βραχείας μειοῦσαι καὶ αὔξουσαι. » LONGINO, O. C. p. 84. «ὁ δὲ ρυθμὸς ὡς βούλεται ἕλκει τοὺς χρόνους πολλάκις γοῦν καὶ τὸν Βραχὺν χρόνον ποιεῖ μακρόν. MARIO VITTORINO, l. c. (Rhythmus) ut volet, protrahit tempora, ita ut breve tempus plerumque longum efficiat, longum contrahat. Diomede, Art. Gramm. II. Putsch, col 464; KEIL, Gram. lat. I, 468. E ancora MARIO VITTOR. P. 2481; K. VI, 41: << Rursus rhythmici per correptionem brevibus breviores faciunt. »

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Vedasi trattata ampiamente la questione per i ritmi greci in BENLOEW, Précis d'une théorie des rhythmes. Deux. part. p. 59 e specialmente p. 73 e segg.

proprietà e l'accento, da modulazione musicale che era, acquistò intensità sempre maggiore, sì da trasformarsi nell'accento moderno, signore assoluto della parola, l'orecchio delle genti nuove non potè più percepire ne' versi greci e latini quell'armonia che risultava spontanea per gli antichi, quando in loro era tuttavia così fine il senso dei più delicati valori prosodici. Allora accadde che il ritmo si atteggiasse e si corformasse via via flessibile alle esigenze della materia nuova dalla quale prorompeva una novella armonia, quella sola che ormai si potesse cogliere spontaneamente, l'armonia degli accenti.

La tradizione della scuola continuò a ripetere le vecchie definizioni di metro e di ritmo, ma spesso affatto meccanicamente, senza comprenderne alcune volte l'intimo significato. Infatti, quando taluni grammatici vogliono aggiungere alcune dichiarazioni di lor capo, confondono stranamente il concetto originario di metro e di ritmo, si che noi, se da una parte dobbiamo constatarne già oscurata, se non anco obliterata, la nozione genuina, dall'altra sorprendiamo che vi penetra già un'idea e un sentimento nuovo, del tutto estraneo all'antico. L'autore dell'Ars Palaemonis, verso il 350 d. C., definiva il ritmo << verborum modulata compositio non metrica ratione, sed

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Questo libro de hexametro versu nel cod. Parisiensis n. 7559 del sec. x è intitolato: Ars Palaemonis de metrica institutione. Secondo i più ne sarebbe autore Mario Vittorino. Il PUTSCH lo pubblicò (col. 19551962) col titolo De carmine heroico e asserendolo a un Maximus Victorinus. Comunque sia, è certo che quest'operetta appartiene a circa la metà del sec. IV. << Nostra quoque memoria Lactantius de metris ecc.» Keil, VI, 209. Putsch, 1957. »

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